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Full text of "Istituzioni di logica, metafisica, ed etica. Volume 1 5 Istituzioni di etica di Francesco Soave ch. reg. som. regio professore"

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ISTITUZIONI DI 

LOGICA, 
METAFISICA, 
ED ETICA. 

VOLUME 1-5:... 

Francesco Soave 



19 

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ISTITUZIONI 

DI LOGICA» 

METAFISICA, ED ETICA. 



VOLUME IV. 



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ISTITUZIONI 

DI ETICA 

D I 

FRANCESCO SOAVE 

«H. REG. SOM. 
HEGIO PROFESSORE, 

«DIZIONE CORRETTA ID ACCRESCIUTA . 




IN ROMA 1818 
Dai Torohj di Mordac chini 

— 

Con Permesso . . 



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uigiuzeo 



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PREFAZIONE! 



La pift importante e più util part 
della Filosofìa , senza di cui poco gio- 
vano tutte- le altre, quella cioè che 
ne insegna a conoscere noi stessi » 
che i nostri doveri ci manifesta e 
ci addita , che ne apre e spiana la 
via > onde giugnere alla felicità , per- 
petuo scopo dei nostri desiderj si 
è la parte che ora dobbiamo trat^ 
tare . Oggetti di tal natura abbastan-r 
za eertamente l'elogio ne formano 
per sè soli , e abbastanza per sè 
dimostrano con quii ariore e pre-v 
mura ella debbasi coltivare » 

Nello studio di questa sì nobil par^ 
te le eccellenti massime degli An- 
tichi , le profonde meditazioni de^ 
moderni, soprattutto una diligente 
analisi del cuor umano, saranno 
le nostre guide . E schivando da 
un canto la spiacevole aridità di 
precetti nudi e isolati + dall' altro il 
róno lusso di quistioni e speculazio-, 
ni odiose > porremo- ogni cura a far. 



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sì , che i precetti discendano da prin- 
cipi fermi „ attentamente analizzati + 
e ordinatamente concarenati fra loro» 
e le nostre riflessioni occuperemo - so- 
pra a que*punti principalmente, che 
guidar possono a conseguenze piiY 
utili ,. e più proficue* 

Sotto a tre aspetti può F uomo 
considerarsi* giusta li triplice rela- . 
zione* ch' egli ha , a sé- medesimo ,.- 
ai suoi simili e all' Autore suprema 
di lui non meno , che dei suoi si*» 
ini li . Da questa, triplice relazione: 
nasce la divisione generare dei suoi / 
doveri, i quali esigono y che saggio- 
egli sia nel governo di sè medesimo» 
probo cogli altri » pio verso al supre- 
mo Autore. 

Or ciò che T uom saggio., Vuom prò* 
h<y, V uom pio costituisce , sarà il sog- 
getto delle presentì Istituzioni * nel- 
le quali sopra alla prima parte -, che 
nelle comuni Istituzioni, di Etica è 
stata fin qui scarsamente trattata , noi; 
più, largamente ci estenderemo sic* 
come quella ch'è il fondamento del* 
le altre due» e eh* è poi tutta prò* 



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pria delfa sola morale Filosofia - r lad- 
dove delle altre due parti molta per 
se ne chiede il Naturai* Diritte r 
molto il Civile , ed il Vuhblkù % e 
molto- puf la Morale Teofogiit- , ne 
senza ingiuria togliere si potrebbe a 
s : ffiute Discipline ciò eh esse riguarda* 
no come lor propria e particola* per- 
tinenza*. 

Spiegato adunque diffusamente tut- 
to ciò che aJfUom saggio conviene, 
dell' Uomo probo, e dell'Uomo pio 
quel tanto solo diremo, che s* ap- 
partiene al' morale Filosofar ti cui 
ufficio è dr considerarne l doveri; itr 
quanto* dalla ragione son dfcnostratiV 
e stabilirne le massime ed i; princip} 
generali senza discendere a quelle 
minute applicaziont e particolarità » 
che al Giurisperito e al Teologo più- 
propriamente sor* riserbate. 

Non lascieremo contuttociò nella 
seconda parte di dare una breve idea 
dell'origine e dei progressi, delle So« 
cietà della sviluppamento dei Co- 
stumi , e dell' Istituzione dei Precet- 
ti: pel Iora regolamento * e unesac- 



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8 

ta distinzione faremo poi dei Dove- 
ri • e delle Virtù , onde veggasi ciò 
che forma il carattere delì*Uomo 
semplicemente onesto , e ciò che co- 
stituisce F Uomo virtuoso : distinzio- 
ne , che non abbiamo trovata in al- 
tri così chiaramente determinata* co- 
me pareva che meritasse . 

Nella terza parte similmente dopo 
aver mostrato t doveri » che per ra- 
gione stringono ogni uomo al suo 
Autore supremo, faremo vedere quel- 
li che obbligano più particolarmen- 
te T Uom Cristiano , e perchè quel- 
le cose che avrem innanzi mostrate 
colla ragione, ricevano dalla Reli- 
. gione vie maggior peso e autorità , 
e perchè veggasi quanto abbia que- 
sta augusta Religione perfezionata la 
morale Filosofia , e perchè ognuno 
che la professa possa conoscere ,quan* 
to sopra d* ogni altro egli sta tenuto 
non sol per ragione , ma ancora et 
più fortemente per Religione ad es- 
sere e saggio * e probo , e pio » 

♦ 

: 



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ISTITUZIONI » 

B T I C A 

PARTE f. 

v uomo SAGGI o. 

~wrniiiiTiii^ iwiwnMWfiwi i tmm \ ■ f— p— ' 

1NTR0D UNIONE, / 

■ 

Col nome di Sapiente a di Saggio quello 
principalmente intendevasi dagli Antichi , il 
quale sapesse bea governar sè medesimo . In- 
lino dai primi tempi troppo dagli nomini si 
conobbe esser questa la parte primaria dell r 
umano sapere , siccome quella senza di cut 
alla felicità non puh giugnersi , che troppo 
naturalmente ad ognuno sta* a cuore , ma per 
cui indarno affaticasi a procacciare gli esterni 
ajuti chi ba gli mp*di menti in ȏ medesimo, 
ne sa rimorerli • 

Un assolata impero sovra alte passioni ent 
il mezzo che dagli Stoici a tal fine si pre- 
scriveva ; ma tal impero essi volevano , qual 
noi consente l'umana natura; cosacche in luo- 
go cT agevolare la strada" alla felicità, via 
più malagevole co' lor precetti , se non an- 
che impossibile , ne rendevano il consegui- 
Mento ~ 

Benché però fosse poco da approvare Tee-; 

eessira riggce delio lor» dottrine , o piuttosto 

1 a * * 



io* ^ Immaginazione 
pretensioni , non è tuttavia a negarsi , età? 
uo saggia e moderato governa delle passio- 
ni sia. una (te principali mezzi ,. che a. quel- 
ìo conducono . 

Ma ai* altra mezza noi* mena importan- 
te , e forse anche più facile e più* uni versar- 
le ,. sebbene non abbastanza finora conside- 
rato , io trovo> esser quello di bei* governa-- 
re l' iuimag'nazione-. 

Io dico : finora: non àbbastanza considerato 
poiché quantunque* assai: cose intorno alla 
forza dell' immaginazione , ed ai- mali ch'es- 
sa produce-,, si siena dette da varj:, io non 
so tuttavia, che alcuno peranche abbia- preso* 
a trattare questa argomento: in tutta 1? esten- 
sione che si* conviene 

Or quanta influenza e V immaginazióne 9 a> 
le passioni abbiano- realìnente sopra all'urna-» | 
na felicità e per. qual : modo* sì* V una* cher^ " 
le altre abbiano a regolarsi ,. noi il vedremo* 
paratamente , incominciando dall'immagina- 
zione-, r. 

# * 

S E Z I O N E I. 

filLXi* IMM-AGIKAaSfOl» .. 

a a. F 0/ i.. 

Natura* 9 e forza, deli' immaginazioni ~ 

JLiv immaginazione presa'neT senso più este- 
so è quella-, facoltà -, per eavV animo ha vi- 
vamente presenti le immagini delle cose , che? 

attualmente al sensi non. son proenti 



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&ta natura c forza . 11 
Isella sna forza già molto si è detto orila 
37 classica ( png, no. , e seg. );c soprat- 
tutto di cmell' impero estesissimo , cV eli* 
esercita sai passata e sul l' avvenire non me- 
no che sai presente- 

Per farne qai alcun cenno , pongasi , che 
alla rappresentazione della Zaira <i) la. sce- 
na tenera^ di Lagnano destata ci abbia nna 
dolce commozione . Calato il sipario , se it 
pensiero ama di ritornar nuovamente , e nuo- 
vamente pur trattenersi eoo quel vecchio si 
rispettabile nelFa sua stessa sciagura , ecco- 
ci tosto all'animo riaperta» la scena . Noi 
iJ vergiamo sedente in mezzo a I\erestano„ 
e Chatillon da nna parte , e Jtaira dalF ai- 
Era , ascoltiamo i «uoi- teneri latenti soprai 
a-lla perdita sospettata» de* figli suoi , reggia- 
mo if pianto f che i languidi aceti gii ba- 
gna , veggiam le lagrime , che trae dagli 
occhi de 9 circostanti , miriamo i trasporti di 
gioja sempre crescenti quando a poco a po- 
co in Za ra e in Nerestano i suoi figli di- 
scopre ; tutta il progressa della scena distin- 
tamente ci si schiera davanti; e ògnrqual- 
valta ìh cornarli col pensiero f il luogo ^ 
i personaggi; f gli atteggiamenti r tutta ci ri- 
sveglia , corafr se fosse premènte . Ecco ab- 
bozzata in una parte la fòrza dell' immagi- 
nazione » ^ 

^ Ma ella non k già paga sol tanta di rav- 
visare le idee passate , impaziente di freac* 
arditamente si lancia pare , e si spazia nett 
avvenire . Punto da una viva anibiziooe aspi- 
ra Cesare all'Impera di Koma. AI varcai 



• v f , 



0> Tragedia notissima dì VOLTAIRE - . 



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tst ìmmaglnazio n e*. 

ilei Rubicone la saa fantasia già gli dipoi-— 

§e Pompeo : abbattuta , iì Senato tremante f 
Popolo sottomesso; già vede la solenne 
pompa del suo trionfò , vede i Re della ter- 
ra , che « lui si prostran, davanti , vede le 
genti che attonite ammirano le sue vittorie ^ 
▼ede il Mondo che tutto pende da' cenni 
suoi : misero f che par non vede il pugnale 
di Bruto , che là in Senato F attende per 
trucidarlo !; 

Una fòrza dell'immaginazione ancor mag- 
giore si è quella di far agli oggetti presenti 
cambiar figura ed' aspetto . Un fanciullo coli** 
animo ingombro dalle impressegli spavente- 
voli idee di notturni fantasmi si trova solo 
per avveiffura di notte bup* in un 1 aperta 
campagna , Un albero , o una vecchia torre, 
che d' improvviso allo sguardo gli si presen- 
ta , non è più un albero o torre per lui :: 
egli è un fantasma terribile che già s'av- 
venta pef divorarli; egli ne vede V immen-» 
sa corporatura , ne scopre le orribili mem- 
bra , pargli che già s' accosti , già già af- 
ferrato da lui si sento ; palpita , fugge , il 
terrore gli strozza là yoce : e tutto questo 
per un informe ammasso di pietre , o per 
un tronco . 

Da ciò può scorgersi di leggeri quanto 
1 % impero deir immaginazione ampiamente sr 
stenda . Ella domina liberamente e sul pas- 
sato e sul presente e sull'avvenire ; per lei 
ai un a cosa è impenetrabile , ninna a' suoi 
lapidi voli può far contrasto . 

Tutta questa forza però» ella non trae che* 
dal passato • Una sola idea non sa avere per 
sè, che dai sensi non le sia stata fornita» 
Ami le stesse immagini degli obbietti pre- 



- 

&ua natura e forztx + i3 
senti a lei punto non appartengono. Finché 
E oggetto ci sta dinanzi , i sensi medesimi: 
$on quelli che parlabo: essi ci avvisano della 
presenza di qaefto; essi fa rappresentazione 
ce n' offrono , ¥ immaginazione sta cheta + 
salvo che interporre si voglia colla mesco- 
lanza d' idee tratte dagli oggetti passati a* 
confonderlo , e sfigurarlo . 

IVta non sì* tosto l'oggetto è rimosso, che 
alla percezione incontanente ¥ immaginai 
zrione sottentra . EMa è che presente il si- 
xnolacro ce ne conserva ; élla che spento* 
anche dopo motti anni il ravviva ; che in 
mille fog-gie lo accresce , lo scema , con 
mille altre lo fcga f h> scioglie , e quel go- 
verno sa farne che più li piace . Or è da 
vedere qnal' influenza ella eserciti sopra- 
ali 1 amar felicità , e primieramente qnat 
parte eila abbia nei mali dell' animo , che* 
più di tatto contribuiscono a renderci mi- 
sera e travagliata levità, e quali rimedj a- 
liei si debbano apporre.: 

C A P ' (y FL 

Influenza deW Immaginazione sui maH : 

dell' Animo • 

ià si è detto più volte < che i piaceri e 
i dolori , i beni ed i mali altri si ehi a ma rr 
del corpo o fisici > ed altri dell' animo o mo~ 
rali f secondo che essi o dalle corporee ini- ' 
pressioni, o dalle idfee e dagl' interni sen- 
timenti dell' animo traggono più direttamen- 
te la loro origine . 

t Si è par detto C Metafisica )- a c&fe 



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:4 Immaginazione r 

quantunque i nomi di bene e di male pro- 
priamente significhino ciò che è atto a prò— 
durre un piacere , a un dolere ; nondimeno 
Bel comaa favellare s'adoperano spesse vol- 
te ad esprimere non la cagion del piacere o 
del dolore- f ma* il piacere ed il dolore me- 
desimo, e in questo dóppio senso- nei pure 
indistintamente gli adoprererrio, in cui Y e- 
satrezsa* non* coregga di doverne indicare il 
senso particolare e precisa - 

Or chi asserisse, che i mali a dolori dell* 
animo per la. massima parte-, e fers v anche- 
tutti dall' immaginazione dipendono ,, corre- 
rebbe certamente gran rischio che là* su* 
proposizione fosse tenuta per paradossa 
eppur non- v' ha- forse nella- morale- Filoso- 
fia verità merr difficile a- dimostrarsi . 

Wè già a tal fine vogliali* noi ricorrere adi 
una^ lunga enumerazione di tutti que 1 mali 
che da ognuno palesemente all' immagina- 
zione si attribuiscono . Da più alto prende- 
remo* la cosa , e sotto a un aspetto più. uni- 
versale- ci faremo a» riguardarla 

L' immaginazione , come si è detto { pag~ 
icit ) è la facoltà per coi I* attimo» ha viva- 
mente presenti le immagini delle eose , che- 
ai sensi attualmente non- wm- presenti . Or 
i malr dell'animo altro principio comune- 
mente non» hanno appunto che questo soie 

L'immagine d'MWfc ben perduta, o d' un* 
male sofferta,* V immagine di u» male , ohe 
presente si crede e noi* è , V immagine d'un 
mal che temesi neir avvenire», sonale cagio- 
ni , che tutte le inquietudini ,< tatti gK af- 
fanni dell' animo costituiscono . Tolgasi air 
nomo la forza di trasportarsi nel passato o* 

*elT arrenile f tolgasi a lai la fcrxa di fin- 



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^ Stia influenza ne* mali morali :". 
gersi , o la debolezza, di supporre ciò che' 
non è : i suoi- mali dall' animo svaniranno 
incontanente , De avrà: piir che quei mali i 
quali' dipendono da- un ? atto afe sensazione 
molèsta, che- sono i mali- del/ corpo.. 

Affinchè questo più chiaramente apparisca,, 
prendiamo a* esaminar Te cagioni da cui de- 
rivano tutt* b dolali dell*" animo . 

Tre rappòrti posson eglino avere y secon- 
do che riferisconsi o al? passato „ o al pre- 
stente *, o a 1? fatturo* ~ 

Quelli che- riguardano* il* passato-, han* 
tatti originerò dall' immagine di un mal com- 
messo di cui si conosce la turpitudine , 
li paventa? la pena , iP che è chiamato ri- 
morso e quando ti si aggiunga? V interno* 
rincrescimento- di avorio.» commesso dicesi: 
pentimento o dall'immagine di< un- mal' 
sofferto >- che ancor ne- spiace d 1 aver dovuto 
soffrire-,, il? che poh dirsi ram mari co ; 0 dall' 
immagine di un- ben perduto v che ancor vor- 
rebbesi avere ^ il che desiderami da' Latini' 
frequentemente si nominava*,, eregret si no- 
minava da' Francesi e in* nostra l ingua può' 
dirsi egualmente rammarico distìnguendo- 
poi» \l rammarico- di un mal sofferto , e il 
rammarico di um hen. perduto (t)\ Or trap- 



(1) Questa applicazione della parola ram- 
marico a significare particolarmente il dòlo- 
je- per la rimembranza penosa d 1 un mal sof- 
ferto, o d r un ben perduto , io Ho già fatta 
»air Appendice al Gap. XXV Lib; II. del 
faggio: di LOCKE sopro* allumano> Intelletto 
parendomi , che derivandola dalT antica voce* 
amaricare acconciamente esprimesse queli 
rinnovamento di amarezza , ,iq cai ,p riusi — 
talmente quel dolore è riposto v 



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t& Immaginazione . 

po. è manifesto , che in tutti questi casi iE 
dolore è in noi prodotto dall' immagine di 
una cosa passata , che dalla fantasia ci è 
rendala presente. 

Circa air a? venire , le ansietà per le cosa 
che si desiderano , le inquietudini , la agi- 
tazioni, le angustie per le cose che si pa- 
ventano , tutte derivano apertamente dallo 
stesso principio . 

Il dubbio non pub cadere pertanto-, che- 
sopra i dolori , che pruova V animo air oc- 
casione di una sciagura presente . E a dir 
vero la nuova , che a taluno si rechi della* 
morte di un congiunto , o di un amico il 
qual sommamente- gli fosse caro, quella di 
ti.i incendia, o di una inondazione, che 
gli abbia guasta una casa o un podere 9 quel- 
la d'un furto , o d' un fallimento , che gli 
abbia tolta la- miglior parte delle sue sosta»- . 
ze , son tatte nuove acerbissime , nuove che- 
Io profondano nel hi più* amara tristezza , e 
che pur nascono da veri mali presenti , do- 
ve non sembra che 1' immaginazione- possa 
aver parte . 

Nè vale il dire che quando- il male pe* 
altrui detto* ci giugno' a notizia y P immagi- 
unzione si è allora che agli occhi supplisce,, 
e che il male air animo ne dipinge , sicché 
fl dolore che pruova V animo, per. questo 
ali 1 immaginazione si debba imputare . Ciò' 
sarebbe un cambiar la difficoltà , non le- 
varla ; perciocché la risposta* più* non var- 
rebbe, qualora P addolorata persona alla sua 
disavventura si supponesse, presente . 

Plè in tal caso gioverete pur dire , che , 
il male venendo da Un' attuale rappresenta*- 

zio&* molesta fra i mali del corpo abbia» 



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99 



Sua influenza nomali morali, rj 
a noverare, perchè il dolore che pruovasi è 
troppo più grande di quello che dalla sola 
azione fisica , di una tale rappresentazione 
possa dipendere. Infatti se T nomo si acer- 
bamente addolorato fosse spettatore di un 
medesimo infortunio , mà che ad altri ap- 
partenesse , un sentimento di compassione 
ne proverebbe soltanto ; sentimento ben di- 
verso dal suo dolore. 

Ma senza ricorrere a queste cose, altre ra- 
gioni noi abbiamo , e più forti , onde dove- 
re pur questi mali ali 1 immagihazione attri- 
,, buire . „ Se nel momento in cui mi s'an- 
%J n anzi a la morte d 1 un mio dolcissimo a- 
mico , dice l'Autore delle idee $ull* indole 
del piacere , io potessi esser certo , che do- 
„ po brevi istanti la di lai memoria nonesi- 
„ stèrà più nel mio animo, nè più mi rh- 
t , sovverrò d' averlo conosciuto , il mio do— 
lore sarebbe semplicemente la compassione 
,1 del male altrui , sentimento il quale preso 
„ isolato fors*anco non consiste che nel fre- 
t , mito di alcune parti unisone della nostra 
„ sensibilità (0 . Quel che cagiona la cleso- 
„ lazione , e lo squallore ov 1 io piombo , si 
„ è che in quel momento prevedo quanta 
„ volte avrò davanti gli occhi Y immagino 
„ della perdita fatta , sento in quel momen- 
f9 to la (rista solitudine , che mi si apre d;*- 
M vanti, e il paragone che ne farò col bene 
f% avuto , nelle mie afflizioni non avrò^più 
f , un fedele compagno a cui senza timore 
„ manifestarmi , e riceverne consiglio e as- 



(i) Esamineremo» por qetesta opinione » 
auo luogo " . • " 



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■*S Immaginazione » , 

fr sisteriza : negli avvenimenti felici non ve— 
9r drb più quella gioja dell 1 amicizia , che 



f , moltiplica la felicità comunicandola : do— 
ve trovare chi s' interessi? meno ne' deli t) 

99 



9t 
99 



della mia immaginazione -, e che per uni- 
f , formila di genia avendo meco comune la 
9r curiosità di scoprire il vero , mi accom- 
pagni 7 dove troverò più un essere tanto gra- 
to , tanto sensibile , che mi consolava ad 
„ ogni atta di amicizia f che io ubassi seco 9 
9r dolce di carattere T robustissimo nell'one- 
f , sta 9 attiva, drscreto> nobile? Cosi mi va- 
„ da col pensiero spingendo sulla serie del- 
* f le dolorose sensazioni, che mi aspettano, 
„ e sa quel prima momento contemporanea- 
9r mente pensando tatti r momenti del dolor 
,f preveduto f resto immerso nella più era- 
„ dele amarezza . Questo dolor morale nasce 
„ dalla riunione dei fantasmi che occupa I* 
mia mente,, onde la parte più nobile di 
me stessa a,ppoggianda sul passata e sull 
9r avvenire più che sul momento^ attuale , e 
paragonando i due modi d' esistere , tutta* 
f , inviluppata nel timore- de 1 mali preveduti 
s'immerge in un dolore morale M . 
Parrà ad alcuni per avventura un po 1 trop- 
po quelV asserire r S' io- potessi esser certe 
che dopo brevi istanti la memoria* dell* estin- 
to amico non esisterà più- nel. mio animo , 
il dolor morale ia me cesserebbe t e il mo- 
tivo, per cui la> pruovo si k il prevedere 
quante: volte avrfr dinanzi agli- occhi V im- 
magine della perdita fatta . L'averla dinanzi 
agli* occhi* attualmente, diranno essi, èia 
cagione che ci Contrista ,. non il pensare 
quante volte davanti agli occhi l'avremo itti 
avvenire - 



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Sue* influenza ne* mali morali . ig? 

Noi* v'ha dubbio però, che amendue fo- 
cose non ti concorrano unitamente. All' udi- 
re la trista nuova, l'immagine dell' estinto 
antico | e della sua disavventura è la prima 
a presentarsi ; quesV immagine è pur la pri- 
ma ad affliggerci ; ma il nostro» dolore fia 
qui non è che di sola compassione . Succede 
però ben tosto L'immagine delle quali- 
tà -, che preziosa rendevanci Ta saa amicizia r 
V onesta del suo: cuore , la dolcezza del suo 
carattere , T amenità della sua iconvcrsazio— 
ne , r lumi da lui avuti , i conforti ndìe af- 
flizioni , i consigli nei dubbj i soccorsi nel- 
le indigenze :: tutto questo di roano in mano 
ci si vien vivamente schierando innanzi al 
pensiero; e mentre T immaginazione tnttt 
questi beni: ci fa presenti, e colla sua illu- 
sione ce ne mette di nuovo r per così dire, 
al possessa, noi ce li veggàarcio aJ momenla 
stesso violentemente ritpitK Ci mr oviamo coi 
adunque per certe anodo in 4Jjnelia staio* , in 
cui Tantalo gtà ci dipìn-serb/i poeti; e h* 
continua vicenda, in cui -siamo di vederci il 
bene dinanzi , e vedercelo strappato a} me- 
desima istante r è la vera cagione dei nostro» 
dolore. r* 

Questo dolore pearÒ menxr acerba sarebbe 
se alcuna speranza ci trasparisse di poter 
nuovamente arrivare un giorno* a godere del 
bene , che ci vien tolto - Ma appunto lo sten- 
derci che noi facciamo negli spazj dell' av- 
venire , il non vedere in qaelP abisso alcun 
raggio di luce, il figurarci, che ogni mo- 
mento dei viver nostra abbia ad essere quin- 
di innanzi privo per sempre di ogni confor- 
to, è quello che ci raddoppia e moltiplicai 
H afflizione ». 



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*o ^ tmmaginctzìom -- 

Cib che si è detto di questo esempio* , si 
può con leggier cambiamento a tutti gli al- 
tri pur applicare . Il trasporto adunque , che 
T animo fà di sè stesso nel passata c nell'av— 
venire , è quello propriamente che anche nelle 
disgrazie presenti cagiona il suo dolore \ don- 
erete i dolori dell' animo anche nelle disgrazie * 
presenti propriamente dalF immaginazione 
dipendono. 

. Ma certi mali o dolori dell' animo vi sona 
pure , che molti non ben sapranno persuadersi 
che air immaginazione si possano riferire. 

E i.' parrà* ad alcuni 9 che almeno quei 
primo dolore che sente V anima Bel punto 
stesso , che qualche bene gir vien rapito , 
all'immaginazione non possa ascriversi , non 
avendo per anche luogo il trasporto- nel pas~ 
sato , e nelF avvenire* 

Ciò non ostante qualora non trattisi di 
un piacer fisica, di cui attualmente si goda ^ 
e che venga improvvisamente involato , nel 
quai casa egli è un dolor di sensazione , ia 
tatti gli altri con un' attenta analisi noi 
scorgeremo-, che anche quel primo dolore 
propriamente dalla immaginazione; dipende* 
ad un fanciullo io rapisco un frutto , o- 
aJtra cosa a -lui cara , qual è il motivo per 
cui si duole cotanto ? Egli è perchè nella 
sua immaginazione già ne gustar» il piace- 
le , o perchè nell 1 atto medesimo che se Io 
vede involato , rapidamente tutto il piacer 
rappresentasi , che ne avrebbe ritratto ; e la 
perdita di questo piacere immaginario è tan- 
to acerba per lui, quanto sarebbe la perdita 
di un piacer reale - Difatti se io gli torrò al- 
tra cosa, che non gl'importi, e di cui non 
goda attualmente niun piacer nè reale , uà . 
ideale f egli non ae mostrerà ninna pen*u 



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Sua influenza né" mail morali. ai 
Parrà ad altri , ohe «tali' immaginazione 
pur non -dipenda il sentimento della collera , 
eh' è in noi si pronto al ricevere di un'in- 
giuria , e eh' è pare si doloroso , 

; Ma io reggo , eh e se V atto o il detto in- 
giurioso ci viene da un mentecatto , egli è 
per noi indifferente, e non ne facciamo nes- 
sun conto ; se ci viene per modo di scherzo 
gioviale « festivo da un amico , ci reca anzi 
piacere. Onde è adunque , che Tatto stesso 
e lo stesso detto ci muov*c cotanto a sdegno , 
e tanto ne ..punge, quando ci rien da perso- 
na , in <uii si creda espressa volontà di ol- 
traggiarci ? V idea appunto di quest 1 animo 
deliberato di farci insulto , che nell'oltragw 
giator si suppone ; l'idea della superiorità f 
che in quel momento egli usurpa sopra di 
noi , e che troppo ferisce U nostro amor prò*» 
prio ; T idea dell 1 avvilimento , in cui ci met-, 
te rispetto a sè., e a tutti gir altri 9 e che 
immaginiamo continuato puranche nelP av- 
venire , se T ingiuria resta impunita , son le 
cagioni del dolor nostro : cagioni per conse- 
guenza , che tutte dall' immaginazione proce- 
dono , come da essa pur similmente vedremo 
nella seguente Sezione procedere le altre ca- 
gioni dell 1 ira , \ 

3. Altri diranno /che come piace nelle epe-* 
re della natura e delibartela varietà ben con- 
giunta ooirnnjtft , la, regolarità la propor- 
zione , T ordine , V armonia , 1^ con venienz a 
de* mezzi cpl t fiue ec. c ; cosi disgusta ciò che, 
presenta disordine, irregolarità', sproporzio$%? 
ne , dissonanza , incongruenza ; e che questi; 
disgusto è più flelT animo , che non, ^sen- 
si ; e che; sipeome dipende da un attuai per- 
V!Wfle 9 ,QQs\ all'immaginazione non può ri- 
ferirsi . 




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■M m 9 Immaginazione* 

Ma io qui pare osservo primieramente, che 
le stesse cose , le quali ad alcuni altamente 
-dispiacciono , sommamente piacciono ad al- 
tri, Que^ visi o per natura deformi , o s6gu- 
Tati dalP arte , che tanta ripugnanza a noi 
fanno al vederli pur solamente dipinti , piac- 
cicm però sommamente ai Mori , ai Cinesi 9 
ai Selvaggi . Le fabbriche del peggi or gusto, 
le più triviali pitture , le rappresentazioni più 
sciocche e più stravaganti , le buffonerie più 
grossolane , che tanto sdegno muovono agi' 
intelligenti , empiono le persone volgari di 
meraviglia e di diletto • Le mode degli avi 
nostri nelle acconciatore e negli abbigliamene 
ti, che cosi brutte a noi sembrano , parean 
ad essi bellissime ; e quelle , che or tanto 
piacciano a noi , parranno forse bruttissime 
ai nostri posteri . Or dande Tiene questa di- 
versità ? Dalla diversa idea , che ognun si 
ferma del bello e del brutto, e con cui le 
cose di roano in mano vien confrontando • 
Quantunque il bello abbia i suoi principj fer- 
ir? e costanti, siccome nella metafisica { p *~h ) 
noi abbi a m dimostrato , non da tutti però sob 
dessi conosciuti egualmente . Or ciascuno 
secondo i grado delle sue cognizioni , e secon- 
do le passioni sue , e il suo costume , o la 
sua abitudine si fabbrica nella sua mente 
nna certa immagine, e misura del bello sua 
propria e particolare f e trova piacevole tut- 
to ciò che è conforme a tale immagine, e 
disgustoso tutto quello che a lei s^ oppone . 
Chi non ha idea d'alcuna cosa migliore , nel- 
le rappresentazioni ancor le più sciocche, e 
sconce , e deformi non pruova che indifferen- 
za , o sente anche diletto ; chi ha idea delle 
cose , le quali sieno realmente # o egli creda 



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Sua influenza né* mali morali . s3 
migliori, io tutte quelle, che al sao model- 
lo ideale contrariano , pruova ripugnanza e 
disgusto r 4 

4- Ma la noja , che pure è nn mal sì gra- 
te dell'animo , dirà qualch altro , come può 
ella ascriversi alla forza dell'immaginazione , 
se anzi anon consiste che nella mancanza o 
debolezza delle sensazioni , e delle idee ? L'im- 
maginazione non potrà esserne tutto al più 
che una cagione negativa , nel che non ha 

certamente alca» vantaggio sopra alla sensa- 
zione • 

Sebbe© cosà paja a primo aspetto , io non - 
-dimeno sono d' avvisp f che alla stfessa noja 
l 1 immaginazione contribuisca come ragion 
positiva assai più che non credesi .io riflet- 
to in primo luogo , che la noja non * ripa- * 
sta* ntiV assolata «ananza *Ji «sensazioni e 
d'idee f e nemmeno <s e m pi ice mente nella man- 
canza di sensazioni e d'idee avvertite, peroc- 
ché questa invece della noja produce il son- 
no . Ella è riposta nella mancanza di sensa- 
zione e dWe piacevoli* interessanti f e nella 
lunga continuazione invece <K sensazioni e 
d'idee indifferenti , -le quali per la languidez- 
za, che tnetton nell'animo , diventan posciar 
spiacevoli . <Dr ©01 abbiamo già dimostato nel- 
la mt&tiùit <pag. *** f e seg. ) , che a> 
principio mona sensazione per sè medesima 
è indifferente ; il confronto colle sensazioni 
più forti- si. è. guello che ne fa i D seguito ri- 
guardar come «differenti «nelle che son più 
dsooli . £0 stesso- è da dirsi delle percezioni , 
e delle idee ; etmano queste di esstr piacevo- 
li a interessanti , e diventano pT i mtl iadifferen- 
t» , e por anche spiacevoli , quando provate 
sisienoaltm* p*ù interessanti , e più graderò- 



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ai ^ immaginazione . 
Il , con cai se ne faccia il confronto . Que- 
sto confronto adunque delle sensazioni , o 
percezioni , o idee presenti colle passate , e 
l'inferiorità che in quelle si riconosce, è ciò 
che lor toglie e V interesse e il piacere , e che 
prodnce la noja • Ed in vero non vedemo boi 
già che s'annojano i bambini, o gli stupidi , 
in cui questo confronto non suole aver luo- 
go ; cessando le sensazioni vive , che li ten- 
gono desti , senza provare veruna pena per 
tal mancanza, quelli s' addormentano . Per lo 
contrario vedremo, che a que 1 racconti , e a 
quelle rappresentazioni , e a quelle feste , e a 
que 1 giuochi, a cui i fanciulli, e le persone 
rozze ed incolte prendono si gran diletto , 
annojansi mortalmente le persone più matu- 
re , e più colte f che migliori cose conoscono, 
e che non possono a meno di non farne in 
sè medesime il paragóne . Per lo stesso mo- 
tivo i voluttuosi noi veggiamo continuamen- 
te annojarsi di quelle sensazioni e situazioni 
ordinarie della vita ,_di cui tanti altri sono 
contentissimi , perchè colle forti sensazioni e 
coi forti piaceri , a cui sono accostumati , e 
di cui allora sentono la mancanza , ne fanno 
continuamente il confronto - 

Noi possiamo adunque rettamente conchiu- 
dere che i dolori dell'animo o in tutto ,o al- 
roen certamente per la massima parte dali % 
immaginazione dipendono, e aggiungo pure 
almen per la massima parte , affine di lasciar 
luogo alle eccezioni , se mai alcuno ne fos- 
se , che non avesse dall'immaginazione ve- 
runa dipendenza; sebb^n ninno io sappia ora 
conoscerne o figurarne ..... 

Anzi una riflessione pur sembra dovere m 
ciò togliere ogni dubbio , e si è che i dolo- 



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Sua influenza ne* mail n\oraU . a5 
ri non possono nascere fuorché o da una at- 
tuale impressione , o da un idea che all'ani- 
mo si risvegli ; per la qaal cosa appunto da 
altri i dolori sono stati generalmente distinti 
in dolori di sensazione, e dolori d'idea (i) - 
Ma i primi son quei che diconsi dolori o ma- 
li del corpo ; i secondi , che sono quelli deli* 
animo , non si fanno sentire se non quando 
le idee , onde nascono , si risvegliano con 
una c*rta vivacità, il che appartiene air im- 
maginazione : dunque i dolori, o mali dell* 
animo , tatti quanti in prima origine vera- 
mente , o propriamente dall' immaginazione 
derivano • 

S' avranno dunque i mal? dell'animo a chia- 
mar tutti immaginar; ? Poco importa veramen- 
te con qua! nome si chiamino, quando l'o- 
rigine n è conosciuta • Tcttavolta per accen- 
nare qualche cosa di questo ancora , convien 
rammentare in primo lnogo il doppio senso, 
in cui abbiam detto a principio ( p. i4), che 
il nome male suol prendersi: in secondo luo- 
go conviene osservare , che per mole imma- 
ginario nel favellare comune s'intende un mal 
sapposto ? cioè un male che taluno s' imma- 
gina d'avere , e non ha , quali sono nella 
commedia èe\Y Ammalato immaginario di Mo- 
xiebk i mali d'Argante. 

Or se per male si voglia prendere l'attua*» 
le afflizione, che uno pruova , questa, da 
<7aalunrjae motivo gli venga, è realissima 
tempre , nè immaginaria potià mai dirsi; ma se 
per male s'intenda il motivo ood'ella na»ce, 

b 

■ ■ ■■■■ h mm 

CO C ASSIRA morali discipliìpa huma- 
ae Socictatis pag. <J4* 



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2(5 Immaginazione • 

chi sa che alcuno non pretendesse, cheì ma* 
li delFanirpo chiamar si dovessero veramente 
o tutti , o almeno per la più parte immagi- 
nar)? 

Anche presso Molière , direbbe egli ^affli- 
zione d'Argante per l'apprensione de' suppo- 
sti suoi mali è realissima ; ma perchè reali 
non sono i mali medesimi , ossia le cagioni 
onde l'afflizione in lui deriva, perciò si di- 
cono immaginarj . Ora nei mali dell' animo , 
egli seguirebbe, la cagione che ci affanna è 
sempre tolta o dal passato , o dalF avvenire . 
Allora quando ci affliggiamo per la rimem* 
branza d' nn mal sofferto, o per l'aspettazio- 
ne d'un mal temuto , il motivo della nostra 
afflizione è , che trasportandoci coli' imma- 
ginazione al momento , in cui abbiamo pro- 
vato la dolorosa sensazione , o in cui temia- 
mo di averla a provare , ci figuriam di sen- 
tirla attualmente . Quando il dolore ci viene 
dalla rimembranza d'un ben perduto ,il mo- 
tivo è similmente, che presente renandoci 
coll'immaginazione uu tal bene , ci figuriani 
di vedercelo attualmente rapito . Neil* stesse 
disgrazie presenti il dolor nostro parimente 
proviene dal trasporto che l'animo fa .dì sè 
stesso nel passato , o nell' avvenire : lì che a 
nn di presso pur deve dirsi d' ogn' altro ma- 
le dell'animo. Ella è dunque questa magia 
dell'immaginazione, che ci cagiona ogni tor- 
mento ; il mal nostro tutto dipende dal fi- 
gurarci presente e reale ciò che presente non 
è , o eh' è soltanto ideale : dunque noi sia- 
mo nel cas^ d'Argante ; dunque il mal no- 
stro deve r.hiamar-Hi egualmente immaginario . 
Chi ragionasse per simil gni*a potrebbe for- 
non aver torlo ; ma tuttociò ridurrebbesi fi- 

0 

\ 



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I 



Sua influenza ne 1 mali . 
talmente ad una quistione di puro nome, sa 
della quale è perduta opera il trattenersi • 
Le quistioni di nome possono essere utili quan- 
do ci guidino a qualche nuora cognizione f 
il che è ben raro, o possano aprirci il cam- 
po a spianare qualche difficoltà , la quale trag- 
ga l'origine dall'ambiguità determini , il eh© 
può essere più frequente . Ma ninno di que- 
sti vantaggi dalla presente può derivare .An- 
zi chi volesse pretendere seriamente, che tut- 
ti i mali dell'animo, i quali per la più par- 
te finora si sono detti reali , abbiansi ora a 
-chiamare immaginar) f egli non farebbe che 
accrescere V oscurità . 

Io dirò bene adunque, che i mali dell' 
animo dall' immaginazione dipendono , ma 
non li dirò immaginar}. Tali chiamerò quel- 
li soltanto, in cui l'immaginazione non so- 
lo ci presenta all'animo le idee , che immediata- 
mente ci affliggono , ma ella medesima crea 
ancor le cagioni da cui derivano queste idee . 
Una persona , eh 1 era usa in addietro a salu- 
tarmi cortesemente , oggi m'incontra , e non 
mi fa motto. Ciò sarà effetto d'inavvertenza 
o distrazione , ma la mia immaginazione non 
*e ne appaga; ella mi dipinge un nemico, e 
mi fa supporre , ch'ei m'abbia usato , o mac- 
chini d' usarmi alcun tristo ufficio : s' io me 
ne affliggo, questo sarà un mal' dell'animo, 
e sarà tutto quanto immaginario . Ma se talu- 
no saprà , che l'accennata persona gli è real- 
mente nemica , e saprà che ha tramato , o 
che trama attualmente alcuna cosa a suo dan- 
no , se di ciò sentirà pena e tormento , io 
~on ini opporrò si apertamente al parlare coma* 
r chiamando la sua pena immaginaria; di- 
rò oltanto , che la sua pepa dalla immagi- 

b a 



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28 Immaginazione . 

nazione dipende, perciocché nasce dall'im- 
magine oìk* a lai presentasi d'un mille sof- 
lerfo, o dap male ette tentte, 

C A ? O I?J. 

Influenza dell' immaginazione sui mali , 

del corpo , 

S tolto sarebbe fuor cT ogni dubbio chi pre- 
tendesse , che i mali del corpo tatti anche 
essi dall' imaginazione provengano , come 
parean pretendere gli Stoici , the mali d'opi- 
nione li nominavano , e negavano ancora 
che fosser mali . Che però anche in qne- 
«ti l'impaginazione abbia gran parte, e^li non 
è forse cosa molto difficile a dimostrarsi . 

E primieramente io vorrei che chiedesse cia- 
scuno a sè medesimo, se l'immaginazione 
non gli abbia m/ii fatto credere un maj fisi- 
co assai maggiore, che per s& stesso non era , 
Io sono d'avviso, che ben sien pochi , a cui 
ciò spedissimo non intervenga. Nella piò 
parte de' mali l'apprensione accresce di mol- 
to la vera loro grandezza , e il timore che 
quindi nasce o della morte , o d'un lango e 
penoso incomodo f o di qualche vizio e de- 
formità ch'abbia in seguito a rimanerne , son 
le cagioni , che più afflittive rendono e pili 
dolorose le malattie. 

A ciò si Aggiungono le molte estranee con- 
siderazioni, fon cui parecchi sembra che fac- 
ciali espresso studio di vie più tormentarsi 9 
Ài mah reali f dice vFoifTJ5NBLt,t , mille cir~ 
costanze immaginarie da noi si accrescono 
per maggiormente aggravarli . Tosto che nu 
male ha alcuna cosa d % insolito , la sua me« ' 



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Sua influenza ne* mali fisici , 29 
desiaia singolarità più c'irrita . Una fortuna 
un festino , un non so che noi ci andiam so 
gnando , che per dispetto si occopi a tormen- 
tarci d'una marieni straordinaria :• le stesse 
circostanze reali noi ci facciamo non so qnal 
premura di mppresen farcele co'più mi colori, 
di spiegarcele paratamente davanti , di met- 
terle in comparsa ed esagerarle a noi mede- 
simi , com-e se a qualche giudice ragion chie- 
dessimo d' un torto , che akri ci avesse latto- ; 
e a forza di contemplare i nostri mali così 
studiosamente e di cercare con tanta cura 
ciò che può farli maggiori y noi giugniamo 
realmente ad ingrandirli » 

E qui un # osservazione importantissima pur 
deve farsi . Due specie di piaceri t^stinguon- 
si , altri dé 1 quali si chiamano positivi o di- 
tetti y c sano quelli che nascono direttamene 
te da una modificazione piacevole; aìfri ne- 
gativi o indiretti , e son quelli che dipendo- 
na dalla cessazione di una modi Acazio n do- 
lorosa 

Che questa cessazione ci rechi per sè me- 
desima un sentimento di vero piacere , e tan- 
to più grande quanto il dolore' è sfato più 
intenso , e più rapidamente è cessato ♦ egli 
é un fatto »- di cui non ha forse ninno , 
che per propria esperienza non possa far 
testimonio . Il P. Vogli nel suo trattato fal- 
la natura del piacere e del dolore è anzi 
d'opinione, cho ad ogni grado di scerò ar- 
mento in questa corrisponda un gracto egaa- 
Io e contrario di piacere , Ai modo che se- 
condo il' suacaleolo dopo una malattia co- 
munque lunga e penosa chi riscontrasse il 
ctulbre e \T piacere che- Ba provato a vicen- 
da , troverebbe la somma da ambi i lai? 
egualìssima:* 

\ 



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\ 



oo JmmQg: nazione . 

Ma quando pare non foglia" ammettersi 
«cotesto calcolo, certamente che la cessazio- 
ne di un dolore cagioni piacere, niuno vor- 
rà negarlo. Ciò posto , quanti momenti pia- 
cevoli non avremmo noi in mezzo agli stes- 
si dolori fisici f se valer ci sapessimo di quel 
conforto , che la Natura spontaneamente ci 
offre ! • 

Ma troppo pochi son quelli, che sappiano 
ben profittare d'un tal conforto . Nell'atto 
che sentonsi alleggeriti , invece di arrestarsi 
a goder del ristoro presente, la loro im- 
maginazione s * trasferisce alla considerazio- 
ne del mal passato , e non già per render 
loro col paragone vie più dolce il presente 
sollievo , nel che saggiamente adoprerebbe f 
ma per rinnovar loro ali 9 animo incerto mo- 
do la pena avuta , per farli adirare d'essere 
stati costretti a patir tanta, per far loro 
sentire più vivamente il peso e l'atrocità di 
ciò che hanno sofferto . 

Di ciò non paga ella gode poi anche di 
trasportarli nell' avvenire , e presentar loro 
nella maniera più spaventevole ciò che for- 
se non proveranno , ma che temono di aver 
tuttavia a provare . Intantochè contristati 
assiduamente dalle tetre immagini del mal 
passato , e del mal futuro , tutto il confor- 
to presente si lasciano fuggire di mano . 

Da queste osservazioni si fa manifesto 
quanta sia l'influenza dell'immaginazione 
anche nei mali del corpo. Che poi sarebbe, 
se un compiuto cataloga s' avesse a tessere 
di tutti i mali, che da lei sola direttamente 
dipendono? Tali certamente sono quelli , 
che con proprio vocabolo si dicono fmma- 
ginarj $ tali molto più quelli , che d' in^ma- 



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Sua influenza ne'mali Jisici • Si 
ginarj per una lunga fissazione passano ad 
esser reali , o che di piccoli e. leggieri per 
opera della fantasia si fanno grandi e gra- 
vissimi ; tali finalmente quelli che ùascono 
da afflizioni d'amino o alimentate , o pro- 
dotte anche internamente dall* immagina- 
zione , i quali spesso dopo ona serie ir in- 
felicissimi giorni guidali più d* uno innan- 
zi tempo alia tomba • Chi certamente vorrà 
le cose esaminare con diligenza , non potrà 
a meno di non assolvere la Natura da una 
grandissima parte delle accuse , ohe ne* ma- 
li fisici a lei si danno , e d* altrettanto V im- 
maginazione accagionarne . 

Veduti ì mali che dall' immaginazione 
derivano , or è da vederne i rimedj . 

C A P O IV. 

• I 

. * * — i 

Rimedj ai mali , che dall' immaginazione - 

. dipendono * ' 

• N 

Articolo I, 
Rimedio generale 

Richiamar V animo da IV immaginazione 

alla sensazione . „ 

Se questa^ regola sola praticar si sapesse a 
dovere, più mal morale non vi sarebbe , il 
qual valesse a tormentarci . E non è da di- 
re qual immenso guadagno per noi sarebbe 
par questo solo 9 giacché la nostra infelicità 
nasce incomparabilmente più dal morale , 
che noli dal fisico * 

Noi non isti a m quasi mai con noi mede- 
simi , dicea Montagne ( Essais. L. I. c. 3. > , 
quasi mai non esistiamo nel momento pre- 

■ 

* 

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Zi Immaginazione • 

tento ; F immaginazione ci tiene assidaamezt* 
te oacnpati fuori di noi nel passato, o v*\V 
avvenire . Ecco tutta Y origine de* nostri mali 
dell' animo * 

Se colai , ehe per la so raro a rapitagli , o 
per Li perdita fatta , o per la carica non ot- 
tenuta , o per Vaffàre andatogli a rovescio , 
o per altra simile disaweutura reggiamo se- 
polto in si nera tristezza 9 di questa imr. cu- 
gini dispogliandosi in loro vece a riflettere si 
facesse , e dire fra sè medesimo : A dispetto 
di quello che mi è avvenuto f io tuttora a 
buon conto son vivo e sano , a 1 bisogni fi- 
sici ho ancora di che soddisfare, abbisogni 
d'opinione penserem poi , frattanto godasi 
il presente : cangiato volto , cangiato aspet- 
to noi il vedremmo tranquillo . 

Degno d'imitazione , se in altra cosa non 
è, certamente a questo proposito si è l'e- 
sempio di ÀRTSTirro riferitoci da Plutarco 
< Op use. Della tranquillità dell* anima). Co- 
stretto egli a dover perdere la migliore del- 
le sae tei;re , s* avvenne in uno de' suoi ami- 
ci , il quale con molte espressioni di con*» 
doglianza cercava pare di manifestargli la 
pena che ne sentiva. E perchè m'ho io ad 
affanna? di questo , rispose tranquillamente 
Aristippo 9 o perchè dei tu dolertene a mio 
riguardo ? Fra tutti i tuoi beni non è egli 
vero, ehe tu non hai che un piecol podere r 
ed io ne ho tre tuttavia, e maggiori? Ciò è 
vero 9 rispose il consolator d' Aristippo . Ben 
dunque maggior ragione , soggiunse questi * 
io avrei da compiangere la tua fortuna , che 
tu non r abbi di affliggerti della mia , 

E veramente, segue Plutarco ,non é egli, 
la maggior pazzia il yolere rammaricarsi di 



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HTmedj <i mali morali • Z$ 
cTS clie è perduto , anzi che rallegrarsi, di 
ciò che è rimasto? Non è egli questo un 
volersi assomigliare a»' fanciulli , i quali so 
veggon togliersi un dec loro giuocolini 9 e 
quello forse che meco apprezzano , rompo*» 
no per dispetto tutti gli altri , poi gridano % 
piangono , si dispernno r mettono tutto a ro- 
lli ore ? Il più piccai rovescio ci fa quasi 
tutti ricader nel!' infanzia , il più leggiero 
infortunio ci scompiglia r la perdita più im- 
percettibile ci dispera noi ce la prendiamo 
con Dei, con la sorte , col cielo , co- 
gli uomini , e pretendiamo che V universo 
entri a parte del nostro affanno , o. a di* 
meglio àefltf nostra follia. 

Consentimenti medesimi scrivta pur S«nec* 
a Marzia : iniqiuores sitmus , diceva egli 
adversus relieta ereptorum desiderio. Sei si 
acslimare volueris r quartvtibi valide fortuna 
ctiam cum saevierit , peperceri't r scies te fca- 
bere plus quam solatia . 

E certamente in qualunque sciagura chi 
sapesse richiamar il pens ; ero da ciò cha ha 
perduto a ciò cha gli resta 9 non vi ha dub- 
bio , ch'egli troverebbe comunemente p'ùche 
non bisogna per consolarsi . Egli è sì raro cha 
alcuno privata si vegga puranch* del neces- 
saria assoluta , e senza speranza d' aver al- 
tronde soccorsa, che nan accade por favel- 
larne. Alla più parte le disgrazie non tolgo- 
no chft il necessario relativo , a piuttosto il 
superflua, di cui quale estimazione abbiasi a 
fare f è troppo facile a comprendere 9 e poi 
nell'altra Sezione il vedremo distintamente.. 
Or fina a tanto che riman pare con chat 
soddisfare a 1 bisogni di vera necessità , fiaWii 
esenti noi siamo dalle sensazioni dolorosi* 

bZ 



«r Digitized by 



34 Immaginazione. 
che sono i veri mah reali , perchè abbiamo 
noi a tormentarci da noi medesimi coi mali 
d* immaginazione ? Infiniti per avventura feli- 
cissimi si terrebbono , se colla nostra can- 
giar potessero la loro condizione* . Or non è 
egli stoltezza il renderci miseri da noi me- 
desimi con qaello stesso , con cai tant' altri 
fortunatissimi si crederebbero? 

Quel che si è detto riguardo a 1 mali ar- 
renati , molto più deve dirsi rispetto a 1 mali 
avvenire . Ed in vero perchè turbarmi degg'io 
d* aa male, che non ho ancora? Non è egli 
strana , che io medesimo debba far sì 9 che eia 
che ancor non esiste abbia a rendermi infe- 
lice ? 

Articolo IL 

Che a ciò il maggior ostacolo è il piacere: 
segreto che pruovasi neW afflizione. 

.Alla massima nel precedente Articolo es- 
posta un 1 obbiezione preveggo , che già più 
rolte ho adito farsi. Non è in mia potere 
dira taluno , il richiamar V animo quando 
che sia dall' immaginazione alla sensazione 9 
e impedir che le trista idee d* un mal ^avve- 
nuto, a d* un male che tema , ali* immagi- 
nazione non mi si offrano . Elleno presene 
tansi mia malgrado , malgrado mio mi stan-* 
no fisse dinanzi , e per quanto io m* adope- 
ri a discacciarle, ritornano a tormentarmi* 

Per toglier questa obbiezione io noa vo- 
glio già pretendere , che il poter nostro so-» 
ptra alla immaginazione sia pieno , ed as- 
solato: nè si può attribuire all' umana na- 
tura più che noA debberà ; e ninno vorrebbe 

♦ i 



s, 



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Itimeli a % mail morali . 35 
sapermi grado eh io in lui supponessi una 
perfezione , che dalla propria esperienza egli 
trovasse smentita . Non facciamo però nem- 
meno più torto a noi medesimi , che non 
conviene • Il poter nostro sopra all' immagi- 
nazione è certamente maggiore che forse non 
crediamo : egli è almen tale da ripararne 
bastantemente da* mali, ch'ella può cagio- 
narci , nè al proposito nostro dobbiamo chie- 
der di più , Tutto dipende dal saper ben* 
osarne . 

A chi dichiara impossibile il distornare la 
immaginazione dalle idee moleste , io chie- 
derei prima di tatto ♦ s* egli abbia provato 
mai a dare io ciò daddovero tutti i suoi 
sforzi f se gli abbia fatti prontamente al pri- 
mo sopraggiugnere di una trista avventura , 
se fatti replicatale nte e .costantemente , se . 
fatti co 9 debiti mezzi . Tutte queste cose ri- 
chieggonsi innanzi di dichiararne impossibile 
la riuscita . 

Son molti adunque, che al primo arrivo di 
un sinistro accidente, in 1 uogo d' allontanar- 
ne il pensiero , vi si fissano anzi a bello 
studio , non si occupano che di questo , fug- 
gono tutto quello che può distrameli f in 
esso solo continuamente s' aggirano . Plutar- 
co gli assomiglia opportunamente a certa 
specie di scarabei , i quali entrati , die' egli * 
in una cotal fossa vicino ad Olinto , 
»on san più uscirne, ma di continuo per 
entro vi s* aggirano , iafin che cadono morti 
di fatica e di sfinimento ( Op use, de Ila tran, 
tyiillità delt animo ) . * . 

Nè è già che vi si fissino espressamente , 
perchè amino ciò che loro Ah pena > La penu * 
pqr sè medesima no* può amarsi, tuoi - 



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I 



3(S; ^ lrnmagihaztpne . 
siamo costituiti di modo , che necessari sf- 
inente dobbiam fuggire tutto quello che no 
molesta , considerato siccome tate. Egli è 
adunque lo stesso amor del- piacere > che li 
trattiene sopra le idee spiacevoli . Uh non so- 
qaal piacere essi provano nel rappresentarsi 
come fanno , ed esagerare a si- stessi la 
lpro sciagura , nel* maledire e strapazzar ili 
destino o la fortuna , se il" cofpo viene da- 
mano ignota, nel meditare e anticiparsi: 
coli* immaginazione il* tristo gusto della 
vendetta, se viene, da mano nota. Ingannati 1 
dalle lusinghe di questo, piacer miserabile 
si covan essi frattanto la serpe in seno in-* 
vece di soffocarla . E* che ne avviene egli 
j>oi? U piacere di sfogarsi contro alla fortu- 
na o al sognato destino si viene scemando c 
annullando ben presto; ih piacere dell'im- 
maginata vendetta egli pare ben presto sva- 
nisce o per- gli ostacoli , che vi s' incontra- 
no , o per altra ragione . Non rima u più che 
la -pena . Allora l'animo cerea di allontana-- 
re le idee spiacevoli , ma- troppo tardi ; l'inrw 
pressione è già; fatta profonda mente ; gli spi- 
nti animali , o <?nal altro agente egli sia ^ 
da coi. dipende la parte meccanica delle idee , 
fcan contratto già l'abito di correre alle fr-- 

bre, a cui le idee- spiacevoli sono annesse;, 

quando V anima s* affatica per inviarli ad al- 
tra parte , molti di loro meccanicamente si 
portano tuttavia ali è fibre istesse , a cai tro- 
vano meglio anerto il sentiero t V fcnìmo* 
allor si lagna, della sua impotenza a- sgom- 
brare le idee -moleste , allor disperasi , allora 
jel sentimento medesimo della sua debole*-- 
%* %* irrita, e si cruci» vie più; ma a chi, 
©e debb' f gUattribuUit; 1* colpa, se eoa a ; 



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Rimedi « mali morali S7 
Dalle lusinghe di questo inganncTol pia- 
cere conviene adunque porre ogni: studio * 
guardarsi , er sforzarsi il 4 più prontfcdaente che 
è possibile a rimuoTer dall' animo la trista 
immagine dèli* avvenuto disastro . Qonviene , 
dico , sforzarsi', poiché non T'Ha dubbio, 
che uno, sfòrzo ti si richiede , e uno sfòrza 
tal rota grandissimo* t Si avverta però , che la 
r^sistenz** maggiora in sul. principio non ci* 
rerrà dirrettamente dàlia difficoltà dì disto- 
gliere r immaginazione dall' idea molesta r 
finché gli spiriti animali- non Hanno appreso 
abitualmente là xia che ad essa li guida 
non è si difficile il distornarli . La resisten- 
za maggióre Terrà" dalle stesse attrattive di 
quel piacere segreta,, che abbiamo pur ora 
accennato . 

Un mal inteso amor proprio mille artffiej sa- 
usare in quei momenti per ingannarci . Dirà,, 
eh' è dà stolto il privarsi nel colmo, dell'af- 
flizione ancha di quella piceolV consolazio- 
ne che ella stessa presenta ; dirà , che uno* 
sfógo alla fine è neeessario , chTegli è Te- 
stremo couforto dei miserabili, che troppo 
crudeli saremmo* contro noi stessi , se anche- . 
questo pi cool sollievo volessimo contrastarci; 
prometterà , che ih appresso ci troveremo più 
consolati ; dove si tratti d' un, bea perduto „ 
ricfiiaaaaudocelo Tf.vamen.te per mezzo dell* 
impaginazione , farà che ci semifri talvolta 
di possederlo tuttora , e con questa momen- 
tanea illusione seducia.no noi stessi ; chiame* 
rà' talora in soccorro là ! nostra medesima va- 
iHtà , e ci farà credere \ che tornar ci abbi* ad 
onore il mostrarci vÌTam*nte s^nsib lì ; altra 
Tolta ci lusingherà , che la vista della nostr? 
afflizione abbia a destare più facilmente Ir 
compassione in altrui , e che questa ree art 

A 

\ 

» 

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38 Immaginazione . . - 

ci debba il bramata ristoro ; pugnerà qual- 
che volta a valersi finanche della orgogliosa 
persuasione , in cui saremo della nostra for- 
tezza f e vorrà che contempliamo la sofferta 
disgrazia , per aver il piacere di disprezzarla . 

Sono tutte insidio pericolosissime ; ed oso 
dire , che se noi lasciamo con queste il cam- 
po alla immaginazione d' impossessarsi dell* 
idea afflittiva , noi siamo vinti . Ella saprà 
poi tornarcela innanzi a nostro dispetta, 
quando più non avrà se non quello che può 
tormentarci, e invano cercheremo noi allora 
d'allontanarla, invano ci sforzeremo di ren- 
der ali 1 animo la perduta tranquillità . Pron- 
tezza è d 1 uopo e costanza a rimuoverla^ fia 
da principio : questa si è V unica via per im- 
pedirne i tristi effetti . 

Ma di quali meazi s' ha egli a far uso? 
Ve n' han di varie maniere , e poco importa 
quale di loro si preferisca : tutti sono otti- 
mi t purché riescano ad impedire la fissa- 
zione dell' animo . Incominciamo da' mezzi 
meccanici , siccome quelli che si presentano 

Più facilmente. >, 

Articolo III. 

Mezzi meccanici per distogliere T immagina* 

zione daW idea afflittiva • 

• - 

M eccanici io chiamo quei mezzi , che . 
xriuno stadio richieggono, e niuna applica- 
zione. dell 1 animo , ma una sen plice opera- 
zione meccanica .> Ora il primo di questi mez- 
zi egli è il fuggir prontamente il silenzio e 
la solitudine, di cui non v'ha peggio pei 



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Rimectj ai muli morali . Zg 
tristi momenti , ed a cui apponto allor si sc- 
glioDo più abbandonare quelli che saggia- 
mente non sanno curarsi . E' dolce , essi dico- 
no , la solitudine agli afflitti , ma una siffat^ 
ta dolcezza altro non è che il piacere seduttore 
testé accennato, il qual ne lusinga per pochi 
istanti, onde poscia sommergerci nella più 
trista amarezza . Egli h il canto della Sirena , 
che alletta gì' incauti per farne strazio ; è la 
tazza avvelenata di Circe; è l'incanto di 
Alcina . 

À questo fatale incanto conviene tosto in- 
volarsi con ogni sforzo . Un amico è da 
procurarsi in primo luogo , amico saggio e 
discreto , in seno al quale poter deporre con 
libertà e sicurezza la propria afflizione, 11 
tenerla racchiusa con troppa forza potrebbe 
fare talvolta ciò che fa l'aria o il vapore 
soverchiamente ristretto , che scoppia quindi 
con maggior impeto . Qualora tale sia il 
dolor nostro, che uno sfogo domandi, uno 
sfogo prudente per questa guisa gli sì pro- 
cacci ; e se il pianto vorrà concorrere ad 
•PT^ftlj pur anche un* altra via, al pianto 
si lasci libero il freno . Le lagrime sono un 
ristoro possente nei grandi dolori: e il sag- 
gio ben può cercar di nasconderle agli occhi 
altrui , ma poco saggio sarebbe , se per osten- 
tare a sè medesimo una-vana fortezza , vo- 
lesse forzatamente sopprimerle anche in se- 
greto . 

Concesso al dolore o P uno , o P altro , od 
intendile questi sfoghi primieri , la compa- 
gnia , la distrazione , il divagamento si cer- 
chi quanto è possibile • Le conversazioni più 
allegre e più vive, gli spettacoli più clamo- 
rosi e più yarj , un onesto sollazzo con lieta 



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4a fnmaguia %\uner * 

Brigata v una festa , una caccia, ima par!".- 
di campagna, un viaggio," tntto .quello 
s'abbracci, che si;i atto a presentarne un 
maggior numero di sensazioni e di idee pia 
rive e più varie e lasciar mena di presa, 
air immaginazione . 

Egli for<e avverrà , die in suf principio- 
qnesti divertimenti ci annoeranno , che in. 
Diano sapremo trovar diletta, che tutto et 
parrà insipido , e noi : dovremo allor variare, 
e più prontamente passare dall' ano àlT al- 
tro : alcwa cosa par finalmente incontre- 
rà che ne aggradi , o in qualche parte al— 
meno ne sollevi ; e quando pare non riu- 
scissimo con tatto questa, che ad occupar- 
ci , e distrarci , avremo con ciò solo ottenu^— . 
fo sempre moltissimo*. 

, Ma non è* da tutti , n? sempre", diià taìct— 
no , T usare di questdr nwzzo . Una niadro 
alla morte (11 un figlio, o una moglie a quel- 
la del marito come cercar tra le fesle , e f. 
giuochi, e i tripudf il dilagamento ? Le leg- 
gi dal decoro non menor che quelle della na- 
tura , e la stessa contraria un versale con* 
suetuiine troppo altamente ricl amerebbero . 

Alle leggi della natura e del decoro io cer- 
tamente non vorrò mai che alcuno s'oppone 
ga , e nemmeno agli usi più ricevuti : seb- 
bene ve n ? Ka, di /[trilli chs troppo inerite— 
rebbono d* essere interamente aboliti . 
qual usò più irragionevole, che il condan- 
nare , coma costamavasi in alcuni luoghi ^ 
nna vedova, a star rinchiusa n*H<? sue stan- 
ne gì' interi mesi a ricevere le condoglianza 
di tutti gli scioperati , che a lèi vanno per 
acrimonia, e a sentirsi con c o rinnovare ad*, 
•gni haomento il. dolor suo ? 0 qual pio. 



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Blmeij a' mali morali 1 . 



4ì 



inumano, che l'obbligare, siccome pure in 
altri 'uoghi si pratica , i più stretti congiun- 
ti a dover accompagnare alla tomba le spo~ 
glie della persona più cara che loro avveg- 
ga di perder* , ed averne sott' occhio il tri- 
sto spettacolo , finché compiuti ne sieno gli 
estremi ufficj ? O quale più barbaro insieme 
e più indecente, che il dover poi chiudere, 
come par è costarne in altri luoghi-, una 
scena cosi trista coli 1 importuno e sconcio 
apparato di un solenne banchetto ? 

Ma tali usi nelle più «trite parti dell' Ita- 
lia o tolti son del tatto , o molto almexi 
temperati. Alla morte d'un congianto l'al- 
lontanarsi dalla casa e dalla città , e toglier- 
si ali 1 aspetto di tutto ciò che può offrirne 
T immagine , e richiamar la memoria della 
perdita fatta, non *oh> non è vietato, ma 
consigliato pur dalla stessa consuetudine . 

Senzachè i mezzi , onde sottrarsi in qnei 
momenti alla solitudine e al silenzio , non 
sono le feste soltanto e i giuochi solenni, e 



più pubbliche e più clamorose . Queste gio- 
var potranno in quei mali dell' animo , in 
cui nè t riguardi eh» aver si debbono alla 
decenza , nò altre circostanze ci vietino d'u- 
sarne , siccome nelle afflizioni , che nasco- 
no da cagioni soltanto a noi conosciute , o 
dove il cercar la distrazione anche pubbli- 
camente non possa venirci apposto a rim- 
provero . Negli altri casi rimangono le pri- 
vate società , rimane un viaggio , una gita 
in campagna , altri mezzi rimangono , onde 
involarsi alla solitudine domestica , e pro- 
cacciarsi decentemente un'utile distrazione • 
^ Ma per ciò fare un* altra cosa conrièn vin- 



i popolari tripudj 




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4-2 Immaginazione . 

coreiche nello stato d'afflizione pur tanta 
amasi, e tanto comunemente, io voglio di- 
re V inerzia . Una certa svogliatezza allora 
ci nasce di o^ni cosa, un certo languore e 
spossamento universale ; il sedersi o àdrajar- . 
si abban taratamente su checchessia lontano da 
ogni strepito , c fuggir finanche di sentir il 
peso della prepria gravitazione , è quello che 
allor più cercasi , e che a maggior aumento 
del proprio male si c^rca . Imperocché nulla 
più brama T immaginazione in quegl' istanti % 
che d' aver tutti agli ordini suoi gli spiriti 
animali senzschè venga niuno impiegato agli 
ufficj muscolari . Quanto meglio ella possa 
per questo modo insegnar laro la via di rin- • 
tracciare l 1 idea molesta, ed accostumarli a 
prontamente riprodurla a' suoi cejini, non è 
chi noi veg^a . 

Di ciò accorti pertanto allora appunto 
cercar dobbiamo vieppiù di occupare gli spi- 
riti nelle fatiche del corpo , onde meglio sot- 
trarli all'impero delia, fantasia . I giuochi 
di più forzoso esercizio, le cacce più firti- 
f.ose , le cavalcate di maggior scotimento f 
i passeggi più lunghi e più affrettati , e non. 
già per luoghi deserti, o cupi, o melanca* 
nici , ma per le strade più popolose , e lun- 
go le rive del mare , o de* laghi, a de 1 fiu- 
mi , e sa per colli eh* guidina ad amene 
• verdure , sono quelli allora con cui , man- . 
cando altra migliore occupazione, dee pro- 
curarsi di vincer l'inerzia > ed' affaticare gli 
spit iti * 

Qve non si possa occupare il corpo, cer«* 
chi ; almeno d'occupare la mente, e una 
commedia , un dramma , un poema » una 



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Rlmedj a % mali morali . 4^ 
storia piacevole , un* opera interessante si 
scelga con cui trattenersi . 

V 1 ha chi n'asci a frenare V immaginazio- 
ne coli 1 internarsi in uno stadio profondo. 
V* ha dall'altro canto chi seppe ingannarla 
col faticare unicamente per faticare , tra- 
sportando da luogo a luogo attrezzi , libri f 
quadri , strornenti , suppellettili . foco im- 
porta qual mezzo si adoperi , purché rie-* 
scasi al termine di vincer l'inerzia fatale in 
quei punti , di esercitare gli spiriti f di oc- . 
cuparli (i) • 

Un terzo effetto dell 1 afflizione è V inappe- 
tenza , la quale però ben lungi dall' aversi a 
combattere, è anzi da secondare , siccome 
provvido e salutare compenso della natura me- 
desima . E certamente il caricarsi di cibi in 
circostanze siffatte troppo sarebbe pericoloso, 
conciossiachè la digestione, siccome mostrano 
i medisi esser non possa in que' tempi libera 
appieno e regolare. Anzi il disgombrare con 
una purga rammasso , che il colpo afflitti- 
vo può aver trovato e guastato io sullo sto- 
maco , è pur sovente giovevolissimo ; peroc- 
ché altrimenti l'indisposizione che da esso 
nasce, concorre ad accrescere vie maggioT- 
inente la stessa indisposizione dell'animo ... 

In questa parte adunque io non ripugno f 
che alla natura si obbedisca , e che nei cibi 
si usi sobrietà . ^ Quello invece che da taluno 
suol consigliarsi , è V uso parco e prudente - 
d'alcun vivace e spiritoso liquore ; ed io ho 



(i) Le fatiche del corpo liberano dagli af- 
fanni dell'animo, dicea pure il Duca DE LA. 
ROCHEFO UCAULT ( Massima 2. ) . 



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44 Immaginazione » 

paranco adito di chi seppe con questo mei- 
zo più d v una folta nei colpi più disgustosi 
opportaoamente acchetar l'animo , e sollevar- 
si . Un tal oso gli accendeva ed* eccitava 
gli spiriti f oltre al distoglier qaesti dal ser- 
vire all' immaginazione , amare a lai faceva il 
moto , la compagnia f ir trastailo , il dissipa- 
mento ; tornando stanco in sulla sera, ei 
dormiva profondamente , e desto al nuoro 
giorno seco stesso tranquillamente rideva di 
chi in suo luogo sarebbesi strutto di sdegna 
* di dolore - 

». ^ 
Articolo ITI. 

- 

Mezzi filosofici per prevenire le afflizioni* 

o dissiparle. 

CjTVi accennati finora non- sono che mezzi 
.meccanici . n saggio non dee certamente me- 
no apprezzarli , perchè siano tali ; impercioc- 
ché l'influenza del fisico sopra il morale è 
troppo grande ; ed egli deve finalmente par 
ricordarsi che ancETegK è nomo, e che il 
troppo fidarsi delle fòrze sole dell'animo po- 
trebbe talvolta farlo soccombere restar vinto. 

Ma quanto egli sarebbe prosontuoso e im- 
prudente f re di questi mezzi sdegnasse o 
ricusasse far \no~ 9 altrettanto sarebbe cosa per 
ini disdicevole e vergognosa, sala sua con- 
solazione aspettar dovesse da questi sali , ed" 
altri soccorsi non sapesse trovare in sè me- 
' effettato • Tanto più che noti è da dissimula- 
re esser questi mezzi efficaci bensì fino a un 
corto punto , ma non poro, sempre bri starali 9 
xrb svari . r/im/iia^o-azione mille momenti 
s?r cogliere in mezzo alle distrazioni medesime, 
p^r presentarsi; e* g.uaì se essa. tron ci ritiro- 



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t ^ Rimedi a % mali morali. £5 
* in qucgl'istanti cóltro di lei ben m uniti 
in noi stessi ! 

Egli è dunque a vedere per quali mezzi de- 
ve il filosofo pur colla forza della ragione o 
prevenire le afflizioni , o distruggerle . 

Le afflizioni dei!' animo, per ciò che si è 
detto nel Cap. II. (pag. ii>. ), altre dipen- 
dono dai passato , ed altre dal presente o 
dall' avvenire . Circa al passato esse nascono 
o dal rimorso o dal pentimento tT un mal 
commesso , o dal rammarico d' nn mal sof- 
ferto o d'un ben perduto; quanto all' avve- 
nire procedono dal desiderio o dal timore : 
ed anche nelle disgrazie presenti noi abbi a m 
dimostrato ( pag. 18. ) , che il rammarico 
cF nn ben perduto , o il timore di nn mal 
avvenire sono le primarie cagioni, onde il 
dolore è prodotto . 

2VTa del desiderio e del timore qui non fa- 
remo parola, riserbandoci a trattare, sicco- 
me a luogo più opportuno , nella seguente 
Sezione . Poco diremo pure del rimorso e del 
pentimento , giacché un solo rimedio essi am- 
mettono, e troppo facile a riconoscersi . Il 
rammarico si è quello,, sul quale ci tratter- 
remo più a lungo , e singolarmente il ram- 
marico d'un ben perduto, giacché le nostre 
afflizioni riguardo al passato da esso proven- 
gono per la più parte , e la maggiore influen- 
za egli ha pare nelle afflizioni per le sciaste 
re presenti . 

§. I. Del rimorso , e del pentimento. 

Il solo rimedio per evitare il rimorso egli 
è quello di regolare costantemente le proprie 
azioni secondo le leggi dell' onesta e del do-* 

■ 



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45 Immaginazione . 

vere , onde non averlo a soffrire , o riparare 
sollecitamente al mal fatto, allorché siasi a 
quelle contravvenuto, onde farlo immantinen- 
te cessare. Chi l'una e l'altra cosa ostinata- 
mente ricusa , sia egli pur lacerato e stra- 
ziato dai suoi rimorsi , sia pur a tutti altri 
terribile esempio : il filosofo potrà compian- 
gerlo , ma non saprà compatirlo $ troppo me- 
ritata è la sua pena . 

Il pentimento o riguarda un delitto, 0 ri* 
guarda semplicemente un'imprudenza , un er- 
rore . Nel primo caso quello stesso ne più 
uè meno con lui dee farsi , che abbiamo det- 
to doversi far col rimorso . Nel secondo per 
prevenire il pentimento , il mezzo generale si 
è l'adempire esattamente il famoso precetto 
di quel filosofo antico : Innanzi (T impren~ 
dere alcuna cosa considera quello che te ne 
possa incontrare : precetto , che più larga- 
mente svilupperemo parlando della pruden- 
za . Che se malgrado ogni cautela alcun er- 
rore ci Tenga pure commesso, o egli è ri- 
parabile, e col rimedio si cerchi la cessazione 
del pentimento , o non ammette riparo 9 e 
non v*ha allora che pazientemente soffrire ed 
acchetarsi . E che giova in fatti il cozzare coir 
impossibile ? 

§ IL Del rammarico £ un mal sofferto , e 
d % un bene perduto ; e delle afflizioni nel- 
le disgrazie presenti . 

L' immagine d* un mal sofferto non sem- 
pre è dolorosa per noi ; il più delle volte an- 
zi è grata e consolante pel sentimento at- 
tuale cf esserne privi . Quindi una viva com- 
piacenza noi reggiamo in tutti generalmente 



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Hlmeij a! mali morali . ~ 47 
nel raccontare i passati lor njali , e tanto 
maggiore , quanto sono essi stati pìu gravi . 
A questa compiacenza talvolta può aver par* 
té la vanita ili rammentare 4* intrepidezza , 
con cui gli abbiamo sofferti, o quella di 
eccitare delle nostre forze una maggior opi- 
nione , mostrando quanto siamo stati vale- 
voli a sostenere , o quella poranche d 1 in- 
teressare a favor nostro con un tenero sen- 
timento di compassione chi ci ascolta . 
Ma il paragone che noi facciamo fra noi 
medesimi del presente e del passalo , il sen- 
tir di non essere più infelici , come eravamo, 
è quello ^enz" alcun dubbio, che v'ha la 
parte maggiore . 

Allora solo pertanto V immagine d 1 un 
male sofferto in noi produce il rammarico, 
quando è accompagnata da sdegno. Questo 
or è diretto contro le cose inanimate o ir- 
ragionevoli ; così s' adira il fanciullo contro 
del sasso , ove inciampando è caduto, o il 
cavaliere contro il cavallo , che V ha gettato 
di sella: ora contro all' idea astratta , che si 
chiama fortuna , termine che per sè non 
- significa fuorché una cieca ed accidentale 
combinazione di cose , ma che noi massi- 
mamente nei mali che ci vengono impensati 
e da ignota cagione , amiamo di realizzare 
e personificare alla nostra immaginazione , 
onde avere pur qualche cosa , contro alla 
t/uale sfogarci : ora è diretto contro di noi me- 
desimi , allorché il male ci nasce per nostra 
colpa , e siamo costretti a confessare „ a noi 
stessi la nostra debolezza , o la nostra im- 
prudenza , confessione sempre increscevob? 
all'amor proprio; ora finalmente è dirottò 
contro degli altri, il che succede allorché il 



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43 Imrnaginazume . 

male ci vien da persona co nosciuta , mais 
tanto maggior ne sembra , quanto la per-* 
medesima è più da noi abborrita . Gli 
Lii adunque , onde nasce il rammarico 
0 a mal sofferto , sono r Tira e l'odio , e 
non V ha altro mezzo , che toglier queste 
passioni, la qaal cosa come abbia a farsi , 
noi il vedremo nella seguente Sezione . 

Ma il frequente rammarico è prodotto in 
noi dall' immagine d' un ben perduto , e 
questa è pur la maggiore e più copiosa sor- 
gente dei nostri mali dell 1 animo • La morte, 
o la partenza , o la peidita dell' amicizia , 
della grazia * del favore d'una persona 
possente o a noi cara ; la perdita delle so- 
stanze per furto , o fallimento, o inondazio- , 
ne , o nceadio , o fortuna avversa nel giuoco 
o nel commercio ; la perdita delle dignità , 
o dei titoli,* del potere, o della pubblica, 
considerazione , sono le cagioni più ordina- 
rie , da cui le maggiori, e più acerbe , e 
più desolanti afflizioni derivano - Ora per 
prevenire o distruggere siffatte afflizioni^ , 
e^li è da vedere in primo luogo quale esti- 
mazione di queste cose si abbia a {are . 

6. III. Estimazione de' beni. 

Di tanto maggior rammarico suole gene- 
ralnaate nus^irs la perdita di un bene, 
quanto più necessario da noi si crede alla 
nostra felicita . Massimiano non si tosto eb- 
be rinunziato air impero di Romaiche do- 
lente di vedersene privo , fece ogni sforzo 
usfr-ogai artificio, uni ali© cabale i tradi- 
menti per rientrarne al possesso , finché inve- . 
ce del trono e del diadema trovò la morte % 



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. Himedf a* mali morali, A Q 
Diocleziano al contrario , che nell' «bdicazioa 
generosa gli avea dato l'esempio , spontanea- 
mente invitato a ripigliare J 0 scettro . 
regno , rispose ( additando il picciol orto . 
eh egli coltrava colle sue mani), troppo 
mi è pm- certo che non V impero di Roma . 

JLfiSL'lr*? dell' uomo^aggio 

debb essere di far dei beni una retta «sti- 
mazione , e da quelli , che alla sua felicità 
non sono necessari , distaccar l' animo in 
modo , che la loro perdita non abbia ad es- 
sergli tormentosa . Seneca , per calunnia ap- 
postagli innanzi a Claudio Imperadore , spo- 
gliato delle sostanze , bandito da Roma e 
relegato fra i monti della Corsica, per qual 
maniera seppe egli con tanta tranquillità so- 
stenere quel terribil rovescio , onde altri sa- 
rebbe stato desolatissimo ? „ Tutte le cose 
scriveva egli dal suo esiglio ( De consolatone 
ad Helviam cap. 4.) , che la fortuna libera- 
mente mi compartiva, ricchezze, gloria 
onori , 10 area riposte in luogo , da cui poi 
tesse riprenderle senza mia commozione. 
Un grande intervallo fra me ed esse era fran- 

me le ha ritol- 
to , non già strappate, di mano : abituiti 
non avulsa Tale ha ad essere la di- 

sposizione dell' uomo saggio , nè l'acquistarla 
e pur impresa infinitamente difficile 

Imperciocché non pretendiamo noi' già eh* 
si debba pervenire a quel!' eccesso di stoicis- 
mo che Epitteto vorrebbe . „ V 'ha delie -cose „ 
incomincia egli : suo Enchmdh. , che dipenl 
dono da noi medesimi qQali sono l' opinio- 
ne J inclinatone , , desideri . r avversione , 

altre , che non dipendono da noi , siccome 



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* 



*5o 'Immaginazione . 

il corpo , le ricchezze , gP imperj , e tatto 
ciò che non è nostra operazione . Ciò che 
dipendé da noi, segue egli , è libero di sua 
natura , nè ^uò da alena nomo esser impe- . 
dito , uè sforzato ; al contrarlo ciò che da 
noi non dipende , è senile , «pregevole , e 
soggetto «IP altrui' potere . . . • Ora se cre- 
derai , -continua poco dopo , esser tuo ciò so- 
lo , che veramente V appartiene , e saprai 
considerar come «stronco «forestiero ciò che 
in effetto lo è , assicurati , che niuna cosa sa- 
rà valevole a disviarti dal tao proponimen- 
to, che non imprenderai «osa alcuna che ti 
conturbi , che non avrai a lagnarti nè a 
mormorare, che ninno t'offenderà , che mai 
il menomo dispiacere t« non avrai a rice- 
vere". ^ 

Ora per guanto io dicessi f non so certa- 
mente , «e mi verrebbe mai fatto di persua- 
dere ad alcuno , che il suo corpo noa sta 1 
cosa sua , ma cosa estranea e forestiera . Io 
so certamente che è mio * direbb^egli , e le 
sensazioni moleste che per esso mi vengono « 
so altresì che mie sono pur troppo . 

Siffatta opinione era negli Stoici una con- • 
seguenza del loro generale sistema . V anima 
nmana , dicevan essi , non è che una parti- 
cella della grand 1 anima del mondo, cioè di 
Dio ( Vedi Metafisica pag. 3o. )• Come por- 
zione di Pio ogni anima è in sè perfetta , e 
non deve cercar altro , che di godere di 
questa perfezione, rimovendo da sè tutti gì' j 
impedimenti, che venir possono dalle cose 
esterne non dipendenti da ornano consiglio , 
ma rette dalla forza invincibile del destino . 
Deve il saggio pertanto , essi conchiudevano * 
tutto raccogliersi in sè medesimo, e in sè 



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Himedj a' mali morali. 5i 
tutto riporre , bastare a sè solo , e riguarda* 
xotne cose da sè aliene tutte quellé che no» 
«ono in sna potestà , ma del fato , compu- 
tando fra queste anche il corpo medesimo . 
Per via di tali astrazioni alcuni di loro sono 
giunti a Tendersi quasi affatto insensibili 9 
non pure ai mali dell'animo, ma anche a 
quelli del corpo ; nel che sono certo da am- 
mirare : ma astrazioni così difficili f ed ap- 
poggiate poi a siffatti principj , nna mode- 
rata e saggia filosofia non dee pretendere • 

Basta soltanto , che facciasi delle cose una 
più giusta estimazione che non suol farsi co- 
munemente : basta che necessarie 'alla umana 
felicità non si pongano quelle che non io sono , 

Ora io domando : quale è la base dell'ama* 
uà felicità? Ognuno dirà la tranquillità dell 1 
animo. Quale n'è il compimento ? Dirà ognu- 
no la contentezza . Vn «omo tranquillo e con- 
tento è un nomo certamente felice . Ma perchè 
uno sia tranquillo , che si richiede egli mai? 
La esensione dai mali . Perchè sia contentò ? 
La esenzione dai bisogni . Tolgansi i mali dal 
mondo , svaniranno tosto le afflizioni , ognu- 
no sarà tranquillo : tolgansi i bisogni , sva- 
niranno i <desiderj , ognuno sarà contento . 
Ma quali sono i veri mali ? Se ne traete i 
dolori del corpo ed i rimorsi della conscien- 
za i gli altri sono tutti di opinione , tiicea 
Rousseau , e noi l'abbiamo dimostrato. E i 
^veri bisogni quali sono eglino? I bisogni fi- 
sici : chi ad essi ha modo di soddisfare, cer- 
tamente ha quello che basta per esser con- 
tento , Quanti difatti con questo solo noft 
^vivono contentissimi ? Diogene nella sua bot- 
te , dice Blassimo Tirio , era più lieto che 
Serse in Babilonia . Gli altri bisogni non so- 



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Jfe Immaginazione 
DO che fattizj : noi siamo quelli che abbiamo 
la stoltezza di fabbricarceli ; noi che renden- 
doci necessario alfa felicità quello che la na- 
tura lion ha coluto che il fosse, ne formia- 
mo da -noi medesimi aspra e disastrosa la via, 
ch'està fatta ci aveva più agevole e più spedita . 
La natura poco richiede, dice Boezio £ De 
consol. Phdo$o\>hiae lib. 3. > 9 e il dice con 
lui l'esperienza e la ragione . 11 mondo reale 
ha i suoi confini, replica un altro filosofo ; il 
. mondo immaginario è il solo che non ha li- 
miti . Tutto ciò che puh farne migliori e più 
felici , la natura il ci ha posto all' aperta e 
da vicino , dice pur Seneca ( De benef. lib. 7. ) . 
Finalmente quanto poco essenziali alla feli- 
citi siano le ricchezze 9 le dignità , il fasto , 
V autorità , e le altre cose dietro a cui mag- 
giormente vaneggiano il più degli nomini , 
quanto sicno aszi insufficienti per procurarla, 
quanto spesso le sieno pure d'impedimento , 
infiniti l'han ripetuto . Boezio fra gii altri 
elegantemente Fha dimostrato ( loc. cit. ) f e noi 
non osiamo pur di parlarne come di cosa già 
aroppo nota (1). E perchè dunque di questi 
beni dobbiam noi far tanto conto? 
* Ria si ha egli perciò a trascurarli affatto , 
a sprezzarli, a rigettarli ? Alcuni filosofi cer- 
tamente a questo segno pur giunsero 9 e non 
ne furono che più paghi . Gli esempj di Ora- 
te te , di Diogene, e degli altri Cinici sono 

pm ip»i mm i nn i ■» ^— * 

(1) L' imperador Severo dopo esser corso 

{>er tutti i gradi della fortuna sino ad aver 
'impero del mondo: omnia fui, diceva , sed 
/nih'd expedit ; cioè tutto questa nulla ha £io-> 
vato a formi felice ( P. MAN. Apoth. Lib. YI. ) . 



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t 

Klmedf ammali morali. 5'5 
troppo famosi; ed ognun sa, che il secondo 
di questi gettò perfino la tazza- io- cui beve- 
va , allorché l'esempio di un fanciullo gli di- 
mostrò, che supplire vi. poteva bastantemen- 
te colla cavità della mano . Una filosofia pe* 
tò meo Rigida non chiede tanta. Godetene, 
diceva Plutarco ( Detta tranquillità dell'animo ), 
finché sono essi in poter vostro , con quelli» 
- parsimonia , che ad u-n uora saggio conviene, 
ninno il vi contrasta ; ma avvezzatevi a po- 
terne anche tranquillamente far sen^a , qua- 
lora vi sicno rapiti ; considerate quanti mo- 
menti passate lietissimi , seaza che le richez- 
ze, gli onori, la vanità- vi abbiano parte. \ 
XXite fra voi medesimo : finche ia vivrò tran~ 
qnillo e contento,, sarò felice; questa sia 
dunque la mia cura- primaria : per la traiv- 
quillità e la contentezza ad un domo savio 
di poco è mestieri ; questo procurisi di man- 
tenere : il resto si abbia per un di più : go- 
dasi finché la sorte il consente > e se ne sof- 
fra tranquillamente la* privazione , allorché 
venga a mancare • Preparato con queste rifles- 
sioni voi potrete allora dire alla fortuna co*- 
raggiosamente con Epicuro: tu mi puoi to- 
gliere qualche piacere, ma Tira tua non sa- 
prà giugnere a cagionarmi un dispiacere (i). 



(1) Questa anzi è pur la maniera*, dice in 
jrltro luogo Plutarco, di meglio sentire il go- 
dimento de'bcni stessi, sinché sono essi io 
poter nostro . Chi può dire intrepidamente 
alla fortuna .- 

Saave est% si quid da&>: pan-us dolor h$c 
ubi tollis : 

privo del timor della perdita , è il solo , che 
giù dolcementò tutto il' piacere ne assapora. 



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54 Immaginazione 

§. IV. Previsione de' mali . 

Vi ha però delle occasioni, in cui la per-* 
dita ancor di cosa f che non ne importi grai*> 
fatto ^aspramente ne punge, perchè arrivata, 
improvvisa^. Non. basta, adunque lo staccar 
l'animo dai beni di opinione col riguardarli 
siccome cose alla, nostra felicità non neces- 
sarie; ma, conviene di più a. questa perdita 
tenerci ognor preparati col prevenirla . „ E' di 
mestieri star sempre in guardia-, dice Seneca 
< De consci, ad Hehiam ) e tatti gli sforzi 
della fortuna , e tutti agl'impeti suoi preveder 
molto, prima che sopray vengano . Ella, è gra- 
ve a coloro cui giugne immprovvisa ; facilmen- 
te ne sostiene i colpi chi ognor l'attende * 4 

A tal oggetto un 1 abitudine ci convien fare, 
IH quale e* è facilissima per sè stessa-, e non, 
lasciera pur di recarci grandissimo giovamen- 
to . Questa si è di torcer sovente all'adire le 
altrui sciagure, la riflessione sopra di noi, e 
chiedere a noi medesimi;. come covremmo & 
contenere , se it male , ond*altri; si lagna , a 
noi fosse avvenuto . ^ Chiunque , dice il me- 
desima Seneca- (Zoe. cit.) 9 riguarda^ i mali 
altrui , dei, quali opni giorno- reggiamo gran 
copia, siccome tali che- facilmente a lui pu- 
re aprir si possan la via , ben armato contro 
di «juelli ognora si troverà, assai prima di 
venirne assalito"-. 

Per questo modo Anassagora sostener sep- 
pe con tanta, calma la morte del figlio , che^ 
gli era, carissimo-. „ Già : da gran tempo , ri- 
spose egli , ia sapeva , che mio figlia era mor- 
tale". AUa>, risposta di Anassagora fu- simi- 
S^ssima quella di una donna Spartana, la qua— 



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Simedj ammali morali . 55 
Te adendo che runico figliuol suo era in bat- 
taglia rimasto ucciso , in luogo di abbando- 
narsi agli usati femminili lamenti : „ fin da 
quando io V ho partorito , disscplacidamen- 
te , io sapeva ch'egli dovevjMnorire " . E per- 
chè non* seguiamo noi questi eserapj , entra 
qui acconciamente Plutarco (loc. cit> )y per- 
chè al sopraggiugnere di un sinistro avveni- 
mento , in lno^a di darci in preda alle que- 
rele ed ai gemiti, non diciamo' noi pure si- 
milmente : Io sapera , che precarj', non fel- 
ini erano i miei beni sotto V arbitrio della 
fortuna-, e che questa è volubile ed incostan- 
. te ; sapeva , che- chi le dignità ed il potere 
m'ha dato , poteva rifarmelo; sapeva f che 
l'amico mio era uomo, cioè un essere per 
.natura mutabile, come il chiama Platone. 
Se ai volgari lamenti: io non l'avrei mai cre- 
duto , noi mi sarei aspettato ; queste rifles- 
sioni sostituissimo , T animo non uscirebbe si 
fàcilmente dalla sua calma (1.) 



(0 Perciò Euripide saggiamente fa dire a 
Teseo 

Nam qui haec audita a dodo memfnis- 

sem viro ,~ 

Futura* mecum commentaliar miserias , 
Aut morlem acerbam, aut exulis mcxs- 
tam fugam, 

Aut sernper aìlquam rnolem meditahar 
mali, 

Ut si qua invccta diritas easu foret , 
He me iniparatum cura laceraret repens* 
Gicer«« quaest. Tusc. NI. 



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§(> / fmmaginazione 

§. V. De' mali , che ammetton riparo . 

À chi sapesse staccare T animo interamen- 
te dai beni non neccssarj , a chi ognor pron- 
to sapesse tenersi ad ogni dispiacevole incon- 
tro , i proposti rimedj sarebbono certo bas^ 
tanti - Ma è da provvedere anche a qpellf , 
che non hanno tanta virtù , o- avvedutezza , 
e che dalle triste avventare si lasciano inas- 
pettatamente 1 sorprendere . Il dir loro ciò che 
àvrebbono dovuto fare per prepararvisi , è 
rimedio faor di stagione . Di soccorsi presen- 
ti, e presentemente praticabili, hanno essi d'uo* 
po , e qaesti sono loro da accennare . 

Egli è dunque a riguardare in primo luo- 
go , se il male ammette riparo , o non V am- 
mette . Net primo caso il conforto si offre i 
da sè medesimo f nè si ha a far altro se non se 
in luogo di trattenere Vi m mag inazione sulla 
considerazione del- mal presente , trasportar- 
la alla considerazione del futuro rimedio , e* 
eolia speranza di questo racconsolarsi. 

Anzi chi sa che in questi casi non si po- 
tesse anche talvolta far servire l'immagine* 
stessa del ben perduto 9 . o deb mal che si 
soffre, ad aumento di consolazione maggio-, 
re ? Egli è certo , ohe un bene assai più dol- 
ce riesce allora quando si riacquista , che in- 
nanzi di perderlo; e la ragione è pur mani- 
festa , poiché al piacere diretto , eh* egli reca, 
per sè medesimo , il piacere indiretto s' ac- 
coppia della cessazion del- dolore-,* che la, 
mancanza di lui cagionato n 1 ave a . Indi è,, 
ohe i più scaltri e più raffinati Epicurei so- 
leano talvolta d'un bene privarsi a bello, 

j£ftdio per qualche temi>o , onde più^ivo sca^ 



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Ri m et! j a* mali morali . Sj' 
•rime Ineseguito il godimento. Anzi giugnet- 
xìo essi per fino a procacciarsi accora d^i 
dolori espressamente per gustare il piacere 
di farli improvvisamente cessare O) . 

Or ciò posto , se un uomo nell' atto che 
ha presente V immagine o del male avvenu- 
togli o del- bene perduto , dalla molestia che 
ne soffre , misurato prima il diletto che pro- 
verà neir istante che verrà questa a cessare , 
saprà indi trasportarsi colla forza dell'imma- 
ginazione ad un tale istante , e- con esso f 
dirò coki , identificarsi ; egli è chiaro, che 
anticipatamente ei godrà di tutto il pia- 
cere di quell'istante felice, che V immagine 
stessa del- mal presente avrà servita ad au- 
mentarglielo . 

Ciò potrebbe forse avvenire, dirà taluna r . 
quando io fossi sicuro di riavere il ben per- 
duto , quando , al male che soffro fossi sicuro 
di riparare : ma la cosa è ben diversa , allor 
che 1' esito è incerto . La cosa , io replico, 
allora riducesi ad ua affale di calcolo: nou 
v'ha che esaminare da qual lato la probabi. 
li*à sia più grande o per numero , o per va- 
lor di ragioni . Ma in questo calcolo a pp un - 

I . c 3 

(0 Questo uso , come osserva r autore del- 
le Idee ' SitlV indate del piovere , non è pure ^ 
molto lontano dai nostri tempi . Quanti , die* 
ejgli , protraggono il passeggio od il ballo in- 
aino alla stanchezza per sentirla rapidamente 
oessare adagiandosi f I liquori pungenti, i 
sughi aspri ed amari , le polveri vellicanti 
di cui tanto ci sogliamo compiacere , non 
sono pure aggraderai chs per la stessa 
gi,oae- • " 



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5& Iifimaginazione . . 

io è dove gli uomini errano più comunemen- 
te .Valutano essi moltissimo ogni ragion di 
temere , e quasi in ni un conta tengono tutte 
quelle, che eccitare- li debbono a confidare . _ 
Posta anche una. sicurezza, pienissima , che • 
pur si ha tante volte , singolarmente nei mali 
per loro natura a limitati- a certo tempo , o 
passeggieri , vi sona di quelli , che- invece di: 
pensare ali futuro conforta , pare che non ab- 
biano anima , fuorché per rammaricarsi col! 
sentimento del ' mal' attuale . Il filosofo che 
pub fare a costoro , che il male si vogliono 
ad ogni patto ? Egli non \ può cho compian- 
gerli.. 

Un nomo saggiò vedrà al contrario , come • 
egli debba dar ogni pesa alle, minori speran- 
ze 9 alle apparenze pnranche men lusi nghiere 9 . 
e levarlo cjuanto è: possibile al timore . Una 
considerazione v! ha pure che deve a ciò più 
fortemente- animarlo ; o poca o molto sia il 
rimediò , eh'' egli ha luogo a sperare , il suo 
male ne verrà- sempre scemata di qualche 
grado ? ; il suo stata pertanto- diverrà: sempre 
men doloroso, di quel eh* sia attualmente : 
•gli adunque non può aspettarsi ; che una 
condizione migliore ; dunque ad ogni patta , 
egli ha ragione, di consolarsi . . 

f.; VI; De' fnali irreparabili . . 

Il peggio si è quando il male non ha ripa- • 
ro . He; 1 i è il peggio però soltanto agli uomi- 
ni deboli , e dei soccorsi della filosofia non . 
ben forniti : perocché il saggio anche in questi 
sa. egualmente confortarsi ; ed anzi in questi* 
appunto è dove egli si compiace di più mos- . 
twro: la su., yirtù } she, di ppea yirtfc i certa— 



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Rimedi a 1 mali morali ''• 
itìCBtfe fa di mestieri per consolarsi ci' un ma- 
.le , che riparare si possa agevolmente . Il 
difficil abito, ma importantissimo ei sa for- 
marsi di Sottomettersi tranquillamente alle 
leggi della necessità. Io ho perdatò il fra- 
tello , o il padre , o l'amico , che mi erano 
carissimi . Il" colpo è dura , ma il colpo non 
ha rimedio ; io nè V uno nè 1* altro non posso/ 
più far rivivere . Che giova dunque il pen- 
sarvi ? " Durum sei levius fit patientia quid- 
quid' conifere est rtefaz r cosi» die' egli con- 
Orazio. 

Questa imperturbabile fortezza-d'animo pa- 
re che agli Stoici fosse più propria , che i 
tutti altri : almeno di essa altamente quei < 
filosofi si gloriavano . Io sono d* avviso pero- 
che il formar li abito di rassegnarsi paaian- 
temente alle lèggi dell* necessita^ non sia* 
finalmente sì malagevole , come ra ssembra 
Basta fissarvisi risolutamente alle prime oc- 
casioni ; basta ripetere fermamente fra sè : 
il fatto è fatto , nonV ha riparo > si badi ad/ 
altro 

Anzi V ebbe chi disse \ non esservi male- 
cosi sopportabile f come un- male senza ri- 
medio . Nè questo concerto è forse men ve- 
ro* di quello che sia acuto e sottile . Impe- 
rocché una debole- speranza affligge sovente 
più' che non consoli ,< per le agitazioni e le 
inquietudini- deli 1 opposto- timore Anzi io 
aggiugnero , che il peggior male , eh 1 io co- 
nosca nelle afflizioni , è appunto 1* ondeg- 
giamento della incertezza-, e per le scosse 
frequenti , che V animo ne riceve \ e perchè 
dall' idea^ afflittiva è allor più- difficile il pò» 
ter distrarre il pensiero . Air incontro la si- 
carezza che il male è irreparabile*. ch'.eglL 



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6& ^ Immagina z tórte . 

è deciso , che più non v ale il pensarvi , prò*- 
duce una specie di tranquillità e di fermez- 
za : l 1 uomo .si determina, prende il suo par- 
% tito f e s' accheta . Tanto più eh' egli può al- 
lora vie meglio e può facilmente usare dei 
mezzi meccanici , che abbiamo accennato 
più addietro , con cui distrarsi , nulla più 
essendovi , che lo costringa a dover suo mal- 
grado richiamare Tifica afflittiva, e tornar- 
sela innanzi . 

Ma nei mali irreparabili: non v'hnaeglf al- 
tro mezzo per tranquillarsi che questo solo ? 
Altri pure ve n'ha, e assai più consolanti . 

§. Vili Che ogni male hn qualche compenso , . 

I pittori e gir scultori si sono dilettati al- 
cuna rolta a formare artificiosamente dello 
figure in tal guisa * che riguardate da una „ 
parte un volto vago ed s avvenente f dall' al- 
tra un mostro informe e spaventevole rap- 
presentassero . Tali sono pure comunemente 
le cose umane : tutte per ordinario hanno 
doppio aspetto ; e fa differenza si è , che in 
esse r aom debole e m*l accorto si ferma, 
subito air aspetto tristo , • si avvilisce ; lad- 
dove il saggio volge sollecitamente la figura 
dall' altro lato , e si conforta . 

Ma collie può egli ciò praticarsi nei mali , 
che alcun rimedio non ammettono ? Se ri* 
medio non hanno , hanno però tutti qualche 
compenso * Non vi ha male , comunemente 
parlando, che aecompagnato non venga o , 
seguito da qualche bene-. Un Leibniz! ano di- . 
rebbe anzi, che tutto è bene; Robtnet , che- 
il bene -e il male sono in perfetto equilibrio : , 

19 souk; ditk uè Tono uè P altro , ma ;oh« 

» 

- . « < 



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ItHneclj (finali morali'.. (Srt 
agni tnaìe per ordinario da qualche .bene sia» 
compensato, l'esperienza abbastanza ce ne 
convince, Quante volte, dice Fontenelle , di- 
certi incontri , che gravi mali ne parvero 
•in salle prime,, non ci troviamo noi in 
appresso così contenti , che fòrtemente ne 
spiacerebbe, se non ci fossero accaduti? La 
stessa gravezza del malè , aggjngne il P. 
Stellici ( Etica Tom. II. ) , contribuisce tal- 
volta a far che ne sorga an bene tanto mag- 
giore , di noi accadendo qael che dell' acqua, 
aelle fontane, che tanto più' alto risale , 
quanto più cadè dall' alto . 

Che poi sarebbe se noi volèssimo ram- 
mentare tatti quegli altri compensi , che mai- 
non mancano d'accompagnare qualunque ma- 
lè ; i conforti degli amici c dei congiunti; 
V interesse , chte ai altri veggiamo prender 
per noi , interesse che ci consolli per la buona 
opinione, che di noi mostrano avere: l'istru- 
zione , che le traversie ci porgono per me- 
glio apprendere a governarci (1) ; il como- 
dò , che ci presentano per distinguere i veri 
amici dai falsi : il disinganno , che ci offrono 
intorno alle cose^ sfuggevoli dèlia terra ; o 
mille altri vantaggi , che insieme uniti non la- 
sciano di essere rilevantissimi? 

Una riflessione novt è par qui da ommet- 
tere , ctoe troppo giov* al nostro proposito , 
ed è che la perdita di un bene , dirittamen- 
te considerata- , non è spesse volte che la 
cessazione d'un male o d' un incomodo . E- 
gH è; noto , drce T 4 ab. Trublet ( Essais sur 



(t) La fortuna ci corregge di molti difet- 
ti , che la ragione non saprebbe correggere ^ 
dicQTa il Duca De la Rochefoucaolt K(fl. 

» 

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6& m Immaginazióne", 
divers Sujets de litterature et de morale' 
Tom. L )t ed è passato anche in proverbio 9 
che le grandi ricchezze sono de* grandi im- 
barazzi : e noi pur vedremo estesamente in- 
altro luogo, quanto uaa j comoda mediocrità 
sia loro da preferirsi : Allo- stesso modo le 
dignità , dice Seneca, altro non sona , che 
una schiavitù onorata (1) . ir comando non 
è che la briga di vegliare air altrui condot- 
ta , provvedere* agli altrui bisogni, udirne le 
querele f comporne le liti , acchetarne i tu- 
multi . Tutti i beni* di simil> fatta hanno 
\ qualche disagio simile, la cessazione del 
quale air uomo filosofo fa cagionare sovente* 
maggior piacere , che non cagioni dolore la* 
perdita» del" bene stèsso . 

Noa v'ha male in somma , in cui il sag- 
gio trovar non sappia qualche compenso 9 con- 
cui ristorarsi . Egli è come Tape, diceva Plu- 
tarco, la quale dall' amarezza^ del' timo sa* 
trarre il mele*. ' Zenone perdute in un nau- 
fragio tutte le sue sostanze, non giunse egli 
a rallegrarsene , perchè ciò gli avea dato* 
occasione di- meglio attendere allo studio- 
delia sapienza (ti) ? E Demetrio Falereo esi- 

(1) Diogene ad uno che esaltava la fortu- 
na-di Callistene alla corte di Alessandro 
anzi, disse, egli è infelicissimo , che gli toc- 
ca (lesinare e cenare non quando- ei n'ha: 
T appetito ma quando piace ad Alessandro .. 

(2) Tarn bene navigavi \* diceva* egli , cum 
naufragium feci ( P; MAN. ApopUt\ Lib. 7.) . 
Anassagora, similmente nella rovina delle sue 
cose si consolava dicendo : se queste nosfos- 

. ser perite, io pon sarei salvo; alluiendo al- 
la filosofìa , a cui le sciagure lo avevano de- 
tcrminato (Ib.). 



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Hìmedj a' mali morali . 65" 
Hata dtt Atene , e rifugiato in Tebe , eob $t> 
tenne egli avventurato di poter quivi lontano- 
dalle pubbliche brighe ascoltar» liberamente 
Cratete ?? 

§ì VIH; Che i mali sono sempre: minori' 
di quel che sembrano 

Ma oltre al saper nei mali prontamente ri- 
volger T occhio all' aspetto migliore , convie- 
ne anche persuadersi, che riguardati dal la- 
ta stesso peggiore sono essi per ordinaria 
essi meno gravi di quella che V immagina- 
zione ce» li dipinge . Niente è male per noi 
se oi persuadiamo che non la sia ,. dicea il' 
poeta Menanti ro ; e questa è Tarma, con 
cui gli Stoici a qualunque- sciagura si op- 
ponevano Escludendò- dalla classe dei mali 
tutto quello che* non è vizio 9 si consolava!* 
essi nelle loro disavventure negando che fos- 
sero mali ► Epitteto voleva anche- di più". 
Quando t' abbatti in alcun oggetto spiacevo- 
le - 9 diceva egli avvezzati a dir fra^ te stes- 
so ; e' non èr quello che pare , egli è-una pura 
immaginazione " . Ma V accostumarsi a ri- 
guardar come semplice immaginazione anche 
ciò^ch'.è fatto , egli* è impresa troppo dif- 
ficile, che noi lascieremo agli Stoici adde* 
strati a siffatte pruove . A noi basta soltan- 
to , eh 1 ella- si. tenga a freno di modo , che 
non presenti come reale cii* che- non V è. 

Nelle* disgrazie per ordinario quello che più 
ci: affanna non è già il male che attualmen- 
te soffriamo , ma quella che coir immagina- 
zione ci andiam figurando in appresso • Una- 
madre improvvisamente si rimane vedova eoa* 
più figli , e con tenui fortune . Sé vi ha tem— 



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6% - immaginazione . 

po,.in cui meco ella debbo patir, xf daxM|# 
della sua perdita , egli ^ certamente nei pri- 
mi giorni,. in cui pel sostegno dei fi^li si 
trova ancor provveduta : l'indigenza e le an- 
gustie sopravvenire non possono sé non do- 
po . Ciò nondimeno- appunto nei p*>Imi giorni 
noi la veggiamo desolatissiiua $, in progresso 
di tempo il dolore si scema , e per lo più si 
£a nullo. Or da che viene die tanto ella s'af- 
fanna quando ancora non sente il danno e 
più non duolsi quando il danno dorrebbe ap- 

Imnto sentirsi ? Egli è perchè sul principio 
1 immaginazione , che tutto gode ingrandire, 
le fa apprendere il male nella veduta più spa- 
rentevole . Già rovinata ella crede ogni cosa 
senza riparo^ già ogni speranza è bandita da 
/ lei per . sempre ; ridotta vedesi già senza scam- 
po ai più terribili estremi . Tutto quest* or- 
rido a poco a poco si va scemando : ogni pas- 
so , ch'ella fa dall'immaginazione alla reali- 
tà, le discopre an nuovo raggio di speme e 
di. conforto a mano a mano le case giun- 
gono a segno , che disgombrata ogni nebbia, 
dileguato ogni spavento ella non sa più do- 
lersi . 

Un giovane vano riceve nn oltraggio : non 
pijre presso ai conoscenti , ma in ogni parte 
della città, in ogni parté del mondo egli già 
credesi disonorato , e disonorato per sempre. 
L'affanno , che lo crucia , non è più adun- 
que da chiedersi da che provenga . S'egli in- 
vece si persuadesse , che ogn' uomo è troppo 
occupato intorno a sè medesimo per pensare 
ad altrui , che del si^o accidente si parlerà tutto 
al più in qualche crocchio di sfaccendati , e 
in capo ad ima settimana o acl un mese niu- 
3*o più si rammenterà nò della , sua avventura, 



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Bimedj male morali * 65^ 
uh di la! stesso , egli certamente non si pi- 
glerebbe più, tanto affannò . 

Ma ogni uomo ha l'orgoglio o la debolez- 
za di farsi centro dell' universa? ognuno s'ar- 
▼isa , che gli occhi di tutto il mondo sieno 
rivolti sopra di lui solo ; che le sue piccoli 
avventure , che i suoi nonnulla interessar deb- 
bano tutto il genere umano . Ecso I 1 origino 
d'una gran parte delle nostre afflizioni , e del- 
le nostre ridicolezze. Spogliati di questo pre- 
giudizio, persuasi che nei pensiero degli al- 
tri noi occupiamo o ninna o piccolissima par-* 
te , noi saremmo più saggi e più felici • 

Da questa breve digressione tornando al pro'^ 
posito principale, in qualunque disgrazia dob- 
biam tenere per fermo , che il male è sem- 
pre minore di quello che n' apparisce • (Qua- 
lunque abito siasi $a noi formato nel raffre- 
nare l'immaginazione , egli è certo -che sui 
primi momenti ella vorrà sempre esercitare 
alcun poco il suo impero, ed* avvezza , eom* 
ella è, a farci tutto vedere a traverso dei 
microscopi o dei vetri moltiplicanti , i no*- 
stri mali ci fàrà setnpre apparire o più gran- 
di o più numerosi che per sè stessi non so- 
no . La ragione medesima pertanto ci auto- 
rizza ; la ragione medesima , direi quasi , 
pur ci constiinge a doverli credere minori di 
quello che sembrano .. 

§. IX. Mèzzo disfarli apparire minori 
ancora di quello che sono . 

• 

Ma la stessa itnma^inazione che tanto* 
per suo costume è inclinata ad ingrandire ed- 
esagerare i nostri mali , non si potrebb' essa 
<ooji util consiglio rivolgere invece a farli pa^ 



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6$ Immaginazione . 

rer men gravi di quel che sono , e più facili 
a sopportarsi ? 

Non v'ha a tal fine che trattenerla nella 
contemplazione degli nomini , che o nel ge- 
nere stesso di mah , o in altro sono di noi 
più infelici / Mei male e nel bene non v'è 
misura assoluta ; e quanto grandi rassembra* 
no comparati ad un minore f altrettanto ne 
sembrano piccoli , tjuando* con uno maggio- 
re- si mattano- al confrontò . Quindi Sene- 
ca a Marzia : „ volgetevi pure , diceva , a qaal 
parte vi aggrada , in ogni luogo voi troverete 
dei mali assai pia gravi del vostro». 1 T capita- 
ni più illustri , i principr più possenti vi fu- 
rono essi pure soggetti , e nemmeno gli stes- 
si Iddìi ne Iranno le favole lasciati immani 
forse acciocché le loro afflizioni fossero alle 
nostre uu conforto. Ninna casa si misera sa- 
prete voi nominarmi , che in una più misera 
trovar non possa- motivo di consolarsi" 

Per simil guisa pur Fóntenelle r M Mirate, 
dice, gli schiavi incalliti nelle catene , volge- 
te Tocchio a qdei miseri , che non hauno pu- 
re- di che vivere f o che sostengono la vita 
meschinamente a forza div stenti e di sudori; 
osservate quei che languiscono in lunghe , pe- 
nose , incurabili malattie : essi formano la più 
gran-parte dell' uman genere . Or quanto po- 
co sarebbe costato alP Autore dell*- natura il 
farci simili a ({negl'infelici V E quanto non 
abbiamo a sapergli' grado d* averci fatti da 
Toro dissimili V In luogo Adunque di rattristar- 
ci dei mali che soffriamo, rallegriamoci, se- 
gue egli , piuttosto di quelli ondosiam privi 

Ne a questo fine soltanto , ma ad altro an- 
cora* io vorrei t che Tocchio frequenti volte 
si rivolgesse a. coloro , che trovansi in- istate* 



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Blmedj a 9 mali morali'. (Tj- 
ctf noi peggiore , ed è quello di osservare fra* 
Toro chi meglio sa confortarsene , onde imi- 
tarli . E per verità ad' un uora saggio di qua- 
le eccitamento- par non debb 1 essere sì fatto 
esempio ? Uno che dica sovente fra se : tanti 
vi sono* di me più poveri , più vilipesi , più 
maltrattati , eppure vivon tranquilli , come non 
devigli sentirsi an forte* stimolo a procurar 
di emularli 2? * 

f. X. Corichi u sione di questo capo 

Per raccoglier* in compendio quello che si 
è detto fin qui , poiché le afflizioni dell'ani- 
mo il più sovente derivano dal rammarico di 
nn ben perduto * incomincisi a fare una più 
giusta estimazione di quei beni , a cui gli 
uomini anelano si fortemente 9 . a conoscere- 
quante poco* di essi facci» mestieri per la 
felicita , a riguardarli quindi , allorché sono- 
in nostro potere , come un di più , e coli* 
animo ognor disposto a farne senza tranquil- 
lamente-, ove ci vengan rapiti . La virtù e 
Fònore son<v i soli beni V dei quali s'abbia 
costantemente a far conto . Ma la prima non 
ci può esser- tolta da alcuno.: il secondo mai. 
non sf perde se non per proprio demerito 
nel' qua l caso con nuovi meriti da noi dipen- 
de \h ricuperarlo r gli oltraggi e le calunnie 
oscurare lo possono per un momento , ma ili 
$Ufr splendore ben presto guidato dalla veri- 
tà ritorna a manifestarsi più vivo e più fol- 
gorante. 

Separati i veri beni dai falsi ^distinti i be- 
ni necessarj alla felicita da quelli che so- 
no cessorj , alla perdita di questi si tenga* 
K nirmo- ognor preparato f perchè non giun— 



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t58 ^ Immaginazione . 1 

ga improvvisa ; e se alcuno eli essi ci vien ra- 
pito di fatti , si volga tutto il pensiero a 
quelli che ci rimangono , onde colla vista^ e 
col godimento di questi racconsolarci . 

Per impedire frattanto , che V immagina- 
zione non s* impadronisca dell' idea spiacevo- 
le che la perdita può averci destata sul pri- 
mo momento , ai mezzi Meccanici , che ab- 
biamo accennato , rincorrasi prontamente . Si 
' fugga come veleno l'inerzia e la solitudine, 
come veleno si fugga quel tristo piacere , che 
in essa vorrà tenerci legati : la compagnia, 
l'esercizio , la fatica , e la distrazione si cer- 
chi per ogni modo . 

L' immaginazione contutrociò vorrà farci 
sentir di tratto in tratto la sua forza anche 
a nostro dispetto ; e noi co» immagini con- 
trarie adoppiamoci allora a superarla. Se il 
male ammette riparo , tutta si occupi nella 
considerazione di questo , e colla speranza 
si anticipi il confòrto, che venir debbe dall' 
ottenerlo. Se if male per se stesso e irrepa- 
rabile, ©'determiniamoci costantemente a non 
pensarvi , o se ostinatamente egli si presen- 
ta , si fissi in lai T immaginazione all' aspet- 
to migliore e poiché ogni male per ordina- 
rio porta seco alcun bene, o alcun compen- 
so , alla contemplazione di questo solo tutto 
il pensiero si fermi . 

Che se T immaginazione vorrà pure a for- 
za mostrarci anche V aspetto tristo, persua- 
diamoci allora , ch$ questo non è sì tristo 
ih se stesso , com' ella ce lo figura ; sovve- 
niamoci , che V immaginazione tutto sempre* 
Ingrandisce , che^col passare dall' immagina- 
zione alla realita ogni male si fa sempre 
minore. . Volgiamoci (quindi, a riguardate 



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Hlm'edj a* mali morali. $g 
tinelli che si trovano in uoa paggio ir condi- 
zione di noi, e consoliamoci della nostra 
superiorità: osserviamo fra loro quelli che 
sanno , o han saputo trovar più pronto il 
conforto, e destiamoci ad imitarli. 

Colla pratica di questi mezzi sarà ben 
raro , che la perdita di verun bene più ci 
riesca di grave rammarico . K troppo facile 
H vedere , come Y uso della più parte dei mezzi 
xnedesiuu possa giovare puranche a superare 
le altre specie d 1 afflizioni , il rammarico 
che viene da un mal sofferto , Y inquietudine 
che nasce dal desiderio , Y angustia che dal 
timore è prodotta: ma ad ahro luogo noi ci 
siam riserbati a parlare di queste più accurata- 
mente . 

Per conchiudere adunque: in tutti i mali 
clie dall' immaginazione dipendono , ogni 
sforzo si adoperi per distornarla, e per ri- 
eìramajr l 1 animo dal! 1 immaginazione alla 
sensazione . Questo è il mezzo generale que- 
sto è pur T unico mezzo per superarli : gli 
altri tutti non si riducono che a questo solo . 

CAPO - V . 

« • 

i 

Himedj delV Immaginazione ai mali , 
1 che da lei non dipendono . 

S. 
_ iffntti mali ristringonsi unicamente ai do- 
lori del corpo, e dolor» reali, ove T imma- 
ginazione non abbia parte nè col fingerli , 
nè coli 1 alimentarli , nè cóli* ingrandirli . 

Quanto sia piccolo il t !oro numero rispet- 
to ai mali che dall'immaginazione derivano , 
dal Capo' 11. si può raccogliere abbastante- 
mente . Chi calcolar potesse con esattezza 



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•70 Immaginazione . 

*da un canto i momenti infelici , che un nol- 
ano passa per cagione di mali fisici e reali ; 
dal!* altro quelli eh* egli pruova per motivi 
puramente morali od immaginar] , la diffe- 
renza certamente si scoprirete grandissima ^ 
lilla non sembra comunemente si grande, 
perchè in 1. luogo t mali "fisici più facil- 
mente per sè medesimi si manifestano , che 
non i morali ; in 2. luogo perchè in questi 
più frequentemente addiviene , che $li no* 
mini per propria colpa si trovino avvolti* ^ 
però maggiormente se ne vergognano , e più 
interesse hanno di occultarli ; 3. perchè qaand* 
anche e negli uni e negli altri non abbian 
nulla a rimproverarsi , minor premura pero 
*i danno di palesare i morali che i fisici , 
perchè minore compassione « minor soccor- 
so sperar ne possono comunemente ; 4* in 
fine perchè ni silenzio dei mali morali un 
saggio contegno pur di sovente gli obbliga , 
perciocché il discoprirli trarrebbe spesso di 
conseguenza il mettere in pubblico i proprj 
affari , <cosa sempre imprudente , qualora fac- 
ciasi senza bisogno . 

A dispetto di tutto questo perb i più de- 
gli uomini sono abbastanza sinceri per con- 
fessare in complesso , che i mali morali , 
che loro avvien di soffrire , superano i fisici 
•di lunga mano ; ontVè che sebbene alcun 
rimedio a questi ultimi la filosofia non sa- 
pesse proporre, un gran servigio avrebb* es- 
-sa prestato secppre all'umanità, i rbned) 
proponendo contro dei primi e pel numero , 
« sovente ancora per la gravezza assai mag- 
giori * ■ 

Ma anche al conforto dei mali fisici essa 

mott è di rimedj affatto sprovveduta :.anzi 



uigiti 



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Ttitneà) a\ mali fisici . 71 
•siccome la medicina dai corpi stessi più ve- 
lenosi sa trarre i più preziosi , e più etili me- 
dicamenti ; cosi la filosofia sa dell'immagina- 
zione , che nei mali dell 1 animo ha sì gran 
parte , valersi al contrario nei mali del corpo, 
come di opportuno rimedio - 
, D' un metodo però aff atto opposto negli uni 
* negli altri conviene far uso ; e laddove nei 
1 primi , perchè dall' immaginazione dipendo- 
no , ogni «forzo si deve adoperare per richia- 
mare l'animo dall'immaginazione alla sen- 
i sazione; nei secondi , perchè tutti nella sen- 
sazione sono riposti , ogni sforzo si deve fa- , 
1 re al contrario , perchè V animo dalla sen- 

sazione all' immaginazione si trasferisca ; 
ì Prima d'ogni altra cosa però tatto quello 
al mal reale si deve togliere , che l'immagi- 
nazione pub avervi aggiunto , il -qual so- 
1 vente è moltissimo . tjià si è detto nel Ca- 
po III. quanto il timor della morte , o d'un' 
lungo disagioso di una deformità, 0 d'un 
vizio che restar debba in appresso , quanto 
la memoria della sanità innanzi goduta , e 
il confronto continuo coli' indisposizione pre- 
sente , «pianto l'invidia dello stato florido c 
felice f che cedasi in altrui , influiscono a 
Tendere più penoso il male ohe provasi real- 
mente . Tutto questo adunque deve in primo 
, luogo ^stralciarsene : più allora non rimarrà 
1 che il vero male , il quale comunemente non 
sarà molto, * più facilmente però dall' im- 
maginazione potrà correggersi . 

Chi ama vedere i prodig] straorriinarj , che 
in questo genere V immaginazione sa opera- 
re , non ha che a volgere rapidamente lo 
«guardo a ciò che le storie e antiche e mo- 
derne ci hanno tramandato . Miri egli Muzio 



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7* Immaginazione . 

Seevola innanzi al Re Porsenna arder sull'ara 
la destra , che errato aveva . Tremano i cir- 
costanti , e si raccapricciano all' adire il cre- 
pitar delle carni , al vederne lo sfacimento , 
Y arsura ; egli solo non sente nulla: il pen- 
sìer della lode , che con ana eroica fortezza 
egli aspira a procacciarsi f la sorpresa che 
tqoI infondere di sè medesimo nei suoi ne- 
mici , il bene che con ciò spera di procura- 
re alla patria, gli rendon nullo il più atro- 
ce tormento . Vengasi Agesilao fratello di 
Temistocle dar di sè stesso un 1 egnal pruova 
innanzi a Serse , ed offerirsi ad ardere an- 
cor la manca , se della destra non fosse pa- 
go . Anassarco è condannato in Cipro dal 
barbaro Nicocreonte ad esser pesto in un 
roortajo; intrepidamente egli guastandolo: 
sfoga pure , gli dice , la tu* fierezza , ma 
sappi, eh? il sacco d' Anassarco tu pe- 
sti , non Anassarco . Il successore di Mon- 
tezuma è condannato nel Messico ad essere 
con «no de 1 suoi ministri lentamente abbru- 
stolito : mette questi altissime grida pel cru- 
do spasimo , a cui non sa più resistere : 
Guatimozino a lui rivolto : ed io, placida- 
mente gli «fcce, poso io forse sovra ad un 
letto di rose ? 

D l egual fermezza innumerabili esempi noi 
ritroviamo fra i barbari dell' America, i qua- 
li in mezzo a' più crudeli tormenti , lungi 
dal prorompere in alcuna doglianza , super- 
bamente insultano i loro nemici, gli accu- 
sano di poco artifizio nel tormentarli , e 
cantando tranquillamente si muojono . INTè 
sol fra' barbari , e fra gli uomini più robu- 
sti e più duri , frequenti si videro in ogni 
tempo sì fatti esempj , ma tra le femmine 

i 

•* * 

m 

» 



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Mirnecti a' mali fisici . 7? 
ancora; ed ognun sa come le giovani India- 
ne coraggiosamente si lancino tra le fiam- 
me per aver la gloria di morire coi loro ma- 
riti t o per evitare il rimprovero di lor so- 
pravvivere ; ma fino ancor tra' fanciulli , e 
troppo è noto con quale intrepidezza presso 
degli Spartani si avvezzassero questi a sof- 
ferire innanzi alP aitar di Diana il tormento^ 
di lunghe e fierissime battiture , senza versa- 
re una lagrima , senza mandare un sospiro • 
Non v'ha dolore così atroce , a cai l'im- 
maginazione non sappia rendere superiori la 
persone stesse pia deboli e più d ìli cale . Un 
oggetto a lei basta , nel quale poter viva- 
mente occupar T animo . L r amor della patria 
in alcuni, in altri l'amor della gloria o a 
timor dell' infamia sono stati quest' o ggetto 
possente. Agli Stoici valea per tutto la per- 
suasione , che i mali del corpo non fosser ma- 
li (1) . La I<?gge formatasi di un'invitta for- 
tezza era quella che insensibili rendeva il 
Lacedemoni , che insensibili rende gli Ame- 
ricani . Una nobile disperazione , ossia il ve- 
dere l'inutilità del lagnarsi d' un male , che 
1 non si può evitare nè correggere , è general- 
mente bastante al^e anime forti , la speranza 
che il male debba cessar prestamente , i ri- 
stori o compensi che V accompagnano , la 
considerazione di un mal maggiore che si è 
; sfuggito 5 il confronto coi più infelici r e 
rniJle altre riflessioni di simil genere in soc- 

! • ' ' 
- ■ mg 

O) POSSIDONIO tra le più fitte punture del- 
ila podagra: Fa pur, dlcea , quanto ti piace, 
,raa non perciò otterrai, che io confessi che 
tu sii un male » 

d 



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ni Immasìnazicne* 
.orso s'affrettano delle miaai^.g»"^ 
ma sagge però abbastanza per saper ceroare 
«stretti oDDortuoi , con cui sollevare . 
^1 cib PP ohe anima più fortemente a soffenr 
«on coraggio gli *trazj ancora più «cerbi e p ù 
con roragpw .V • SDeranza d' una noooi- 

SS Q* solo p«roo D gfai.« T 

colla ragione , ora a noi dalla Religione vicu 

S 0 i più tolFerabile il mal- 

^esente « maritarsi un bene «terno noli 
Svenire volesse invece colla sua msotferen- 
avvenire , v ^ j medesimo ren- 

Z a e questo perdere , m rf . 
d^rsi mù -doloroso * p»u gr*»° 
S n! leremo più acconciamente nella 111. 
vìJ ove ^dimostreremo , quanto abbia 
£ ReiìZnl cosi in questa nome » ogni 
altra iosa , accresciuta perfezionata la «o- 
j-ale filosofia . 

H A P 0 VI. 
Piaceri della immaginazione . 

-T.tM«o nur sembra a un di presso , cne 
SeffigU-e eziandio si p^sa d,. 
Imperocché in quella «u.sa , che • ™£» "° 
~ lori vinconoi fisici di gran langa , ed w tutW 
o nlmen certamente per la più parte dal 
immaginazione dipendono ; così ancor dei 
piaceri pub giustamente affermarsi . 



- r 



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IP laceri della medesima . '7S 
Infatti i piaceri dell* animo hanno essLpu- 
re , come i dolori f la triplice relazione al 
passato , al presente * air avvenire, 

Quanto al passato essi dipendono o dall f 
immagine ci' un ben goduto ^ di cai la memo- 
ria ancor ci diletta -, ò da quella d' un mal 
cessato , di cui amiamo sentir la privazione f 
0 da quella d'un bene da noi operaio , che 
un dolce s*nso di compiacenza ognor ne ris- 
veglia ai rammentarlo . 

Circa air avvenire essi nascono dalla spe- 
ranza 0 del conseguimento d'un bene , 0 dal- 
la cessazione d' un male : conseguimento e 
cessazione , che 1' immaginazione col tras- 
ferirci a. quel momento , ìa cui debbono av- 
venire , ci rende in certa guisa presenti * 

Nelle stesse attuali prosperità il piacere di- 
pende assai meno dal ben reale di cui si go- 
de , che non da quello che coli 1 immaginazio- 
ne si concepisce . L'acquisto delle ricchezze, 
.0 delle dignità , o dei titoli , o degli oEori , 
rallegra V animo pei vnntaggj , o pei comodi , 
o per la considerazione e I 1 autorità , che 
con ciò sperasi d' ottenere . Uo comandante 
al riportare una vittoria , un artista , 0 un 
noni di lettere al terminare un'opera di lungo 
stadio, un uomo virtuoso all' eseguimento 
d' ana buona azione sono lietissimi per la 
miglior opinione , che con ciò acquistano dì sè 
medesimi , e per la lode o pel premio , ohe in 
questa vita , e dopo morte se ne promettono* 
Piace puraticho all' .animò , e sommamente 
il diletta la cognizione del vero ; ma oltre- 
ché per arrivarvi di molta forza d'immagi- 
nazione fa di mestieri, massimamente ove 
richieggasi il confronto di móìtp idee , egli 
è ben r?.ro, che 1' acquisto delle cognizioni 

d 2 



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«7$ Immaginazione . 

piaccia per sè unicamente, e non piuttosto 
e principalmente per T uso e 1' utilità , che 
'si spera di ricavarne. Di sommo diletto è 
similmente la contempi -tzione del bello ; ma 
oltreché la conformità dell'oggetto che si ' 
contempla , col modello ideale che ognun 
del bello si forma in saa mente , a quel di- 
letto ha una .grandissima parte , nelle arti 
imitative , siccome sono quasi tutte quelle 
che chi anatrasi arti belle , a quel diletto pur 
molto contribuisce il confronto , e la cono- 
sciuta conformità dell 1 imitazione coli' im- 
magine dell'oggetto imitato. A tutti insom- 
ma o quasi tutti i piaceri dell' animo 1 im- 
maginazione ha la parte maggiore ; e come 
dell' umana infelicità, così pnranche della 
felicità essa pub dirsi a ragione la princi- 
pale- sorgeuts . #> 

Non qì faremo noi qui tuttavia a dimo- 
strare si lungamente in qual guisa essa ab- 
bia a dirigersi por ottenere i piaceri , come 
ci siamo trattenuti a indicare i mezzi on- 
de fuggirne i dolori; perocché il modo on- 
de avere » primi assai più facilmente pre - 
sentasi r er ** medesimo , che non quello 
onde evitare i secondi . 

Direni solamente , che a chi vaol essere 
veramente felice fuggir conviene m 1. luogo 
«noi fniaceri dell 1 immaginazione , che seca 
Sortano' < u seguito il rimorso. L immagine 
d' un guadagno , benché inonesto , può esser 
piacevole ad un avaro; quella d una ven- 
detta , quantunque ingiusta, ad un iracon- 
do; quella d'un sensuale diletto , comunqne 
illecito , ad un voluttuoso . Ma ciò eh è tur- 
pe , ed iniquo , e vituperevole per se stesso , 
Wnché lusinghi per qnalche momento allor- 
ché serve la passione , calmata questa , una 



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Piaceri delia medesima . 77 
trtfppo Jnnga e troppo funesta traccia poi 
lascia di acerbissima pena 

2. Quei piaceri dell' immaginazione fuggir 
si debbono parimente , che servono di ecci- 
timento e di pascolo air eccesso dei deside- . 
rj . Dormirebbero questi , o' sopiti sarebbonsi 
nel cuore dell 1 uomo , se V immaginazione 
non li destasse col loro offerire or questo 
or quel bene neir aspetto più lusinghevole- 
e più seducente . Ma comechè di piacere 
per qualche istante sia contemplazione di 
questi beni , che l'immaginazione sa ali 1 a- 
uimo avvicinare ; noi vedremo qui in se- 
guito di quanti mali sia poi cagione i* in- 
temperanza dei desiderj , che indi procede . 

3. Quei piaceri dell' immaginazione alPin- 
contro sono con ogni studio da procurarsi * 
in cai nè il rimorso -, nè l 1 alimento di pas- 
sioni disordinate possa aver luogo ► 

Tali sono quelli principalmente, che na- 
scono dalle oneste e virtuose azioni ... Un 
atto di generosità , di giustizia , di magna- 
nimità , di fortezza , di temperanza , e nel 
momento che si eseguisce , ed ogni volta che 
si richiama a ì pensiero , lascia nelV anime 
un dolce^ sentimento di compiacenza e di 
soddisfazione , a cui nian piacere della vi* 
fa può uguagliarsi . 

Tali parimente sono quelli che vengono 
dall'esercizio dell'industria e dell'ingegno. 
Fochi momenti , dice Gianson 9 prova l'animo 
più dilettevoli di quelli, in cui seco va dispo- 
nendo il piano ed i mezzi, onde compiere qual- 
che opera importante ; e condotta eh' essa 
sia felicemente al suo termine , on nuovo di- 
letto si è sempre all' animo il rammentarla •% 
t Lo stesso amene dell/acqaistate cognizioni* 



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7$ Immaginazióne . 

ohe sempre è dolcissimo il richiamare , e tan- 
to più quanto sono, o più utili , o più este- 
se , o più rare e difficili , o più pregievoll 
per qualsivoglia altra ragione . 

Tali pnranche sona quelli che derivano 
dalla contemplazione dei hello . Un* amena 
veduta, nn grandioso, spettacolo, un'eccel- 
lente pittura f scoltura , o. architettura , una 
musica deliziosa, un'interessante o tragedia, 
o commedia , o poesia , nn tratto sublime di 
poesia , o di filosofìa , o di eloquenza , sono 
tutte cose, che non solamente nell'atto in 
cui si gustano*, ma. in. ogni tempo eziandio 
in cui si rammentano , sempre recano nell* 
animo un nuovo e delizioso piacere • 
• Ne l' immaginazione deve pur astenersi, 
dal richiamare quegli altri innocenti diletti, 
che 1' animo abbia goduto , o che goder 
* possa senza rammarico e senza rimorso . Una 
lieta conversazione , un' amena villeggiatura, 
un viaggio, istruttive e piacevole sono og- 
getto di dolce rallegramento ogni volta che 
si ricordano; e nei viaggi- singolarmente è, 
spesso maggiore la compiacenza, del ram- 
mentarli , che il diletto attuale dell'eseguir- 
li . Le finzioni stesse dell 1 immaginazione , 
e quelli che da noi si chiamano castelli in 
aria , trattengono anch! essi £ anima con na 
dolce, piacere , che innocuo è pure per sè- 
medesimo, quando l'animo., a tali finzioni 
trasportar non si lasci soverchiamente , o 
non dia luogo a. passioni sconvenevoli e di-, 
sordinate, o per qualunque maniera pertur- 
batrici, della sua. tranquillità . 

Tale è F uso e il governi, che far si de- 
ve* dell' impaginazione, onde toglierne i ma- 
li , e procurai; maggiamente quei beni , chi 



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Piaceri dell* medesima . 79 
essi h atta a somministrare. Ora è da vede- 
re qual uso e governo ancor delle passioni 
far debba V uomo saggio allo stesso fine. 




Origine , e natura: delle pacioni (1) 

J? ormato Y uomo dalla natura^ di una or- 
ganizzazione delicatissima , ed esposto ali* 
azione continua degli obbietti che lo circon- 
dano , troppo agevolmente ne potrebb- essere 
sconcertata e distratto r se mezzo- alcuno 
uon avesse 9 eoa cui distinguere fra le mol- 
tiplici impressioni di questi* obbietti le utili 
dalle perniciose Questo mezzo/ provvida- 
mente fornitogli dalla natura è là* sensi- 
bilità . Se una. impressione o lacerando le 
fibre , o distraendoìe o affaticandole- tende 
a scompigliarne la tessitura e li armonia-, la 
sensibilità prontamente per via deh dolore 
ne lo avvisa . Se un' altra all' opposto* con un 
movimento ordinario e regolare non tende 
che a placidamente esercitarle , a conservarle 
»fl vigore naturale , a Toro restituirlo , quan- 
do V abbiane perduto per qualsivoglia* ca- 



(1) Questo Capo con- poche variazioni è 
qual fu già pubblicato nell* Appendice al Cap. 
XX. Lib. II. del Saggio di LOCKE sa V ur 
ciano intelletto... " ■ v 



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So 



Passioni . 



gione , la sensibilità con un sentimento con- 
trario ne lo avverte , che è quel del jiiacere . 

Ma T interna sensazione del piacere e del 
.dolore assai poco gli gioverebbe , se non aves- 
se modo di conoscere anche gli oggetti , da 
cai le impressioni piacevoli o dolorose gli 
vengono . tigli distinguerebbe tutto al più la 
sensazioni utili dalle nocevoli , ma nè quel- 
le procacciar si potrebbe , nè queste fug- 
gire . Oltre adunque alla facoltà di sentire 
internamente gli effetti delle estrinseche im- 
pressioni , quella ancora gli è stata data di 
conoscere gii obbietti onde procedono. 

Anche qaesta però gli sarebbe d'un utili- 
tà troppo «carsa , qualor rimosso V oggetto 
alcuna idea più non serbasse di lui * nè de* 
suoi effetti . Per sapere quaFoggetto abbrac- 
ciare, e da quale guardarsi , converrebbe f 
che ogni volta ne sentisse le impressioni , lo I 
quali sovente potrebbero esser tali da non 
lasciargli più tempo di scegliere . Ciò adun- 
que , che in questa parte perfeziona F opera 
della natura , è la memoria e V immagina- 
zione, per via di cui sovvenendosi F uomo 
delle impressioni passate , e richiamando Fim- 
xnagine degli oggetti , ondo furon prodotte « 
anche senza averli attualmente presenti sa 
farne la scelta , ed ai noti segni riconoscen- 
doli , sa poi alF uopo fuggirli , o ricercarli . 

Ora gli oggetti , che colla loro azione ten- ] 
dono à conservar Y uomo o perfezionarlo , 
sono quelli che chiamatisi leni ; gli oggetti 
che tendono a deteriorarlo o distruggerlo , 
quelli sono che si dicono mali . Ma beni 



* il piacere o il dolore che F animo ne ri» 




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Loro orìgine e natura • 8t 
sente (pag. i4* )• Anzi avviene par molte 
fiate , che il piacere e il dolore dati air no- 
mo dalla natura siccome mezzi per distin- 
guere le impressioni giovevoli dallo nocive , 
da lai si tengono in conto di fine, e che 
perciò conosciate per mezzo del piacere le 
cose ohe giovano a conservarlo o perfezzio- 
narlo, più non le cerchi per questo motivo, ma 
pel piacere medesimo che gli producono ; 
conosciate per mezzo del dolore le cose , 
che tendono a deteriorarlo o distruggerlo , 
più non le fugga pel nocnmento che pos- 
sono arrecargli, ma pel dolore che glie- 
ne viene . Di quali errori questa sostitu- 
zione di fine a ciò eh' è mezzo, esser pos- 
sa cagione , qui non è luogo di esaminarlo : 
ora basta d*aver accennalo il fatto per de- 
terminar con maggior precisione a quanti 
significati, e per quali ragioni i nomi di 
bene e di male si sognano applicare . 

Ma ogni cosa , che vien da noi riguardata 
sotto all' aspetto di bene , in noi produce 
nna naturale tendenza verso di lei , e questa 
è quella , che chiamasi amore . Ogni cosa -al 
contrario , che sotto all'aspetto di male per 
noi si considera 9 in noi produce una natu- 
rale avversione , e questa è quella che odio si 
appella . 

L'amore e l'odio sono le prime passioni 
dell'uomo , le passioni più generali , le pas- 
sioni ehe dir si possono fondamentali. Il bea 
conoscere V origine e la natora di queste due 
passioni primarie, è cosa dunque troppo im- 
portante > e per ben conoscerle conviene esa- 
minar l'uomo nei tre stati diversi , che sopra 
abbiamo accennati . - 

■ 

«2 3 

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Passioni. 

Se altro egli non avesse , fuorché- internai 

sensibilità, il suo amore non si ridurrebbe 

che ad una semplice compiacenza nelle sen- „ 
sazioni aggradevoli , che attualmente provas- 
se, ed altro non sarebbe il suo odia fuorché 
un disgusta delle sensazioni penose : % che fos- 
se costretto a soffrire . 

Dotato della facoltà di conoscere gli ob- 
bietti f onde le impressioni piacevoli e dolo-, 
rose gli vengono*, egli sente crescere e svilup- 
parsi vieppiù: l'amor sua ed il sua odio . Alla 
compiacenza delle sensazioni aggradevole si 
aggiunge, una. compiacenza negli oggetti da. 
cui denvano * ossia un* interna, soddisfazione 
nel contemplarli , un piacer interno d' averli 
presenti : ali.' abborrimento delle sensazioni 
penose s'accoppia un abborrimento degli og- 
getti onde procedono , ossia un rincrescimen- 
to v una scontentezza 9% una pena di doverli, 
avere dinanzi < 

Ma se memoria ed immaginazione egli non 
avesse , queste passioni in lui sarebbero an- 
cora limitatissime , perciocché si ristringereb - 
bono unicamente alle sensazioni ed agli ob- 
bietti presenti, rimossi i quali ogni amore ed 
ogni odio cesserebbe . L'immaginazione adun- 
que e la. memoria sono- quelle, che presen- 
tandogli, l'immagine degli obbietti utili ed 
aggradevole anche quando sona essi lontani , 
e la nozione richiamandogli delle sensazio- 
ni piacevoli , che da essi, derivano , . in lui 
producono! quella., tendenza-, ohe propriamen- 
te costituisce Tamare, vale a dire quella com- 
piacenza, nel contemplare T immagine dì tali 
obbietti, quella propensione continua verso 
di loro , quella premura nel ricercarli , quel- 
la letizia nel rinvenirli. L'immaginazione e. 



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Loro orìgine e natura • o3 
memoria similmente sono quelle , che l'im- 
magine presentandogli degli obbietti per- 
niciosi o disgradevoli ,.. e la nozione richia- 
mandogli delle sensazioni molèste , generano 
in lai qaelP avversione , in, cai radio è pro- 
priamente riposto*,, cioè quel disgusto nel ve- 
dersene innanzi V immagine , queli'abborri- 
rimentoi perpetuo da essi , quella premura as- 
sidua d'allontanarli o di fuggirli , quella pe- 
na e quello sdegno cella scontrarli novella^ 
mente., 

Se- queste due passioni avessero plìr dih— . 
gentemente analizzato i filosofi , che l'amore 
al bene- ed alla felicità , Y odio al. male ed 
alla miseria han riguardato nell' uomo come 
due inclinazioni in lai poste dalla, natura 
come due affetti innati , come due specie d'i- 
stinto , ad espressioni così , vaghe e cosi pri- 
ve di sensa non sarebbero per avventura ri- 
corsi E certamente* che altro è egli il dire : 
l'amore al bene ed alla felicità è innato neU* 
nomo ,, è in lui istillato dalla natura , è uà- 
istinto-, fuorché un dir nulla. con molte pa- 
role, o un* dir tuttf al 7 più che questo*- amo- 
re è in lai un- affetto che non si sa donde 
venga-?- Nell!aorao* adunque- non* v'ha, altro- 
di innato , se questo- termine par si potesse 
adoperare ,. fuorché le facoltà di sentire,, ri- 
flettere , rammentarsi , volere*. ed J agire , di 
cai a lungo abbiam trattatonelhh Psicologia^ 
e l'amor naturale al bene ed alla felicità, l'o- 
dio naturale* al; male ed' alfa- miseria , non so-, 
no che- effettivi quali da- queste medesimo* 
facoltà direttamente procedano*.. 

Spiegata Tòrigine- dell' amore- e dell' odio 
h presso a poco spiegata anche quella di tutte? 
le altre passioni le quali propriamente, ali 



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84 Passioni * 

tro non sono elle modificazioni diverse di que* 
sti due affetti primarj . Ed incominciando da 
quelle che dipendono dall'amor* , coni* egli 
ha il bene per oggetto , cosi le sue modifi- 
cazioni sono vafie , secondo che questo è pas- 
sato , o presente , o futaro , e secondo eh* è 
di una o di un'altra specie. 

L'amore d'un ben passato produce la co tn^ 
piacenza , o il rammarico , secondo che di 
esso o ci piace tuttora la ricordanza , o ci 
dispiace la perdita . V amore d'un bene che 
godesi attualmente divieti contento , letizia , 
gioja , tripudio , gitasta V impressione eh 1 egli 
ne fa maggiore o minore , la quale ove sia 
eostante ed abituale , diventa ilarità . L'amo- 
re d'un ben futuro fa nascere il desiderio , il 
quale è accompagnato dalla speranza o dal 
timore, secondo che probabile o improbabile 
n* è il conseguimento ; e la speranza poi di- 
fesi più propriamente fiducia , e il timor dif- 
fidenza , secondo che per un tale consegui- 
mento maggiore o minor conto facciamo noi 
o del valor delle nostre forze , o dei soccor- 
si che aspettiamo da altrui . 

Se l 1 amore tende unicamente al piacere , 
si chiama appetito • ghiottoneria , concupi- 
scenza , libidine , giusta i diversi suoi gradi-, 
e i diversi piaceri che si propone : se tende 
alle ricchezze , si dice avarizia; se agli ono- 
ri, ambizione; se a saper cose nuove , curio- 
sità ; le quali cose nuove se giungono all'im- 
provviso 9 o se escono dell' ordinario , produ- 
cono la maraviglia ; finalmente se all' onestà 
ed alla virtù , egli non ha nome proprio , e si 
appella generalmente amore della virtù , del- 
la giustizia f dell* onesto . 



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Loro or' g' ne e natura , m 
V amore che portiamo a noi medesimi è- 
detto amor di noi stessi, o amor proprio ; il 
quale se è accompagnato da una stima so- 
verchia , che l'uomo faccia di sé , , eh. ama- 
si orgoglio ; se da una soverchia avidità rt es- 
sere stimato dagli altri , d icesi vanita . L a - 
more , che V nomo deve portare generalmen- 
te ai snoi simili , è Benevolenza ; quello cha 
portasi a determinate persone o ritiene il no- 
me d' amore , o prende quello di amicizia-, 
l'amore verso alla patria, ai parenti , ai n- 
rii, ai fratelli, e l'amore scambievole ir* 
gli sposi, non hanno nomi particolari , e sr 
contrassegnano cogli aggiunti di patnotico , 
filiale, paterno , fraterno, coojugale; il de- 
siderio degli altrui vantaggi e Fa premura- 
ne! procurarli , si chiama impegno- o favore y 
V allegrezza per lè altrui feliei avventure , 
congratulazione ; il sentimento per le perso- 
ne , da cui siamo stati beneficati , ricono- 
scenza o gratitudine ; il* sentimento per [& 
persone di merito, stima , rispetto , venera- 
zionej il sentimento in fine che aver dobbiamo 
per V autore supremo del nostro essere , ab- 
braccia in sé tutti insieme gtl affetti di amo- 
re , gratitudine , sommissione r rispetto , ve- 
nerazione*,' che tutti dalla Religione cora- 
prendonsi sotto al nome di carità . 

Gli affetti, che nascono dall odio , sono 
anche essir diversi secondo la diversità det 
mali , che li cagionano , secondo che sono 
questi o passati, o presenti, o futuri- 

L'odio d'un mal passato, che ancor ne 
dispiace d' aver dovuto soffrire , è rammari- 
co ; e quello d' un mal presente è afflizione * 
cosdoRlio „ affanno , ambascia , angosciai 



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S6 : Passioni . 

ec. (i> , a misura che il male è più o me- 
no sensibile ; e quando l 1 affetto divenga a- 
bituale , è tristezza o maliconia : quello d'un 
inai futuro è timore il quale se il male pre- 
sentaci come grande ed inevitabile , passa 
ali 1 abbattimento ed alla disperazione , se all' 
opposto il mal presentasi come piccolo , e 
dalle nostre forze fàcilmente superabile , si 
converte in non curanza , disprezzo , sperau- 
za , (2) , confidenza , coraggio , ardimento . 

Se il male consiste nella troppo lunga du- 
rata d'una sensazione medesima , lo stato 
dell 1 animo è tedio ; se nella mancanza di 
sensazioni e idee piacevoli ,. o più general- 
mente nella mancanza di sensazioni e idee 
interessanti , è noja ,. se nella mancanza del- 
le ricchezze, non ha- nome proprio; se nella 
mancanza snella perdita dell'onore f . è av- 
vilimento , o vergogna ; se nella coscienza di 
di un mal commesso, è rimorso ; se nel rin- 
crescimento d'averlo commesso, è penti- 
mento 



(1) Questo Capo con poche variazioni è* 

2ual fu già pubblicato nell' Appendice al 
ap. XX. Lib. II. del Saggio di LOCKE Su. 
V umano intelletto. 

(s) La speranza, e il timore hanno luogo 
amendue cosi nel bene, come' nel male; 
propriamente però 1' oggetto della speranza è 
sempre un piacere, e della tema un dolore , 
sperasi il piacere del conseguimento di un 
bene , o della fuga d 1 un male , temesi il do- 
lóre o dell' avvenimento d 1 un male , o del: 
non conseguimento d 1 un bene che si desi- 
dera . . • 



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Loro origine e natura.. [87^ 
111 male* che vergiamo in. altrui , produce* 
in noi la- cammìsserazione , o compassione 
iL quale affetto quando nasca, dalla vista di 
nn male* da altrui commesso , ma- leggiero e- 
perdonabile,, si chiama: compatimento. IL 
male- che da- altrui ci sia fatto , in. noi desta 
il: risentimento la collera,. Tira,, i quali 
affetti ove clarino lungamente , diventano-, 
quello, che propriamente si chiama, odio , o* 
rancore ^e 11 odio- ci porta, a. desiderare al- 
trui del male>. eglt è malevolenza , astio, ma- 
lignità, se fa che irragionevolmente abbiam 
pena dell' altrui bene, è invidia o livore^, 
se poi non. è che un ragionevole dispiacere 
di veder premiato un uomo immeritevole , o- 
di vedere ben. riuscita - ad un. uomo, mal one- 
sto una; rea. azione,. egli è Adeguazione • 

Qui non- facciamo che tessere semplice- 
mente la genealogia , direm- cosi , delle pas- 
sioni ; e perciò , scorriamo sovr* esse rapida- 
mente : le proprietà più particolari di eia- - 
scheduna si mostreranno, ove di esse pren-- 
deremo distintamente a ragionare (1) . 



<i) Nella- genealogia delle - passioni non 
tatti, hanno tenuto lo stesso ordine . TIMEO * 
seguito poi dagli STOICI , e- da molti altri, 
stabili per affètti pritaarj \L desiderio ; il tir 
more , il gaudio , ed il dolore , gli ARISTO - 
TELICI hanno distinto invece i due appeti- 
ti irascibile, e concupiscibile ; . CARTESIO » 
per- primo affetto ha- messa, la, meraviglia , 
poi fa stima, o il. disprezzo, poi^ Y aurore * 
e V odio-, da cai secondo le: varie relazioni* 
a, derivar tutti gli altri; MALEBRANCHE, 
meco mette alla testa siccome noi V amore * 



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$$ Passioni • 

Égli è da osservare frattanto , siccome nel- 
la Metafisica già si è accennato ( pag. 98.) f 
che le passioni non tutte nè sempre tendono 
al 1 oro obbietto colla medesima forza ; ma 
che questa è più 0 men grande a misura che 
r obbietto all' immaginazione presentasi sot- 
to alla sembianza d 1 nn bene 0 d 1 un male 
più o men rilevante . 

Allorché P uomo in nn oggetto non vede 
nè ben , nè male , o vi scorga soltanto nn 
bene o un male piccolissimo e da non cu- 
rarsi , il suo stato si chiama indifferenza , 
eh 1 è* una mancanza di commozione , o man- 
canza almeno di commozione sensibile * 

Se P oggetto si presenta sotto alla forma 



P odio , e WILLIS il piacere e il dolore . 
HOBBE5 riconosce per affetti primarj Pap- 

fietito , il desiderio , P amore , P avversione f 
'odio , il gaudio, e la tristezza: SHÀPH- 
TESBURY ha come Timeo per primi affetti 
il desiderio , P avversione ( in luogo del ti- 
more) , il gaudio , ed il dolore ; P amore 
secondo lui è composto di desiderio e di 
speranza, P odio d* avversione e di timore ; 
LOCKE per primi ne ammétte cinque , amo- 
re , odio , desiderio / allegrezza , e tristezza : 
HUTCHESON stabilisce per primi il deside- 
rio e P avversione : HARTLEI mette cinque 
affetti piacevoli , amore , desiderio , speran- 
za , allegrezza, e grata ricordanza , e cin- 
que molesti , 0 di avversione , timore , tri- 
stezza , e ingrata ricordanza. Una più este- 
sa esposizione di queste diverse opinioni po- 
trà vedersi presso il P. STELLI NI ( Ethica 
hxb. 1. Gap. 8.) 




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Loro origine e natura . ìftjr 
di nn bene , ma piccola, quest' interna •com* 
mozione comincia a manifestarsi , ma pie* 
cola e debole , e piuttosto che passione si 
dice allor sentimento, o compiacenza, se 
il bene attualmente si gode; e tendenza f 
inclinazióne , propensione, se a lui si as- 
pira . 

La passione sr forma quando l'oggetto 
s'offre sotto all'aspetto d'un bene grande , 
sicché T animo a lui si porti con vivacità e 
con impeto • 

Che se l' immaginazione lo- rappresenta 
come un. bene grandissimo , necessario , indi- 
spensabile, allora la passione si spiega eoa- 
tutta la forza , tatti gli altri sentimenti i» 
lei si trasformano, altro oggetto più nòn sa 
Inanimo riguardare fuor di quel solo , » Itti 
corre di vola , e di slancio , ed una pena 
nn* inquietudine universale lò agita , finche 
non .giunge ad ottenerla. Arrivata a questo 
grado la passione , trasporto o entusiasmo 
vien detta ; e se giunge alt" eccesso , e più» 
qualor abbia un motiva irragionevole, ap-v 
pellasi fonati smro, furore, mania . 

Eguali a ira di presso pur sono! gradi 
neli* odio , il quale cominciando dal dis- 
gusto e dall' avversione , passa ali 1 abor- 
rimento ed all' abbominio , e termina coli* 
orrore , a misura che sotto aHa sembianza* 
di un male , o piccolo , o grande , o gran- 
dissimo alla mente T obbietta si* rappresenta . 

In queste rappresentazioni l'immagine ha 
d' ordinario una grandissima parte, e fuor d«l? 
la prima commozione , che alla sensazione 
si deve, tutto il resto per lo più da guella 
forza dipende , con cui 1' immaginazione ì 
beni té i mali sa all' ànima più o mena in- 



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§p» ; Passioni. 

grandire. 0ain^i è t che al solo governo del V 
immaginazione tutta la teoria dell'uomo sag- 
gio ridurre potrebbesi facilmente e tutta in. 
una sola Sezione racchiudere. 

Per non troppo scostarci *dal coman meto- 
do , noi abbiamo creduto di dover fare delle 
passioni nna Sezione a parte : ognun vede 
però , che il governo dell'immaginazione do- 
vrà anche in questa aver necessariamente 
moltissimo luogo . La passione non. è per sè 
stessa che on moto naturale dell'animo , che 
al bene si porta , o dal* male rifugge - L'arte 
di governar le passioni deve tutta dunque eon- 
sistere nel far si, che all'animo non si pro- 
pongano se- non quei beni , che sono veri e 
reali, e nell' impedire , che la immaginazio- 
pe come reali e veri be^i non gli metta di- 
nanzi dei beni falsi ed apparenti ». 

Quindi pure apertamente si scuopre , quan- | 
to, vane ed irragionevoli sieno le declamazio~ 
ni , che contro alle passioni, da tanti si sono 
fatte f e quanto più irragionevoli fosser colo- 
ro-, che le passioni bandite volevano intera- 
mente dal cuore umano . Il toglier all' uomo, 
le passioni è lo stesso che torgli la sensibili- 
tà , da cui procedono in prima origine , e vo- 
lerne formar un tronco o un sasso . Le srego- 
latezze dell' immaginazione sono quelle che 
levare gli si debbono , ossia V m imaginazione è 
quella che^ deve ben governarsi e correggersi, 
affinchè come bene o^ male all' animo non 
preseci se non quella che lo è di fatto . Ot- 
tenuto qoesto , la debita forza alle passioni 
si deve lasciare : es&e allora più non j*roda - 
cono che vie maggior utilità : sono come L 
venti al nocchiero , che quando spirano favo- 
revoli e regolari , tanto più felicemente e più, 

0 • 



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► origine e natura . gì* 
presto gli fanno compiere fi suo viaggio , quan- 
to sono pia vigorosi (i>. 

Anzi non par vantaggiosa soltanto , ma ne- 
cessaria è all'uomo questa energia delle pas-~ 
sioni. L'inerzia , che nel mondo fisico hav 
lantafurza, non. l'ha minore nel mondo mo- 
rale . Ogni uomo resiste alla fatica , come* 
ogni corpo resiste al moto : un impulso a 
questo è necessario f una passione- è neces- 
saria a quello per toglierlo all'inazione : la. 
presenza d'un male, che gli renda incomo- 
do resistenza; la vista di un bene, di cui 
senza inquietudine non possa soffrire la prir 
vazione ; un odiò per conseguenza di questo 
male , il quale superi la resistenza alla fati— 
aa : nn amore di questo bene , il quale su-, 
peri la propensione all'inerzia , necessaria-., 
mente ricchieggonsi per determinarlo ad opra* 
re : senza di questo egli virerebbe in up'ina^ 
anione perpetua 

C K P 0 II. 

_ 

Amore % e odio di noi stesse .... 

J^iamore-d? noi medesimi è la prima passio-- 
no e più naturale r . che noi abbiamo . Iofin 
dal primo mpmento. , che- noi cominciamo. 



— 



« ■ 

(1) I. vantaggi, che* dal!* passioni forti*, 
( qualora, siano, regolate dalla, ragione ), deri- 
vano, ed al privato ed» al* pubblico , sono a 
lungo annoverati da EbVEZIO, e provati eoa 
molti esempj ( Epist* Disc* 3, Cap* 6.' 7. ) © 
generalmente si può. affermare esser, ben po- 
che le azioni , cha da qualche forte passione? 
»pa, sieno, state promosse 



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* 



Amore è odio di no/ stessi. cÈ 
si ci rende in coi , ed ingiusti verso degli 
altri . Del primo soltanto noi prenderemo or 
a favellare , serbandoci a parlar del secondo 
in appresso . 

Articolo I. 

Amore di noi stessi . 

D ne oggetti T amore di noi medesimi si 
deve proporre , vale a dire , la conservazio- 
ne, e la perfezione del nostro essere. Alla 
prima è necessario il procurar tatto ciò che al 
sostentamento della vita richiedesi , e fuggire 
tntto qnello òhe può minacciarla : è neces- 
sario alfa seconda il procurar tutto ciò che 
il corpo e r animo può render migliore , e 
fuggire il contrario • 

Or circa alla conservazione , quanto per es- 
sa è necessario e indispensabile il nutrimen- > 
to , altrettanto la sua o qualità o quantità 
può esser pregiudiziale : male adunque ama 
sè stesso chi schiavo della su<* gola , per go- 
dere d'un piacer momentaneo , 0 s'abbrevia 
la vita, o disagiata la rende con procurarle 
infermità : nuoce al corpo l'eccesso della fa-> 
tica , ma non gli è meno nociva una perpt- 
tua inazione e infingardaggine; il moto adun- 
que e la quiete, fazione e il riposo con- 
temperafe si debbono convenevolmente : il 
divertimento siccome all' animo , così pur 
al corpo son necessarjdi quando in quando ; 
ma T abuso dei piaceri , o soverchj , o sre- 
golati , è sovente Cagione dei più terribili 
mali : ninno pertanto è più nemico di sè me- 
desimo , che un pazzo e sfrenato voluttuoso » 



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f Amore di noi stessi . 9$ 

j "Nei pericoli della vita due parimente esser 
(possono gli eccessi. Alcuni gli affrontano 
incantamento , e spesso Vi rimangono perda- 
ti: altri li temono ove non sono , e qaanao 
[ne vengono sorpresi si smarriscono d 1 animo 
in modo -, che anche potendo non sanno uscir- 
ne . V uomo prudente al contrario sa tnistrràrli 
innanzi d'^esporvisi , e disprezzando gl'ira- 
: xnaginarj, sa rispettare i reali - Allora poi che 
n' è impensatamente sorpreso, tutte raccoglie 
le. sue forze per liberarsene: la speranza è 
T ultima ch'egli perde , che anzi non perde 
mai ; ed oppresso dal male irreparabile egli 
rimane prima , che abbattuto . Ma di questo 
ad altro luogo . 

Qui invece osserveremo , che oltre alla pru- 
j denza per evitare , ed al coraggio per supe- 
rare i pericoli prossimi e presenti , è pur me- 
stieri Ai saper premunirsi innanzi tratto con- 
tro ai rimoti . V agilità , la destrezza, e la 
robustezza molti hanno campato sovente dal- 
le rovine, dagli incendj , dalle inondazioni , 
dai precipizj ; la esperienza al nuoto mille ha 
sottratto ai naufragi ; Y esercizio delle armi 
infiniti ha difeso contro a 1 nemici assalitori. 
Quindi è, che questi esercizj presso gli an- 
tichi una parte essenziale formavano della lo- 
j ro educazione . Non sarebbe ella nu u sta parte 
attempi nostri sovercfasamente^negletta? I fi- 
losofi se ne lagnano , nè forse a torto : arme- 
na dove l'opportunità lo consente , sarebbe 
c«rto desiderabile , che la gioventù i questi 
esercizj fosse più accuratamente addestrata . 
Oltre al munirla contro ai pericoli , che nel- 
la -vita accader possono ad ogn 1 istante , si 
verrebbe ella cosi nelle meaìb™ a sviluppare» 
e perfezionare vie meglio: oggetto, che il 



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g5 é Passioni* 

TMto amor di noi medesimi patir non deve 
che si strascuri . 

TMa la perfezione dell' animo è quella, in 
cui riposte «esser vogliono le nostre cure 
maggiori . La superiorità che ha Y uomo sulla 
materia inerte , sulle pianle ^ e sui "bruti f 
consiste nelle facoltà di conoscere , di ra- 
gionare , e di regolare coi principi della 
ragione la propria condotta; e la perfetti- 
bilità , che , secondo Rousseau , è quella 
proprietà, che più di tutte inalza V uomo 
sopra degli altri animali , non è altro appu fit- 
to che la facoltà a lui data di perfezionare" 
il suo spirito • 

Or ciò che V animo perfeziona , si è pria* 
eipalmente la dottrina e la virtù . Fra il dot- 
to , e T indotto quella differenza poneva A- 
stotel* (0 , che ^ fra il vivo ed il morto f 
nel che se troppo esagerata era forse l'es- 
pressione, non era però in tatto lontana 
dalla ragione. Le meraviglie della natura 
troppo certamente son degne di essere cono- 
sciute , e vergogna sarebbe a chi ha i mei- 
ai di arrivare a conoscerle , se per una vi- 
tuperevole trascuratezza restar volesse -piut- 
tosto nella condizione del volgo ignorante , il 
quale è costretto ad ammirare oon una rozza 
stupidità i fenomeni che ad ogn* istante gii 
si presentano , senza sapere onde vengano . 

Più delle cose esteriori però dee 1 nomo 
aver cura di ben conoscer sè stesso , di svi- 
luppare e scoprir la natura delle sue facol- 
tà , operazioni , ed affezioni , di rintracciare 
T origine delle sue nozioni ed idee, di ap- 

iO PLUT. Àpopht. p. n& 

» 



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» - 

Amore di noi stessi . 97 
prendere la maniera di bea distinguerla , di' 
ben combinarle , di penetrare i fonti degli 
errori e dei pregiudizi f e di evitarli . 

Ma soprattutto Y arte di ben condursi f 
r arte di vivèré saggiamente e tirtuosainente , 
T arte di vincere i mali , di conoscere i veri 
beni e procacciarseli , di giungnere insom- 
ma alla felicità , come la più essenziale f 
dee certamente occupare eziandio le sue 
maggiori premure . 

Nè già quest'arte deve egli apprendere 
come delle altre cose farebbe , per un impul- 
so di semplice curiosità f e per acquistare 
ana cognizione di più, ma per applicarla 
alla propria condotta , e per profittarne . Po- 
chissimi sono i filosofi pratici , dicea Fonte- 
nelle ; e ciò che avesse ad intendersi per que- 
sto nome , ben egli dimostrò col suo esem- 
pio , il quale fino all'età più decrepita sep- 
pe vivere con una pace ed ilarità si inalte-, 
rabile , che fu la meraviglia de 1 tempi suoi . 
All'incontro vi sono moltissimi , che sui be- 
ni e sui mali dissertano sottilissimamente ; 
che con mirabile sagacità sanno rintracciare 
le vie ancor più recondite , che guidano alla 
sapienza , alla virtù , alla felicità , ma nei 
fatti , dimentichi di sè stessi e dei loro prò- 
- prj precetti , nulla più si distinguono dagli 
ucrmini più volgari, schiavi come questi del- 
le Jor passioni , facili come questi a scompor- 
si , a turbarsi , a rendersi infelici per ìe cose 
sovente più vili e più dfspregevoh. Cleante 
soleva assomigliarli alla lira , che suona per 
gli nitri , non per sè stessa . 

Il vero filosofo non si contenta di definire 
le passioni , ma cerca di vincerle ; studia gli 
errori dell'umana ioaxoaginazicne non tanto 



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98» ; Passioni. 

per accennarli , quanto per saperli evitare ; 
esamina i suoi doveri più per adempierli , 
che per predicarli ad altrui . Sua prima curo 
è discendere in sè medesimo, onde scoprire 
con occhio indagatore e sincero le sue ìh- 
éltQ Mio ni , gl'interni suoi movimenti, e 
quelli secondando che il portano alla veritk 
ed alla virtù , reprimere a tempo e costan- 
temente i contrarj . Insufficiente trovando il 
solo stadio di sè stesso , volge la sua rifles- 
sione fuori di sè , e ste*o prima lo sguardo 
sogli nomini che lo circondanò , lo porta 
quindi attento sulle nazioni ancor più rimon- 
te, attento lo spinge in seno alla più. oscura 
antichità. Da queste contemplazioni Y ani- 
mo suo mille tesori raccoglie di verace sa- 
pienza , che al reggimento di sè stesso ac- 
cortamente sa poi impiegare. La storia de- 
gli errori degli uomini, e delle splendide trac- 
ce , che han lasciato di quando in quando 
ni salacità e di prudenza, gli e*empj terri- 
bili dei loro vizj puniti ♦ e gli esempj con- 
solanti delle loro premiate virtù, la serie 
ora ridente , ora lagrimevole delle loro rivo- 
luzioni , dei loro innalzamenti, dei loro pre- 
cipizi è per lai una scuola perpetua; e nel- 
la stessa vita cornane le azioni ancor più 
trascurate , gli avvenimenti ancora più pic- 
coli da lui con occhio sagace esaminati f gli 
forniscono sempre nuovi e sempre più utili 
ammaestramenti - Istrutto per questo modo 
risila vanità delle umane grandezze , o le 
fusge, e come Pitagora si sta a riguardare 
cUli* atto il conflitto delle mondane vicende % 
spettatore di esse , non parte; o se por quel- 
le vengono a presentatisi 9 come Seneca le 
mette da Qanto ( V. pag. 4& ) , sicché la 
fortuna senza commozione di lui possa ri- 



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Amore di noi stessi . • 99 
j iprenderle quando le aggradi . TConvinto , che 
j Tari sono nell'uomo i mali veri e reali , e 
che la più parte non sono apparenti od -im- 
maginar] da questi si libera eolla superiorità 
e col disprezzo , contro di quelli si arma 
con una invitta costanza , traendo cosi dal- 
la filosofia quel fratto t che già Cratete di- 
ceva d'averne raccolto , cioè di saper vivere 
senza affanni, e senza sollecitudini. Per- 
suaso finalmente con Antistene ,che la vir- 
tù è la sola , che rende -l'uomo verace- 
mente e nobile e grande; eh 1 essa AJ V ar- 
matura inpenetrabile , che ad ogni colpo 
resiste, c che da ninno può esser tolta ; che 
«ola essa procaccia la vera estimazione de- 
gli nomini , il loro amore , la loro ricona- 
scenza ; che .i difensori sinceri e gli amici 
fedeli solo per essa ritrovansi ; che essa sola 
sa battere la vera strada che guida alla fe- 
licità , a lei rivolge indefessamente il «no 
stadio, lei per norma e direttrice propone 
delle sue azioni e dei suoi pensieri , abbrac- 
cia con giubilo ogni occasione , che a lui 
presentisi di praticarla , e coli 1 esercizio di 
quella amabile rendendosi e rispettabile agli 
uomini , lieto ad un tempo e felice si rende ia 
se stesso , *d agli altri addita col suo esem- 
pio come sè medesimi debbano amare vera- 
cemente . 



ome naturale e necessario è l'amofe di 
xioi medesimi , cosi un odio vero ed espres- 



À H T I C Ó L O II . 



Odio di noi stessi- 





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100 



Passioni . 



tanto in un senso figurato % che F nomo di- 
cesi alcuna volta odiare sè stesso . 

Ciò avviene primieramente allora quando 
uno si fabbrica palesemente il suo male e la 
sua rovina : egli odia allora sè stesso in quan- 
to tende alla sua distruzione od alla sua in- 
felicità. Ma quest'odio non è che un'amo- 
re incauto e disordinato , per cui allettare si 
lascia da un ben presente o piccolo o falso , 
disprezzando o non conoscendo il male vero 
e grande , che si procura in appresso . 

Avviene qualche volta, che alcuna cosa in 
noi stessi per noi si odii realmente ; cosi odia 
il suonatore la torpidezza delle sue dita , 
che pronte al suo volere non ubbidiscono ; 
odia 4!^ uomo di lettere la sua smemoratezza 
o distrazione, ehe non gli permetta di trarre 
dai suoi stutff.il vantaggio eh 1 egli brame- 
rebbe ; l'uomo (daffari odiarla sua imperi- 
zia o imprudenza , che sfuggire gli lascia le 
occasioni più vantaggiose * e lo conduce a 
precipizj non preveduti. Ma quest'odio non 
è di noi medesimi, ma sibbene dei mali che 
veggiamo in noi stessi , i quali appunto ab- 
boniamo , perche ne vorremmo essere privi , 
e ne vorremmo essere privi, perehè ci amiamo. 

Finalmente un 1 altr' odio v' ha di noi stessi , 
odio virtuoso , odio dalla filosofia non meno , 
che dalla Religione ordinatoci , il qnal con- 
siste nel contraddire vigorosamente al nostri 
appetiti, qualor s' oppongono alla ragione. 
Ma quest' odia non è appunto che il retto 



periore di noi domina suir inferiore , e i ve- 
ri beni a noi procura , togliendoci all' in- 
ganno e al seduttore allettamento de' falsi . 




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Orgoglio , umiltà , viltà • 101 
Nel primo caso V uomo per voler essere 
troppo amico di sè , diviene realmente il 
suo più terribil nemico ; nell 1 ultimo, ne- 
mico di sè stesso apparentemente , egli è 
in realtà V amico di sè più verace e più sag- 
gio ; Todio che abbiamo di noi nel secondo 
caso è utile e commendevole infino a tanto 
che a riparare ci stimola i nastri difetti ri- 
mediabili , ma irragionevole e pazzo divie- 
ne f quando ci porta ad affannarci di quelli 
che non amtnetton riparo: J Y impossibile all' 
uom ragionevole non è mai oggetto nè d'a- 
»ore , ni d\ odio * 

capo ni. 

Orgoglio , umiltà * viltà ~ 

u na certa estimazione di noi medesimi è 
naturale a ciascuno e indispensabile quanto 
T amor di noi stessi , conciossiachè noi si ru- 
mo costituiti per modo, che le qualità che 
apprezziamo in altrui , tutte crescono natu- 
ralmente di pregio agli occhi nostri , allor- 
ché in noi medesimi le troviamo „ Ed infatti 
niente può aver diritto alla nostra estima- 
zione , se non ci si offre o sotto alla sem- 
bianza di bello , o sotto a quella di buono . 
Ora bello significa ciò che ne fa una rap- 
presentazione piacevole : buono quello che 
ne produce an f interna piacevole modificazione 
( V. Metafisica pag. 275. e seg. ) . Ma le 
belle qualità a pari grado necessariamente 
una rappresentazione più dilettevole far ci 
debbono considerare in noi medesimi , che 
ia altrui ; e siniilmento una più dilettevole 



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1 Orgoglio , itmtUlà , viltà . 20T 
si ci tenderanno per questo conto medesima 
di lungo tratto inferiori • 

Il risu tito eli tatto questo si è, che non 
vi ha qaasi uomo al mondo , che in suo cuo- 
re segretamente a tutti gli altri non si pre- 
ferisca. E in pruova di ciò pur si chiegga a 
qualunque , se interamente consentirebbe à 
cambiare la propria esistenza con quelle per- 
sone eziandio che più estima : niuno o quasi 
ninno si troverà eh» a questo patto sia pron*- 
to a sottoscrivere senza riserva . Quei mede- 
simi , che di sè mostransi più malcontenti , 
che più invidiano lo stato altrui f ridotti a 
questo passo si ritrarrebbero, e crederebbono di 
fare un tristo contratto . Allorché noi bramia- 
mo di essere in luogo altrui , non è un cambia- 
mento totale quello; che per noi si desideri; noi 
vorremmo soltanto , che la nostra maniera di 
pensare e di sentire passasse in altri , vorrem- 
mo essere nelle loro circostanze , vorremmo 
aggiungere alla nostra esistenza quello che* 
in altri veggiamo , ma* nulla perdere di ci& 
eh 1 è in noi: un cambio intero e totale ci 
sembrerebbe ognora svantaggiosissimo . 

Quanto più naturale pertanto è quella sti- 
ma , cho ognuno sente di sè medesimo , tan- 
to più accuratamente è da guardarsi ch'essa non 
giunga all'eccesso, Figlio dell'ignoranza prin- 
cipalmente è l'orgoglio. Un uomo colto e 
illuminato tanto più rettamente sa misurare 
il suo merito e l'altrui: tanto meglio disco- 
pre lo spazio f che dalla vera perfezione il 
divide ; tanto sa meglio discernere quei difet* 
ti , che lo costringono ad umiliarsi : la sapien- 
za di Socrate richiedevi per proferire quella 
confessione ; che tanto l'onora : hoc unum scio t 
me nihil scke . All'incontro un uomo indot* 



io4 m Passioni. 
to f ed inorpellato soltanto d % una dottrina 
superficiale, uno che ignori sin dove s'esten- 
dano i confini dell 1 amano sapere , e quanto 
egli ne sia lontano , ano che non vegga di 
quanto tratto nella cariera medesima cV egli 
corre lo abbian altri avanzato ; an uom sif- 
fatto è il solo , che più facilmente possa dat 
luogo all' orgoglio (i) . Spunta egli alcuna vol- 
ta anche negli uomini grandi , ma rari sono 
gli esempj , e grandi in ogni altra parte , in 
questo certamente' son piccolissimi , che non 
veggono come V orgoglio , con cui pretendono 
di più innalzarsi , nella classe al contrario li 
deprime degli uomini più triviali (a). 

Nè solamente V orgoglio rende gli uomini 
meno stimabili , ma li rende ancora affatto 
odiosi . Niente è più abborrito dell' orgoglio 
perchè niente all'amor proprio di ciascuno 
più direttamente s'oppone . Provveduti gli uo- 
mini perla più parte d'una dose più o men 
grande di orgoglio proprio , persuasi quasi 
tutti nei loro animo d' essere ad ogn'altro in 
tutto o in parte superiori , niente soffrono 
più di malgrado , che il vedere che altri pre- 



(i) Le spiche vuote , dice PLUTARCO 
{Òpnsc. Del cono$cere il proprio profitto neZ- 
la virtù sono quelle che tendono più air 

alto • * 

(a) Quanto superiore^ sumus , dicea CICE- 
RONE, tanfo nos submissius geramus ( De 
Offic. Lib. i. Cap. a 7 ) : ed EPAMINONDA il 
di dopo la gran vittoria di Lenttra andò di* 
snesso oltre il solito , e interrogatone/lei mo- 
tivo : Jeri , disse , io ho sentito un po' trop- 
po compiacenza di me medesimo: questa 
compiacenza intemperante oggi castiga . 



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Orgoglio i umiltà / viltà r io5 
tenda di soperchiarli » L'orgoglio , dice aca*- 
tamente l'ab. Trublet , è il nemico pià fina 
dell' orgoglio • Un nomo altero pertauto non 
pub dalla sua superbia aspettarsi altro com- 
penso , che di vedersi da tatti sprezzato in- 
sieme e odiato : laddove Y umile per questo 
appunto è più universalmente stimato , amato, 
perchè mostrando egli pare d' avere stima 
degli altri, lascia che ognuno , lui ammi- 
rando » possa tuttavia esser contonto di sè 
medesimo. 

L'orgoglio più ribbuttante poi e più scioc- 
co egli è quando taluna si vede andar tron- 
fio di quello che non è suo . Qual merito 
hai tu avuto , divea ad un di castoro un an- 
tico filosofo , di nascer piuttosto in una splen- 
dida capitale , che in un oscuro villaggio : 
di vederti lasciato un patrimonio opulento f 
anzi che una estrema mendicità ; di scende^ 
re dal sangue degli eroi più famosi , anzi 
che da quello della plebe più ignobile ? Fui 
egli alcun meritare prima d' esistere ? E per- 
chè adunque insultare superbamente a colo- 
ro eh' eguali ti sòn per natura , e da cui un 
semplice caso ti ha distinto ? Mihi patria 
probro , tu patriae, rispose pur fieramente 
lo Scita Anacarst all' insolente Ateniese , cho 
la patria osava rimproverargli (i); e il gran- 
| de I fiorate all' imprudente Armodio : la no- 
biltà mia da me, disse, incomincia, e in 
te finisce la tua; espressione, che in pari 
circostanza usata pur vuoisi da Cicerone * 



(0 ARISTOTELE ad uno che milantavasi 
eli aver per patria una grande , e illustre cit- 
ta : Non monta, disse, di qual patria tu 
•ii , ma se di tal patria sei degno . 

e 3 

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Orgogln , umiltà f viltà • 207 
jfclla verace ' irmilta una nobil fierezza pur 
deve accoppiarsi , per cai I 1 acino conoscen- 
do sò «esso, la sua dignità , le sue forze r 
abbattere mai rum si lasci da un basso ti- 
more , coraggioso resista alla soperchieria ed 
nlT ingiustizia altrui , nè cosa alcuna per- 
metta mai a commetta » che giugncr possa 
ad avvilirlo . 

CAPO 1W 

Sanità , modestia , cura 0 disprezzo 
dell 1 estimazione 

ali* orgoglio nasce direttamente la vani- 
tà perocché qnell' idolo , che Tuom superbo, 
coti occhio si*parziale contemplando le sue 
qualità 9 si vieti formando di $è medesimo r 
quello stesso vorrebbe , che con occhio egua- 
le fosse dagli altri pur riguardato ; e quin- ' 
di la premura eh* egli ha di mettere in pub- 
blico quanto crede che eccitar possa versa 
di lui un 1 opinione maggiore ; quindi la com- 
piacenza vivissima nel riscuotere gli altrui ap- ,u 
piansi e le altrui Commendazioni (1) . 

Gli artificj , onde a citr servesi P uomo va- 
no 9 sono di millr maniere . I suoi difetti , & 
le tue qualità biasimevoli procura egli di 
nascondere studiosamente , e il poco che ha 
di pregevole , tutto mette sagacemente in 

<i) Noi éi crediamo sempre migliòri , che* 
non siamo , dice G1ANSON , e per lo pi* J 
siamo bramosi, che altri ci creda ancor mi- 
gliori di quello Che non ci crediamo noi ' 
medesimi . s. , 



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io8 Passioni • 

comparsa ; ed affinchè le cose minori in lai 
abbian maggior risalto , coglie i momenti 
opportuni , cecca le occasioni più favorevoli 
per farne mostra . 

Persuaso , che gli nomini apprezzare non 
so^iioad se non quelli , che i loro gu- 
sti secondano e le loro opinioni , egli cangia 
carattere e contegno a misura che cangia 
luogo s società; e come il versatile Alcibia- 
de , attivo ed intraprendente in Atene , è 
molle ed effemminato in Persia , duro , fra - 
gale , e laborioso in Ispana . 

La lode non meglio si compera che eon la 
lode: quindi egli prodigio d' encomj si fa ad 
altrui , per essere di altrettanti o di maggio- 
ri ricompensato . 

Ma perchè nulla egli più abbonisce che 
aver degli emoli o dei rivali; perciò ove di 
questi si tratta f egli cerca ogni via di scre- 
ditargli , e dove la verità non gli valga f ri- 
corre maligno alle impostare ♦ 

Intanto verso agli uomini manifestamente 
superiori non esita punto a profondere i 
maggiori elogj f ed a mostrarsene il prima 
ammiratore , per acquistarsi cosi la stima di 
giusto . In quelli pure che ad esso inferipri 
palesemente sono conosciuti , egli cerca di 
rilevare quanto vi ha di pregevole , per ave- 
re così il doppio vantaggio e dì esser tenuto 
per estimatore «incero dei pregj altrui di 
fare che i> propri col confronto più vengano 
ad innalzarsi . 

- Ma come ciò rispetto *i viventi può alcu- 
na volta alla sua vanità riuscire pericoloso * 
cosi versoci morti più volentieri 1 esercita , 
ed il panegirico di quelli che più non sono „ 
a lar sovente serve di mezzo per abbassar© 
quelli che esistono . 



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Gli eguali a lai o competitori nello stesso^ 
genere sono quelli soprattutto , che egli si fa>< 
premura di deprimere maggiormente % e quin- 
di l'antico proverbio , che -il poeta è : nemico 
al- poeta , il* musico al musico . 

Quando però si tratti di mettere a confron- 
to colle altre la professione ,- a cui egli si è 
appigliata, questa innalza sempre sopra di- 
tutte: il che egli fa qualche volta per intima 
persuasione t . avvezzo a riguardare come più' 
stimabile quella , a cui ha applicato tutti i 
suoi studj-; e talvolta per ottenere almeno là 
lode- di aver fatta ; una buona scelta , quando 
altra aver non ne possa . 

Per simil modo la sna patria loda , o la 
sua famiglia , o i suoi amici, cri suoi atti- 
nenti , per mettersi cosi a parte detta gloria 
altrui chi della propria non può ornarsi (i) • 

U disprezzo air uomo vano è là pena pjù 
in sopportabile , poiché ìè ingiurie sempre gli 
lasciano- la lusinga -, che- c&i le dice sia tra- 
sportato dall'impeto della passione, e ìionr 
senta nel suo cuore tutto quello che proferi- 
sce la lingua ; m* un freddo disprezzo gli è 
una pruova troppo palése , che non si fa di' 
lui nrtssan conto*. 

Ora siccome egli riguarda per una specie 
di» disprezzo il silenzio che tengasi sopra di 
Itti , cosi ogni via procaccia perchè di lui si 
ragioni . Il primo a parlarne è pure egli stes- 
so , e tutti 1 suoi fatti , e i suoi detti , e le- 

m il ■ i i» n i » ■ i l ■ ! ■■■■ I l il l i i ' ■ ■■■■■■ mm ~* 

<0 Qui nataraé bonir propri'àrrt' desperant 
indipisci già ria ni , istuV confughitit , repehint* 
majonim suonim monumenta l quot sttftf ****** 
pitis , numerant avo* . MENÀNDRO . 



no Passioni. 
ine prodezze ed arvcuture a tutti egli ripetè* 
finanche alla estrema iioja , nè in queste vlia 
circostanza la men osservabile , eh 1 egli mi- 
natamente non metta in campo . 

Ore occasione gli manchi di produrre le 
sue glorie , parla delle sa* debolezze , parla 
de 1 suoi difetti, parla finanche dei suoi vizj 
medesimi: egli ama dir di sè stesso piuttosto 
male che nulla • I più scaltri però quei difet- 
ti producono solamente , che sembran nasce- 
re da buoni principi : si accusano collerici ed 
impetuosi , ma doro trattisi dell'onesta , dell* 
onore ; minuti ti accusano e scrupolosi ma 
quando trattisi di maneggiar cose altrui ; si 
confessano ostinati ed inesorabili , ma dove il 
chiegga P esatto adempimento dei loro doveri „ 
Che se pur godono ri 1 esagerare la loro ina- 
bilità ; la scarsezza dei Foro talenti , la de- 
bolezza e infedeltà drila loro memoria, egli 
è dorè sperano in ciò d'essere contraddetti , 
e di sentir celebrati da altri quei meriti che 
con una simulata modestia essi fingono di boxi 
conoscere in sè stessi ; ed infatti il peggior 
dispetto che loro si possa fare , è il mostrare 
di credere quel eh' essi dicono . . . 

Lo spirito di contraddizione non è anch'es- 
so per ordinario che un effètto di vanita : oc- 
cupati si trovano , dice La-Rochefuucault 9 i 
primi posti nel buon partito, e non si vuole 
avere gli ultimi , perciò si corre al partita 
contrario» Efletto di vanità similmente è la 
intolleranza delle altrui contraddizioni co- 
munque giunte , e l'ostinazione nelle proprie 
opinioni comunque false : non si vuole aver 
errato , quand'anche Terrore si riconosca , os- . 
sia non si ruol comparire d'aver errato» . \ 



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J^ànitàré. ^ irti? 

JE\ novr è egli similmente per vanità , che- 
gli uomini sì premarosi si fanno di dar con- 
siglio ad altrui , quantunque non ricercati ?T 
E la ripugnanza all'opposto , che generalmen*- 
te si* Tede nel chiedere 1* altrui consiglio , ih 
dispiacere nell'udire i suggerimenti non (Io- 
mandati v l'impegno di fare tutto il contrario: 
di quanto vien consigliato , non derivano es- 
si pare daMà stessa cagione ? Chi dà il con- 
siglio è superiore in quel momento a chi Io 
riceve , ed ognuno brama la prima condizio- 
ne , e la, seconda abborrisce 

Ma la vanità , che tanto domina nelle uma- 
ne azioni , è quella poi , che più di tatto co»* 
corre ad oscurare anche le più commendevo- 
li ; perocché basta che alcuna si vegga fatta 
per questo fine , perchè essa perda inconta- 
nente ogni pregio » 

La Tolontvia povertà, ir dispreggio dèllé» 
cose terrene , e la ferma tolleranza dei mali,., 
che professavano i Cinici , erano cose certa— 
niente per sè lodevoli, e gran vigore e fòr* 
tezza cV animo in lor richiedevano ; ma per- 
chè fatta vedevanst a motivo di vanità, non 
• solo ad essi mona lode non procacciavano r 
ina spesso- il, biasimo - e V irrisione (*) . 

■* \ • - * 

<i) DIOGENE in una giornata freddassi ma 
stavasi abbracciato ad una statua di bronzo;, 
uao Spartano , che il vide , gli domandò se 
quella statua fosse di ghiaccio ? Nfc*. rispose 
quegli. E che cosa fai tu. dunque di grande, 
in atto di scherno replicò lo Spartano , collo» 
Starti cosi avviticchiato ? SOCRATE fin da 
principio , lo stesso ÀNTI5TEN£ discuoiò* 
sua , e jk)L capo di quella Scù* acremente 



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li* Passioni. • * 

E qui la stoltezza dell 1 uomo vano beo chia- 
ramente si manifesta ; imperocché quella stes- 
sa premura ch'ei prende pér procacciarsi gli 
applausi , non fa anzi che procurargli il di- 
sprezzo; e pel soverchio amor della lode egli 
perde quella lode medesima , chele sue azio- 
ni arrebbe spontaneamente accompagnato . 

Il più saggio di tatti è senza dubbio l'aom 
modesto . Senza affannarsi pèr avere V al* 
trai estimazione, egli è il solo che più age- 
volmente T ottiene ; ed operando virtuosa- 
mente per solo amore della virtù , è sicura 
di conseguire più ampiamente pur quella lo- 
de che non ricerca (i) . 

La modestia oltre al lasciare alle azioni 
virtuose tutto il lor proprio e nativo pregio , 
vi aggiugoe anche un nuovo risalto . Peroc- 
ché i . il vedere che -un uomo punto non 
s' invanisce di quei meriti , onde altri va sì 
fastoso , ^eccita negli spettatori un dolce sen- 
so di meraviglia f che vieppiù accresce la 
stima; 2. la buona opinione che l'aom 
modesto col sue contegno mostra serbare 
d' altrui , vieppiù gli accende a largamente 
ricompensarlo ; 3. finalmente la stima è tra 
quelle cose , che V uomo gode donare spon- 



de rampognò ; imperocché avendo questi sdra- 
scito e lacero il mantello , e portandolo in 
guisa che lo stracciato se ne potesse veder 
da tutti ; Socrate a lui rivolto : pel fèsso del 
tuo mantello io veggo , disse , r interna tua 
vanità . 

(i) Za gloria , diceva PLINIO ( Lib. i, 
Ep. 8. ) *ma di seguirci par sè medesima , 
non 4 f essere ayidamwt* cercatp . 



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Partita. li 5* 

rancamente , non già vedersi strappare a for- 
za*; alla modèstia appunto egli ha il piacere di 
donarla spontaneamente ; laddove la vanità- 
sembra pretenderla forcatamente f e volerla 
non come che dono 9 ma come suo diritto - 

Per la qua! cosa se T nomo vano ben in~ 
tendesse i suoi vantaggi -, assai più. d* ogni- 
ultro egli avrebbe ad esser modesto , per ot- 
tenere più agevolmente qaeir estimazione f 
cai tanto aspira v 

Ne mancano certamente di q celli, che a- 
questo mezzo par sanno ricorrere ; ed una- 
finta modestia è anzi V estrema parte deHa 
vanità pia sagace e più raffinata . Ma la si- 
mulazione non pub dorar lungamente , ed il* 
concetto fermo e costante d* un uomo mode- 
sto non può ottenere che quel solo , il qua- 
le veramente lo sia-. 

Ma per esserlo veramente conviene in pri- 
ma esser umile ; perocché fino a tanto cho 
uno avrà stima soverchia di se medesimo, 
amerà di farsi stimare par egualmente dagli 
altri : T effetto non si può togliere , se non, 
si toglie là causa* 

•Ifè di leggiera importanza alP umana feli- 
cità; è il saper contenere questa passione en-.- 
tro i dovati confini. Imperocché quanta pena 
retar non suole una vanità smoderata ? quan- 
ti stenti e quanti sudori ^ che sono il pi4 
delle volte gettati àt vento? quante afflizioni 
nelle contraddizioni e censure che frequen- 
temente s* incontrano , e quante invidie ed 
inimicizie per parte degli emoli- e dei rivali?" 
quanta inquietudine poi e costernazione ^ 
qualor le cose non riescano a seconda delle 
speranze e dei desiderj? fi tutto questo fi- 
nalmente perchè? Per un faoco fatuo chfe. 



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Passioni. 

tanto pm fogge, quanto più affannatamente 
gh li .t.en dietro , finché V improviso dile- 
guasi m nulla e sparisce . 

Non è però da confondere la vanità con 
nn giusto amore della propria riputazione . 

S i? **°S nnu ? «™PP<> debb' essere a cuo- 
re . 2Vo« dar arf tf / fr / 3 fll0 0 „ ore dJ 

paranche , sacn Libri ( Propri, cap.5. v. q.);' 
e pm vale il buon nome , che non le molte 
ricchezze. La non curanza della riputazione 
e anzi la disposizione peggiore , che i„ un 
nomo esser possa , non vi essendo azione si 
rea, che da lai non debba aspettarsi. 

Lo stesso disprezzo della lode quando è 
soverchio, è par vizioso ; perocché in Wo 
di essere una pruova di umiltà e di mode- 
stia , è indizio piuttosto dell' orgoglio più 
ributtante ; conciossiacbè dia segno di l* 
far conto d'altrui chi sdegna e! ha a vile 
nnanche le loro dimostrazioni di stima . 
.•iS "SS' 0 al contrario sa quanto ab- 
bisogni degh altri, e sa che non può spera- 
re ih altra; soccorsi , se non a misura che 
Più si merita la loro estimazione. Il buon 

e la riputazione si preferisce 
ad ogni altra cosa ; fug ? e tutto quello che 
può oscurarla ; tutto quello adopera che pro- 
cacciare la pub giustamente. Ma in questo' 

£^T e V a F Uomo TaB0 • che wgaeldó iì 
precetto d, Socrate ; egli ,i studia «T esser 

xaie , qual vuol esser tenuto; e persuaso, 

J ° I>eri rellam * D «* »' estimazione 

X r ne W» r "HHtrare di ricercarla r 
1 1\ V ,omo vano_ curandosi più di nare- 



- . che d< essere ShSS 7, YJSÙ K£ 
c »«oQ« , e |J piacere di comparirlo . 

■ • 



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Desidèrio-.- 11& 

e a p o r. 

Desiderio , conferì f*zz<*. 

C he P eccesso dei desiderj; formi ona gran- 
parte della nostra infelicità , ripetuto si leg- 
ge su tatti i libri , « non ha forse ni ano , 
che non l'abbia per pruova sperimentato an- 
che in sè medesimo . Sembrar potrebbe pe- 
rò una specie di paradosso , ch'essendo que- 
sta passione una tendenza dell* animo verso 
Del uh Bene proposto , divenir possa afflitti- 
va ; conciossiachè V aspetto d* nn bene , e la- 
propensione rerso di quello , nulla abbiano 
di afflittivo in sè stessi . 

Ma al desiderio delle cose passate, ossia 
al rammarico , di molto par si assomiglia il 
desiderio delie cose avvenire , e il tormento 
dell' animo dipende appunto dallo stesso prin- 
cipio . Ei nasce adunque in amendue dall'in- 
dicato contrasto (pu.i$.) fra l'immaginazio- 
ne e la sensazione , di coi hi prima offren- 
doci il bene passato o futuro , come se fos- 
se presente f fa sorger neiranimo una viva 
e veemente tendenza verso di quello, e ce 
ne mette per certo modo momentaneamente- 
aì possesso ; lìi seconda avvisandoci della sua^ 
lontananza , ce lè ritoglie nett' atto medesi- 
mo , eh* eravamo in procinto di afferrarlo • 

Una cosa però essenzialmente distingue? 
Fan desiderio dall'altro, ed è che il secon- 
do va ordinariamente congiunto colla spe- 
ranza, laddove il primo di sua natura res- 
cinde, essendo impossibile che il passato 
non sia passato • La sola speranza , che in 
esso può rimanerci , si è ente nn godimento 
simile ci. ritorni altra, rolla ma, in questa- 



1 16 Passioni * 

caso è manifesto f che il desiderio e la spe- 
ranza appartengono non più al passato , ma 
ali* avvènire . 

Quindi è , che il desiderio delle cose pas- 
sate , considerate siccome tali , porta seco 
necessariamente nn sentimento afflittivo di 
privazione, e perciò sì deve con ogni sfor- 
mo bandire dall'animo; laddove il desiderio 
delle cose avvenire per mezzo della speran- 
za può sovente anticipare alla fantasia il 
godimento dei bene stesso , e perciò vuoi 
essere moderato soltanto , non già escluso 
onninamente • 

Anzi può anche affermarsi , che questo 
desiderio , dove 6ia da nna fondata speranza 
ben sostenuto , è ana delle sorgenti primarie 
della nostra felicità . Misero ! chi non ha 
più nulla a desiderare , dice nn filosofo , ei 
perde ben presto il fratto di tatto ciò che 
possiede . Meno si gode , prosegue egli , di 
quel che ottiensi , che non di quello che si 
spera ; e ninno è felice , se non avanti di 
giagnere alla bramata felicita . L* uomo avi- 
do f ma limitato , fatto per voler tutto, ma 
poco ottenere , ha ricevuto dal cielo una for- 
za consolante , che gli avvicina tuttooiò eh Vi 
■'desidera ,H sottomette alla sua immaginazio- 
ne , glielo rende presente e sensibile , ne la 
fa in certa guisa padrone, é perchè questa 
proprietà immaginaria gli riesca più dolce , 
a grado della sua passione glielo modifica: 
T illusione là cessa, ove comincia il godi- 
mento " • 

Questa passione però, spesse Toltesi con- 
solante | diviene poi la più trista e più fu- 
nesta 9 allorché giugne agli eccessi. Uno di 
questi si è il bramar cose, le quali alle 



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i 



"Desiderio , . 11 ? 

nostra Forze sicno apertamente superiori ; e 
un lungo tratto su tal proposito n'offre op- 
portunamente Plutarco (Opusc. della tran- 
quillità delV animo). Ciò che di molto con- 
tribuisce , die' egli , ali 1 inquietudine del no- 
stro animo , si c la sciocca mania , che noi 
ahbiamo , d' inalberare sa piccolissima navo 
grandissime relè. Le nostre brame sono qua- 
si sempre più estese che il nostro potere ; 
ond' è che lusingati per una parte da una 
folle speranza , e costretti per V altra dall' 
esperienza e dal fatto a rinunziare alle con- 
cepute pretensioni , ci abbandoniamo poscia 
alla tristezza ed al dolore , e pazzamente 
ci lagniamo del capriccio , dell* incostanza , 
dell* ingiustizia della fortuna . Le cose più 
disperate e più incompatibili sono quelle so- 
vente , a cui tendono più diramente le nostre 
mire . Noi vogliam essere ad un tempo ero- 
busti e dilicati f e scherzevoli e serj ; voglia- 
mo esser agili senza esercizio , dotti senza 
studio, amati senza merito, rispettati senza 
virtù . Dionigi » il crudele oppressore di Sira- 
cusa , non era pago di essere il più possente 
e più formidabile dei tiranni del suo secolo, 
ma s'irritava di non essere puranche miglior 
poeta di Filosseno, e cosi eloquente scritto- 
re come Platone , e a tal segno recò l'invidia 
sua , che Filosseno chiuse egli in un carcere , 
e fece vender Platone come uno schiavo nell' 
isola di Egina . A ragione si beffa l'opinione 
degli Stoici , allorché dicono , che il saggio 
non solo è giusto , prudente , forte, coraggio- 
so , ma che egli è ancora essenzialmente fa- 
condo oratore f eccellente capitano, poeta 
sublime , cittadino possente , e così Re e So- 
vrano , come i più grandi monarchi . Ma la 



v 



ii8 Passioni-* 
«più -parte di quelli, che di siffatta pnropos!*- 
•zione si ridono, non sono eglino più ridico- 
li , desiderando d'avere infatti al tempo stes- 
so tante qualità, tanti titoli , tanti vantaggi ? 
Fin qui Plutarco . 

L' uom saggio adunque allorché un og- 
getto gli si presenta , innanzi che il deside- 
rio corra sovra -esso avidamente 9 dee ponde- 
rare con maturiti e con^ calma , se alle sue 
forze egli sia o non sia proporzionato; e 
qualora superiore ad esse lo trovi , abbando- 
narne tosto il pensiero ; che certamente sa- 
rebbe da forsennato il volare al corso egua- 
gliare H cervo, od il lione alla forza; e 
molto più quando si trattasse di cose incom- 
patibili , e che il fuoco col ghiaccio si aves- 
se ad associare . 

L' umana infelicità , disse già uno , con- 
siste principalmente nella sproporzione tra le 
facoltà e i desiderj ; e P Autore delle Medita- 
zioni sopra alla felicità , tutta la felicità pu- 
re ripone aell 1 equilibrio dei desiderj col po- 
tere di soddisfarli , di che egli conchiude y 
che la sola maniera d' esser felice si è quel- 
la o di scemare i desiderj, o d'aumentare 
il potere , o di fare al tempo stesso e l'uua 
e r altra cosa . Bla il secondo mezzo nè è 
da tutti, nè sempre peò praticarsi f e spesse 
volte in luo^o d 1 appagare 1 desiderj , per 
cui s* accrescon le forze , si può dar nasci- 
mento ad altri desiderj sempre maggiori e 
più difficili a contentarsi, oome vedremo qui 
appresso. Il primo mezzo pertanto cioè il 
moderare i desiderj (i) , è il juùsiouro par- 



(i) MENEREMO d'Eretria a un che dice* 
*a , die il massimo bene sarebbe il potere 



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Desiderio . 1! 9 
ttto , a questo tanto pia deve Y aom sag- 
gio applicarsi f quanto maggiormente da lui 
dipende . ' 

Nè a quei desiderj soltanto debb' egli op- 
porsi , i quali prendono di mira oggetti o 
troppo grandi, o troppo ardui, o incompa- 
tibili , ma a quelli ancora, che col medesimi 
ino numero o successivo , o contemporaneo 9 
si Tanno eccedenti • La progressione degli 
umani desiderj ci è pure da Plutarco eccel- 
lentemente descritta (loc. eli.) . Chi è nelF in- 
digenza , die' egli, non aspira che al neces- 
sario , e questo desiderio è certamente leg- 
gittimo. Chi è un po' sopra dell'indigenza,, 
par non dirigere i voti suoi che alla sola 
mediocrità, ma questi voti sono ben dirado 
sinceri. In effetto di quelli che trova risi nel- 
la mediocrità, non v' ha quasi par uno r 
che non desideri d'esser ricco ; ed ove siena 
appagate le sue brame , egli' cerca allora 
le dignità , le quali non sì tosto consegne r 
che javidia il grado dei principi t e cobi ia 
seguito di mano in mano . (j) 

Questa progressione dei desiderj dipende* 
pure direttamente dalla loro stessa natura. Im- 
perocché la tendenza al bene è proporziona- 
ta al bisogno , che l'animo ne risente; ed 
il bisogno si fa sentire tanto più vivamente,, 
quanto il beae è pià vicino . Quindi è , che 



aver tutto quello che si desidera: Assai maggior 
bene , rispose , è il uoa desiderare so non 
quei, che bisogna . 

0) Vum abestquod avemus , id exsupera- 
re videi ur Coetera : post aliaci , cum còn- 
Vgit, iilud avemas : disse pure LUCREZIO. 
h'h. io. 



^ Passioni-. 
un uomo di limitate fortune determina a prin- 
cipio i suoi desiderj ad ottenere unicamente 
uno stato comodo , perocché è quello stato » 
che più dappresso lo tocca : alle vaste ric- 
chezze , alle dignità luminose non osa allo- 
ra di stendere le sue brame ; perchè le ri- 
guarda siccome cose da lui divise per trop- 
po grande intervallo . Ma ottenuto eh' egli 
abbia quel discreto aumento di sostanze a 
cai prima aspirava f si trova allora vicino al- 
la condizione d' un ricco , e questa incomin- 
cia ad allettarlo • Prevenato alla opulènza non 
ha che a dare un passo per arrivare alle di- 
gnità , al potere ; e il desiderio di queste co- 
■se lo punge . Insomma quanto il suo stato 
.si fa più grande, il desiderio invece di sce- 
marsi vassi accrescendo ognor fin , perchè a 
misura che la sua condizione acquista una 
estensione maggiore , vien essa a ^ confinare 
con un maggior numero di altri beni più 
estesi , tutti atti ad eccitare più vivamente le 
sue brame . 

Per la qual cosa ben disse La-Hochefou- 
canlt , esser più facile assai lo spegnere un 
primo desiderio , che soddisfare a tutti quel- 
li che lo seguono (i) : e saggiamente osser- 
va pur T abate Trublet , che sovente il con- 
seguimento di ciò che bramiamo , sarebbe uh 
male per noi- 



CO ALESSANDRO dopo tutte le sue im- 
mense conquiste , udendo ANASS ARCO par- 
largli della pluralità dei mondi, dicesi che 
piangesse di non aver conquistato un mondo 
nino . ( PLUTARCO loc. cit. ) 



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Desiderio. iài 
t$en è vero , che questa massima egli fon* 
tla sopra cT un altro principio , il qual è chè 
troppo spesso noi siamo ciechi nei nostri 
desiderj f e quello sovente bramiamo , che 
conseguito più ci sarebbe di danno, che di 
vantaggio : laomle egli vorrebbe , che circa 
ai desiderj quello stesso facessimo, che dob- 
biam fare circa alle opinioni , ed in quella 
guisa che il giudizio dobbiam sospendere in- 
torno alle cose che sembrano vere , infino a 
tanto che con un serio esame non siamo 
giunti ad accertarcene , così maggiormente 
vorrebbe, che il sospendessimo circa a anel- 
li che sembrano buone, essendo assai piìi 
pericoloso il prendere 1J cattivo per buono -, 
che non il falso* per vero . Ma il compimen- 
to di varj desiderj è spesso pernicioso anche 
per questo solo, ch'agli apre la via a desi- 
derj sempre maggiori ; ed in luogo di pro- 
cacciarne quella felicità , che ci andiam pro- 
mettendo , ne porta a sempre maggiori e più 
vive inquietudini (1). 

Un limite adunque ai desiderj si deve por- 
re , e V arte conviene apprendere di conten- 
tarsi . L' aver con che soddisfare ai bisogni 
fisici è essénziale alla vita , ed il desiderio 
di questo è non pur giusto, tafe necessario; 
ed Epitteto là dove dice : „ se vuoi avanzar- 
ti nello studio della virtù, s£ou>bra dall'ani- 
mo questi pensieri : se io non avrò* cura dei 
miei affari , non mi rimarrà di che vivere u 5 

■1 ■ 1 ■ • _ L 

• » 

(1) A rendere felice un Saggiò porto ri- 
chiedasi, dice parimente LA ROCHEFOtf- 
1 CAULT; nulla basta a far un pazzo con* * 
tento ( massima 5.) 



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122 Tassiani . 

soggiungendo poi „ esser meglio morir di 
fame , e conservar la grandezza dell'animo , 
vivere fra V abbondanza coli 1 animo in- 
quieto " , egli dice una stravaganza ; per^ 
ciocchò una ridicola grandezza d' animo si 
è quella di morirsi di fame piuttostochè aver 
cura dei proprj affari . 

Ma i veri bisogni fisici a pochissimo si ri- 
stringono , siccome abbiamo toccato già al- 
trove ( pag. 5i.)- Chi ha quanto basta a 
sfangarsi , a coprirsi , a ricoverarsi da]F in- 
temperie ilei cielo non ha bisogno di. più , 
11 selvaggio non passa eglj tutta la vita con 
questo solo? in molti luoghi a lui basta an- 
che soltanto c!i poter trarsi la fame ; di vesti 
egli non si cura , e la prima tana che in- 
contra , bastantemente \\ ripara alle occasio- 
ni dall'inclemenza dell'aria. I bisogni di 
assolata necessità si ristringono adunque a 
pochissime cose , e fino a tanto che ad esii 
uno ha il modo di soddisfare , non può chia- 
marsi assolutamente infelice • 

Dietro a questi bisogni vengono qut!U 
ti 1 opinione , i quali distinguer si possono in 
tre eln^i. Alcqui riguardano un 1 altra specio 
di necessario, che d»r si può relativo f altri 
riguardano i) comodo , ed altri il éuperfiao . 

A chi è nato nella società diviene una 
specie dì necessiti di poter vivere in essa 
decentemente secondo la propria condizione. 
(Questa però , come ognuno può scorgere di 
leggieri, non è una necessita reale ed asso- 
luta, ma relativa soltanto alle opinioni adot- 
tate ed all' uso . Tuttavolta se ano desidera 
di poter mettersi in questo sfato t ed in con- 
seguenza per mezzi onesti a ciò dirige i 
suol sforzi , ninno certamente può biasimar- 



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Desiderio . ' 
■ io . Io non biasimerò neppure chi oltre al 
necessario assolato e relativo aspirerà ad 
avere ancor quello che possa contribuire ai 
suoi comodi; imperocché tutto ciò che con- 
corre a risparmiarci delle sensazioni mole- 
ste , ed a procacciarne onestamente delle 
sensazioni piacevoli , è per sè stesso deside- 
[ rabile . Il desiderio del superfluo è quel so- 
I Io , che condannare si de^ senza riserva . 
Ma qui taluno potrebbe chiedere, se esi- 
sta veramente questo superfluo ; e la questio- 
ne non sarebbe pur si frivola , come può 
fors» parere a prima vista. 

Quando superfluo voglia chiamarsi , direb- 
! beegli, tutto ciò che non è necessario , in- 
finite cose noi troverem certamente da ripu- 
tare come tali; nin se per superflue voglia- 
mo intendere , siccome pare che debbasi * 
quelle cose soltanto , vhts non solo non son 
necessarie y ma non possono nemmeno esser 
utili-, difficilmente alcuna si troverà, che 
tale abbia a chiamarsi . Il potere, le ricchez- 
ze, le dignità, la fama , la nobiltà , la con- 
siderazione , tutto può infl(iir« a procacciar- 
ne maggiori comodi, ed a farne provare un 
maggior numero di sensazioni aggraderei! ; 
e siccome questi mezzi tanto più fac hnen- 
: te concorrer possono ad un tal fine, qnari- 
1 to per sè medesimi sieno maggiori 9 a 
qualunque grado pervengalo , mai non pon- 
1 no assolutamente chiamarsi . superflui . pfè 
vale il dire , che. la nostra sensibilità è li- 
mitata , e che perciò quando abbiasi di tali 
mezzi quanto richi<?desi ad appagarla, il re- 
sto debbasi riputare soperchio . Impure* <-,hè 
s<; limitata . cioè finita , è la nostra sensibi- 
lità , limitati e finiti son pare questi mezzi 

/ 2 



1*4 Passioni. 
di soddisfarla ; e chi è che della nostr a ca- 
paciti di sentire possa determinare i precisi 
confini , per misurare ciò che nei -.rezzi di 
appagarla rimanere possa come superflno ? 
• Concedasi pare-, che in an dato momento 
una cosa sola possa bastare a riempierla to- J 
talmente* ; ma questa eosa più non basterà | 
nel momento seguente . Una legge fisica ' 
della nostra costituzione si è , che una fi- 
bra , ili cai moto è annessa una sensazione 
piacevole , quando è giunta al sommo gra- 
do del movimento che reca piacere , convie- 
ne che cessi o si rallenti ; altrimenti la sua 1 
medesima tensione o agitazione colia lunga 
durata diviene alfin dolorosa . Per aver dun- 
que una successione continua di piaceri , fa 
d' uopo che cambiansi di continuo le fibre 
che il piacere n'apportano , ossia che il lo- 
ro moto passi continuamente dall'una all'ai- 
tra. Ora sebbene un oggetto ad un nomo sia 
«overchio in nn dato momento , in cui la su:t 
sensibilità già da un altro sia riempiuta , chi 
oserà asserire, che giovar non gli possa ni 
occuparla in un altro tempo ? £ ciò posto y 
qual sarà qusil' oggetto, il cai possesso per ' 
lui dir si possa interamente superfluo ? E 
quando puve si volesse fissare da una parte 
una serie continua di sensazioni aggradevo- , 
li , e dall'altra una serie d'oggetti atti ad 
eccitarle successivamente, quello che rima- 
nesse doq si potrebbe chiamar superfluo an-* 
torà . Ad uu animo generoso non è egli un 
piacer nuoro « grandissimo quello di poter 
far altri feliei ? Impieghi egli dunque tutti i 
beni, che a lui sopravanzano , alla felicita- ! 
zione degli altri , e militi sicuramente conio 
superfluo potrà mai più rimanergli.- 



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Ùesiderh . 12S 
Un tale ragionamento non lascerebbe cer-' 
tamcnte d'avere un'apparenza di verità. Bla 
conviex* distinguere in priruo luogo il saper- 
<fìuo assolato dal superfluo relativo , siccome 
b pur da distinguere in secondo luogo T uti- 
lità rimota , e meramente possibile , dall'uti- 
lità probabile , e prossima . Io^concedo adun- 
que , che siccome non vi ha cosa , la quale 
biella combinazione infinita di tutti i contin- 
gibili casi non ci possa per avventnra alcu- 
na volta riuscire dr qualche utilità , cosi non 
v'ha cosa t che assolutamente parlando chia-~ 
mar si debba superflua . Ma nell' umana vi- 
ta il superfluo non si misura da questa uti- 
lità meramente possibile . Superfluo noi chia- 
miamo tutto quello , da cui probabilmente f 
poste le circostanze ordinarie del viver no** 
atro 9 ninna utilità debbe mai provenirci ; e 
questo superfluo relativo , questo superfluo 
senza del quale , volendo , possiamo viver 
contenti , si è quello da cui dobbiamo ri- 
muovere interamente ogni desiderio . 
« E ciò tanto più perckè un diverso conta 
circa al superfluo si dee fare quando si trat- 
ta di cosa già posseduta , e quando di cosa 
puramente desiderata . Che io stimi superflua 
o no una cosa che già posseggo 9 alia mia 
feliciti non rileva gran Catto. M'ingannerò 
giudicandola cosa importante al mio ben es- 
sere , quando probabilmente mai non me ne 
abbra a venir nessun bene; ma quest'ingaji- 
do non mi farà perciò infeKce . All'incentro 
^ quando si tratta di cosa non posseduta , ma 
vivamente desiderata , il fatto è diversissimo. 
La proprietà generate del desiderio si è dì 
renderci necessario tutto quello che bramia- 
mo . Allorché; dunque io mi fo a desiderare 



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1*6 9 Passióni . 
una cosa , di cai , votando , potrei far senza , 
ella cambia per me incontanente cT aspetto , 
e di superflua che è in sè stessa diviene per 
me necessaria . Ne quest' inganno è già per 
me differente, conoiossiaehè ci diventi per 
me cagione di (atta le inquietudini , che il 
desiderio accompagnano . 

Massima generale pertanto dell 1 uomo sag- 
gio debb* essere pnma di tutto di non mai 
rendersi necessaria alcuna cosa , fuori di quel- 
le che il sono realmente • Un di Socrate passeg- 
giando in sulla piazza d'Atene , e veggendo a* 
• gli avidi compratori esposte da ogni parte rie* 
chissime merci , con un sorriso di compia- 
cenza: quante cose, disse, son qui, delle 
quali io non ho bisogno ! Lo stesso Socrate f 
quei c he di poco si appagano, e conseguen- 
temente di poco hanno mestieri , soleva as- 
somigliare agli Dei , che di nulla abbiso- 
gnano . 

Trattone ciò che al sostentamento della vita 
indispensabilmente richi edesi , nel, che è ri- 
posto il necessario assoluto , e ciò ohe rlchie- 
desi a poter viver decentemente secondo la. 
condizione , in coi ciascuno si trova , nel che 
consiste il necessario relativo, nuli' altro è 
necessario per noi. Il trascurare il primo sa- 
rebbe affatto da uomo insensato; ed io con- 
siglio l'uomo savio ad impiegare onestamente i 
mezzi opportuni per procurarsi anche il se- 
condo , quando non fosse per altro motivo , 
per quello almeno di non avere un giorno a 
rimproverarsi d'averli negletti . Ma giunto cV 
egli sia a cpesto grado (e con una onesta 
attività ed industria non gli sarà affai diffi- 
cile T arrivarvi , purché si guardi dal vizio di 
molti , che troppo allargano a sè medesimi 



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Desiderio . ^ 127 

i confini della loro còndiiione ) , egli debbV- 
ser contento (i) . 

Che se vorrà pnre avanzarsi più oltre , e 
andare in traccia di comodi ancor maggiori t 
corcar maggiori fortune , procurarsi una più 
a Ita considerazione , io con mi farò certamen- 
te a vietarglielo : solo un patto gli chiederò, 
che i desiderj di siffatti avanzamenti abbiano 
ad essere in lai senza inquietudine, e debba 
rinunziarvi tosto che l'inquietano; altrimenti 
debbansi riguardare qual pazzo , e da niuno 
essere compatito ; perciocché pazzo, che ma- 
tta compassione si merita , egli è appunto 
colui , il quale avendo quanto è richiesto per 
esser contento , e in conseguenza fVlice , si 
rende da sè medesimo, per l'ansietà di aver 
di più , malcontenta ©.infelice . 

Io vorrei anzi che senza inquietudine- fos- 
sero quei medesimi , che mancanti si trovano 
del necessàrio relativo. E perchè nò? Quan- 
do il necessario assolato non manca , il re- 
lativo non è egli finalmente , siccome abbia- 
mo dimostrato-, tutto quanto d'opinione ? 
Confesso f che questa opinione nella società 



(1) Dives Me cs.t, dice CICERÓNE( Parati. 
6. ) qui nihil quaerat , nihil appeiat , nihil 
optet amplius ; e non molto dopo; IVon esse 
cupidum , pecunia est ; non esse amacern , 
vectigal est : contentarti vero suis relus esse, 
maximac sunt , certissimaeqne divitiue . Allo 
stesso modo LUCREZIO nel Lib. 5. 

Divitiae grande $ homini sani vivere pasce? 

Aequo animo : neque *nim est unquatn 
penuria parvi . 



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xtB ^ Passioni + 
ha grandissimo forza ; confesso , eh* elift ne 
forma una necess : tà poco lontana dall' asso- 
luta : questo pertanto farà , che io compati- 
sca più facilmente chi trovandosene sprovve- 
duto , non ha coraggio bastante, per soppor- 
tare la sua rondinone senza dolore; ma non 
farri chs quello molto non lodi, ed a quello 
principalmente non dia U titolo di vero sag- 
gio , il quale anche in tale condizione sap- 
pia essere tranquillo _ . 

Ma ciò soprattutto che in qualunque oc- 
casione da chi vuol e*ser detto saggio , dirit- 
to ahbiam di pretendere , si è , che prima di 
abbandonarsi a niun desiderio, con un ma*- 
turo esame si faccia a considerare quale ac- 
cresci mento di vera felicità abbiagli a venire 
dal conseguimento di ciò che chiede . Imper- 
ciocché quanti non reggiana noi che 4 sedurre 
si lasciano dalla loro immaginazione, e sup- 
ponendo di dover essere felicissimi colTotte- 
nere ciò che desiderano , ali* arrivarvi si tro- 
vano poscia ingannati ? Quanti non sono , che 
al presentarsi di un oggetto avidamente tosto 
ri corrono colle brame più vive , senza pea* 
sar neppure , se egli abbia ad essere lóro ve- 
ramente utile , o non piuttosto inutile e va- 
rio , o forse anche pregiudiziale f Quindi è 
poi l'indifferenza , il fastidio , e sovente an«^ 
cora il dispettoso disprezza delle cose ricer- 
cate con tanto affanno ; quindi pure talvolta 
il pentimento d' averle cercate, e il dolore 
d'averle ottenute. Negli uomini per età, o 
per condizione e tenor di vita poco accostu- 
mati al riflettere ben si potrebbe ciò compa- 
tire : son essi come i fanciulli , a cui una 
farfalla , un orpello , un giaocoJino qualun- 
que basta per eccitare i desiderj, più at denti, „ 



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T) esiti eri o . taef 
e più incapaci di spingere il pensieri alle 
conseguenze » quello sovente più appetiscono, 
che lor p*u nuocer ma in un filosofo sì fata- 
to errore sarebbe imperdonabile. Eppure quan- 
ti filosoli bamboleggiano ! 

Allorché Pirro si disponeva a muover guer- 
ra ai Romani , Cinea , ch'era seco , couie per 
oxio cosi prese a domandargli : Vinti che sa- 
ranno i Romani , che avremo noi a fare in 
appresso? Soggiogare tutta l'Italia, rispose 
Pirro . — - E soggiogata V Italia ? Passare r 
replicò Pirro , alla vicina Sicilia . — Ma de- 
bellata la Sicilia , sarà qui fine alla guerra? 
Anzi no , disse il Re , questo non sarà che 
il principio : xi resta poscia la Libia , e Car- 
tagine. — - E dopo questo ? Si potrà passare 
all' Egitto , alla Porsia , ed al restante del 
mondo . — - Ma finite tutte queste conqniste r 
che avrem noi a fare? Noi ci vivremo allor 
lietamente , rispose Pirro , e i giorni passe- 
remo godendo, e sollazzandoci . Allora* 

Ginea : Ma chi ti vieta , o Re f di non co- 
minciare fin d'ora a vivere lietamente ; o quai 
bisogno hai tu- tV empire la terra di stragi e 
di rovine , per gi a e nere a quella felicità , eh? 
è già in tua mano ? 

La più parte degji nomini non avrebbero* 
che a replicare a sè stessici ragionamento di 
Ginea per riconoscere la follia dei loro' desi- 
deri . L'avaro e l'ambizioso a- qual fine bra- 
man tési cotanto , V uno di ammassare ric- 
chezze 9 l'altro di accrescere la dignità , i) po- 
tere T II fine ultimo è quello di procacciarsi 
maggiori comodi , di agevolarsi il godimenti 
di un maggior numero di piaceri . Ma quan- 
do di comodi già son forniti bastantemente t 

quando già i mezzi posseggono, con cui po- 



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i3o Passioni . 

ter passare, volando, tutta la vita piacevol- 
mente, non è egli stoltezza l'affannarsi cotanto 
a cercare altrove quel che già hanno in lor 
potere? 

V nomo avido , dice nno , è quale un viag- 
gtator frettoloso, impaziente eli giuguere alla 
meta proposta . Mille delizie invano gli si of- 
frono sulla via, tatto è perduto per lai ; oc- 
capato soltanto dall' obbietta , e dal termine 
del suo viaggio , non ha più occhi per veder 
nulla . Ingegnosamente pur altri somiglia il 
desiderio ad an ciurmatore , 11 quale tenen- 
doci lusinghevolmente coir animo occupato 
neir avvenire , di soppiatto frattanto e" invo- 
la tatto il presente . E il peggio si è , che 
dopo averci involato il godimento del ben 
presente, il desiderio ci sopraccarica di mil- 
le affanni , ed angustie, ed inquietudini; giac- 
che il più misero stato è quello appunto d'un 
uomo , che alcuna cosa ardentemente deside- 
ra , e non T ottiene . 

Anche allo stesso piacere del conseguimen- 
to il soverchio impeto dei desiderj è notevo- 
lissimo . Il detto d 1 alcuni ,• che il godimento 
riesce tanto più grato , quanto maggiore e 
più vivo n' è state il desiderio, non si veri- 
fica , se non quando la cosa corrispondé appie- 
no all'idea, che di essa noi ci eravamo formata . 
Ma questo appunto è ciò che assai di rado , 
e qaasi mai non avviene . L'immaginazione , 
come s' è detto aggrandisce sempre gli oggetti 
a dismisura , sempre maggiori , e più belli , 
e più preziosi, e più dilettévoli ce li dipin- 
ge , che per sè stessi non sono, e quindi è 
poi , che mai non passano dalla fantasia ali* 
realità , che non perdano. .. 



- 



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Desiderio . 301 
Per le quali cose oenor più manifesto si 
rende quanto rilevi il formar per tempo !a 
saggia abitudine di contenere e reprimer^ la 
violenza di questa passione , che indocile poi 
e sfrenata diviene, se troppo lente a princi- 
pio a lei si lascin le briglie . ì? d4q f " che 
sappia accortamente tener a freno e modera- 
re i suoi desiderj f gode di tre vantaggi ad 
un tempo r i, ei non soffre l'inquietudine nell 1 
aspettazione ; ?. non sente l'afflizione nella 
ripulsa ? 3. gusta meglio tutto il piacere dei 
conseguimento . 

• « 

CAPO VI. 

Amore delle ricchezze, del sapere 9 della glo- 
ria , delle dignità , del potere , e del pia~ 
cere . 

4 

D opo avere esaminato ciò che riguarda ir 
desiderio in generale f e dimostrato quanto 
' importi all'umana felicita il Sapere ben tem- 
perarne la forza , non sarà fuor di proposito,, 
uè forse pure di piccola utilità , il discende* 
re a considerare particolarmente gli oggetti ,. 
a cui i desiderj degli uomini sogliono essere 
più specialmente indirizzati , e vedere come 
Taom maggio in ciascun di essi drstintamèa?- 
1« si abbia a contenere. 

Articolo L > 

Amore delle ricchezze 

1 desiderio delle r*ctf ize noi veggi <vmo co- 
munemente essere quello che ha negli uo*ni>- 



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i£* 9 Passioni.^ 
ni maggior forza ; e non v'esser cosa, a cui; 
dalla cupidigia dell' oro egli non lascisi tra- 
sportare . Quid non mvrtalia pectora cogis ,.. 
auri sacra fames ? già disse Virgilio ( Aèneid. 
Kb. 3. ) . 

Questo desiderio però sì universale trae ma- 
nifestamente l'origine da on inganno univer- 
sale . Credesi generalmente, che le ricchezze 
sieno il primario elemento dell'umana felicità, 
e che basti a taluno esser ricco per esser fe- 
lice • Ma la felicità non si compera , dice Plu- 
tarco ; e tal che eccita invidia , desterebbe 
forse compassione , se invece di abbagliarci 
all'apparente splendore della, sua esterna com- 
parsa , penetrare potessimo internamente nel 
fondo del suo cuore (1). Affine dunque di 
meglio e più esattamente determinare qual 
desiderio meritar possano le ricchezze, esa- 
miniamo dietro alla scorta di un uomo , lè cui 
opere fra molti errori contengono par tal vola- 
ta delle utili verità (i) , qnal sia coi» une men- 
te la felicità d'un uomo ricco . 

La felicità degli uomini general menf e ri- 
sulta dalla diversa maniera, colla quale pas- 
sano i direni istanti del viver loro . Veggia- 
mo adunque come ciò avvenga nei ricchi , 
e come negli uomini di limitate o scarse for- 
tune . I bisogni della fame , della sete , del 1 
riposo, del sonno, ed altri simili sono a 
tutti comuni , e delle ventiquattr' ore dal 



j ( i ) E* Spesso il core iti grandi affanni avvolto t . 

R la felicità tutta sul volto*. 
saggiamente pur dicela Duchessa del VASTO- 
GIRARDI negli Avvertimenti a? suo Figlio: 

(aj EWezio de V Efomme ce* 

• * • ■ 



* 

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Àìnore delle ricchezze . iKT 
giorno dieci o dodici tolti comunemente 
ne impiegano per soddisfarli * nè mentre a 
questi soddisfano , v'ha differenza fra il più; 
opulento signore, ed il più-misero contadi- 
no ; o se re n'ha , essa è ben piuttosto a 
favore di quest' ultimo , che non del primo . 
Iuiperciocohè ben è vero che là mensa deli* 
uomo ricco è più squisita e più dilicata di 
quella deli* nomo povero ^ ma nei sapori 
ognun sa , che i gusti sono relativi al palato 
ed all' abitudine -, e che l'appetito si è quel- 
lo che dà il maggior condimento , J1 quale 
sovente ben manca all' uomo ricco ed ino- 
peroso , ma al povero non manca mai . IV 
riposo similmente ed il sonno ninno dubite- 
rà, che a questo nou soglia riuscire più gra- 
to e giocondo che non a. quello . 

Fra il giorno adunque sono dieci o dodici 
ore, in eui ogQÌ nomo , che abbia quanto 
gli è necessario, può esser almeno egual- 
mente felice, come chi abbondi più di 
superfluo . Restano le altre dodici o quattor- 
dici, ore, vale a dir quelle che sono frappo- 
ste ai bisogni soddisfatti , ed ai rinascenti . v 
Queste si spendono dall' uomo ricco per la 
più parte in . ozio > dall' uomo di strette for^ 
tune si occupano al lavoro. Ora quali di 
questi due ld impiega (meglio e più lieta- 
mente ? 11 secondo è soggetto , egli è vero 
alla fatica ; ma il primo è soggetto alla no- 
ja : quali di questi due mali è da. riputarsi il 
peggiore? 

La noja è certamente unv male , e mnlè * 
gravissimo; dove air incontro la fatica non 
sempre è un male . Essa è tale per uno schia- 
vo costretto a faticare contra sua yo«lia 9 „ 
sovente sopra alle sue forze , e seo?a ppte» 



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ì^i m Passioni . 

riposarsi ; ma quando sia volontaria, e mo- 
derata , e dall' abitudine renduta facile , essa 
diventa nn vero bene per noi . Quanti non 
veggiamo ed artefici e mercatanti , anche do- 
po di essersi arricchiti . continuar tuttavia 
con piacere il loro commercio e i loro la- 
vori , ed abbandonarli con rammarico allora 
quando dalle infermiti o dalla vecchiezza vi 
sono costretti ? Il solo vantaggio di togliersi 
per questo modo ai male intollerabile della 
noja , la distrazione che V occupazione pro- 
cura da ogni tristo, pensiero , il piacere che 
reca per sè medesimo il moto e l'esercizio , 
la sanità e la robustezza che il corno n'ac- 
quista , e per cui va esente dai mali, a cai 
gli nomini scioperati sono soggetti così so- 
vente , il piacere del riposo che alla fatica 
succede, il piacere del nutrimento e del son- 
no che dopo di quella riescon si dolci e deli- 
ziosi ; son tutti motivi, che grato rcndotooiT 
lavoro anche a quelli che più non ne hanno 
mestieri . 

A chi poi ne abbisogna , un altro piacére 
$i aggiunge, che è quello della previdenza + 
Allorché in nn uomo si .nono associate le idee 
del lavoro , e dd prèmio che dee venirgliene, 
^ Tuna ti chi a tn a V altra ^ e la previsione del 
premio in lai convertasi ad ogni momento 
in piacer vero e realé . Ogni colpo di scure 
o di martello alla mente del fabbro presenta 
l'immagine della mercede che deve averne ; 
ogni solco al contadino richiama il lieto gior- 
no della raccolta : e questo pènsiei^ lùttò ì il 
diletto gliene fornisce innanzi trattò. 

L'uom ricco , per lo contrario , ó)tre ad es- 
ser privo di tutti quésti piacefi , rioù si veg- 
agendo determinato da alcun bisogno ad oc- 



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Amore dèlie ricchczztl. r35 
copersi, è costretto sovente per la più parte* 
d«l giorno a r manersi ozioso , ed oppresso v 
perciò dalla noja . Per esser felice egli è for- 
zato ad aspettare , che la natura qualche bi- 
sogno in lui rinnovi per soddisfarlo . Ma fin 
aspetta egli è intanto infelice ; riè la; 
natura moltiplica poi i bisogni a suo favore 
perchè succedanei l 1 uno ali 1 altro più pre- 
stamente . Anzi la mancanza «Ji fatioa e di' 
esercizio li fa per lui ritornare assai più tar- 
di , e T intervallo che passa fra un bisogno 
soddisfatto ed nn rinascente , è per lui di- 
gran lunga as*ai maggiore , ed assai più pe- 
nosa per conseguenza la sua aspetta2Ìone . 
* Gli stessi momenti , iò cai questi bisogni 
in lai rinascono , e lor soddisfa i softo per 
Ini tanto meno piacevoli , quanto più debol- 
mente i bisogni stessi gli si rinnovano .Quanto 
frequente difatti nell'uomo ricco ed ozioso, 
all' ora del mangiare e del domare , non è 
la doglianza di ritrovarci senza appetita , e 
senza sonno ? 

AH* incontro in nn uomo occupato gV in- 
tervalli fra T nno e T altro bisogno I. iòti 
molto più brevi; jfc> sono riempiuti dai pia- 
ceri medesimi dell 1 occupazione , € da quelli 
di previdenza; 3. Y appagare i rinascenti li- 
sogni è per lai tatffo più dilettevole , qa«in-* 
to si fanno questi sentire più vivamente. Al 
giornaliere affaticato ed affamato il pane da- 
rò e pesante è senza dubbio assai più sapo- 
rito, che non fossero a Sardan apalo , ai La- 
callo, ad Apicio^ ad Etiogubalo le vivando.- 
più ricercate e più peregrine (i) . 

(V) Ciro il giovane nella foga , travati pres- 
to d' un contadino deifichi secchi, e d«i pan 

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TòG Passioni. 

Queste considerazioni danno abbastanza; 
a conoscere quanto sia poco da invidiare co- 
munemente lo stato d' un nomo ricco . Per- 
niò niente è più saggio , ne più filosofico di 
quella bella preghiera : mendicità lem et di- 
vitias ne dederis vnihi ( Proverb. cap. 3o. 
v. 7. ) . 

E certamente se v'ha stato a desiderare 
egli è quello appunto di una comoda medio- 
crità : cioè quello stato ch'escluda P indi- 
genza penosa , ma non escluda una mode- 
rata occupazione . V uomo , che colP eser- 
cizio di un'industria non grave e laboriosa r 
ma temperata e discreta , riuscir possa age- 
volmente a procurarsi tutti i comodi più im- 
portanti, è senza dubbio il più felice di tut- 
ti , siccome quello che libero dal peso della' 
noja , ritrovasi pur in grado d 1 assaporare 
^jaeglio d 1 un altro i veri piaceri della vita 
I- ricchi medesimi, se por amano d' essere 
felici , conviene che a tale stato riducansl 
spontaneamente ; e poiché ad occuparsi non 
possono esser determinati dal bisogno di 
procurarsi qoelle comodità , che già hanno* 
in poter loro, conviene che altri bisogni si 
formino da sè stessi . 

I p\xt nobili fra questi sono P amor del sa- 
pere, e P amor della gloria, di cui passere- 
mo a ragionare . 



d* orzo : Dei immortali ! esclamò in man- 
giandoli , di qual piacere sono io stato pri- 
vo finora ? Artaserse languente di sete , re- 
catagli da un villano delP acqua palostre , 
tntta se la tracannò, e giurò appresso, che 
ni un fino gli era sembrato mai più squisito* 



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1 R T 1 C O L O II. 

Amore del sapere . 

X ra le passioni dell' uomo 1?. amor del sa-^ 
pere è certamente delle più stimabili ; peroc- 
cbè meglio e più saggiamente Don si può e— 
gli occupare, che nel coltivare e perfezionare la 
sua ragione; e al dono più prezioso per lai 
ricevuto dalla natura meglio non può cor- 
rispondere, 

Ad ispirar questa nobile passione molto in- 
fluire dovrebbono i vantagsj grandissimi elio- 
ne procedono . Imperciocché , senza dire de- 
gli altri, la superiorità dell' uomo dotto sul- 
ì* ignorante a chi per sè stessa non è mani- 
festa ? E qual gloria più lusinghiera di quél- 
la , che da un vero sapere deriva ? E quanti 
comodi pure nella rita. comuni un'estesa, 
cognizione nelle arti e nelle scienze non ci 
procura ? 

Il diletto medesimo", che lo studia delle 
lettere e delle scienze accompagna, o che da. 
esse proriene , a ciò invitar ne dovrebbe più* 
fortemente. Ove infatti si vide mai un tra- 
sporto di gioja sì vivo , come fa quello d'Ar- 
chimede , allorché giunse a scoprire il modo 
di sciogliere il problema propostogli da Gi- 
rone (1) ? Alessandro nella sconfitta di Da- 



• 

(ì) Desiderava questi di pur sapere , se una 
corona d' oro , che avea commessa ad un 
orefice f fosse tutta d' oro puro f o se mescola- 
to vi fòsse altro metallo , e in qual dose, 
itlcntrè ARCHIMEDE andana a ciò ripensan- 
do ; entrando nel, bagno osservò che tanta* 

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r3& Passioni. * 

rio , Cesare nella disfatta di Pompeo , Ottavio, 
Della fuga di Antonio non provarono certa- 
mente un piacer cui puro . E chi non sa , 
che Pitagora anch' egli uo 1 ecatombe sacrificò 
pel teorema dell' ipotenusa ? Qualunque scor- 
pena di una nuova verità ad un filosofo \ 
qualunque felice produzione ad un poeta so- 
no sorgenti di un piacere vivissimo . E la ra- 
gione si è , che niuna cosa più dolcemente 
di questa solletica queir amore, che ciascu- 
no porta a sè stesso ; ogni nuova cognizio- 
ne che T uomo acquista , ogni nuovo felice 
parto del suo ingegno, una nuova e più van- 
taggiosa, e quindi più grata e più lusin- 
ghiera opinione gli danno di sè Medesimo • 

A ciò si aggiunga il diletto di soddisfare 
una nobile curiosità , diletto che è si comu- 
ne ad ogni nomo in ogni età ed in ogni 
condizione. Il desiderio di sapere è nato per 
così dire con noi : quindi i fanciulli anaora 



acqua ne usciva , quanto era il volume del 
suo corpo. Ciò gli suggerì che se in un vaso 
ripieno d'acqua egli avesse posto una mas- 
sa d' oro di paso eguale alla corona, indi la 
corrona medesima , dalla quantità dell 1 ac- 
qua , che in ambi i casi sarebbe uscita, 
avrebbe potuto conoscere , se la corona era 

jiura f o quanta lega vi fosse mista, essenlo 
'oro quel tra ì metalli ali or conosciuti , che 
ad ^gual p?so avesse minor volume . E di 
questa scoperta egli fu si lieto , che imman- 
tinente balzà del bagno , é senza pure av- 
vedersi di esser nulo , andò perle strade 
gridando : Ho trovato , ho trovato . 



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Amor del sapere . log 
piti teneri noi reggiamo avidissimi di co- 
noscere ogni ocova cosa che loro' si presen- 
ta :e fra gli adatti anch'* i più zotici veggi ara* 
vogliosi ssimi di sapere tutto ciò che alla lo- 
ro intelligenza è proporzionato: e nell'atto 
che arrivano a conoscere ciò che bramavano r 
tutti veggiamo provare no piacere grandissi- 
mo * Che se questo è sì vivo nelle cose an- 
cora più piccole , quanto non dev'essere egli - 
zi proporzione nelle più grandi e più rile- 
vanti , dove o T utilità della cognizione ac- 
quistata f ola difficoltà superata dell'arrivarvi 
accresca * siccome avviene , un nuovo motivo 
di compiacenza ?" 

À tatto questo s'aggiunga ancora il pia- 
cere medesimo nel!' ammirar la bellezza del- 
le scoperte ingegnose , o delle ingegnose pro- 
duzioni altrui . Il bello e uno de' fonti pri- 
tearf dell* amano dilettò ; e se egli piace do^ 
dunque incontrarsi , nelle opere dell' inge- 
gno è sorgente di ari piaaere ancor più vivo, 
sì perchè è più difficile l' ottenerlo , ed al 
piacere , che reeà il bello per sè medesimo r 
si aggiunge il piacere della maraviglia; si 
perchè, una maggiore intelligenza- richiede 
nel rilevarlo , ed al piacere nel bello stesso^ 
va unita la compiacenza di saperlo conosce- 
re ed estimare . 

Tanti motivi grandissima forza aver do- 
vrebbono certamente sopra di chicchessia per 
animarlo all' amor d^llo studio e del sapere . 
Ma l'uomo ricco , e più generalmente chitin- 
qae dei comodi della vita già trovasi bastan- 
temente fornito f senza esser costretto ai 
i npiegare la propria industria per procaccia*-- 
erli , per .litro titolo ancora agli sta ci j do- 
rrebbe più intensamente applicarsi, Questo? 



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r£<* m m Passioni. 
sr è quasi 1' unico mezzo eh e a lai ri nmng* 
per togliersi all'ozio , compagno ordinario di 
ut' agiata condizione , per involarsi alla no- 
ja , seguace dell' ozio inseparabile * per occu* 
pare con piaeer vero e costante le lunghe 
ore , che in Ini dividono i bisogni soddisfat- 
ti dai rinascenti . Un ricco nemico degli s tu- 
ri j difficilmente trovando altra cosa che* Toc- 
capi seriamente, costretto qaindi a passare 
il tempo o a non far nulla, o a far di nonnulla, 
è forse F nomo di tutti il più miserabile . Si 
studia egli diromper l'ozio , da cui è oppres- 
so , o come dicono energicamente i France- 
si , si sforza egli di ammazzare il tempo (i) col 
cangiare di luogo, di società, di divertimen- 
to ; ma è uno scoiattolo , dice Elvezio., cha 
passa la noja col far girare la sua gabbia . 

Benché sì utile però e commendevole in 

se medesimo • anche 1' amor del sapere vuol 
essere dirittamente guidato , o ordinato dalla 
ragione. Archidamo ad Aperiandro : q«al ge- 
nio nemico ti ha, disse , ispirata la smania , 
che di buon medico ti ha cangiato in catti- 
vo poeta ? L ostinarsi in quegli stndj , a cui 
inetti ci rende o la naturale inabilità , o la 
mancanza di esercizio e d' abitudini fatta in 
tempi più opportuni, è certamente follia. 

Anche nei primi cominciamenti la scelta 
degli studj esser non dee capricciosa • Chi 
di questi dete servirsi come di mezat per 
procurarsi quei comodi , di cui la fortuna 
non T ha abbastanza fornito , a quegli stu- 
dj deve appigliarsi , che riuscire gli possano 
più vantaggiosi : chi provveduto di comodi 



(i) iPuer le temps 

4 



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Amor del sapere . ì^i 
•srbbondevolmente si da agli stadj soltanto per 
istruirsi e per occuparsi , è più libero nella 
scelta; ma tanto più commendevole sarà egli 
pure , quanto più alile calle sue occupazio- 
ni si saprà rendere altrui . 

Uno scoglio poi , dove urtano facilmente 
gli uomini studiosi , è la vanità : e quindi 
le gare contenziose , e talvolta 1q liti arrab- 
biate 9 e le ostinate inimicizie che sono poi 
1' obbrobrio , e lo scandalo della letteratu- 
ra e della filosofia . La superiorità , che col- 
le loro cognizioni e coi loro talenti essi ac- 
quistano sul comune degli uomini , troppo 
lusinga nei mcn *auti Y amor proprio : dal- 
l' altro' canto, *«iecome la riputazione è la 
mercede , che la più parte alle loro fatiche 
principalmente promettonsi , o per mezzo di 
cui essi sperano di servir meglio ai loro in- 
teressi ; così di troppo si dolgono , ove al- 
tri tenti di loro toglierla od oscurarla. 
v Ma quanto alla prima' parte . se invece 

abbassare gli occhi sul volgo , li sollevas- 
se a quegli ingegni sublimi , che il, volo han- 
no spiegato sì alto sopra la sfera comune , 
io non so se al confronto più avrebbon co- 
raggio d'insuperbirsi. Quanto alla seconda, 
troppo mal consigliato è certamente chi cre- 
de fondare la sua riputazione sulle contese; 
poiché non V ha cosa che alla vera e solida 
riputazione pregiudichi maggiormente. 

11 letterato e il filosofo, che niuno mai 
non assale per inquieto genio di contraddire } 
cfce ben rileva gli altrui errori, qnand' è bi- 
sogno, ma modestamente , e per salo e sin» 
cero amore della verità; che assalito da al- 
tri si difende colla maggiore moderazione dal 
canto suo, e quando un esame spassionato 



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ìfc Passioni . % I 

gli fa vedere che egli ha il torto , sin eern men- 
te il confessa ; è certamente sopra di tatti il 
più rispetta bile ♦ ed anche più rispettato. 
INtwton , e Fenelon f nomi grandissimi f non 
meno celebri si rendettero colla lor modera* 
zione , che colle loro opere v immortali . Il pri- 
mo , dice il signor IT Alembert (Elogio di 
Gio. Bernoulli) , censurato con nna specie 
di trionfo da Giovanni Bernoulli per ano sba- 
glio fuggitogli intorno alla misura delle for- 
ze centrali net mezzi resistenti, in luogo di 
rispondere o di difendersi , nella nuova edi- 
zione , che allor facevasi dei snoi Principj 
matematici , si corresse : il secondo tacciato 
non sepza qualche amarezza da Monsignor 
Bossuct per un errore trascorso in materia di 
morale , fece ancor più , ritrattossi pubbli- 
ca mente . 

À K T I G 0 L O Hit 

Jmor della gloria . 

L a gloria è il premio , che la pubblica ri <- 

conoscenza suol rendere alle grandi virtù * 
ed ai meriti siraonjinarj ; r eP amor della glo- 
ria suol essere quindi uua prossima disposi- 
zione alle azioni più nobili e più generose • 
Epaminonda , e Pelopida in Tebe ; Licurgo , 
Leoni nd*, ed Agesilao in Isparta ; Milziade, 
Temistocle , Aristide , Ificrate , Focione in 
Atena ; Orazio ; Scevola , Bruto , Manlio , 
Cimilo, Fabrizio, Curio , Scipione , Catone 
in Jxorqa, altro premio certamente non si 
proposero , che questo solo . 

Conviene però distinguere, in primo luogo 
giuria da fama , L'acquistar fama, cioè il 
farii nome comunque , non è difficile impre- 



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.4mor (fotta gZoua . ^ 
sa t , e quel pazzo (O , che abbrucio il tempio 
ci' Efeso • vi nasci egli pure non meo cT ogn* 
altro; ma a simile fama è certamente pre- 
ferirle la obblrvione » La vera gloria , che 
6ola è degna di un uom ragionevole suppo^ 
Be uri merito , e merito grande , e quella 
specie di merito soprattutto , che il pubbli- 
co più vivamente interessi • Esporre genero- 
samente la propria vita in un pubblico e 
grande pericoli) per la salute della patria 9 
sollevare il popolo costernato e gemente in 
una pubblica calamitò , fare azioni grandi 
pel pubblico berte , illuminare la propria na- 
zione con grandi scoperte , inventar nuove 
arti , o guidare le già inventate ad un nuovo 
•e sublime grado di perfezione , lasci aro in- 
signi monumenti di grande ingegno, di gran 
coraggio, o di gr^n «uore f sono le vere stra- 
de che guidano alla gloria . Quelle azioni il 
pubblico più ricompensa colla sua stima , da 
•cui riceve una più vasta utilità; ed una so- 
la di queste basta talvolta a render un uo- 
mo immortale . Ben si può anche però a 
forza di piccoli meriti arrivar talvolta alia glo- 
ria , ma ò d'uopo che tanto maggiormente 
sicno essi moltiplicati , quanto *onó minori , 
e chs il numero alla grandezza supplisca . 
Il promettersi gloria da poche e piccole co- 
se , è sciocca lusinga , o folle persuasione . 

Convien distinguere in secondo loogo V ti- 
mor della gloria dalia vanità . Questa si per- 
de in piccoli e bassi artificj per ottenere una 
stima non meritata , quello tende ad ottene- 
re una stima grande, e pubblica, e pereu- 

* 

1 " " ■ ■ " i ■■ m ■ m 

(0 Erostrato . 



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> 



i Passioni . 

te , ma non meriti grandi . Quindi è , che 
la vanità è la passione più vile e più dis- 
prezzabile ; V amor della gloria fra le pas- 
sioni puramente umane , e che le amane co- 
se soltanto han per •oggetto , è la più nubi- 
le e più magnifica . 

Pieni di queste massime gli antichi Gre- 
ci e Romani ogni mezzo adoperarono per 
ispirare neir animo dei lor cittadini questo 
nobile entusiasmo ; ed indi uscirono poi quei 
tratti d'eroismo sublime , che tanto ancora 
ammiriamo . 

- La Religione un 9 altra gloria più elevata 
c più soda a noi propone f e <ìhe assai più vi- 
vamente eccitar deve un' anima ragionevo- 
le alia virtù: ma noi di questa diremo in 
nitro luogo , dove non ali 1 uomo in genera- 
le , ma alTuom cristiano particolarmente 
prenderemo a favellare-. 

* r 

Articolo IV. 

Amore degli onori t del patere » 

KJ i va dagli domini in traccia più degli 
onori , che deiT onore , dice scherzando 
T ab. Trnblet , e V esperienza dimostra , che 
s;:h^rxando pur dice il vero . Pochissimi so- 
do infatti quelli che aspirano alla vera glo- 
ria , e moltissimi invece quei che s* affanna- 
no a procacciarsi distinzioni , onori , titoli, 
dignità . 

L* ambizione è una delle passioni più uni- 
versali , m.issimanj<»nte che ad eccitarla e 
promuoverla , in molti alla vanità V interesse 
pur s 1 accompagna > 



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Amor degli onori /! i£5 

Non lascia essa ciò non ostante d 1 esser 
utile qualche volta , in quanto chi aspira agli 
onori opera talora per meritarseli delle azio- 
ni illustri f che fatte non avrebbe altrimen- 
ti ; ma il più delle volte è funestissima , ed 
ognun sa come Mario e Siila f Pompeo e 
Cesare per ambizione sieno divenuti il fla- 
gello della lor patria e della umanità . 

Più che a tate 1 altri p*rò questa pas storne è 
funesta air ambizioso medesimo < „ Se io ' 
potessi odiare qualcuno, dice l'Autore te- 
sté citato, o desiderare di vederlo infelice 9 
io gli bramerei dell' ambizione . 

f , Questa passione , segue egli, è da te- 
mersi più di tutt' altra, perchè la più ar- 
dente , la più ostinata , la più insaziabile ; 
perchè i felici avvenimenti sono rari e dif- 
ficili , le cadute orribili e frequenti ; perchè 
essa è costretta in mille occasioni a combat- 
tere, infino, a sacrificare sè stessa per sod- 
disfarsi " . Non vi ha cosa più amara ad un 
uomo ambizioso , che il doversi umiliare : 
eppur quante volte non è egli costretto ad 
avvilirsi per arrivare alle sue mire ! Non — 
v f ha dispetto eh* egli non soffra , non affron- 
to che non divori : nulla è si basso , ed ab- 
bietto , e servile, a cui non discenda ; nul- 
la si obbrobrioso ed infame , che pur non 
faccia talvolta per ottenere il suo fine. Chi- 
unque brama avidamente di esser più che 
non è , ed opera a seconda di cjuesto desi- 
derio , è misero doppiamente i misero perchè 
scontento e sdegnato , ed intollerante del 
proprio stato ; e misero molto più par le pe- 
ne ed inquietudini infinite, ohe gli cagiona 
ciò eh' egli adopera per sollevarsi . 

Ma quando pure egli ottenga ciò che de- 

S 



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• I 

a 

i4$ ' Passioni . 

sidera , qaal profitto ne cava egli alla fine? 
Nulla altro per ordinario che ci 1 aver brighe 
maggiori . Grande certamente era tra i Gre- 
ci la dignità di Agamennone capo di un eser- 
cito , in cìù erano tanti Re: ina odasi ciò 
ch'egli dice di sè medesimo a Nestore la 
notte , che inquieto per "timor del TrojaBi al- 
la tenda di lai sen venne , mentre placida- 
mente dormivansi tutti gli altri < Iliadi 
Lib. X. r. ^. ) : 

Qui miri Agamennon , tai sopra tuìti 
Giove gravato ha di perpetue cure. 

Per la^qual cosa, segne V Autore sammeo- 
totfato che uno s'adoperi per ottenere une 
stato pi ù. agiato e più comodo , pur il com- 
prendo,. ma che fatichi per arrivare ad on 
grado , ove gli converrà raddoppiar le fati- 
che , ove non avrà un momento , di cai di- 
sporre a piacer suo , dove sovente non am 
par agio di mangiare tranquillamente, nè di 
dormire / io non saprei nè crederlo * n è com- 
prenderlo, se noi vedessi ogni giorno 

Che se accade un rovescio improvviso , che 
è pur facilissimo ad avvenire , poiché. gli o- 
nori , come * altri disse , non fanno che ac- 
crescere per certo, modo il nostro volarne, 
ed esporci vieppiù ai colpi dell' invidia 
della fortuna , quale non è nell'ambizioso! 
cordoglio e 1 afflizione ? Tutte le lingue 
che erano per ! innanzi (renate -dalla spnac- 
za o dal timore , -vede egli sciorsi in un mcj 
monto : gli amici falsi e le anime deboli gr' 
dano contro di lui per interesse e per poli^ 
tica , non meno" che i nemici per odio ep?i 
vendetta: abbattuto egli frattanto , sprezza 



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'Amor degli onori. ìli 9 } 
to , avvilito 9 sepolto si vede nella desolazio- 
ne più orribile . À quanti aa di siffatti ro- 
vesci non è costato miseramente la vita? 
Non è certamente necessario il dir di più 
per mostrare quanto sia generalmente a te- 
mersi T ambizione * 

L'amor del potere non è che una modifi- 
cazione particolare dell' ambizione , o piut- 
tosto non è che ano degli oggetti e dei mo- 
tivi dell 1 ambizione medesima. Perciocché bea 
di rado gli onori si desiderano per stessi : 
il potere fche lor va congiunto è quello , a 
cui si aspira desiderandoli . Quindi è , che 
quanto si è detto dell 1 amor degli onori , air 
amor del potere interamente deve applicarsi . 

Una sola cosa sgrugneremo , cheia vedere 
maggiormente la stoltezza dell 1 uomo ambi- 
zioso^ L'amor 'lei potere ad altro in ultima 
analisi non si riduce , che al desiderio 
<T avere un maggior numero di persone , che 
servano al piacer nostro . Non è adunque in 
sostanza, come si è già altrove accennato, 
che T amor dal piacere . Ma di quali piace- *' 
ri gode egli I 1 ambizioso ? Noi lo abbiamo 
pocanzi abboadevolmente veduto . Quei mez- 
zi medesimi adunque, che egli impiega per 
ottenere una maggior somma di piaceri , non 
fanno che privarlo di quelli che possedeva, 
« di cui 9 volendo , avrebbe potuto tranquil- 
lamente godere: egli è il cane della favola, 
che per avere di più si lascia pur quello che 
ha, scioccamente cader di bocca. 

Io non voglio contuttociò biasimare aper- 
tamente qualunque siasi desiderio d' avanza- 
mento . Un avanzamento può essere vera- 
mente iitile alla nostra felicità, quando si 
sappia ben profittarne ; e il procurar© per 

e* 

* 

V 



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HÈf 0 t% Passioni. x 
onesti nie^zi il conseguimento di ària costi 
utile, non è per sè biasimevole . 

L' eccesso dei desirderj è quello eh 1 io con- 
danno in i. luogo , vale a dire , condanno chi 
questa cosa puramente utile, colla *ua avi- 
dità necessaria si rende, che si rende infeli- 
ce per la soverchia brama di ottenerla , che 
più infelice si rende stoltamente , inquietan- 
dosi se non la ottiene. 

Condanno in 2. luogo chi aspira a cariche 
0 non adattate ai suoi talenti , 0 in cui è 
probabilissimo eh' egli sarà infelice . „ Se l'in- 
teresse della propria estimazione e felicità atten- 
tamente si consultasse , dice l'Autore soprac- 
citato ciò basterebbe sovente ad estinguerà 
ogni desiderio delle dignità e degli onori . 
Due domande dovrebbe l'uòmo ambizio- 
so fare a sè stesso.- 1. Son io capace del 
grado • a cui aspiro, e saprò io ben soste- 
nerlo ? 2, Dutj anche questo , sarò io eoa 
ciò più felice di quel che sono ? Voi credete f 
segue egli , che i vostri talenti sien troppa 
chiusi e ristretti in un grado inferiore , e ne 
bramate quindi un più sublime per meglio 
porli in comparsa . Ma paventate questo no- 
vello ponto di -veduta : grande voi comparite 
in un piccolo posto , e pìccolo sembrerete per 
avventura in un grande" . Tal brilla al se- 
condo grado , chu si ecclissa nel primo , dice 
pure un poeta (1) ; 

In 3. luo^o condanno chi cerca di ginene- 
re ai suoi lini ambiziosi per via d'artifizj, f 
di viltà , di bassezze , solite vie delle animi [ 



(1) Tel brille mi second rane Qui *' evinse 
*u premier , VOLTAIRE. 6 1 



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Amor degli onori . 
piccole ed abbiette , c vie si indegne , eh' h 
par vergogna il parlarne . 

A R T I c o x o V. 

Amor dei piacere \ 

C he F uomo ami il piacere , efi 1 è qaantd 
dire , ch'egli abbia piacere di ciò che piace , è 
cosa troppo per se naturale. Ma v'ha dei 
piaceri innocenti, e ve n' ha di perniciosi e 
malvagi , e da questi la ragione vuol certa- 
mente , che il saggio s>i allontani (1) . 

I piaceri dividono , come altrove si è det- 
to , i* piaceri dell' animo f ed in piaceri del 
corpo . Quelli dell' animo altri chiamanti 
piaceri dell 1 intelletto , ed altri del cuore , 
secondo che o l'intendimento , o i sentimen- 
ti del cuore vi hanno la maggior parte . Il di- 

0) Varie intorno al piacere furono gii le 
sentenze degli antichi filosofi . ANTISTENE 
io chiamava un sommo male ; CR1T0LA0 un 
male, e cagion dì mali ; ZENONE nè ben 
nè male ; ÀRISTIPPO ed EPIGURO all'in^ 
contro Io dicevano un sommo bene , colla 
differenza che il primo lo collocava nelle 
sensazioni positive, e il secondo nella pri- 
vazion del dolore. ARISTOTELE disse invece 
non esser male il piacere in se , ma l 1 ecces- 
so di lai , e DIONE 6R1S0ST0M0 il chia- 
ma cosa insidiosa e pericolosa t e perciò da 
prendersi con grandissima cautela . Veggasì 
intorno a ciò il f . STELUK1 Mica Mb. 
i* Cap. 4 ? 



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i5o« Vas sioni. 

letto, che prnova l'animo nella scoperta del 
vero , nel P acquisto delle cognizioni, nella 
contemplazione del bello , nelle opere della 
natura o dell' arte , e più nelle opere dell' 
ingegna , appartiene ali* intelletto ; quello f 
eh' egli pruova nel sentimento della propria 
on està , nelF esercizio delle virtù , negli at- 
ti di beneficenza , nei dolci moti di tenerez- 
za verso i parenti f i congiunti , gli amici , 
nella soave compiacenza di veder sollevato 
un infelice 9 difeso un innocente, premiato 
un uomo di merito , appartiene al cuore • 
Questi piaceri, siccome i più innocenti , co- 
si sona anche i più puri , più veri , più da + 
jevoli , più perfetti; nè il saggio dee mai 
cessare , come abbiam detto a pagina 72 9 e 
di procurarseli attualmente col fatto , e di 
'richiamarli sovente, colla forz^ della imma«* 
gin azione . 

Non cosi deve dirsi circa ai piaceri del cor-, 
po (1) : questi sono come le rose % che pan- 



(i)Gli STOICI facevano distinzione tra le 
due voci voluptas, e gaudium , intendendo per 
la prima i piaceri de 1 sensi, cui detestavano, 
e pel secondo il piacer che deriva dal sape- 
re , e dalla virtù (STELLI NI Ethiea Lib. 1- cap. 
4.) ^ Noi pure distinguiamo voluttà- dà pia- 
cere , intendendo col nome di voluttà un pia- 
cere disordinata o pel suo eccesso , o per la 
sua qualità disonesta . Di essa intendeva par- 
lar CICERONE., quando diceva 1 Corporis 
voluptatemnonsatis esse di^nam hominis prae- 
stantia , eamque contemm et retici oportere 
(De Officiis . Lib. 1. C*J». Ì7O i e SOC$A> 



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Amor del piacere* i5i 
gono 9 * e flon si colgono con mano leggiera'. 
Il piacere del mangiare e del bere, a cagion 
di esempio , è innocuo fino ad un certo se- 
gno : ma rintempera»za o nella quantità, o 
nella qualità dei cibi e delle bevande , si sa 
che spesso è cagione delle pia terribili ma- 
lattie; e già i medici a questa intemperanza 
cogliono pur ascrivere la più gran parte dei. 
mali fisici 

XJa sollievo dell' animo, ed un piacevole 
esercizio del corpo sono certamente le caccie, 
le cavalcate , le danze ,.. i giuochi le feste , 
i divertimenti . Ma questi pure divengono 
perniciosi, ove siano imcnoderati , o dove in 
essi consumisi vanamente quel tempo, che 
in più utili occupazioni porrebbe esser impie- 
gato r. * 

Il ginoco singolarmente è un vizio noce-. 
volissimo, quaùdo diventa una passion dcW 

TE allorché diceva , che turpe cosa sarebbe , 
se ano servendo alla voluttà da sé medesimo 
tal si rendesse , quale in sua casa niun aver 
vorrebbe i suoi servi (P. MAN. Apùpht . Lib . 
o-); poiché realmente non v'ha peggior ser- 
vitù, c!\e di quello jl quale sia schiavo de* 
voluttuosi suoi appetiti . EPITTETO secondo 
.AGELIO (Lib. 17. Cap. 19,) a due cose par 
riduceva tutta la teoria dell' uomo saggio : 
alla tolleranza, de 1 mali f ed al V astinenza da' 
piaceri i.Sustine et abstine era. la. sua divisa; 
nel che egli , siccome Stoico , intendeva una 
totale astinenza da tutti i piaceri de'éensr, e 
noi vi sostituiremo invece l'astinenza dai pia- 
ceri illeciti , e disordinati, ossia la tempe- 
ra nnza . 



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i5a Passioni • . 

minante 9 e quando in luogo d'un passeggera 
divertimento diviene una continua occupazio- 
ne . L'avidità del guadagno è quello soprat- 
tutto , che fomenta questa terribile passione; 
in pruova di che noi vergiamo , che nei giuo- 
chi di rischio , i quali cìai viziosi sono più 
ricercati 9 quegli stessi che non si stancano 
di consumare i giorni e le notti intere, av- 
venturando , se occorre tutte le loro fortu- 
ne , non si saprebbon poi reggere per due 
minuti , se vi avessero a giuocare di nulla , o 
di pochi soldi. Ma questa loro avidità ben© 
aspramente è punita per 1' ordinario ; ed oltre 
alla continua agitazione ed inquietudine , eh* 
«si provano poni sempre frammezzo alla spe- 
ranza ed al timore , la perdita di sostanze 
considerabili , il dilapidamelo di pinguissimi 
patrimonj , la rovina talvolta d 1 intere fami- 
glie ne sono terribili esempj . 

Vi ha un'altra specie di piaceri provenienti 
dalla inclinazione scambievole , che la natu- 
ra ha posto nelT uno verso dell' altro sesso . 
Questa inclinazione crea , singolarmente negli 
animi giovanili , una delle passioni più fprti , 
che antonomasticapjente è detta amore . Ora 
dei mali , che vengono da questo amore, del- 
le angustie ed inquietudini ch'egli produce 
negli animi, della servitù a cui li lega, dalia 
gelosie con cui li tormenta , della dissipazio- 
ne con cui gli stia , della perdita delle so- 
stanze , e talvolta ancora della salute e del- 
la vita con cui li punisce , pieni son tutti i 
libri 9 e piena a* è pure la continua esperien- 
za^ Io su di questo non mi tratterrò lunga- 
mente : dirò soltanto , che da questa fatai pas- 
cione debbono i giovani tanto più accurata- 
mente guardarsi , quanto per età e per nat 



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I 



m Amor dei piacere. i$g 
ra ri sogliono essere più propensi, cjnrmto 
- maggiori e più frequenti fono ogni dove i pe- 
. ficoli di cadervi, quanto meno V esperienza 
sa renderli cauti nel! 1 evitarli . Alessandro in- 
vitato a veder le figlie di Dario , di coi al- 
tamente celebratasi la bel le* 3 a -, lo ricusò, 
dicendo , che dopo aver vinto #1» uomini , non 
volea mettersi al pericolo di esser vinto dalle 
donne . . . rr r;« 

Ma poiché del de sW erro ,- e degli;oggetti , a 
eoi suol essere indirizzato , già si è detto 
bastantemente, alcuna cosa diciamo ora def 
gli affetti , che sogliono accompagnarlo , i 
quali sono la speranza, ed il timore- 

CAPO VII. * ■ 

• » * 

Speranza , timore , coraggio , ardimento * 

Articolo h 

* » 

* * 
* 

Speranza • 

1 desiderio e fa speranza sono due passfo* 
ni, che si dan mano scambievolmente : im- 
perocché quanto più si desidera, tanto pii| 
facile r immaginazione dipinge l'esito , e ki 
speranza più cresce, e quanto* maggiormente 
si spera , tanto più V immaginazione la cosa 
bramata ci avvicina f e più* cresce il desi- 
derio . * ^ 

Io s* però la speranza è nna passio*, con- 
solante, e molte volte eziandio vai più del 
medesimo godimento . Un signore di alto daf- 
fare disse già di certano , a cui qua Wie co* 
sa aveva promesso :. io gli ilo dato pur oggi 

«olla speranza , che non gli avrei dato, tqjk 

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i54 Passioni.. 
fctto . E certo a rendere spesse fiate maggio- 
re il piacere della speranza r che quello del. 
godimento , due ragioni concorrono : Y una , 
che il bene sperato» ordinariamente maggiore 
si crede di quello che sia in. se stesso; e Vim- 
zna^inazione n n ha.quindi maggior diletto : l'al- 
tra , eh* quando l'uomo ha alcuna cosa , egli 
l'ha., e qui tutto finisce; ma quando la spe«~ 
ra , egli op^ra , s'affatica , si muove , s'inda- 
«tria per. acquistarla e quest 1 attività vai so- 
Tente assai più, che la. languida, inazione dei 
possedimento (1) 

Troppo, importa però il sapere anche que~ 
ata passione tenere nei giusti limiti f e gover- 
nare prudentemente . Tre casi intorno ad es-. 
sa hanno, a distinguersi , che pur richieggono, 
«issai diverso governo *. 

U Qualor si tratta, di un male avvenuto 
tutti i motivi cercar si debbono , come altro- 
ve si, è già. detto, ( pag 57. ) ; i. quali eccitar 
possano, la, speranza o d 1 un rimedio , 0 d*un 
compenso . Questo si è il mezza più efficace 
per, consolarsi , giacché noa è da. negare,, 
che gli altri mezzi richieggono dello sforzo e ; 
della contenzione nell* animo ^ laddove quan- 
do incomincia a. nascervi la speranza * la eon«^ 
colazione s'insinua per sè medesima,. 

a. Qualora trattasi di un male avvenire , di 
una doppia e» contraria, operazione fa di me- 
stieri , Egli è d 9 uopo da uo canto preparare 
l'animo a tntte le sue forze adunargli d'in-** 




(1) Non: dopo* aver guadagnato venti milio- 
ni, dica ELVEZIO , che uno è felice , ma nel 
guadagnarli {De V Uovimc ce Tom- 11%. 
pag. a58e ) ... 



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1 Speranza., iS5 
torno per sostenere intrepidamente l'assaltò 
ove il male ci avvenga ; e dall'altro a tatti 
motivi convien r flettere , che destar possono 
qualche probabilità , che il male si dissipi, 
o almeno non abbia a. rHrscir eosì grate , co- 
ine rassembra . fieli accade infatti assai volte, 
che dopo le più terribili apparenze, una scia- 
gura , la qnale credeasi inevitabile, tutf acl 
un tratto o per sè stessa , o per un. soccorso 
inaspettato ,o per una fortunata combinazio- 
ne di cose , felicemente dileguisi . Così le 
procelle più nere e più spaventevoli./ e che 
più certo minacciare sembrano lo sterminio 
alle campagne, si sciolgono qualche volta 
impensatamente in una pioggia benefica, -a 
3. -Air opposto quando si tratta d'un bene, 
a: cui s' aspira , mai cauti non saremo abba- 
stanza a frenare i trasporti imprudenti d'una 
soverchia speranza . Troppo agevolmente si 
spera ciò che si brama : ogni piccola appa- 
renza allor si prende come realità; ogni pio- 
colo indizio serve a dar* fortuite ad una va- 
na lusinga. La speranza, diceva Aristotele, 
è un sogno nella veglia ; ed altri disse accon- 
ciamente , che essa, è simile alle predizioni': 
mille false per una vera . Quale stupore adun- 
que , se tanti por veggonsi nelle loro folli 
speranze ingannati T Nel che quello ch'è iné- 
no da compatire si è , che molti poi giungo- 
no alla scempiaggine di più turbarsi e ram- 
maricarsi al veder delti s-e le loro speranze , 

che non. farebbono per la perdita di un ben 
reale.. ? 1 * 

L uotoo cauto adunque dee tanto lasciar di 
campo alla speranza., quant'è necessario per 
dargli stimolò- alPoperarc ; che certamente- 
Don vi ha alcuno sì stolto , il qaal si deter— 



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N Passioni. 
mini a procurare seriamente ciò che affatto 
dispera di conseguire . Ma fatto che egli ab- 
bia quanto è mestieri per ottenere il propo- 
sto fine, egli si deve pure disporre al sinistro 
incontro, che il suo disegno riesca a vuoto. 
Doppio vantaggio con ciò verrà a conseguire; 
imperciocché o il successo è realmente con- 
trario , e la fortuna non potrà seco vantarsi 
d'averlo colto alla sprovvista , ne tutto quel 
male arrecargli , che ad altri cagionerebbe ; o 
è propizio , e tanto maggiore ne proverà il 
piacere, quanto meno aspettato. 

Siffatta cautela intorno alle speranze , più 
che a tutt* altri , a coloro è necessaria f che 
più sono stati in addietro dalla fortuna ac- 
compagnati . Non ch'io ammetta quella ne- 
cessità di cambiamento , che alcuno preten- 
de , sicché dopo una lunga serie di avveni- 
menti felici abbia ad aspettarsene di neces- 
saria conseguenza un sinistro . Gli avveni- 
menti passati nulla influiscono per questa 
riguardo sopra i futuri , e dopo novantanove 
casi felici v'ha egual ragione d'aspettar feli- 
ce il centesimo f come s'egli fosse il primo , 
o se venisse addietro a no.vantanove casi in- 
felici , purché da lor non dipenda. 

U primo motivo, per cai a quelli più cho 
m tutt* altri io credo doversi raccomandare la 
cautela nelle speranze si è perchè meno ne 
sanno osare naturalmente . Un esempio sen~ 
sibilissimo ne abbiamo nel giuoco : in esso 
•hi più arrischia i d' ordinario colui t eh' è 
più avvezzo ad essere fortunato : una lunga 
continuazione di felici avvenimenti fa ch'egli 
creda d'avere la fortuna in sua mano , e di 
poterne disporre a suo talento . Ond' è pure 
«he il soldato più avreazo alle battaglie f ?i 



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Speranza. i5j 
corre con più coraggio e più confidenza ero- 
go' altro ? Tutta la ragione si è , dice argu- 
tamente T abate Trublet , perchè egli non è 
mai stato ammazzato: esposto sovente ai pe- 
rìcoli , sempre n'ò uscito salvo ; questo solo 
a lui basta per credere di doverne uscir sal- 
vo ancora * 

Il secondo motivo è , perchè gli nomini 
avvezzi alle prosperità sono quelli che più 
$*affannano , quando le cose riescano al con- 
trario . La persuasione d'averla fortuna in lo- 
ro arbitrio fa che si adirino più acerbamen- 
te ove si veggan delusi; e la poca esperièn- 
za agli avvenimenti sinistri fa- che tanto me- 
na piegare si sappiamo a tollerarli (i>. 

Articolo IL 

I Timore . 
1 timore è da distinguersi in due classi : 
.timor de* mali, e timor de' pericoli. 

Intorno al primo per due maniere soglio- * 
no ben di sovente gli nomini ingannarsi , o 
credendo sicari i mali che sono meramente 
possibili , o supponendoli assai maggiori di 
quello che esser debbono realmente; intanto- 
chè sarebbe spesso a desiderare , dice un fi- 
losofo , che per disingannarsi vanissero a pro- 
vare ciò che paventano;, imperciocché mino- 
re sarebbe in essi, la pena al sentirli di quel- 
la che soffrono nel temerli • 
. Siccome nella speranza, cosi ancor nel ti- 

m ' ■ ■■ ■ — » i ■ - 

(i) Percii DEMETRIO dicea non esservi al 
mondo uom più infelice di quello , al quale 
jaiuno sinistro non sia. mai accaduto (P. MÀe 
WVZIO Apopht. Lib.,8.) [.. 

m 

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rx5& Passioni. 
more , T opiniOBe fondata sagli avvenimenti 
passati ha negli uomini aoa grandissima for- 
za . Per via di questi eglino si avvezzano a 
riguardar la fortuna come una cosa reale ed 
immatahile attaccata invariabilmente alla lo- 
ro persona , e nata , par cosi dire, con esso- 
loro ; in conseguenza di che altri sperano 
sempre nuove prosperità , altri sempre paven- 
tano nuove sciagure . Chi sa che la fortuna 
è una semplice combinatone accidentale di 
cose , vede facilmente la sciocchezza dell'una 
e dell'altra opinione : contuttoché siccome la 
costanza , che si osserva talvolta negli avve- 
nimenti o prosperi, o sinistri, serve moltis- 
simo a confermare ed accrescere l 1 illusione f 
•osi qualche cosa convien toccarne partico— 

4 1 annerite . 

In primo luogo dunque , ove pure questa, 
costanza dipendesse dalla fortuna medesima, 
cioè dalla medesima combinazione delle co- 
se, ciò noti 1 tOTebbe ponto , ch'essa non fos- 
se puramente accidentale ; imperciocché fra le 
possibili- combinazioni fortuite v'ha certamen- 
te ancor quella*, che alcune volte gli avveni- 
menti del medesimo, genere si succedano sen~ 
sa alternare 

Ma il più delle volte- questa costanza di- 
.pende da cause reali,, che alla fortuna pun- 
to non appartengono . Un uomo, avvezzo àcl. 
essere fortunato , opera con maggiore fran- 
chezza , esercita più vivamente fa sua. indu- 
stria , acquista esperienza maggióre , e dispo- 
ne in certo modo* degli avvenimenti ; e quin- 
di è , che gli avvenimenti felici in lui sue- 
cedonsi più di frequente . Al contrario un 
* uomo comunemente sciagurato , va assai più 
Unto , poco sperando poco si occupa * opera 



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Timore . ^ i5g. 
con freddezza e c^n pussillanimitV nulla osa 
arrischiare , si lascia spesso uscire di mano 
anche le occasioni, più opportune; e di qui è 
che gli avvenimenti infelici per lai vanno 
sempre crescenda . 

Un noni prudente pertanto ne mai dee trop- 
po presumere per le passate prosperità , nè 
mai disanimarsi per le passate sventure . La 
fortuna h un nom^ vano , ed una chimera del 
Tolgo . Vera è , che a taluno i migliori con- 
sigli riescon male alcuna volta ed a tal al- 
tro le più strane pazzie riescono con feli- 
ce, successo ; ma ninna solida conseguenza da 
ciò può trarsi . L'esperienza e la ragione di- 
mostrano 9 che una costante industria, atti- 
vità , s avvedutezza *ono l e sole , che vinco- 
no alla fine le stravaganza de' casi , e. co— 
mandano alla fortuna. 
- Circa ai pericoli , sono da distinguere pri- 
mieramente i pericoli d'opinione , e i perico- 
li reali. Pericoli d'opinione io chiamo quel- 
li che sono fondati sopra d'un semplice pre- 
giudizio . Quanti timori una volta non ecci- 
tavano negli animi le comete * gli ecclissi 1 1 
parelj , le aurore boreali , le meteore infoca* 
te ? Quanti non ne dentavano i racconti o del- 
le case, dominate dagli spiriti , o dei fantasmi 
vaganti fra le ombre notturne , o delle malie 
e degl'incantesimi, o di altre finzioni siffat- 
te, che or confinate rimangono fra l'ignoranza 
delle vecchierelle e del basso popolo ? Ài pe- 
ricoli d'opinione io riduca puranohe quelli 
ohe affliggono si sovente gli ammalati imma- 
ginar) , e gli uomini apprensivi, che trema- 
no ad ogni soffio di vento , che ogni cibo 
paventano , il qual sembri punto alterato, che 
mortale si credono ogai leggiera indisposi^ 



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\ 



. r $° Patsioni. 
fcione , che final men te si ammazzano a for- 
fca Hi temer dappertutto la morte. 

Pericoli reali sono quelli , da cai un mal 
vero ci può venir realmente: ma questi pare 
in rimoti e prossimi si hanno a distinguere , 
vi sono degli nomini 9 che impallidiscono fld 
ogni lampo ; che ai cavalli nè ai cani mai 
non s'attentano di accostarsi ; che mai non 
5 imbarcano , se non costretti da iodùpen- 
sabil bisojfoo e palpitando; che un rio sa 
piccola trave , o un passo angusto ia luogo 
scosceso attraversare non osano se non tre- 
mando ; ohe si sgomentano ad ogni cocchio, 
che incontro lor venga o sovragginnga alle 
spalle : e cosi discorrendo . Ora che' taluno o 
sia colpito dal fulmine > o percosso da un cal- 
cio , © morsicato; ch'egli rimanga naufrago, 
o precipiti , o sia setacciato dalle vuote , è 
cosa certamente possibile . Ma la mera pos- 
sibilità non dee bastare ad eccitare spavento : 
altrimenti in qual momento o in qual luogo 
potremmo noi esser tranquilli ? Noi non do- 
vremmo gustare mai nessun cibo, perchè è 
possibile ch'egli sia avvelenate ; non abitare 
in alcuna casa ? perchè addosso può rovinar* 
ci ; non passeggiare in alcuna piazza , perchè 
d improvviso può sprofondarsi , come del foro 
Romano già dissero gli antichi . La sola prò* 
labilità del pericolo è quella che può aver 
diritto a sgomentarci : ma i òasi anzidetti 
sono rarissimi , e quanto agli ultimi una mo- 
derata cautela basta comunemente ad assicn- 
rarcene , senza tenerci perpetuamente inquie- 
ti , o privarci di tutti, quei comodi , di eoi 
«enza un tale spavento ne 1 viaggi e nella vita 
ordinaria gode? potremmo traaquillameate * 
H^*v.a*; ■*<*?■•.: , '> . .... . * *unm 



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101 

• * 

Articolo III. 

■ 

■ 

Coraggio , e ardimento . 

ei pericoli prossimi la cautela vuol esse* 
ro certamente maggiore ; ma par d'un certo 
coraggio anche in questi fa di mestieri • Chi 
tlòn sa armarsi d'intrepidezza , troppo sovente 
reputa prossimi anche i pericoli rimotissiroi ; 
e se talvolta v'incappa , smarrito d'animo dif- 
fìcilmente sa liberarsene: laxldove il coraggio 
fa in primo luogo che non si temano fuorché 
i pericoli veri; ed in questi medesimi serban- 
do fresca la mente e avvivando le forze , più 
agevolmente i mezzi fornisee di superarli . 

Non è però da trascorrere all' ardimento f 
passione la più imprudente e più cieca, e 
che più facilmente precipita nei mali estremi. 
Un uomo ardito per ordinario non sa misu- 
rare pericolo di sorte alcuna , ma prosoatuo- 
samente affidato nelle sue forze o nella sua 
destrezza, tutti egualmente e sconsigliatamen- 
te gli affronta . I tristi esempj degli altri non 
valgono pure a sgomentarlo , perchè si credo 
a quelli superiore ; ed invece l'esito fortuna- 
to 9 ch'egli abbia nei primi incontri , lo ani-* 
ma sempre più, e lo rende ognor più teme- 
rario , infino a tanto eh* o f una o F altra 
volta poi vi soccombe . Egli è il saltatore o 
il ballerino di corda , che termina final- 
mente a fiaccarsi il collo * 

D'una prudente cautela pertanto fa di me- 
stieri: Tuom saggio, diceva Seneca , non pa- 
venta i pericoli , m-a gli schiva; e Cicerone: 
convien guardare di non esporsi a' pencoli 
senza motivo ( de OJficiis lib. 1. cap. a5*.)* 




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I 

ifà* Passioni * 

Quale stoltezza non è diffatti il cimentarsi a- 
pericoli o non necessarj, o abbastanza non 
conosciuti ? La fortezza ,. deceva Euripide , 
vuol esser unita, eolla, prudenza,, altrimenti 
separate non giovano : ittrumque junge nm nam 
seorsum nil valent ( Stellali Ethica. Tom. IL 

pag. 4^1 •) . 

Anche in quelli che si conoscono, se gra- 
vi sono per sè medesimi , l'esperienza passa- 
ta non è sempre suffitn^ate pruova ad assicu- 
rarci dell'avvenire*. Quante volte le forze, o 
l'agilità, a l'accortezza, improvvisamente non 
ci abbandonano ? E qnante pure troppo fidan-* 
doci alle passate esperienze non andiam noi 
più oltre , che non consentono le nostre for- 
ze medesime?, O accresci le forze , o scema 
l'ardire, diceva Archidamo . Chi non può adem- 
piere la prima parte , e non vuol U seconda, 
è necessario che al fine sia vittima della su^ 
$tessa temerità 

capo, vnt. 

Tra , odio , antipatia , indegnazione *» 
Articolo I*. 
~ Ira - 

A ffetto. contro natura viene da Seneca ap- 
pellata F ira ( D * * ra !■ c \ & ) • »♦ Impe- 
rocché fino a tanto , dice egli , che 1' uomo 
è nel retto e naturale stato dell' animo , chi 
di lui più mansueto. , e più amante d' altrui ? 
E qual co*a all' opposto p»ù crudele e più 
infesta dell'ira ? L'uomo l^nde per natura 
alio scambievole altrui soccorso , l'ira alla. 



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Ira . 9 
rtovina : quegli ama di unirsi ai suoi simili : 
questa di separarli : quei gode sovvenire an- 
che gì' ignoti , questa di nuocere anche ai più 
cari: Y uomo talor sacrifica anche sè stesso 
pel bene altrui, T ira non bada a pres tar- 
si' , parchi altri seco strascini nel precipizio . 
Male adunque conosce la natura delle cose, 
conchiude tgli , chi air opera di lei più com- 
mendevole , più perfetta , assegna questo 
fcrntto, e deforme, e fiero, e pestifero vi- 

ce. 

RIO 

Sebbene però dalla retta natura d**ir uomo 
niente vi abbia di più alieno , che V ira è 
forza tuttavia il confessare , che non vi è 
forse passione, alla quale egli si lasci tra- 
sportare più facilmente e più spesso . Dalla 
Taciti, dall'ambizione, dall'avarizia, dal 
•overehjo amor dei piaceri molti pur vanno 
«enti; pochissimi esenti affatto dall' ira , 

A loro escisazione parecchi di ciò incolpa- * 
fio il temperamento ; e certo non può ne- 
garsi , che un, maggior fervore nei sangue f 
una maggiore acrimonia negli umori , una 
maggior sensibilità nrlle fibre assai non con- " 
corrano a renderci più facilmente irritabili. 
Nello stato di malattia ed in quel di tristez- 
za , ne' quali il corpo e V animo è più mal 
. affetto , noi siamo pure più fàcili a incoi- . 
Ieri rei per ogni minima cosa , che in quel- 
lo di sanità e di allegrezza . 

Bla per quanto ciò sia da confessare , le ^ 
vere cagioni r che all' ira ci rendono si pro- 
clivi , dipendano da,- tu tt* altro principiò, e 
non vi ha temperamento collerico , il quale 
da chi efficacemeirtt. lo voglia ntm possa al«* 
la. fine domarsi .. * v 



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ifti _ Passioni. 
f 3Vè lievi certamente sono 1 motivi , che 
debbono ogni nomo savio determinare a- por- 
re in ciò ogni stadio , ed a lare ogni sforza 
xnaggiore. Imperocché se la fola deformiti 
di questo vizio vogliano noi riguardare , qual 
è d 1 esso più brutto , più sconcio , e più di- 
sgradevole ? Veggasi la pittara energica e 
viva, che Seneca ci presenta dell'uomo irato 
(ivi cap. 1. ). , f Come dei fimosi e dei fre- 
netici gì* indizj sono il volto audace « mi- 
naccioso, la fronte trista , lo sguardo bieco f 
il passo affrettato, le mani inquiete f il colora 
cangiato , i frequenti e profondi sospiri ; ta- 
li , die' egli , sono pure gì 1 indizj cfegli adi- 
rati . Àrdono e balzano gli occhi, sparso per 
tutto il volto è un rosso fosco , infiammato 
n'è il sangue che ribollente dal cuore sale 
alla faccia 9 si scuoto» le labbra , stringonsi 
i denti , irti si rizzano i capegli , affannato 
e stridulo è il respiro , un crepitar degli ar- 
ticoli e delle membra , che si tormentano da 
sè medesime e si contorcono t un gemito ed 
nn muggito quale di toro, un parlar tronco 
e confuso e mal inteso r un forte batter di 
mani , ua frequente calpestio di piedi , un'a- 
gitazione irrequieta di tutto il corpo , ua 
minacciare frenetico e furiose, e la faccia 
tutta scomposta , e sformata, e deturpata" • 
Narrasi di taluna, che mentre era posseduto 
dall' ira • avvenutosi in uno specchio , e si 
sfiijur^to vegg*ndo*i , inorridì di sè stesso 
(ih. lib. a. c. 36.). E quanti pur non avreb- 
bero lo stesso orrore , se in uno specchia 
tnirar potessero se medesimi nei momenti di 
maggior collera? Spccehio però bastante a 
ciascuno essere ne dovrebbero gli esempj 
altrui , che pur veggonsi cosi frequenti • 



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tra. ^ i65 

Ma in questo specchio ben pochi san ri- 
conoscere sè medesimi . A questi eecessi co- 
si deformi , dicono essi , non siam noi asi 
di pervenire: un -piccolo risentimento allor- 
ché siamo irritati , un qualche lieve traspor- 
to ; ma nulla più . 

Al che primamente io rispondo , che se 
In qualunque passione T uomo è cattivo giu- 
dice di sè stesso , molto più nella collera , 
siccome quella eh 1 è mcn soggetta alla ragio- 
ne . L 1 ira fu detta già da un poeta un breve 
furore (1) : nè è por si breve talvolta. Or, 
chi è mai che possa in un impeto di furore ' 
misurarle in sè stesso i gradi, come fareb- 
be a mente placida in altrui ? 

Ma quand'anche a siffatti estremi ci aves- 
se molti , a cui non- fosse avvenuto mai di 
prorompere, chi è poi che possa prometter* 
si i ciò che non gli abbia a succedere nem- 
meno per T avvenire , quando alla collera e- 
gli lasci libero il freno ? E chi può anche 
determinare fin dorè un impeto di furore im- 
pensatamente possa Tecarlo ? 

Certo gli esempj che ne abbiamo son trop- 
po orrendi e spaventevoli . Alessandro in un 
impeto d' ira , e per lieve cagione , un degfi 
amici più cari (2) trafigge di propria mano 
in uu convito ; un altro (3) espone alle fie- 
re . Atreo per rabbia contro al fratello Tie- 
ste , gli uccide i figli barbaramente , e ne 
fa al misero padre un orribil pasto . Medea 
infuriata contro al marito Giasone , dopo u- . 



(1) Ira hwis furor t$t . ORAZIO , 
* (1) OLITO. 
(3) LISIMACO' . 



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166 Passioni . 

cendiata la casa della male Creusa , i prò* 
prj figli spietatamente trucida sugli occhi 
stessi del genitore. Eteocle e Polinice , fratel- 
li e nati ad un sol parto, dopo una guerra 
lunga ed arrabbiata , azzuffatisi corpo a corpo 
quali due fiere selvagge * si scannano sotto 
Tebe atrocemente au coli 1 altro , lugubre ar- 
gomento alle più tetre tragedie . Non v' ha 
cosa sì cara per natura , o per dover così sa- 
cra , che T ira non abbia violato . E quanti 
ur non si videro nei lor trasporti d'ira in- 
erire contro alla propria persona t e percuo- 
tere , straziare, ferire, uccidere sè medesi- 
mi? Nè questi erano certamente d* altra na-» 
tura , uè altro corpo aveano , o altro sangue , 
o altra fisica costituzione da quella che noi 
abbiamo : l 1 abitudine all' ira fu quella che a 
poco a poco li trasse a divenir furibondi e 
crudeli o contro d'altrui , o contro sè stessi . 

Di qui è, che se mai altra passione vuol 
essere raffrenata per tempo e tenuta in do- 
vere , questa lo è sopra tutte . Fin dalla pri- 
ma educazione vorrebbe Seneca ( De ira 
lib. 2. ) t che a ciò si desse inóominciamen- 
to : non offrir mal ai fanciulli cagione di 

giusto irritamento ^l) , e correggerli quando 

* 

d) Q tanti nort peccano in ciò gravemen- 
te o riprendendoli contro ragione, # casti- 
gan doli oltre misura , o costringendoli a co* 
3e ingialla i o esigendo da loro cose indebi- 
te , o mostrando p-r altri un'irritante par- 
zialità ! Quanti purè non si trastullano dei 
< fanciulli, co ne suol farsi de* cagnolini , e 
godono di provocarli * * ridono delle Joro 

piccole ire , non bea riflettendo , come frat- 




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Ira » 167 
irritano a torto ; non mai permetter che Tira 
in alcuna cosa lor giovi , e far elle sempre 
ne sentano il danno ; perciò nulla mai con- 
discendere alle loro grida , agli strepiti, agli 
schiamazzi , e panimeli anzi severamente ai 
primi incontri , massimaménte quando il 
capriccio , la pertinacia , V impertinenza visi 
veggan congiunti ; tenerli lontani dalle lusin- 
ghe f dalle carezze,, dall' adnlazion dei do* 
mestici, che ogni buon seme corrompono , 
e guastano ogni indole ancor più docile e più 
mansueta ; lontani dalla pretensione e dai! 1 
orgoglio , a cui troppo grave riesce ogni re- 
pulsa ; lontani dalla soverchia mollezza e 
dilieatezza , che ogni più leggera cosa ren-* 
de insoffribile . 

Negli educatori medesimi e nei genitori 
mai non veggano , dio" egli , esempio 4 di col- 
lera nè verso loro, nè verso altrui; le liti 
domestiche , le grida importune contro dei 
servi mai non feriscan le orecchie di quelli, 
che imitatori per natura ( giacché non v 1 ha 
animale più imitatore dell' uomo) , niente 
più imitano , che gli esempi domestici , cui 

/ 

tanto con ciò fomentano in loro i semi di 
una passione che forse col tempo lor diver- 
rà funestissima ! Aggiungasi la scempiaggi- 
ne delle nutrici , e delle fantesche , le quali 
allorché i bambini si lagnano di qualche co- 
sa , par che altro mezzo trovar non sappia- 
no per acchetarli, fuorché il promettere di 
castigare , o di battere or questo or quello, 
che abbia dato lor noja , cosi nutrendo ne 1 

loro animi fino da' primi tempi I9 spinto 
della «adatta . 4 



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i68 Passioni • 

hanno continuamente sott'oeehio, e nnlla 
più oredon lecito di quel che reggono pra- 
ticarsi nelle persone , cai per dovere e per 
abitudine maggiormente rispettano . Un fan- 
ciullo educato presso Piatone , allorché fa 
alla paterna casa restituito , udendo il padre 
schiamazzar altamente , disse meravigliato : 
io nulla di simile non ho mai udito presso 
Platon* ; contuttociò t aggiugne Seneca ( loc. 
cit. ) , io non dubito . ch'egli non abbia ap- 
preso assai più presto ad imitare suo padre, 
che non Platone . Qualunque cosa ai fanciulli 
avvenga , o qualunque cosa essi facciano , 
mai non siano ripresi o castigati con ira : 
sentano la severità t non la collera ; e s'av- 
veggano che a punirli ci spinge non il tras- 
porto nè T impeto, ma la ragione . 
♦ Siccome però assai pochi sono quelli , a 
cui sia toccata in sorte un 1 educazione qual 
converrebbesi , egli è da vedere come abbia- 
no a supplirvi col loro proprio studio , é ad 
educare per co*i dire sè slessi . Chiunque sen- 
tesi alla collera inchinevole ( e tutti il sono 
qual più., qual meno ), deve tosto ferma- 
mente risolvere di opporle fino dai primi in- 
contri tutte lo sue forze . Molta fatica per 
vincerla egli proverà certamente, massime 
qualora vi sia già da gran tempo abituato ; 
poeo profitto fors' anche ne ritrarrà da prin- 
cipio , ina la costanza trionferà alla fine, e 
l'esempio di nomini impetuosissimi , che a 
forza di perseveranza nel raffrenarsi , riusci- 
rono finalmente a rendersi i più placidi e 
più mansueti , interamente ce ne assicura . 

Per riuscirvi più di leggieri f il primo pre- 
poni mento debb' esser quello di sospendere 
o^ni azione ed ogni parola , allorché ci sen- 



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Irà. i6g 
tiamo sdegnati • In Socrate, dice Seneca (tV£ 
L 3. c. ìS. ) f un segno di collera si era Fab* 
bassar la voce e tacere; ed egli medesima 
comandara ai suoi discepoli di non fare o 
dir nulla, quando sentivansi irritati , prima 
d' aver recitato F intero alfabeto , perchè da 
ciò comprendessero quanto sia necessario in 
quei momenti il dar luogo alla riflessione 
innanzi di operare (i) . E certamente in quel 
primo bollore , in cui la ragione rimane sor- 
presa ed offuscata , quali azioni e quali det- 
ti ragionevoli ci possi ani noi promettere, a 
da quali trasporti imprudenti assicurare ? Chi 
può sperare di andar rettamente senza nè 
urtar nè cadere f correndo al b«jo o ad oc- 
chi chiusi? Platone , irritato dal servo , nel 
primo impeto alzò la mano per batterlo , 
quando di sè accorgendosi , stettesi lunga- 
mente in quelF atto ; ed interrogato da un 
amico che sopravvenne , che cosa egli faces- 
se : io punisco cosi Fira mia » rispose; ver- 
gognandosi che tant 1 oltre fosse trascorsa . 
Un'altra volta per grave colpa che quegli 
aveva commessa , aeceso sentendosi contro 
di lui , rivolto a Speusippo , eh* era presen- 
te : tu , disse , per me la-castiga , perchè io 
mi sent3 sdegnato ( Seneca lib. 3. c. 12.) . 
In simil modo pur Carilo provocato dal suo 
schiavo : io , disse , ti batterei , se non fos- 
si adirato ; e Archita veduta nei suoi fami- 
gli non so qual cosa , che fortemente gli 
spiacque , partì , dicendo : buon per voi , 



(1) Da altri questo avvertimento riguarda- 
si come dato da ATENODORO ad Augu- 
sto ( P. MAN. Jpopht . Lib. 4. > - 

k 



V 



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x^o * Passioni* 

eh 1 in n' avveggo dell' ira , che m'ha sorpre- 
sa ( P. MatKi Àpopht. lib. 8.) . 

Ma gii sforzi per raffrenare la collera tor- 
neran vani assai volte , o saranno troppo 
tardi, se non si penserà eziandio a preve- 
nirla con toglierne le cagioni . 

I nostri sdegni , per ciò che abbiam det- 
to a pag. 47., or sono diretti contro alle 
cose insensate o irragionevoli or contro a 
noi medesimi , or contro ad altrui . 

In tutti questi casi però , se. ben si riflet- 
te, la prima e principale, benché segreta , 
sorgente del nostro sdegno è sempre l'orgo- 
glio. Noi ci irritiamo , se un nodo presto 
non si discioglie , se presto non apre una 
chiave , se ano stromento , un ordigno , una 
macchina non ben adempie T uffizio suo ; 
ci sdegniamo se un cavallo inciampa , o ad- 
ombra , 0 s* arresta ; se chiamato il cane 
prontamente non ubbidisce; se il selvaggia- 
me s' invola alle nostre insidie , perchè il 
nostro orgoglio vorrebbe , che tutta la natu- 
ra fosse soggetta e prontamente ubbidisse ai 
nostri voleri . Nei casi avversi ci adiriamo 
contro alla fortuna , perchè vorrebbe l'orgo- 
glio nostro , che questa pure ci rispettasse , 
e che ogni premura si desse per secondarci . 
" Nei mali che ci avvengono per nostro erro- 
re 0 per nostra colpa, e nell'impotenza di 
ben eseguirà questa o queir altra cosa , ci 
corrucciamo con noi medesimi , perchè il 
nostro orgoglio mal soffre di dover confessa- 
re a sè stosso la sua imprudenza , 0 impe- 
rizia , o debolezza . Negli oltraggi, elle ri- 
ceviamo o supponiamo ricever da altrui , c'ir- 
ritiamo contro di essi , perchè il nostro or- 
goglio s' adoirta , che altri abbia V ardire di 



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Ira. ìji 
oltraggiarci . Tolto V orgoglio , gran parte 
pur degli sdegni sarebbe tolta dall' antan cuo- 
re ; nè resterebbe cke il -sentimento dei ma- 
li 9 da qualunque cagione ci fosser prodotti, 
il qaal sentimento sarebbe di rincrescimeli- 
to o di dispiacere , non più di sdegno , 

Ora quanto irragionevole e strano sia il 
nostro orgoglio nei primi tre casi , e quanto 
più irragionevole P ira che ne deriva , ognun 
sei vede bastantemente . ~ . 

Ed in vero qual folle pretensione non è 
•Ha mai , che le cose insensate o irragione- 
volt debban servir prontamente ai nostri cen- 
ni , come se avessero quella ragione e quel 
senso , di cui sono prive ? 

E contro alla fortuna perchè adirarci ? Non 
è egli una scempiaggine V irritarci contro una 
cosa che non esiste ? La fortuna non è che 
una semplice relazione, una combinazione 
di cose , accidentale rispetto a noi , dai qua- 
li non può prevedersi nè impedirsi ; e neces- 
saria rispetto alle leggi generali della natu- 
ra , da cui dipende. Ora non è egli una 
sciocchezza il pretendere , chela natura deb- 
ba cangiare per noi le sue léggi, o l 1 adirar-* 
ci , come se nn torto a noi tacesse conti- 
nuandole? 

Nè meno irragionevole è V irritarci contro 
noi stessi. Oggetto dell'ira nostra non può 
essere se non colui , che avvertitamente ne fa 
ingiuria . Ma può egli uno aver animò di fa- 
re ingiuria avvertitamente a sè stesso ? Tutto 
quello che operiamo, non è anzi un effetto dell' 
amore , talor soverchio , che portiamo a noi 
medesimi ? 

Ma una singolare astrazione noi facciamo 
in questi casi ; in due persone dividiamo noi 



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172 Pastoni . 

stessi , T ana che ci ha offeso , V altra che 
sente T offesa , e contro di noi ce la pren- 
diamo , come se ci corrucciassimo con tati 9 
altri. Spesso è una parte sola di noi l 1 og- 
getto della nostra collera , è la Enano o il 
piede che pronto non ubbidisce ai nostri 
voleri , è la memoria , che non ci suggerisce 
immantinente le ricercate idee; è l'intellet- 
to , che la tal cosa non ha bene considera- 
to ., la tal altra non ha preveduto , la tale 
non intende , qlla tale non sa star fisso , 
sviato dalle sue distrazioni. E tutte queste 
parti di noi riguardiamo allora come da noi 
separate , come esseri da noi distinti , che si 
prendan piacere a farne dispetto.; e per pu- 
nire queste nostre astrazioni , puniamo in- 
tanto noi stessi . 

Certamente nei tre . casi anzidetti la pazzia 
delT adirarci è troppo per sè manifesta . Il 
quarto caso rimane , in cui sembra, che Vira 
nostra sia più da scusarsi, ed è quando al- 
cum ingiuria ci venga fatta da altri, Ma qui 
pure avanti di a*erc il diritto di risentirci , 
assai cose sono necessarie • 

i. E* da vedere se P ingiuria è certa ,o in- 
certa, al che pochissimo .soglion badare gl'ira- 
condi , che immantinente si lasciano dal lo- 
ro impeto trasportare . Vien uno a sburrar- 
mi : il tale ha detto , o ha fatto questo con- 
tro di voi . Perchè deggio io credere imman- 
tinente alle sue parole ? Quanti. per maligni- 
tà o per giuoco non inventano cose false a 
bello studio ; o non godono di alterare le 
vere ? Quanti non traveggono o non trasen- 
tono 1* una per P altra cosa , o non danno per 
fatti le lor congetture ancora meno fondate ? 
Quanti cambiamenti poi le stesse verità non 



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subiscono Col suo passare di una in altra 
bocca ? E quanto spesso non avvien pare , 
che nello relazioni o si dimentichino , o si 
alterino le circostanze più importanti , che 
tutta cambiano la natu ra del fatto ? £ 
sa questi indizj sì mal sicuri degg'io am- 
mettere per Tero quello che mi vien ri- 
ferito , e cosi tenerlo per certo , come se te- 
stimonio ne fossi stato io medesimo ; e così 
appunto , e peggio ancora irritarmi ? Dico an- 
cor peggio perocché d'ordinario più e' irritano 
le cose che contro di noi ci vengon narrate 
d* altri, che quelle che veggiamo o udiamo 
noi stessi predenti . Perocché oltre alle alte- 
razioni portate al fatto <teu delatori , mille 
ultre ne aggiugue allora la nostra immagina- 
zione riscaldata • Cento sinistre intenzioni 
da noi snppongonsi neir offensore , che egli 
forse non a mai avute ; cento circostanze 
aggravanti sul luogo , sul tempo , sulla ma* 
xiiera , sulT impressione fatta nelle persone 
presenti , circostanze , che non hanno forse 
mai esistito , tutto quello si aggiungerete 
può aumentare P ingiuria , tutto si toglie quel- . 
lo che può scemarla . Quante ire pertanto 
non si risparmierebbono , qualora il fatto ve- 
nisse meglio verificato ? E quanto più se men 
facile ì 1 orecchio da noi si prestasse ai dela- 
tori ? 

E per verità qual conto deve mai farsi di 
gente , che sol gode nel seminare dissensio- . 
ni , ire , inimicizie , e nel tener vivo il fuo- 
co della discordia tra le persone sovente an- 
cor più congiunte? Àvrebbonsi questi a ban- 
dir come peste , ed a riguardare da noi co- 
me i nostri maggiori nemici ; che certamen- 
te l 1 oltraggio , finché è ignoto , non ò un 



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174 Passioni. 
male per noi ; e il male ci riene da chi sì 
prende il tristo pensiero di palesarcelo . Ciò 
non pertanto questi nemici da noi si tengono 
alcune volte carissimi , e sommo grado loro 
sappiamo d* averci tolta la nostra tranquil- 
lità , e si stipendiano ancora talvolta a bella 
posta perchè procurino d v inquietarci , e tan- 
to più largamente si ricompensano , quanto 
maggior cagione ci offrono d* amarezza e 
d'irritamento. Un tristo piacere noi ci fac- 
ciamo di adirarci , contro calerò singolare- 
niente che più abborriamo , e tutti i motivi 
zie andiamo studiosamente cercando per vieppiù 
giustificare a noi medesimi Tira nostra • 

Ma oltre alla pena che nepaghinm di con- 
tinuo per la continua inquietudine ed acer- 
bità , che l'ira stessa cagiona 9 avvien so- 
vente che altra pure ne paghiamo , e ancor 
peggiore , pei folli trasporti , a cui la nostra 
credulità ci conduce . Teseo , per la calun- 
niosa delazione di Fedra , non perdette egli il 
figliaolo Ippolito , cui tanto amava , e che 
tanto pur meritava di essere amato ? Quanto 
più saggiamente non operò Cesare , il quale 
trovato fra le spoglie di Pompeo an gran fa- 
scio di lettere de' suoi nemici , senza volerò 
neppur guardarle , immantinente le gettò al 
fuoco ! Alessandro nemmeno alla propria ma- 
dre volle dar fede , allorché per lettera l'av- 
verti di guardarsi dalla bevanda esibitagli dai 
medico Filippo , perocché era avvelenata : 
mostrata la lettera al medico , e vedendo que- 
sto negare il fatto senza scomporsi, tran- 
quillamente la pozione si bevve , più cre- 
dendo , dice Seneca , all'onestà dell' amico , 
che alla delazione della madre: sebbene in 
ciò, maggior prova egli diede per avventura 

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Ira • ^ 175 
d'intrepidezza, che non di prudenza.; pe- 
rocché senza far ingiuria ali 1 amico , trattan- 
dosi che n 1 andava la vita , egli avrebbe po- 
tato innanzi con un esperimento assicurarsi . 

Ma quando pure la cosa sia certa , è ria 
vedere in fecondo Jnogo, se sia tale che 
ineriti il nostro sdegno . Una parola, un mai 
garbo , una mancanza d 1 attenzione , un ur- 
to ci fa talvolta salire all' estreme furie ; 
talvolta ancora , dice il filosofo pur or ci- 
tato , un bicchiere che di man cada ad un 
fanciullo o ad un servo , un piatto non ben 
pulito, la tavola non ben disposta, il letto 
non ben rifatto , una macchia sopra una 
tovaglia o sopra un abito , ed altre simili 
frivolezze bastano per mettere tutta la casa 
a rumore . Or non è egli una debolezza 
l v adirarci per così piccole cose? 
, Ma quand'anche una vera ingiuria. e gran- 
de ci venga fatta da alcuno , è da vedere 
in terzo luogo , se essa sia fatta avvertita- 
mente . Se per improvvisa convulsione uno 
mi percuote , o se nel bujo mi urta senza 
vedermi , o se in una calca rispinto dall' 
onda del popolo mi schiaccia il piede , io 
non posso certo con lui adirarmi . Ora 
quante volte per simil modo anche agli uo- 
mini più avveduti non interviene di com- 
mettere delle sviste o delle inavvertenze , 
che non vorrebbero aver commesso ? E quan- 
to più spesso ciò non accade ai fanciulli,, 
ai giovani , alle genti rozze , alle persone 
insomma o inesperte, o non avvezze al ri- 
flettere ? E gli affronti , o i dispiaceri , che 
fatti ne vendono per questo modo , perchè 
abbiamo noi a riguardare per veri oltraggi, 



% 

m 

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176 



Passioni . 



e cosi adirarcene , come se fossero fatti a 
bello studio ed espressamente ? 

Ma anche il male , che ne vien fatto es- 
pressamente , non sempre ci porge motivo 
giusto e ragionevole d'irritarci. Impercioc- 
ché egli è pur da vedere in quarto luogo , 
da qual cagione ei proceda . Male è per 
me , che altri si procacci lo stesso impiego, 
o lo stesso acquisto al quale io aspiro ; ma 
come poss 1 io di ciò giustamente dolermi ? In 
una causa 0 una in lite è male per me, se l'av- 
versario mio procura di far maggiormente 
valere le sue ragioni ; ma come poss* io di lui 



quand'egli il faceia per modi onesti? Non 
è egli permesso a ciascuno 1' usare del sua 
diritto ? Pur quante volte la concorrenza al- 
le stesse cose non fa nascere le più feroci 
discordie , e dalle liti puramente civili non 
insorgono le più arrabbiate inimicizie ?II solo 
disparere 0 nelle deliberazioni , o nelle qui- 
stioni letterarie, o nelle controversie famigliari 
da pur origine spesse fiate a gravissime dis*- 
sensioni d' animo : effetto dell' amor proprio 
di ciascheduno , *il quale vorrebbe veder da 
tutti abbracciato il parer suo , da tutti ap- 
plaudito quello eh' egli approva . Qualora 
dunque taluno a noi si oppone 0 per soste- 
nere i proprj diritti , 0 per seguire l'opinio- 
ne che sembragli più fondata , siccome a 
torto egli si dorrebbe di noi, così nessuna 
ragiona abbiam noi pure di seco irritarci . 

Il solo caso , in cui sembra che aver pos- 
siamo giusta ragion di dolerci , egli è quan- 
do altri operi ingiustamente contro di noi, 
e C09 animo deliberato di farci oltraggio > 
Ma anche in questo non tempre abbiamo 



lamentarmi , 0 di chi sostiene 




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. Ira. 177 
cgual ragione di querelarci . Imperciocché i 
da vedere in quinto luogo , se spontanea- 
mente , e senza averne da noi avuto cagione 
egli si muove a farci ingiuria , o se da noi 
provocato • Allorché nascono dissensioni fra 
due persone , chi ascolta l r nna e T altra par- 
te , è ben rado che possa discernere qual ab- 
bia dato il primo incitamento: amendue si 
accusano a vicenda , e spesso avviene , che 
qual per uno, e qual per altro verso , amen- 
due rie hanno comune la colpa. Ora $' io sa- 
prò di aver provocato il mio avversario , o 
di avergli per qualsivoglia maniera dato mo- . 
tivo di fare ciò ch v egli ha fatto , come poss* 
io aver diritto di corrucciarmenc ? 

Pur quanto spesso non awiea egli, che 
P ira maggiore in noi appunto si desti contro 
coloro, che noi medesimi siamo stati i pri- 
mi ad offendere ? Duolci , che abbian essi usa- 
to di ribeccarci , quasi che il diritto dì of- 
fendere appartenesse a noi soli: punto e fe- 
rito aspramente ne rimane il nostro amor prò* 
prio , quindi raddoppiansi da noi le ingiurie 
per restar pure superiori ; ed una catena lun- 
ghissima si forma poi d'ire, d' offese, d'odj , 
d'inimicizie vicendevoli, che si protraggono 
air infinito . 

Spesso ancora la nostra ingiustizia va as- 
sai più oltre : e come avviene , che a certe 
persone , benché immeritevoli , seguitiam tut- 
tavia a portar amore , ed a profondere il fa- 
vor nostro unicamente per aver cominciato a 
protèggerle , ed aver loro fatto del bene , co- 
si a certe altre per lo contrario noi serbiamo 
un'avversione, un'ira, un odio implacabile non 
*per altro motivo, che p?r aver loro fatto del 

h 3 



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>7$ Passioni* 
male', quasi che la costanza dell'odio giusti- 
ficasse il mal fatto (i) . 

Dal fin qui detto apparisce quanto sia raro, 
che noi abbiamo giusto motivo e ragionevole 
d'irritarci . E 4I1 ri ci acesi al solo caso , in cui 
L'offesa ci venga non da cose insensate o ir- 
ragionevoli , non dall' accidente o dalla for- 
tuna , non dalla nostra inabilità o impruden- 
za , ma da persona conosciuta e determinata* 
c che l'offesa sia certa , e sia grave , e fatta 
avvertitamente, e con animo d'offenderci, e 
senza averne avuto da noi motivo . Ma quan- 
to è raro che tutte queste condizioni si trovi- 
no esattamente congiunte ! 

E in questo caso puranehe dev'egli il sag- 
gio adirarsi ? Gli Stoici , che imperturbabile 
.ad ogni incontro il lor sapiente volevano , ed 
inaccessibile a qualunque passione 9 escluso 
certamente lo avrebbono dal loro numero , se 
in questo caso medesimo egli si fosse irritato . 
Ma senza nemmeno ascriverci a quella rigi- 
da scuola , la retta filosofia abbastanza pur 
ne dimostra, che in. quel medesimo caso Tira 
vuol essere raffrenata . Perdonerà ella quel 
primo risentimento , quel primo moto , che 
spesso previene la riflessione , e che la ragion 

■■ " « ■ ■ ■ 

t v r * ' 

(1) Perseverarmi* , dice SENECA (Ib. Lib. 
o. Gap. 29. ) , ne videamur caepisse slne 
causa : et quod inìquissimum est, pertina- 
cidres nos faclt iniquitas irosi , retinemus enim 
illam j et augemus : quasi argumentum sit 
juste irascendi graviter irasci . E altrove ( Id. 
X.ib. I, Gap. 23. ) . Hoc habent pessimum aru- 

vnX magna fortuna, insolentes: quos lae$erunt y 
et oimtnt , 



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fra * tjq 
bc non sempre è a teaipo di sopprimere o 
d* impedire . Ma tosto che Ja riflessione sot- 
tentra , tosto che T animo si accorge del suo 
turbamento , qualunque ne sia stato il rio- • 
tjvo , ella vuole che pronto adoperi ogni sfor- 
zo per tranquillarsi . 

Ed in vero a qual prò seguitare nella sua 
collera , vale a dire nella sua inquietudine , 
Bella sua amarezza, nel suo tormento? Egli 
è dolce, dirà taluno , il dare all'ira uno sfo- 
go, il render ad altri ciò che ne han fatto di 
mal* . Ma oltreché la vendetta , come a suo 
luogo vedremo, è cosa per sè ingiusta ed 
irragionevole , qual piacere , se non barbaro 
e vile, può essa mai offerire? Quanto diver- 
so da un torbido vendicativo, che cuoce Tira 
nel petto , ed incessantemente si strugge per 
ritrovar modo di nuocere e di sfogarsi , non 
è egli l'uomo saggio ? che sappia subito ri- 
comporsi e richiamar la sua pace? 

E qu't opportunamente fin quel medesimo 
orgoglio, che in altri è la principale sorgen-. 
te dell 1 ira , sa egli trarre in suo soccorso per 
raffrenarla: quel nobile orgoglio però , o di* 
rò meglio quella elevazione e grandezza d'a- 
nimo , che di tanto lo rende ad ogni altro su- 
periore . E eertamente oltreché V ira è cosa 
sconcia e sconvenevole, elja è puranche aper- 
to indizio di debolezza . tìli animali più vili 
sono quelli che appena tocchi risentonsi , e 
fra gli uomini ancora i fanciulli, gl'infermi, 
i vigliacchi , i plebei , ed in genere quelli che 
sono di minor forza q di minor predio, so- 
no i più- fapili ad irritarsi . Poco trovando- 
in sè stessi-, come io ho accennato già altro- 
ve (Novelle morati Tom. IL IVov. il.), che 
possa renderli rispettabili, temono ognora di 



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< 



i8o t Passioni. 

essere disprezzati , ed ogni leggiero indizio , 
che altri non faccia di loro quel conto eh 1 
essi rorrebbono , è una ferita intollerabile al 
loro amor proprio , che incontanente li por** 
ta ali e estreme furie . Laddove gli nomini 
grandi , consci i delle lor forze e della loro 
superiorità, e sicuri che l'onor loro non 
viene punto a scemarsi per cose di simil 
fatta , più agevolmente sanno dissimulare 
le ingiurie, o soffrirle con tranquillità e con 
disprezzo . 

Socrate su d' una pubblica ria da un inso- 
lente è percosso d'una guanciata: egli inve- 
ce di risentirsi, volge la cosa in beffa, e: 
peccato ! dice , che non si possa mai saper 
prima quando abbiasi ad uscire colla celata . 
Catone , nelP atto che arringava , da Lentulo 
uomo fazionario e turbolento è colpito di uno 
sputo in mezzo alla fronte ; egli senza scom- 
porsi : a tutti quelli , o Lentulo , che ti dico- 
no sfacciato , io sosterrò certamente che ta 
bai la bocca. Temistocle, in una solcane 
adunanza , in cui trattavasi della salute del- 
la Grecia, da Euribiade capo degli Spartani, 
ch'eragli di parere contrario, nel ealor della 
disputa è villanamente battuto; egli placido 
e fermo : percuoti , dice, ma ascolta. Questi 
esempj saranno al certo in ogni età assai più 
memorabili , che di coloro , che ad ogni mini* 
ino oltraggio si abbandonano tosto ai traspor- 
ti di un estremo furore. \ 

Mille ragioni sa pur il saggio opportnnV- 
mente trovare , con cui scemare agli occhi 
proprj la ricevuta offesa , e così disporsi più 
agevolmente a sofferirla . Per altri gii va- 
le di scusa T età , o V ignoranza , o la man- 
canza di riflessione; per altri la rozzezza , 



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ha i8t 
o la mala educazione , o la naturale ra- 
pidità del carattere e del temperamento per 
altri la vivacità , o il trasporto , o la pas- 
sione , o V errore . Socrate mentovato po- 
canzi , istigato contro d' uno , che mal par- 
lava di lui: e'non ha, disse , imparato a par- 
lar bene . Altra volta sollecitato a richiamar- 
si in giudizio d' un insolente, che in pub- 
blica strada 1' avea percosso di un calcio: 
e che, disse egli, s'io avessi tocco un cal- 
cio da mn asino ? Altra volta pure ammiran- 
do i suoi amici , eh' egli punto non si risen- 
tisse d' un incivile, che salutato, negato ave* 
di rispondere al saluto : s* egli fosse di noi 
più mal affetto di corpo , avremmo noi , disse , 
a risentircene? E perchè dunque, s'egli è 
più mal affetto d' animo? 

Le stesse ingiurie sa ancora il saggio vòl- 
gere sovente a suo morale profitto « Noi ab- 
biamo d' uopo , diceva Diogene, o d'amici 
fedeli f o di franchi nemici ; perocché quelli 
ci avvisano , e questi ci riprendono e giova- 
no entrambi a entrare i vizj che in noi sono « 
Anzi aggiungeva Catone , che ben più soven- 
te noi siamo in ciò tenuti ai nemici , che non 
agli amici ; perocché quelli dicono il vero, 
e questi lo tacciono ( Cicerone de amicitia ) . 
Per la qual cosa , o essi ne appongono il 
falso , diceva Socrate , e riguardiamolo come 
detto a tutt' altri ; o ne accusano di cib che 
veramente è in noi da riprendere , e profittia- 
mone correggendoci (1) . 



(j) Di questo avvertimento ben parve che 
usassé FILIPPO il Macedone, il quale dice- 
va,, che le ingiurie degli Ateniesi il rendeva- 

» 

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N 



*#2 Passioni ♦ 

♦ c 

Articolo IL 

Òdio ? antipatia 

e ali 1 ira non dove T uom saggio esser 
punto inchinevole molto meno all' odio , 
,cK jè Dna continuazione dell'ira . Lo stato 
di un nomo che odia , è certamente il più 
amaro e più tormentoso che sia : il doversi ve- 
dere innanzi ad ogn'incontro l'oggetto abborri- 
to , il dover conversare ad ogni tratto coi suoi 
fautori o amici o attinenti , il doverne soven- 
te udir le lodi , o veder le prosperità e gl'in- 
nalzamenti , sono al suo animo continue tra- 
fitture acerbissime e penosissime . 

Aggiungasi , che come l'odio provoca Y o- 
dio , così egli deve soffrire continuamente dal 
suo nemico o il dispiacere, o il timore di 
nuovi oltraggi : egli porta sempre , se ^non 
altro, in cuor suo la trista persuasione di 
aver uno, che gode e fa >si premura d' infa- 
marlo per ogni dove , di opporsi a tutte le 
sue mire , di tramare a tatti i suoi danni , 
di chiudere per quanto posa le vie a tutte 
le sue prosperità . IVè questa persuasione ta- 
tor -l'inganna ; e perciò a ragione diceva E- 
ra eli 0 , essere più presto da spegnere le ini- 
micizie , che non gl'inermi). 

Ma senza questo 9 il sol pensiero d' esser 
odiato quanto non de« riuscir amaro ad ua 
uomo , il cai amor proprio necessariamente 



vano sempre paigliore , perocché si studiava 
e coi detti , e dbi fatti di convincerli di 
znenzogra • 



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Odio , antipatia ; i83 
o porta a desiderare d* esser da tatti ap- 

{ «pezzato ed amato? Quanto perciò più felice 
' aomo saggio, che non conoscendo senti- 
mento d'odio verso d'alcuno, è libero dalla 
p^na che F odio seco porta , e dal timore 
<T esser per altri giustamente odiato! 

V* ha certi odj pero , da cui V nomo non 
sempre sa interamente guardarsi . Tra questi 
sono quelli che chiamansi comunemente an- 
tipGttìc j cioè quella avversioni che si sentono 
rispetto a certe persone, e spesse volte sen- 
za saper renderne ragione alcuna , come niu- 
na ragione sa rendersi p?r lo contrario di 
quelle propensioni che provansi verso certe 
altre , e ch<» si dicono simpatie . 

Della murai simpatia e antipatia molto è 
stato Scritto da molti , e singolarmente da 
Smith in un libro a ciò fatto espressamente f 
e da Hume nel Trattato deiV umana natura * 
Riguardano essi queste propensioni ed av- 
rersioni come un effetto meccanico della par- 
ticolar costituzione di ciascheduno , e come 
un sentimento innato ed impresso nelT ani- 
ma originalmente , alla maniera che vi sup- 
pongono impresso il sentimento morale. Noi* 
che nell'animo con Locke, Condillac , Bon- 
net ., e calla più parte dei moderni Metafisici: 
nulla sappiam concepire di sentimenti o di 
principj o d'idee innate, e molto meno co- 
me la fisica impressione prodotta dalla pre- 
seaza di una stessa persona , debba in una 
eccitar simpatia , ed antipatia in un altro ; 
una più facile e più fondata spiegazione ne 
troveremo pure col medesimo Condillac , nelF 
associazione delle idee, e nelle abitudini con^ 
tratte fin dalla prima infanzia . Il piacere o ili 
disgusto allora recatoci da alcune persone ha 



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i84 Passioni. 
fatto che una tal forma , una tale fisonomia , 
una tal voce , una tal maniera di parlare , di 
ridere di camminare si sieno associate in 
noi coi sentimenti del piacere o del dispiace- 
re , e quindi con quelli della propensione o 
dell' avversione ? con ciò che chiamasi sim- 
patia o antipatia • L' abborrimento insupera* 
bile , che alcuni hanno per i ragni , per i 
sorci, o per altri siffatti animali, ha pur 
origine o da mali sofferti, o da terrori loro 
ispirati da questi animali nella più tenera fan- 
ciullezza. Ma come del tempo in cui si sono 
formate queste assoeiazioni , noi non abbia- 
mo alcuna reminiscenza , ed elleno si sono 
in noi rinforzate successivamente coir abitù- 
dine , così ci sembrano derivate dalla stessa 
natura r 

Esistono perb in noi ancor delle simpatie 
ed antipatie di un' origine più recente , del- 
la quale serbiam memoria , e che serve a 
dimostrare vie meglio l 1 origine di quelle pri- 
me . E' noto , che Cartesio ebbe sempre una 
dichiarata simpatia per gli occhi torti (i) , 
perchè la prima persona da lui amata avea 
questo difetto ; ed io conosco air incontro 
chi fu costretto a lasciare la compagnia d'un 
uomè, che prima pure egli era cara, sol 
perchè al ridere somigliava moltissimo un al- 
" tro , cui per gravissimi torti gli avea preso 
in abborrimento, e di cui quel modo di ri- 
dere gli richiamava ad ogn 1 ora eoa dispiace- 
re T immagine . 



(1) Che dai Toscani diconsi guerci , e Zo- 
schi dai Lombardi. 



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Odio , antipatia . a i85 

Di tutte queste simpatie ed antipatie per- 
tanto dee T uom saggio con tanta maggior 
premura curare di liberarsi , quanto sono 
esse per sè medesime più irragionevoli . Il 
merito intrinseco delle persone , non 1' este- 
riore accidental forma del corpo deve diri- 
gere il nostro amore ed il nostro odio, le 
nostre propensioni e avversioni . 

Da certi altri odj deve egli pure liberarsi f 
che parimente si sogliono concepir " neir in- 
fanzia , siccome sono gli odj nazionali, e 
gli odj ereditarj di famiglia . E veramente oon 
qoale ragione degg' io odiare una persona f 
perchè sia nata sotto del tale o tal altro cie- 
lo , e sia uscita di questa o queir altra st r- 
pe? Qual colpa n'ha ella in ciò avuto ,5 o 
cjual merito avrebbe se fosse nata altrimenti ? 

Altri odj vi soco pure, che come apparen- 
temente sembrano più onesti, cosi più dif- 
ficili sono a deporsi, ma da cui l'uomo sag- 
gio deve guardarsi pur egualmente. Disposto 
sarà taluno a perdonar generosamente gli ol- 
traggi fatti a sè medesimo , ma non sapra 
perdonare quelli che vengono fatti ai suoi 
amici , o ai suoi attinenti. Siccome meno inte- 
ressato , cosi più onesto a lui rassembra quest* 
odio , o giungerà infino talvolta a crederlo 
ancor doveroso. 

Ma quanto al dovere , come niuno pub esi- 
gere ch'egli ami altri più di sè stesso; cosi 
non potrà esiger mai , che per torti fatti ad 
altrui egli debba odiare quelle persone , che 
Bon odieiebbe per sè medesimo - E quanto 
air onestà f una passione per sè viziosa co- 
me pub essa diventar mai onesta , perchè sia 
mossa piuttosto dall 1 altrui , che dal proprio 
interesse? Cerchi adunque ciascuno di difen- 



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i86 ^ Passioni . 
dere slt amici Suoi , cerchi x di ripararli dai 
torti che hanno sofferto; in ciò egli adempie^ 
rà il dovere di probo , e saggio , e verace 
amico ; ma senza vendetta e senza odio » .cha 
siccorae non debbe avere per proprio , cosi 
Benmjcno per altrui riguardo . 

Articolo III. 

» 

Inde «nazione . , 

està finalmente quell'ira e quel" odio , 
che nasce dal veder prosperare un uom mal- 
vagio f o premiato un uom immeritevole f che 
altrove (pag. 87.) abbiamo detto chiamarsi 
indegnai ione . Come questa passione trao 
l'orìgine da un buon princìpio , ch'è l'abbor- 
pimento del vizio , cosi a primo aspetto di-* 
rébbesi e giusta e lodevole e virtuosa . M<| 
ken lodevole e virtuoso è Podio e V abborri* 
tnento del vizio , non già quello delle per-* 
sone in cui trovasi , o vien supposto. I vizio-* 
sì si sogliono ammonire e corregere da chi 
può; castigare e riprendere da chi deve: egli 
è libero ancora a chiunque il biasimarli ne) 
proprio animo , e fuggirli \ ma V odiarli noq 
mai. Tanto più «he vi ha spesso pericola , 
che viziosi o indegni di prosperità e di .pre-r 
mio si credano quelli che non sono t o pii| 
che non sono veramente , e che Tira e l'odio 
procedan piuttosto dall'invidia, di cui pren- 
deremo ora a parlare, che dalla indegna-? 
«ione» 



t ■ 



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187 

CAPO IX. 

Invidi a , emulazione , e cognizione 

di noi stessi . 

- 

Articolo I. 
Invidia . 

Xj invidia è una delle passioni più vitupe- 
rose e più turpi , e di cui qua! medesimo , 
che la risente , più suole arrossire. Vi ha tal- 
volta , dice La-Rochefoucault, delle anime 
si corrotte , che osano far pompa delle pas- 
sioni ancor più colpevoli ; ma l'invidia niuno 
ha coraggio di confessarla (1) . E benché di 
ciò la ragione sia principalmente , perchè la 
confession dell'invidia è al tempo stesso una 
confessione della propria inferiorità : no» v'ha 
dubbio ciò non ostante , che la sua medesi-p 
ma deformità, e il vederla universalmente si 
detestata , assai non concorra a fare che o- 
gnuno se ne vergogni , e cerchi il più che 
può di nasconderla. 

Pur nondimeno questa passione sì v'ergo* 
gnosa e sì vile è forse negli uomini uno dei 
vizj più generali e più comuni . Lungi dal 
rallegrarsi al mirare le altrui fortune , la più 
parte ne sentono ira e rammarico; ed avvie- 
ne sovente , che alcuni prendano avversione a 
quegli stessi , che più amavano , allorché di 



(1) Riflessione, che prima di lui venne fat- 
ta pure da PLUTARCO ( Opasc. della dif- 
ferenza tra P odio > e Vinvidia ) * 



* 

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)88 Passioni. 
troppo li reggiano prosperare . Fa detto già 
da taluno , che nelle avversità dei nostri ami- 
ci medesimi vi ha ognor qualche cosa , che 
con ci spiace del tatto ; e se ciò è fere , nò 

10 è forse che troppo , ben più a ragione si 
deve dire , che v' ha ognor qualche cosa nel- 
le loro prosperità , che ci spiace . 

Nè è già propriamente la loro felicità quel- 
la che ne dia pena, ma sì la loro elevazio- 
ne. Se avvenisse , che senza acquistar ricchez- 
ze maggiori , o maggiori dignità , o maggior 
potere , o maggior fama e considerazione , di- 
Tenissero più felici a cagione o di una sani- 
tà più robusta, o di una maggiore tranquil- 
lità o di un animo più moderato e più com- 
posto , ogn'invidra cesserebbe . V orgoglio è 
la sorgente primaria di questa passione : 

11 veder altri innalzati sopra di noi , è 
quello che ne tormenta; e ciò tanto più 
ève questi o sieno nostri nemici, o nostri 
competitori , dove air orgoglio pur V ira e l'o- 
dio si congiunga (1) ♦ 



(1) Pochi certamente hanno la virtù di 
PEDARETO, il quale escluso in Isparta dall' 
ordine dei trecento , in luogo di dolersene si 
rallegrò , che Sparta avesse trecento uomini 
di lui migliori ( P. MAN- dpopht. Lib. i $ ) ; 
o quella di ESCHINE, che bandito dn Atene 
por T eloquenza di Demostene , confessò la 
superiorità del suo avversario nell'atto stes- 
so , che il danno ne soffriva ; poiché reci- 
tando egli io Rodi la sua difesa , e vedendo 
tutti maravigliati eh' egli fosse stato pur con-* 
dannato : Cesserebbe, disse , la meraviglia , se 
aveste udito ciò che contrappose Demostene * 



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Invidia . i#c) 
Anzi Todio stesso , come osserva il P. Stel- 
lici t Ethica Tom. H. pag. 123. ) , allorehè 
sia impotente al nuocere , comunemente cam- 
biasi in invidia ed in livore, di quel bene 
dolendosi , che non può togliere , o quei ma- 
le desiderando che non può fare ; e ciò pari- 
mente per la ragione , che V orgoglio trovasi 
irritato al sentire innanzi al suo nemico la 
propria inferiorità, e V impotenza sua al ven- 
dicarsi . 

Le azioni tarpi ed indegne , a cui da una 
bassa e maligna invidia si lasciano gli uomi- 
ni trasportare ; i mezzi , ehe adoprano per 
attraversare ai loro nemici ogni strada d 1 in- 
nalzamento ; le macchine e gli artìfizj , che 
usano per precipitarli , quando sopra di sè li 
veggono sollevati ; P impegno , che hanno di 
denigrarli ed infamarli presso d'ognuno, di 
scoprire ed esagerare i veri loro difetti , e di 
loro apporne anche di falsi , di declamare 
contro air ingiustizia t o alle torte mire dei 
loro fautori e sostenitori; sono cose già trop- 
po note • Ben cercano essi di ricoprire la lo- 
ro malignità sotto al manto del Fin degnazio- 
ne , dell'abborrimento all'ingiustizia , dell* a- 
inore alla virtù , alla giustizia f al vero me- 
rito | ma attraverso di questi veli, quando la 
passione cova nell 1 animo , abbastanza pur - 
trasparisce . 

Quanta però dannosa e pestifera agli altri 
è questa vu passione , altrettanto è pur no- 
cevole e funesta alP invidioso medesimo . La- 
scio i mali gravissimi , eh 1 egli sovente si ti- 
ra addosso coi suoi medesimi artìfizj , speci ai- 
mente ove le sue macchine e le sue impo- 
sture vengano discoperte: la sola rabbia, che 
internamente lo rode , è per lui una pena 
continua ed acerbissima . V invidia , figliuol 



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igo Passioni . 

mio , sé stessa macera , disse già il Sanna- 
zaro ; e Àntisteae ingegnosamente l'assomi- 
gliò alla ruggine , cha a poeo a poco il fer- 
ro si mangia e consuma . Perciò Publio in 
Roma vedendo Muzio uomo invidioso passar 
tutto mesto : o qualche cosa , disse , è a lui 
avvenuto di tristo , o qualche oosa di prospe- 
ro ad altrui ; ed Agirie Spartano , udendo eh* 
egli era da altri invidiato : tanto peggio ? dis- 
se , per loro , che avranno a soffrire il dop- 
pio tormento e dei loro mali e dei miei beni. 

Ma per vedere che cosa sia V invidia , e 
quanto abbia a temersi, valga per tutto la 
poetica insieme e filosofica descrizione , che 
nelle sue Metamorfosi ne ha fatta Ovidio : 

Pallido ha il viso f il corpo arido e scarnò, 
V occhio ognor^ torno , rugginosi i denti 9 
Verde di fiele il sen , di tosco il labbro : 
Blso non ha t se duolo altrui noi muove , 
Desta da vive cure unqua non dorme; 
Si rode e strugge a' lieti eventi altrui , 
Sè morde altrui mordendo , e a $è medesma 
E' pena eterna <i). ' 

(i) Fallar in ore scdtt , macies in carpa 
re toio , 

Nusquam recta acies , livent uligine 

dentes 9 

Fcctora felle virent , lingua est suffusa 

veneno : 

Rìsus ab est , nisi quem visi movere dolores, 
JSec fruitur somno vigilantibus excita 
curìs 9 

Sed videt ingfatos , intabescitque videndo 
Succcssus hominum , carpitque et carpi* 

1 tur una, 
Suppuciumquc $uum est* 

. m 

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. Articolo IL 
\ ' Emulazione. 

M'- 
olio per?) dall' invidia è da distinguere 
la emulazione, perocché dove quella è un 
sentimento penoso delP altrui elevazione pro- 
dotto in noi dall'orgoglio di* crederci ad e&<a» 
si nel merito superiori, questa ali 1 incontro 
non che una viva premura di accrescere il 
nostro merito per renderei eguali a col oro ^, 
a cui oi riconosciamo inferiori '\ e percip do * 
ve la prima odia ed abbonisce quelli cui ve-* 
de sopra di se, la seconda all' opposto gli 
ama ed ammira; e dove Trina tenta depri- 
merli, l'altra si stadia d' imitarli 

Quanto perciò è da biasimare l'invidia, 
altrettanto è da commendare F emulazione ^ 
massimamente eh 1 essa è pur d' ordinario il 
più vivo e pia forte stimolo alle* azioni più 
grandi. La vittoria riportata da Milziade 
Maratona fu a Temistocle , giovane dappri- 
ma discolo e scostumato ( a segno di venire 
. diseredato dal padre J , quel nobile eccita- 
mento , che il fece poi essere vincitore di 
Serse a Salamièa , e liberator della Grecia . 
In mezzo ai graùdi esempj gli animi si scuo- 
tono , e si elettrizzano per certo modo scam- 
bievolmente; e quindi escono poi quo' tratti 
sublimi di valore , di generosità , di virtù , 
di sapere , che formano la gloria d* una nazio- 
ne e et' un secolo . 

Fu già osservato con meraviglia, che in 
quasi tutte le «azioni i più grand' uomini 
( si .golarmcnte celle seienze e nelle arti ) 
sono spuntati pressocehè tatti in un tempo ^ 



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1Q2 Passioni- l 

Di tal natura fa il secolo di Pericle in Ite* 
ne , d'Augusto in Roma , di Leon X. in Roma 
stessa e per tutta V Italia , di Ferdinando e 
Isabella in Ispagna , di Luigi XIV. in Fran- 
cia , verso al medesimo tempo in Inghilter- 
ra , nelle Fiandre , nell 1 Olanda , nella Ger- 
mania , e più recentemente nella Svezia , 
nella Danimarca $ e nella Moscovia . Di ciò 
comunemente V onore si attribuisce alla in- 
fluenza de' Mecenati , ni v'Ita dubbio , ch'es- 
sa pure non ?? abbia grandissima parte ; ma 
il più certamente si debbe alla forza delP 
emulazione . Due o tre grandi eseropj , «he 
s'innalzino sopra air ordì n comune, e cha 
attraggano a sè vivamente gli sguardi dei lo- 
ro concittadini e contemporanei , bastano per 
eccitarne mill' altri . 

Chiunque brama , disse già Fontanelle, di 
ben avanzarsi in qualunque cosa , dee pro- 
porsi un altro punto di perfezione, e cer- 
care quanto più può d 1 a eco star visi ; e per 
questo il miglior mezzo si è appunto quel- 
lo di mettersi davanti agli occhi un model- 
lo insigne , e sforzarsi con ogni cara di pa- 
reggiarlo o di vincerlo (i) . 



(i) Che avrebbe fatto in luogo mio Plato* 
ne , o che detto avrebbe Epaminonda , e co- 
me sarebbesi contenuto Licurgo , o Agesilao ? 
dicea PLUTARCO ai suoi tempi dover cia- 
scuno ripetere a sà medesimo , allorché 
alcuna cosa intraprende , onde mirare nei lo- 
ro esempj come in ano specchio , in qual 
modo egli abbia a conformare le sue azioni 
( Del conoscere i proprj progressi nella virtù ) . 



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Emulazióne. igj 
Mà a ciò è necessario innanzi il saper ben 
conoscere noi medesimi per misurare ciò che 
noi siamo ; vedere quel che ci manca , e sco- 
prire gì" impedimenti , che possono in quello 
che ci proponiamo ritardare per alcun modo 
i nostri progressi ... 

Articolo III. 

Cognizione di noi medesimi . 

onosci te stesso (1) era uno dei grandi 
precetti , che sulle porte del Tempio di Del- 
fo incisi redeansi a grandi caratteri : tanto 
dai Greci questa cognizione si ripaura im- 
portante ! : 

A primo aspetto però sembrerebbe » che 
on tal precetto esser dovesse il più facile ad 
eseguirsi ; imperocché q ual cosa debb' essere 
a noi più nota di noi medesimi? Contutto- 
ciò l' esperienza abbastanza ne manifesta , 
eh" egli è realmente uno dei. più difficili , e 
che noi forse ninna cosa si poeo conoseiamo 
quanto noi stessi (2) . 

* 

(0 In greco Gnothi eauton : l'altro precetto 
era Meden agan . Nulla di troppo , Il primo 
da LAERZIO è attribuito a CALETE , dell* 
altro chi fa autore TÀLETE medesimo , e 
chi BIÀNTE , o SOLONE, 0 PITAGORA 
(STELLTNI Ethicm Tom. IL pag. n^i. ij). 

(a) T A LETE interrogato qual fosse la più 
facii cosa ? disse : V ammonire altrui ; e 
quale la più difficile ? rispose ; il conoscer sé 
stesso . ' 



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"*j gj, Tassiani . 

Due principalmente di, questo* «od 1* ca- 
gioni : T una , che troppo noi teniarm o V atten- 
zione occupata nelle cose esteriori , e troppo 
di rado la volgiamo sa m>i medesimi <i); l'al- 
tra , che quando pur ciò avriene ^ i\ nostro 
amor proprio non lascia in noi ravvisare se 
non quello che può lusingare * il nostro or- 
goglio , e tatto quello tìi asconde , che ragione- 
volmente potrebbe umiliarci . E per verità 
quanta pochi son quelli ? ^che xlei proprj di- 
fetti mostrino avere una giusta cognizione? 
Quanti non vegliamo anzi sovente quei di- 
fetti medesimi più acremente rimproverare in 
altrui , di cui pià abbondano in se stessi ? Il 
volgare apologo della pentola , che disse al 
pajuolo : fatti in là •, che tu non rni tinga , 
si scorge negli tannini verificato 4id ogni 
tratto . Quindi veggiamo gli spilorci -scate- 
narsi contro gli avari, i superbi -co atro gli 
ambiziosi 5 i vendicativi, contro i collerici; 
ed è cosa ridicola V udire talvolta nn dissipa- 
tore dettar precetti d' economia; o un vano 
di modestia ; o un ghiotto di temperanza „ 

A ben conoscere noi stessi due cose adun- 
que son necessarie : prima , una maggiore 
imparziali nel giuncare di noi ; seconda , 
un più frequente ritorno, ed una più accu- 
rata riflessione su noi medesimi , affin di 
meglio conoscere ciò che noi siamo vero- 
mente . 

- " ' 

(i) Noi abbiamo semnre lo sguardo fuori 
di noi, dicea PLUTARCO J Opale dell* 
tranquillità dtlV animo) . 



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Cognizione di noi medesimi-. ig5 
„ Sastio ^ dice Seneca ( De ira Lib. III. 
c. 32. ) 9 a) fine del giorno , quando erasi 
riunito alla notturna quiete , soleva interro-* 
gare sè stesso : qual male hai tu sanato 
quesf oggi ? a qual vizio ti sei opposto ? iti 
qual parte ti sei avvantaggiato! E qual mi- 
gliora consuetudine, stegue egli, jche questa 
di fare che V animo renda a sè stesso ragió- 
ne di ciascun giorno? Quanto dolce, e li- 
bero , e tranquillo non viene il sonno , poiché 
egli ha futa questa ricognizione di sè sles- 
so , or lodandosi , or ammonendosi , e dive- 
nendo cosi 'esploratore e censore segreto dei 
suoi costumi ? Questo sindacato sopra di me 
medesimo , continua Seneca, esercito io pu- 
re cotidian amente . Allorché tolto è il lu- 
me , e che ogni cosa è tranquilla , io vo 
meco stesso ricorrendo tutta la giornata , e 
ritessendo tatti i miei detti e i miei fatti , 
nulla tralascio , e nulla mi ascondo ; iraper - % 
ciocché a tjual titolo degg 1 io temere di al — 
cuno dei miei errori, potendo dire a me stesso : 
guardati di non fare più cotesto , or ti per- 
dono . In quella- disputa, io vo dicendo a 
mt medesimo , hai tu preso soverchio fuoco, 
non voler quindinnanzi affrontarti cogT igno- 
ranti : essi non vogliono imparare , perchè 
non hanno mai impetrato. Hai ripreso quel 
tale con più libertà che non conveniva, quin- 
di lo hai offeso -, non emendato : di qua in 
avanti osserva non pur se sia vero quel che 
tu dici i ma se paziente *ia del vero quello 
a cui jnrli : V uomo dabbene ama di essere 
ammonito , il tristo odia i correttori . In quel 
convito i motti di alcu ni ti han ferito : fug- 
gi i banchetti licenziosi^; il vino toglie ogni 
freno * Hai veduto sdegnato l'amico tuo, per* 

i 2 - 



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19S Passioni . - 

che il portiere di quel causidico , o di quel 
ricca lo ha rimandato , e hai preso parte al 
suo sdegno : e a che sdegnarti con no can di 
guardia ? Passa oltre , e ridi . Posto alla men - 
sa in luogo meno onorato , hai preso ira col 
padrone , coi corncnensaii e eoa quello cho 
ti fa preferito : pazzo ! Che importa qual 
parte ta occupi della tavola ? Può egli il luo- 
go farti più nobile , o più vile ? Hai guardalo 
con occhio bieco uno che male ha parlato 
del tuo ingegno" e quanto non avrebbe En- 
nit> ad odiarti , perchè il s'io poema * te non 
piace, e quante liti muoverti non dovrebbe Or- 
tensio , e quante inimicizie giurarti Cicerone 
perchè deridi i suoi versi' 6 ? Per questa gui- 
sa imitando V esempio di Sestio , andava Se- 
Deca esaminando ogni giorno , e correggendo 
se stesso ; ed un sirari costume attribuisce 
•Giamblieo ai Pitagorici, i quali , dica egli f 
mai non sorgevano dal letto , senza a?er pri- 
ma esaminato ciò che avean fatto il dì in- 
nanzi ( Vita di Pitagora ) : costume . che 
certamente da ogni uomo saggio par dorrebbe 
essere imitato . 

Ma a T>en conoscer noi stessi non basta 
questa sola disamina fatta sul fine «el gior- 
no f od innanzi allevarci; imperocché qual 
è mai che di tntto quel eh 1 egii ha fatto , 
o ha detto si possa appieno risovvenire ? E 
potendolo ancora, di quanto tempo a xiò non 
sarebbe mestieri? Un unglior abito, e che 
di molto eziandio accorcerebbe lo Stesso esa- 
me anzidetto, egT è quello di spesso volgere 
nel corso stesso della giornata V attenzione 
sopra di noi , e non già solamente per far 
giudizio di noi stessi nelle cose più grandi f 
ma- per esaminarsi incora nelle più piccole , 



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Cognizione di noi medesimi* 197 
giacché quel solo , dice Plutarco , è da ri~ 
potarsi vero amante della virtù , a cai pic- 
colo non rassembra nessun errore. 

Questo rivalgi mento dell 1 attenzione sopra 
di noi deve anzi esser diretto non solo a render- 
ci conto di quelle che aodiam dicendo 0 Ta- 
cendo noi stessi , ma sì ancora ad ispiare 
quale sarebbe l'animo nostro, se ti trovas- 
simo in quei casi , in cui altri reggiamo . Il 
tale al tal molto si è fortemente irritato, il 
tal altro non ha mostrato pur di sentirlo : 
che avremmo noi fatto in luogo loro? In una 
comune disgrazia uno è stato desolatissimo , 
un altro affatto indolente : quale impressione „ 
avrebbe essa fatto sopra di noi? Questa con- 
sulta avrà il doppio vantaggio»', e di scoprir- 
ci i sentimenti interni' del nostro animo , e 
di prepararci ove simili casi per avventura ci 
capitassero . 

Jl disvelare p*ro i più segreti movimenti 
dell'animo, ossia quelle inclinazioni od av- 
versioni , e qnegli effetti o sentimenti , ohe 
impadronitisi di noi medesimi fin dalla le- 
„ nera infanzia , e rendatisi per lungo tem- ' 
po abituali , ben poi rimangono dalla ragion 
ne sopiti • ma è raro che spenti sieno radi- 
calmente , e del tutto f nemmen V interna 
eonsultazione ora accennata può sempre es- 
ser bastante. Allorché l'animo è avvertito, 
si mette in guardia , e spesso alle nostre do- 
mande risponderà , non quello che avrebbe 
fatto , ma quello che la ragione gli sugge- 
risce , che avrebbe dovuto farsi . Per la sco- 

{>erta anzidetta il più sieuro mezzo si è quel-* 
o di sorprendere l' animo alP impensata t cioè 
in quei momenti , in cai eglT opera guidato 
dalla semplice abitudine, senza che la ri- 

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Passioni. 

flessione deliberata vi abbia parte . Or ciò» 
avviene in tre casi principalmente , cioè nei 
sogni , nelle distrazioni , e nel giuoco . 

Che dai suoi sogni medesimi possa uno ar- 
gomentare i suoi progressi nella virtù , qua- 
lora nè di alcuna cosa, sconvenevole gli paja 
allora prender diletto,, uè alcuna farne ed 
approvarne che ingiusta sia ed inonesta : ma 
come in una tranquillissima serenità , scevra 
d' ogni agitazione , la forza immaginativa dell* 
anima , sebbene esposta agli affetti si fac- 
cia veder tuttavia illuminata e guidata dalla 
retta ragione , fa già sentenza ancor di Ze- 
none f e secondo ci riferisce Plutarco ( Opusc. 
Del conoscere i proprj progressi nella virtù ) ; 
ed on v ingegnosa dissertazione su quesf ar- 
gomento ha pubblicata pur non ha guari il 
colto e dottor ab. Cassiaa ( Congetture, sui. 
sogni > H 

Ma come son molti, ohe rare volte sov^ 
vegonsi dei lori* sogni, e tra' sogni medesimi 
sono rari quelli « ove abbia luogo un certo 
moto di affetti vivi ed energici , che lascino 
di si Cina traccia sensibile nella memoria; 
cosi ali 1 oggetto proposto io so» d* avvisò , 
che dì maggior utilità esser possa, il tener 
conto delle distrazioni , che sono com'è 
già dettò nella Metafisica ( pag* x63> e seg.) , 
altrettanti sogni nella vigilia , e. ehe nba so- 
lamente sono più frequenti , ma più spesso 
eziandio, s 1 aggirano, sopra ad oggetti she l'a- 
nima vivamente interessano, e dove ella 
spiega liberamente i suoi affetti , e clave nel 
momento in\ cui da quelli risvegliasi , più 
-facilmente ne può ritessere tatta. Ja traccia „ 

sottoporla, ad. esame 



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Cognizione di noi medesimi . 199 
Ora quante volte non avvien egli , che in 
questi sogni della veglia so^prendiam noi me- 
desimi o i» aspra lite coir un nemico , o in 
in contrasto cT orgoglio e di precedenza con 
an rivale , o in una disputa accalorata con 
un contradittore , o nell'ansietà ri' un gua- 
dagno , o nel rammarico di una perdita , o 
nella lusinga di un piacere v o nel timor di 
un pericolo , o in altri simili affetti e turba-* 
menti dell' animo , i qnali possono indi ser- 
vir di norma per darci a conoscere e quali 
passioni regnino in noi tuttavia non ben 
corrette dalla t ragione V e da quali princi- 
palmente dobbiamo tenerci in guardia, e 
quali mezzi osare , perchè non abbiano real- 
mente a sorprenderci nostro . malgrado ?, 

Il giuoco è pure uno di quegli- stati, in 
cui T anima pur facilmente ai naturali affetti si 
abbandona. Considerando essa Inoccupazio- 
ne del giuoco siccome cosa da scherzo , rnen 
si vergogna e innanzi agli altrDe in se me* 
desima delle passioni che- allora insorgono , 
e pereiò a queste lascia più libero il freno . 
Di qui è , ch« siecomo il giuoco fu già ri- 
guardato da altri qual opportuna occasione , 
ende conoscere il naturai carattere e le pas- 
sioni dominanti nella gioventù; cosi di que- 
sta occasione può uno accortamente valersi 
onde conoscere pur sè medesimo • 

La faciL iranel giuoco o contro agli av- 
versar) , o contro ai compagni ch'errano , 0 
contro alla fortuna indicherà il tempera* 
mento collerico "non ancóra ben domato , 
L 1 avidità del guadagno-, e quindi o il so* 
verchio dispiacere delia perdita , o Io sde- 
gno ai piccoli giuochi ove il guadagno è 
tenue , e F amore ai giuochi grapdi ore può 

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±00 ^ Passioni . 
esser maggiore * p dimostrerà l' occulto seme 
dell' avarizia . La pretensione di molta peri- 
zia ed espertezza nel* giuoco, e quindi la 
facilità nel rimproverare gli errori altrui, 
l'ostinazione nel difendere i propi 4 ;, la milan- 
teria ad ogni tratto che ben succeda ; l' ir- 
risione o l 1 insalto o il superbo compatimen- 
to degli altri , faran vedere la vanità e V or^ 
gotjlio . Lo stesso soverchio amore del giuoco 
dimostrerà il soverchio amor de' piaceri ; e 
così si dica del resto . 

. B come queste passioni , ove troppo libero il 
torso a lor si lasci nel giuoco , è troppo fa- 
tile che rinforzandosi per l'abitudine entri- 
no poi a parte eziandio nelle più serie azioni ; 
cosi l'uomo saggio riconoscendole , avrà cura 
tli sopprimerle e combatterle nel ginoco «tes- 
so , onde meno di forza esse abbian poi 
nelle cose più rilevanti* rV 

r, C A P O X. 

« 

p . < , ti* » • 

Malinconia 9 ilarità , felicità * ■ \ \ 

.Artico Zi. a .1» 

. . . , Malinconia . ... 

nanto al ben essere ed alla felicità di un 
uomo è conducente un temperamento ilare e 
gioviale, altrettanto un tetro ti melanconico 
vi si oppone. L' aom mesto, s'aggira sempre» 
dice il P. Stellisi ( Ethica Tarn. IL pag. i io. ) , 
come in un cielo torbido e caliginoso ; l'ilare 
sempre si treva come in una chiarissima lu- 
ce , che ogni cosa abbellisce ,(i)V x 

" w ■■ i rj ' 1 — - — a — ""TT ~* 

(i) L'immaginazione dei melanconici può 

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Malinconia . 501 
IT malinconico tempera monto ora trae ori* 
gine dalle cagioni fisiche \ ed ora dalle mo- 
rali . Tra le cagioni fisiche parò non sono già 
i forti dolori quelli che generino malinconia; 
essi producono un sentimento più rivo : ma 
sono quei dolori piccoli e lunghi , che non 
si sanno estirpare; sono quelle svogliatezze , 
e fastidj , e molestie , e indisposizioni , che 
spesso non si sanno pur esprimere ; sono prin- 
cipalmente quelle affezioni ipocondriache r le 
quali fanno che ai melanconici pure si dia 
generalmente il titolo d'Ipocondriaci . 

Il rimedio fisico a questi mali è certamen- 
te difficile a ritrovarsi , ne la medicina pe- 
ranche ha saputo proporne di efficaci, ma la 
ragione può invece influire moltissimo a to- 
glierne od a scemarne almeno gli effetti . 
Imperocché dipendendo in quelli il ien so del- 
la malinconia principalmente dal tedio della 
lunga continuazione delle medesime sensazio- 
ni , egli mostra , che dove si trovi modo di 
variarle , il tedio e la tristezza verranno tol- 
te in gran parie (1) . Se vi ha t^mpo pertan- 
to , in cui T occupazione , il moto , Teserei* 
zio , la distrazione convenir possano e riusci- 



• « ■« • ' 

m certo modo somigliarsi agli specchi con- 
cavi , che gli oggetti ingrandiscono , e defor- 
mano , al tempo stesso; quella degl'ilari agli • 
specchi conici , 0 cilindrici , che le sottopo- 
ste figure prr sè informi., orride-*, irregolari 
presentano regolari ? Taeho^ e piacevoli . 

0> JVoi . sappiamo eli* U 5^ c^r^^n- 
to di dolore , e finanche talvott.i uu doloro 
di più , che faccia dar, picare un dolore Iciii- 
go e abituale , è per noi un sollievo . 

\ 3 

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zoi Passioni * 

tfi giovevoli , egli è particolarmente allo* 
quaado ci sentiamo preii da quelle indispo» 
sizioni * che più inclinano alla malinconia ; e 
aio tanto più, perchè si fatte indisposizioni 
poco o nulla, comunemente impediscono , cha 
il corpo e l'animo . , da. chi pur TOglia eser-. 
citare si possa , e distrarre 

Ma le più, forti malinconie vengono da cau-- 
«e morali, e queste sono massimamente lt 
afflizioni d'animo e la noja . W elle afflizioni 
però i da notare, che il sentimento della 
malinconia non nasce ne'primi istanti , in cai 
avviene qualche infortunio : il sentimento dell* 
animo è allora più viro , è cordoglio , ango- 
scia , abbattimento . La. malinconia succede 
in appresso col' ripensare frequentemente air 
accaduta disgrazia, col richiamarla , col Tu- 
mularla . Essa perciò è tutta opera dell' im- 
maginazione ; e ad impedirne i tristi effetti 
tutti i quei; rimedj usar sì debbono , che per 
distogliere P immaginazione dall'idea afflitti- 
va nella prima Sezione, abbiam. lungamente: 
indicati .. 

Ma spesso la, malinconia» piuttosto che dai 
sensazioni dolorose o da idee afflittive, na- 
• sce dalla mancanza, delle ide* e delle sensa- 
zioni , o. dalla mancanza, almeno.di.tàli. sen- 
sazioni e idee , che l'anima vivamente e pia- 
eevolmente interessano . Dietro alla noja vien 
d'ordinario la tristezza e spesse volte Puna 
all'altra, pure si t confondono Anzi. lì. Vi™. 
- che T. altra, spesso divengono un mal conta- 
gioso e reciproco imperocché non v'ha mag- 
gior noja. o. malinconia che tra du* persone 
__fibfi ii iOTojw.9 icaiftbnfrofmente ; ed a produr 
rfoja e malinconia in. altrui non v'ha peggio,, 

. - • 



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Malinconia r- 20T 
che In compagnia dei malinconici e degli 
MfiiojatK. - ! .."•whji h' ni, 
• "A rogKere però la tristezza ^ che dalla noja 
procede , io qui >non ini stenderò' a- ripetere 
tjael che già? altrove ha bastantemente accenna- 
to ( pagina I40. e seg. ) . L' occupazione è il 
solo rimedio^, che alla noja si possa opporre » 
Ove il corpo e la mente rimangano inopero- 
si; la stessa inerzia loro lo stesso- vuoto 
onde ^F^nimar -è birtondata , producono il sen- 
titó^W^della éòja»i ed indi quello della ma- 
linconia , che 'à lei * succede : 1' esercizio* e 
l'azione per toglierle e prevenirle r sono del. 
tatto iadi^pcn^ab ili 



»» 




A- R T I C 0 li 0 :.UL 

wpq mhv Ilarità ., vhi » ; y.o" io\ 

a ilarità 'da una felice costifuzfon iisica 
dipende anch' éésa in gran parte:; ma in un»; 
parte assai maggiore dipende dalla (elicè co- 
stituzione dell'animo . Un nomo malsano , o 
càg4onet(rie 5 b> di? amori acri e piccanti, o f 
di fibra! troppa Wflsifcite %&? irritabile , 0 che* 
si giacete affattó^totpido^ ed; obeso , è bea 
diffìcile ch r a¥e^ possii r un^ vera e- costante 
ilarità . Nel torpido; si scorgerà 1? indolenza f . 
nel fervido ed irritabile si tediran dei traspor- 
ti d'immoderata allegrezza alternati poi da 
Serissime malinconie : nelP nom ' cagionevole 
potrà ammirarsi la pazienza; ma quel senso 
di contentezza e di piacere , che imbalsama, 
V anima , e si diffónde sa tatla la vita, ri? 
chiede una Salate costante 4 una moderata.» 
sensibilità , una er|uobil temperie d'umori, per 
cai alla stessa ilarità , di reni parliamo , si dà- 
•omunemente il titolo di buon umor* . 



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4ó4 v Passioni . ; ^ s 

^Tutte pero le migliori e più felici fisiche 
disposizioni a nulla giovano, se la felice di* 
sposizione dell' animo principalmente non ri 
concorre . Ove domini V tra o l'invidia , dove 
la avarizia o l'ambizione , dove l'inquietudine 
del desiderio o del timore , dove V orgoglio 
o la vanità , la pace , 1* -contentezza ,il pia- 
cere, la ilarità non possenò costantemente 
aver luogo . Un qualche lampo o trasporto- 
d'allegrezza , o piuttosto d' ubriachezza » si 
scorgerà qualche volta 9 allorché queste -pas- 
sioni arrivino ad ottenere il lor fine ; ma ^sa- 
rà momentaneo e passeggèro , e seguito., pure 
ben sovente dalla afflizione, dai dolore , dal 
rimorso 9 e dal pentimento 

Ad avere nna costante ilarità , la pace e 
la quiete dell'animo k prima e necessaria 
condizione ; e perciò è di mestieri primiera- 
mente f che r animo nulla abbia a rimpro- 
verarsi , e che ogni .rimorso ne èia- bandito ; 
poi 9 che lontane ne sieno tutte le passioni • 
tumultuose , o che per la loro maligna indole 
e natura siano atte » conturbarlo ; indi che 
le altre passioni miti e piacevoli sieno tenu- 
te in un giusto e. saggio equilibrio ; finalmen- 
te che Fimmacinaziouef^ eserciti a «chiamar 
quelle idee soltanto >3«he giustamente possa-* 
no rallegrarlo ; ed ogni notere a lei «i tolga 
di richiamare te idee moleste ed ingrate . 

» 

Articolo Uh 

Felicità.. - - » 

D, - . • ... >; \ . . ♦ ■ : ' • } 

«scrivendo ciò eh' è richiesto a formare 
mia costante ilarità , noi abbiamo pure de- 
scritto atl tempo «esso ciò che costituisce 1» 

I 

T 

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! 



Felicità * 2o5 
vera felicità . Imperciocché in questa vita afr- 
tra felicità certamente non paa ottenersi fuo- 
ri di quella chs può derivare nell 1 animo da 
un dolce senso e permanente di pace , di con- 
tentezza , d'ilarità. 

Lungi si stia dal corpo ogni dolore 9 
E goda V alma d' un giocondo* senso > 
Libera da travagli e dal timore . 
già cjisse Lucrezio ()) ; E forse Epicuro mede* 
Simo per qoel piacere , , in cai riponeva la 
felicita , altra ^osa non intendeva ? che qtìe- 
sta dolce e costante ilarità dell' animo , che 
coi abbiamo accennala : anzi pure la stessa 
contemplazione in cui i Platonici, la sapien- 
za e virtù in cai £Ìi Stoici , il complesso ' di 
tutti i beni in cui la felicità collocavano gli 
Aristotelici- , alla felicità non possono condur. 
re,' sé non in quanto giovano, a Stabilire ed 
accrescere nell'animo questa gioconda ; ilarità . 
c Quindi è , che la ver* felicità è forse me- 
no difficile * conseguirsi, di quel etc ere- 
desi comunemente » <»n , -r*? 

Ma una nozione troppo composta noi ce ne 
-andiam fabbricando : onori , ricchezze, titoK, 
•autorità», fasto 4 considerazione , : -piaceri sé vo-* 
Jnttà d' ogni genere riputiamo a quella indi- 
spensabili , é quindj la riguardiamo come lon- 
tana da noi per immenso intervallo . 

Fontenelle ( Pensieri Tom. L pag. igo») 
somiglia leggiadramente T umana* vita al pa- 
lazzo incantato dell'Ariosto , dove gli uomi- 
ni andavansi continuamente cercando , e con- 

<0 Corpore sejunctus dolor ab sii* mensili* 
fruatur ~ K / 

Jucundo $ensu , cura semota mciuqìie!* 

Lib. IL 

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2ò6 : Passioni. 
tinuamepte s'incontravano senza conoscersi 
Così eoi, dice egli, di contiguo andiam cer~ 

: cando la felicità , ed essa «spessissimo ci si 
para davanti, senza che mai sappiala ravvi- 
sarla . Il motivo si è , che negli oggetti este- 
riori soltanto noi l'andiamo rintracciando , e 
quando essa ci si discopre dentro di noi me- 
desimi , ove ritien la sua sede •, incannati dai 
prestijarj dell' immaginazione non la sappiata 
riconoscere . Che se pure la ceno scia m qual- 
che voltcT, questa cognizione passeggerà poco 
o nulla influisce sulla pratica dei. nostri con- 
stami, e sulla' nostra. condotta. 

Chi non invidia la dolcezza della vita pa- 
storale, quale ce la dipingono i poeti? AI 
leggere gl'Idi] 1] del soavissimo Gessner chi tfon 
vorrebbe esser nel luogo di c^uei. pastóri tfeli'- 
ci , di quelle amabili pastorelle , i coi ragio- 
namenti», e- costami Ve sentimenti t ss piace- 
ri ne destano una si dolce conaxntziobe? ©ra 
in che altro è riposta quella loro felicità \ 
che tanto ammiriamo , fuorché nel candore , 
neir innocenza v nella tranquillità , nella coa- 
tentezza , neir ilarità ,ch<H sopra abbiamo de^ 
scritta? Chi adunque ci viet», ohe qàèlla lo- 
ro felicità, che come un sogno ; dei poeti ri- 
guardiamo , non possianxo verificare e realiz- 
zare continuamente in noi stessi? Oh fortuJ- 
nati gli agricoltori ! diceva Virgilio (i) ; e noi 

-diremo più generalmente : oh fortunati gli. 
uomini 9 se il loro, ben conoscessero f - 



0)*Oh fortunati; dgricolàe sua si" bona 
, ■ ' * Georg» Lib. 2. 

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ISTITUZIONI 

.1 4 



DI 



E T I C A 

PARTE II. 

« 

Livorno* PROÈO 



» I 



I NTROD.U Z IO NE ., 

. D al greco vocabolo srpetfwv ( prepon ) con- 
vefievole t fa il Vossio derivare il latino pro- 

c bus ; e come anche il prohare^ ( approvare ) 
altro con è propriamente , che il. trovar eoa- 
venevole ; cosi uomo probo , secondo questa 
etimologia, si deve chiamare colai, che o- 
per^ndo cose convenevoli , meriti perciò d'es- 
sere approvato v ^ 

ila le azioni convenevoli e degne d'appro- 
razione , che ali- uomo conciliano il titola 
di probo , son quelle , eh' egli opera non i,n 
riguardo di- se medesimo p ma in* riguardo 
cT altrui . Quindi è cheElvezio ( Esprit Disc. 
2. c. 2* 5.. e <?.) definisce la probità V abito 
di fare azioni utili adi altrui ; h 

Egli V. avrebbe pero definirà ancor meglio , 
se chiamata 1* avess* 1! abito cji fare azioni 
convenevoli ad altrui, vantaggi? : .\ Imperocché 
la semplice utilità , che ad altri ne possa na- 
scere , non basta a render probe le nostre 
azioni , qualora oneste n on sieno e qonve- 



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; soS ^ Introduzioni • 
nevoli in sè medesime . Utile certamente ad 
un reo è ona fSTsjf testimonianza a favor 
suo : ad nn uomo malonesto è utile chi tien 
m mano alle sue inique azioni , o chi le cela ; 
uè probe contuttociò furono mai riputate a- 
zio ni di tal natura , o detto mai probo chi 
avesse l'abito d'eseguirle. 

Anzi non basta pure che le azioni situo 
convenevoli ed utili , perchè si chiamino pro- 
be ; che certamente giova un esperto medi- 
co , il quale sappia guarirne dai nostri ma- 
li , e un meccanico , il quale ben ordisca 
nna macchina d'alcun uso importante ; nè 
in questo essi fan cosa , la quale utile in* 
sieme e convenevol non sia : ma non per ciò 
essi furono mai detti probi. 
• La probità, non riguarda che le azioni mo- 
rali ; e come in ciò fé azioni uiiK e conve- 
nevoli altre son comandate da nn espr^so 
, dèvere , e sono quelle che noi abbiamo chia- 
mate oneste ( Logica Par. I. pag. 174. ) ; al- 
tre si possono da noi fare spontaneamente 
*enza un .precisò dovere , ed oltre a ciòcche 
il dovere prescrive , e sono * quelle che ìm 
• trenominiarri virtuose ; 'còsi la probità potrà 
1 ancor meglio definirsi l' abito di far oriente 
'* virtuose Azioni a^ro ^ alimi . ' r 
|J Poiché dunque T essenza dell' uotno probo 
abbraccia l'onestà insieme e fa virtù, ne 
viene , che avendo noi a trattare ili ciò che 
1' noni probo costituisce, mo*trare_4?cr noi si 
; debbano primamente i db ve ri , V adempimento 
■ ilei quali è ihtìispeiisaBilò ; peujhò egli si me- 
riti il titolo dì uòmo* vttéstó , primo e neces- 
sario londamem^ • di : o^ni proBitS 5 indi per 
qnnli mezzi egli possa ancor meri tarsi il ti- 
tolo di virtuoso , ' éh« della medesima probità 
in certo modo èia corona e il compimento. 1 

m 

.. , _ Digitized by Google 



Introduzione . . aog 

Ma perchi tatto questo egli non può ot- 
tenere , se non col fare azioni oneste e vir- 
tuo se in prò d'altrui , il chè sappone che egli 
sia. non solitario ed isolato , ina vivente ia 
società coi suoi simili; perciò sarà necessario 
innanzi tutto il vedere, come si *ieno for- 
mate negli uomini le varie società , come cól 
crescer di queste si sieno sviluppati e variati 
i costumi , e come stabilite le regole per go- 
vernarli . 



2 



- -'ni - 

SIZIONB I, ' 



Origine delle società , de % costumi , e dei pre- 
cetti intorno al loro regolamento . 



s 



1 1 CAP O I. 

r 

i . * » * \ ' » • »! 

Stabilimento delle società + • 



correndo le storie noi troviamo, che qua- 
si tutte le nazioni , e quelle stesse pur an- 
che, le quali sono divenute in appresso più 
gentili c più colte , non furono in prima ori«r 
gine che popolazioni barbare e selvagge . 11 
settentrione dell' Europa , dove tanta coltura 
par .regna presentemente , e tanto, studio del* 
le r.rtà e delle scienze , al principio dell' era 
nostra volgare sepolta ancora trovatasi per 
la più parte nella primiera barbarie • L 1 Italia , 
e la Grecia , che si luminosa comparsa poi 
fecero nel! 1 Europa e nel mondo , nei tempi 
òhe perTnancanza di storie e di monomen- 
ti, chiamati furono oscuri e favolosi, era*o 
anch'esse involte nella medesima selvatiche^ 



uigiti 



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2lio Società . 

za . Tale più addiVtto fu por la condizione 
v dell' Egitto , dell' Assiria , della Persia , dell* 
India i della Cina, che i primi e più vasti 
imperj fondarono poscia nell'Africa, c neil v 
Asia . . • * . • ' 

Quanto air America , il solo Messico ed 
il Perù aveano incomin&iato ad uscire dalla 
barbarie , allorché vi giunsero gli Europei : e 
gran parte dell' America stessa, dèli* Africa 
e dell' Asia, con qualche porzione dell'Eu- 
ropa più settentrionale sono sepolta nella bar- 
barie originale anche ai di nostri 

Che p^rò glL uomini sicno xnai stati in al- * 
cun tempo * in alcun luogo divisi affatto, 
solitarj , isolati , senza alcun principio di so- 
cietà , a modo delle fiere , «Ila è bensì opi- 
nione, che uno degl! ingegni più grandi in- 
sieme e p iù , stravaganti di questo seco- 
lo (i) parve voler promuovere , ma più «erta- 
niente per vana spirito di singolarità } che 
per ragione a per solido fondamento . Le sto- 
rie e antiche e modèrne ei manifestano , che 
ovunque si sono trovati degli uomini y trovati 
si sono già in qualche modo associati : e la 
natura stessa dell' uomo, la sua medesima 
costituziou fisica ad associarsi lo guida ne- 
cessariamente. 

i Imperciocché egli è noto: quanto tardi co- 
munemente OR; bambino- a svilupparsi!, ed 
Invigorirsi a giugnere in grado di potersi 
da sè medesimo proca«siare il necessario so- 
stentamento , e difendere contro alle fiere 
selvagge . La maggior parte degli animali , 

0 > 1*0 USSEAU De V orig. et des fonder*. 
(teW: inegab parmi les H&mrries . 



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I 

Stabilimento delle medesime in- 
dice il sig. di Buffon ( Storia naturale Tomo 
I. ) # sono più avanzati per le facoltà del cor- 
po air età di. dae mesi , che non è un bam- 
bino a quella di due anni ; sicché nn tempo 
dodici volte maggiore richiedcsi per la fisica 
educazione di q uesta • Anzi e g'i perirebbe 
sena' alcun dubbio , soggiogne Io stesso au- 
tore , qualora fosse abbandonato a sè mede- 
simo innanzi ali 1 età di ire anni . 

Ora tutto questo tempo ,. che^ i genitori ne- 
cessariamente- impiegar debbono per l'alleva^ 
mento dei loro figli , che vengono nascendo , 
intanto che assistono ancora ai primi , e che 
moltiplicano quindi ognor più i legami del- 
la loro unione ^ l'amore scambievole , che 
collo stesso lungo convivere , e coi bisogni 
e soccorsi scambievoli necessariamente fra lo- 
ro si desta ; tutti concorrono a far si , che 
tra gli uomini ancor più selvaggi la società 
di famiglia necessariamente devesi 

- 



(i)ÀI sentimento ih primo luogo , indi 
alV amore dell' imitazione, e peri' ultimo air 
utilità , e al bisogno il P. STALLINI attri- 
buisce Ir istituzione delle società ( Ethie&Tom, 
HI. pag; 21. e seg.>. HUME. dal confronto 
degli uomini cogli altri animali fa vedere co- 
me !a società a quelli sia indispensabile, e 
come perciò- dal bisogno vi sian condotti 
(Treati&e of human nature Tom. HI. pag. 
5(5), Lo stesso, area già fatto pur SENECA 
nel Lib\ IV. De Benepciis >Gtfp. i8« Quo alio 
tuli stimus , djce egli , quam x quod'mutuis 
j urani ur offuiis ? Hòc uno instructior vita , 
Qontraque incursionfs suhitas muniitQr e$t 9t 



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Stabilimento delle medesime . n£ 
tnp§disca loro tuttavia di avere un' abitazio- 
ne fìssa e permanente , e egli obblighi a tra- 
sportarsi colle loro greggie da luogo a luogo f 
come facevano gli Sciti anticamente, e come 
fanno tuttora i Tartari ; ad ogni aiòdo la più 
copiosa e più facile sussistenza contribuisce 
a far sì , che la società di mano in mano 
venga crescendo di numero , e col virere e 
trattare insieme più lungamente , gì' indivi* 
dui , che la compongono , incoasinciano pu- 
re a divenire più colti . . 

Frattanto lo stesso ozio pastorale , il fre- 
quente convivere e conversare insieme, lo svi- 
luppamene maggiore che quindi nasce nelle 
facoltà deli* animo , e il lungo soggiorno nei 
medesimi luoghi , conducono a poco a poco 
a fare delle osservazioni « delle spcrienze sul- 
la natura dei frutti e delle piante, sulla lo- 
to riproduzione, sul modo di accrescale e 
moltiplicarle, e da ciò vengono i^rincipj deJP 
agricoltura : stabilita la quale , la vita erran- 
te e vagabonda convertesi in una fissa per- 
manenza sei medesimi luoghi; e quindi sor- 
gono a poco a poco le case, le ville , e le 
città, s'introducon le arti , si stabilisce i{ 
commercio, si fondano le leggi c i governi, 
s inventano e si propagano le scienza, e la 
società acquista finalmente la sua forma per- 
fetta . 1 




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3i4 . Società . 

capo ir. 

Ùngine è progresso de* co sturai , corrisponden- 
te alV origine ed ai progressi della società . 

ei primi tempi delle società presso i po- 
poli, che incominciarono da una vita erran- 
te e selvatica , non avendo gli uomini quasi 
niun oggetto Fuori di qnellì y che alla vita 
son neeessarj , il -qual potesse eccitare la lo- 
ro cupidità, queste si rimanevano qua<i so- 
pite : e forse la celebre ^tà dell'oro , che tan- 
to fu dai poeti esaltata e magnificata , non 
altro veniva a significare , se non quella pri- 
ma età selvaggia delle loro nazioni. La ter- 
ra allora tutto produceva spontaneamente f 
perchè ninno sapeva ancor coltivarla ; i cam* 
pi erano ^ tutti comuni , perchè niuno ave- 
va nulla di proprio ; non Vera oro , non fer- 
ro , perchè non sapevano farne uso ; non re- 
gnava l'avarizia , ne V ambizione , percioc- 
ché non avevano idea di ricchezza, nè di 
onori ; goclevasi una perfetta tranquillità , per- 
chè Ir passioni non avevano x[uasi niun og- 
getto , a cui applicarsi . 

Io questo sopore però non "veggìamo , che 
in alcun luogo rimanessero gli uomini lun- 
gamente . !l vivere grossulano li rende cosi 
fi^ri n*lV animo vome forti nel corpo, ed 
Aristotele (Polit. lib . 8. cap 4) P er qaesto 
appnuto condaonò la disciplina degli Sparta- 
ni , perchè esercitati nella fatica e nella du- 
rezza del vivere più del dovere , divenivano 
soverchiamente feroci • 



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I 



Loro origine t p/ogres si . 2j3 
- Ora questa loro fierezza , raooìfcinciarona 
Opprima quegli uomini selvqgjjtad isfogarc 
contro alle bestie , o per allontanare , peri- 
coli , da cui erano minacciati , o per trarrò 
il nutrimento dalle lor earoi , ^ dalle pel- 
li le vesti; poi la rivolsero* centro degli uo- 
mini stessi, che si ^ponessero alle cupidità 
in lor nascenti, le -quali divenivano tanto 
più forti T quanto minori di. numero , .quanto 
eccitate da pjù pressatili bisogni , e quanto 
meno distratte dalla diversità, degli obbietti . 
r ia stessa scarsezza dei mezzi onde, sussì- 
stere faceva sovente, che più Hi uno si con- 
trastassero il possedimento o l'acquisto di una 
cosa medesima , e che quindi insorgessero li- 
ti arrabbiatissiuae. , 

Queste pur terminavano ben sovente colle 
crudeltà più <>rribili.^ perocché non essendo 
quegli uomini fieri ancor tenuti da nessun 
freno , ed altro pregio non conoscendo fuor- 
ché T ardire e la robustezza f dovevano per 
una parte credersi lecita qualunque cosa , e 
per l'altra stimar pregevole ogni azione an- 
cor più atroce, dove la fonsa ,e il coraggio 
mostrar potessero maggiori pruòve : di eh* i 
moderni selvaggi ci danno pur -tuttavia non 
pochi csempj . , } 

I più deboli intanto , o per toatura più 
mansueti, osservando in altrui , o sentendo 
in se stessi 1' abuso di una forza sfrenata, 
•in combaciarono, a svolgere fra sè medesimi i 
primi w&òepii: del _ giusto e dell 1 ingiusto , 
e ,dal vedersi :o noiajutati nei loro bisogni 
incofìpjfpoiarono ad abbozzare puranche la no- 
zioner dèlia beneficenza e della virtù. 

Ma as;>ai tempo trascorse avanti che l'equi- 
tà e la ragione prender potessero impero sui 



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: ° Società 
più feroéi . ^Imperocché queste richièggono 
un animo patito é tranquillo ; laddove essi 
portati dall'impeto delle loro passioni , secon- 
do i bisogni sfrenatamente si abbandonava- 
no alle violenze vAtte usurpazioni , alle rapine, 
e tanto ciasctfóo Credeva di possedere legit- 
tima ai ente , rfiianto pof e»sé a tira forza strap- 
pare altrui . 

, Nè simili tapine era)iò r, <ptire fra lor biasi r 
mate; ma M*hie dagli aritìòhi poeti raccolse 
Tucidide ( Htst; lib. venian anzi dal 

maggior- numero comtnVndate quali opere 
calorose : e noi veggiamo anche in Ornerò 
( Odissea lib. 3. ) , che Nestore in tempi me- 
no barbari domanda tuttavia liberamente a 
Telemaco , se egli navighi per commercio, o 
per far preda a modo de 1 corsari ; e sì dicen- 
do, nè quegli crede d'offenderlo , .ne questi 
se rie chiama oltraggiato . Fieri corno èrano 
e delle loro forze superbi , ninna cosa essi 
stimavano pià commendevole , che il poter 
fare ciò che richiede maggior valore; nè cre- 
devano ingiurioso e sconvenevole l'assalir al- 
tri senza cagione, ma riguardavano come ol- 
traggio a sè fatto , qualora talano , il quale 
Tosse più debole, ardisse lor di resistere . 

Questa persuasione non cessò nemmeno sì 
tosto che gli uomini incominciarono a farsi 
più colti ; poiché leggiamo in Tucidide ( ff/sf. 
lib. 1. ) , che i legati degli Ateniesi dissero 
apertamente innanzi a$li Spartani, essere dirit- 
to di natura che il pii\ forte debba sigrwfeg giare 
al più debole , aggiugnendo 9 ,the se talnnotha 
oiiì messo alcuna volta d 1 usar stffatto>^\ritW , 

-ciò è stato per rendersi gli animi pia bene- 
voli , e servire cosi' per altra mainerà a' suoi 
Vantagg] : il che pure difficilmente nei primi 
tempi sarebbesi potuto aggiungere . 

4 

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t 



Loro orìgine e progressi . 21 f 
Nemméno questa interessata moderazione 
allor di molto si conosceva , e nulla giovava 
ai miseri il porre «(aranti agli occhi dei loro 
assalitori o V umanità , o la religione , o qua* 
lunque altro motivo , per sottrarsi dall' esse- 
re divorati , o dati morti in pasto dei cani e 
degli sparvieri . 11 Ciclope neir Odissea 
( lib. 9 ) : stolto sei tu , dite ad Ulisse , che 
in imponi di paventare gli Dei : nulla ci cu- 
ri a m noi di Giove ,' perocché siamo di lui più 
forti . É Achille ad Ettore , che il pregava di 
concedere al suo corpo la sepoltura : tu s ei 
già , disse , destinato alle fiere ed agli avoltoj ; 
e troppo debole è il mio dolore , che non fa 
che io ti tagli qui a brani , e erudo cruda 
mi ti divori (j). 

Ma poiché ai deboli poco giovavano contro 
ai più forti le suppliche , 0 le lamentante , o 
il propor loro la giustizia e la ragione ri- 
corsero all' astuzia ed air inganno . Quest'ar- 
te , siccome indizio di fiacchezza , era ab- 
bonata da quelli 9 che troppo si vergognavano 
di comparire , che poco si fidassero in sé stes- 
si y % nelle lor forze • Perciò Ajace ( nel Filo- 
tele di Sofocle) ad Ulisse , che il consigi avi? 
a torre colla frode ciò che non potevasi colla 
forza , rispose , che ciò non era cosa degna 
d' un uomo buono ( che buoni allora chiama- 



(1) Questi esempi , e g'* esempj continui 
'de* moderni Selvaggi aver doveva un po 1 me- 
glio presenti ehi vivendo in mezzo alle colte 
Società , e godendone tutti r vantaggi, ad es- 
se per intemperanza d' ingegno lo stato sel- 
vaggio sì arditamente nei suoi scritti antepo- 
neva . [ 

k 



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a 18 Società . 

vansi i piÀ forti), e che non voleva lasciare 
di esser buono per esser sapiente ( col qual< 
nome intendevano apparito gii astati e i frau- 
dolenti ) 

Jl poeo a poco però Y astuzia sf .prese per 
£04npagna ancor -dei: forti , siccome quella 
che plà agevole rende e più sucuwr la yia al- 
le imprese piò grandi ; e il più perfetto , sic- 
come abbiamo nelP Odissea ♦( libi 16, y 9 co- 
minciò a credersi quegli * che insieme accop- 
piasse l'astuzia e la robustezza . Ni monta- 
va , che questa astuzia fosse frammista agi 9 
inganni , tatto era lodevole purché ben riu- 
scisse ; e l'elogia citò presso ad Omero ( Od/s- 
se* ) Minerva fa ad Ulisse , ben lo dimostra 
liastantemente . Tu avanzi , ella dice , tutti- 1 
gii uomini nelT accortezza è negl' inganni; 
come io nell' accortezza e negl'inganni avan- 
zo tutti gli Dei . 
L'astuzia sola però senza il valore e la 
' forza fa sempre tenuta in piccol conto; e 
dove legittimi ed onesti credevansi gli ac- 
quisti fatti coli' aperta violenza , • perchè cre- 
devansi ( Hist. lib; 4 ) col diritto di quel po- 
tere , che la fortuna ha dato , vituperavansi 
all'incontro quegli che facevansi colla sola 
frode ; quasiché In violenza non fosse anch' 
essa egualmente! i ohe la frode contraria alla 
giustizia ed alla ragione . 

Ma 1' astuzia , che in gioventù andava solo 
in 'C0mpagm»^deire armi , nella vecchiezza 
cominciò a< volgersi pensieri più miti, e a 
divenir prudenza Considerando i beni dèli» 
pace f a cui l 1 etò stessa inclinava , i vecchi 
incominciarono a riguardare siccome lodevo- 
le bensì qaell' ira , con cai procacciasi una 
pace sicura ed onesta , ma come yituperevo- 



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Loro origine e progressi . zig 
le quella f con cai si perpetuino le dissen- 
sioni t le stragi . Poca forza contattociò are- 
vano i loro consigli sulP animo impetuoso > 
dei Giovani ; e noi difatti veggiam nelP llia- 
de'( Lib. I. ) , che Nestore vanamente si af- 
fatica a raffrenar V ira indomita di Achille • 

Finalmente però o la mancanza di forze , 
o la stanchezza fecero , che cessassero dalle 
perpetue guerre , e cominciassero a starsi p*r 
qualche tempo in riposo . Allora p?n agevole 
fa ai prudenti ed ai vecchi il suggerir pen- 
sieri di pace 9 e far conoscere quanto sia me- 
glio il comandare a quelli , i quali vinti dai 
beneficj servano per amore, che a quelli , i 
quali assoggettati colla violenza sempre cer- 
chino di scuotere il giogo e di ribellarsi > 
Allora dunque si volsero a procacciare di ren- 
der fruttifero in pace quello che in guerra 
avevano acquistato . E allóra fa , che comin- 
ciò a prender piede la giustizia , che comin- 
ciò a stabilirsi V ordine nella società , che 
cominciò ad introdursi la vera coltura. 

Ma Un altro male di qui poi venne f che 
siccome la pace genera la sicurezza dell' ani- 
ma , P animo sicuro allarga il freno alle cu- 
pidigie , e queste danno stimolo ed eccita- 
mento all'industria , V industria moltiplica 
sempre più quelle cose, onde la passione ed 
il vizio si fomenta : còsi V avarizia , il lusso, 
r intemperanza , V ambizione , V amor de 1 pia - 
ceri incominciarono a dominare più larga- 
mente , e quindi nacquero tutti i disordini r 
a cui la società è tuttora soggetta . 

I cangiamenti adunque che nei costumi de- 
gli uomini si saccedettero a misura che le 
società si venner formando e progredendo , 
furono i seguenti. A principio regnò da ua 

k % 



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220 Società . 

canto la ferocia', e dall'altro V astuzia senza 
ordine e senza legge: sottentrò poi la for- - 
tezza e la prudenza , che insegnarono a con- 
servare in pace le cose acquisiate in guer- 
ra ; indi venne il buon regolamento delle cit- 
tà colle leggi e. colla giustizia , infinge V ozio , 
le ricchezze , U lasso , gli agi , U delizia 
furon cagione , che le passioni allargandosi 
maggiormente , si sollevassero alla violazione 
di quelle leggi medesime, da cui tutti questi 
comodi riconoscevan l'origine . 

Sembra, dice il P r Stellini , dal cui saggio 
t>e or tu et progresso, morum è tratto per la 
più parte il presente caj>o , che Omero abbia 
appunto voluto nei suoi poemi rappresentare 
tutti questi cambiamenti , esprimendoli nei 
caratteri dei suoi primarj personaggi . Per 
lasciar la feroeia brutale rappresentata in 
Polifemo f Aehille è pre«so di lui il modello 
di una forza invincibile e di un'animo in- 
domito ; Ulisse dell'astuzia frodolenta accop- 
piata alla forza ; Nestore della prudenza so- 
stenuta dalla fortezza 4 Ettore delia fortezza e 
della giustizia ; Antenore della giustizia celi 
un'imbelle prudenza; Paride in fine del li- 
bertinaggio e della mollezza . 

Veduti cosi i cangiamenti , che avvennero 
successivamente nei. costumi degli uomini , or 
sono da esaminar le cagioni, che in essi in- 
fluirono maggiormente . ■ v 

Quello che gli uomini più desiderano , e 
in cui riposta suppongono la loro massima 
felicità , egli è il poter fare checché loro vie- 
ne in pensiero f e gustare di ciò che lor pia- 
ce, senza nessuno impedimento . Or due ca- 
se a ciò s' oppongono 9 V inopia , e l'altrui 
resistenza » Ciò ha fatto , che la cura prin- 



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Loro origine e progressi* 221 
cipale , a cai gli uomini ban sempre atteso, 
ò stata quella di procacciare dovizie e libertà : 
intantochè spesse volte è avvenuto , che total- 
mente occupati fa questo pensiero , si sono 
poi anche dimenticati di far uso delle dovi- 
zie e della libertà per qael fine , per etti le 
avevano procurate, ed ban posto tutto il loro 
stadio nel continui accrescimento dell 1 una 
e delle altre . 

Ma da questa tendenza , che tatti avevano 
alle medesime cose , dovea nascere necessaria- 
mente un conflitto . Imperciocché se le cose 
terrene fossero per lor natura infinito, 0 fos- 
sero tutte così comuni , siccome è 1' aria e 
T acqua , ben avrebbe potuto ognun saziarvi- 
li senza pregiudizio d' altrui; ma essendo 
esse finite , e per la pià parte scarsissime e 
limitatissime, mai potevano soddisfare. ali* 
infinita cupidità di ciascuno . Quindi è che 
molti, affine di essere pii doviziosi e più li- 
beri si sono studiati d' impoverire altrui 0 
ad altrui dominare . 

Or ciò s'ottiene 0 colle proprie forze, 0 
col soccorso cF altrui Le proprie forze sono 
la robustezza del corpo , V ardire , e V ac* 
cortezza . Nei primi tempi, in cui non fa- 
ceasi conto che della forza e dell' ardire , si 
tennero soprattutti in pregio i robusti e gli 
ardimentosi , dappoi quelli eh* vi sapessero 
unire puranche V avvedutezza , o fosse sem- 
plice prudenza , 0 fosse astuzia . 

Ma in seguito si conobbe , che da sè solo 
difficilmente ano può sostenersi, onde quel- 
li che amavano di signoreggiare sopra gli al* 
tri , incominciarono a procurare di trar mol- 
ti al lor partito . E siccome i mezzi più op- 
portuni per riuscirvi sono la speranza ed il 



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m Stl2 ^ Socifdà l 

timore, cosi ciascuno si è studiato di met- 
tersi in grado d' ispirare altrui questi af- 
fetti . - 

Si sono quindi cercate- sempre più avida- 
mente le ricchezze e le dignità , non solo 
pel potere diretto od immediato che danno f 
ma eziandio perchè i mezzi somministrando 
di giovare o di nuocere f ritengono quelli cht 
temono dall' opporcisi , ^ ed allettano quelli * 
«he sperano a secondarci. 

Oltre alla speranza ed al timore v'ha an- 
che il rispetto e la stima , che molto valgo- 
no a fare che altri al partito nostro s 1 ag- 
giungano . Ala il rispetto si fonda moltissimo 
sopra l'opinione ; ed oltre alla superiorità o di 
forze, o di merito , o di autorità , v' è anche 
la superiorità dei natali , che molto contri- 
buisce a conciliarlo . Le glorie dei maggiori f 
od anche la sola antichità d' origine , ispira- 
no una certa venerazione per quelli che ne 
discendono . Quindi ognuno ha procurato di 
$ar comparire l'origin sua più antica e più 
illustre ch' egli ha potuto . 

Era però troppo facile avvedersi , che il 
rispetto appoggiato alla semplice nascita , è 
troppo debol motivo per cattivare efficace- 
mente e costantemente gli animi altrui : la 
stima personale puranche necessariamente vi si 
richiede . Ma questa non nasce se notìdal me- 
rito j II qual si fonda o nel valore , o nel sapere 
o nella virtà . Affine dunque di conciliarsi' 
oltre al rispetto ancora la stima, i saggi e 
buoni si sono adoperati ad ornarsi di qual- 
che merito vero e reale ; i cattivi ma scaltri 
si sono studiati di abbellirsi almeno con qual - 
the merito apparente . 
? Ma ci§ v ch,e lega gli animi maggiormente 



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Loro origine e progressi . 1 223 
è r amore ; e siccome questo ^'paté si pro- 
caccia per rarj mezzi , cosi gli animi gran- 
di han procurato di meritarselo colle azioni 
illustri e coi bene fi cj ; gli «piriti piccoli si 
sono affaticati a guadagnarselo a forza di at- 
tenzioni minute , di basse condiscendenze, 
di adulazioni , di servitù , di sommessioni . 

Cosi ciascuno per varie vie ha corcato sem- 
pre <T accrescere le sue aderenze e il suo 
partito, di rendersi con ciò potente sopra 
degli altri , di metterai peritai maniera in 
grado di meglio soddisfare ai suoi desiderj; 
e da questa diversità di passioni , di cupidi- 
gie , e di mezzi onde appagarle , è nata la 
diversità dei costumi , dei quali contenti ora 
d'aver esaminata l'origine, ci faremo altrove 
ad esaminare la realtà od il pregio . 



r • 



C A P 0 Uh 

' Origine delle leggi , e dei precetti interno 

a* costumi . 

L» 
iberi da principio e interamente padroni 
di sè medesimi, facevano gli uomini senza 
riguardo alcuno a ritegno tutto quello che 
lor veniva in pensiero, e che le forze loro 
permettevano . Ma i disordini di questa 'li- 
bertà illimitata non han potuto tardare gran 
fatto a manifestarsi . 

Ogni uomo sente in sè medesimo il dirit- 
to di non e^ser offeso ; e quando egli abbia 
o colle sue forze o colla sua industria ac- 
quistata alcuna cosa, sente in sè il diritto di 
doverla possedere egli soìo , e che nian al- 
tro debba pretendere dVriWirm ìi parte s«àza 



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# 

» 

» 

«4 Società. 
1' espresso di lai assenso . Ma questi princi- 
pi , che ognun sentila riguardo a si, stimo- 
lato poi dall' avidità o dal bisogno , troppo 

facilmente era portato a violarli rispetto agli 
altri . 

Or le continue liti, e guerre, e violenze, 
e rapiti-, che indi nascevano , han fatto cono- 
scere finalmente , che l' interesse scambievole 
di ciascheduno chiedeva , che ognuno lascias- 
se V intero e pacifico godimento dei loro di- 
ritti ad altrui, per godere tranquillamente 
dei proprj. 

Da questo nacquero le prime convenzioni , 
le guali furono anche a principio piuttosto 
taoite che espresse, e che altro non con- 
tenevano , se non in genere , che niuno a- 
vesse la libertà di offendere altrui , niuno 
potesse usurpare quello che ad. altrui appar- 
tenesse • 

Mà queste convenzioni di poco uso pote- 
vano essere , finehè un arbitro non si stabi- 
liva , il quale avesse il potere di farle adem- 
piere . ^ Q testo arbitrio in ogni famiglia a 

{>rincipio fu assunto dal padre medesimo ; e 
a patria privata podestà durò presso molte 
nazioni nel suo pieno ed illimitato vigore 
anche dopo stabilita la podestà pubblica . Gli 
antichi abitatori delle Gallie , secondo Goguet 
(Origine delle leggi , delle arti , e delle scien- 
ze hb. x. ) , erano nelle proprie case sovrani , 
avendo autorità per fin di vita e di morte 
sopra le mogli, i figliuoli, e gli schiavi. 
11 supplizio di Tamar ordinata da Giada di 
lei suocero ( Genesi cap. 58. ) , fa vedere che 
la stessa autorità pur godevano anticamente 
gli Ebrei . Omero , e Platone fan fede anch' 
*m di questo impero f che presso i Greci | 



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Loro origine e progressi * 
padri avevano sopra i Ior figli. E nella Gina 
anche presentemente i padri governano 1* 
laro famiglie con un potere assoluto-. 

La violazione dei diritti fra le persone d'una 
stessa famiglia per questo modo era impedi- 
ta , o frenata abbastanza ma non cosi fra 
le persone , che a diverse famiglie apparte- 
nessero . In questi casi le usurpazioni e le 
offese de IV ano verso dell'altro nor* essendo 
represse da alcun arbitro comune , facevano 
che ognuno nella propria causa si costituis- 
se giudice da sè medesimo ; ed è troppo facile 
il vedere , come illimitate per questo modo 
dovessero riuscire le pretensioni e le ven- . 
d ette . v ' ' 

Per impedirne gli eccessi ben cominciaro-* 
no i padri o i parenti delle rispettive parti ad 
intromettersi per comporre e terminar le con- 
tese . Ma questo ne assicurava a ciascuno sta* 
bilmente i suoi diritti t . n<è sempre era vale- 
vole a por fine interamente alle dissensioni : 
anzi spesso avveniva f che le querele parti- 
colari d* alcuni si facessero generali a tatti 
r loro congiunti e aderenti t . td amici . Si 
vide pertanto la necessita di fissare un co- 
man arbitro, che da tutti come tale fosso 
riconosciuto , e al cui giudizio dovesse ogaua 
sottomettersi ; e per tal guisa a stabilire si 
venne la pubblica podestà. 

Questa in alcuni luoghi fu data ad uno 
solo , in altri agli ottimati o principali del 
popeio , in altri da tatto il plopolo si riten- 
ne ; e qsindi nacquero le tre specie* di gover* 
Hii , monarchico , aristocratico , e democratico . 

ICella più parte dei popoli il governo mo- 
narchico fa il primo a. stabilirsi : Roma , ed 
Atene ebbero i Se prima d'avere i Consoli * 

k 3 



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226 Società * 

gli Arconti : gli Egiziani , gli Assirj , i Per- 
siani , gV Indiani , i Cinesi furono soggetti 
sempre a monarchi . 

Né è par diffìcile , dice Goguet C loc. cit.), 
il concepire le ragioni , per cui l'idea dei 
governo monarchico abbia dovuto presentarsi 
prima delle altre . Imperocché primamente 
era più facile che gli nomini pensassero a sot- 
tomettersi ad un sol capo , che a molti , tanto 
più che di questo già avevano un esempio 
nella paterna autorità • Oltre tiò egli è trop- 
po naturale , che in ogni società qualcuno 
V'avesse , il quale si distinguesse sopra "degli 
altri per qualche singoiar pregio .^Or questo 
dovette pure acquistargli sopra degli altri una 
specie d'autorità, che dalla lor volontaria som- 
znessione renne poi confermata . Nembrotte » 
secondo la Genesi (c. io.) 9 fu il primo che 
' dopo it diluvio potente si fece sopra la terra* 

* e fondò in Babiloni a la prima monarchia ; e 
Ja ragione f che di éiò essa arreca, si è , eh' 
egli era robustissimo cacciatore , qualità im- 
portantissima a quei tempi , in cui la terra 
piena di boschi e di bestie feroci , che ivi 
ben presto moltiplicaronsi , obbligava gli uo- 
mini a star sempre in guardia contro dei lora 
«ssalti. Anche le proftfie stonerei presentano 

* ì primi eroi princip^lipepte come distruttori 
dei mostri . r ' : , * 

A ciò s'aggiunge , eh*èssendo quelle anti- 
che popolazioni in frequenti guerre , tra lo- 
ro, uè potendosi le guerre bea amministrare f 
ove un capo dell'esercito non si stabilisca 
quegli che a ciò era scelto , avvezzando gli 
altri insensibilmente a ricevere ed eseguire i 
suoi ordini , venne in molti luoghi a stabilirsi 
pcrmanentemejate loto sovrano : ed appunto 



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Loro origtriè e progress?. £27 
pèr questa guisa Romolo còl suo coraggio 
e il suo* valore , fattosi capo di una banda di 
fuorusciti , divenite il piftfno Sèi Romani. 
♦ A principio seirfcblra ? 'che i t^gni 'abbiate 
il^vtfto «es«eT^elct?tivi , ttìtx <*ettbtiA#nte ilon atì^ 
dò guariy <cfte «ella ma^^iter- |>hrté «dèi' pope*- 
Ji divennero ereditar] . hi ^ofti 'lòogh) i w 
riti' paterni >i sentimenti ispirati nei figliai 
genitori , J« istruzioni lor tramandate i ia par- 
té da essi avuta al governo Viventi i padri 
medesimi, il rispetto di già ottenuto presso 
<lei popoli , feoeró che i figli a tutt 1 altri si 
preferissero . In aitri 1 foro proprj meriti , o 
la lorò forza , & il copioso 1 partito j!>òter<>tto 
«nderK r snpetiori ai 1 òro r Competitori . FìhàU 
mente le dissensióni , i tumdlti , h guaite 
nelle nuove elesioni, poterono anch* e*s& in 
più'lnoghi esse* fcagionè i eh® *\ celasse di 
prevenirle collo stabiliménto 1 dèi tfrotìi Eredi- 
tar j. Tali si veg$ònoMfcmàtoèfc*e e*ie*e Sta* 
ti presso dei popiri* Wco* più aòtlclii Vi Bai 
tilònesi , gli Jkiiìt\ i i Persiàtfi / gli Egiziani, 
gV Indiani , i Gi*e*i , gli ÀfàWi i*Qlttcf \4 
tatini , tutti ci; offfoftb antichissimi' etfeàfrj^ 
delle ereditarie tóònaìrchie '* r • f • ' ' : 

- r'regni-però'da pntftìtyto èfanó riStraftiiii^. 
mi : ogni tiittfcv'o piuttòsto ogni villaggio! aVe- 
Va il* sud Re . Ai* t«*tiapi' A&fomb ti!n<}u# 
ne Contavano néltòsola ralle di Sdc&ifaa^ 
hesi ' 1 '™)). 1 >4. ) ; '<Jd i ^é' disfate ^Sròlèf 
fcrtiravàno à trènthno fjbstté te^y.'&U 
cane? sparti delP Mthk , : 'deli' Asià.>. fc^ifelW 
Améric* preseli tano tritumi a hn r imtiià^me? ! dì 
quei ptfhfi tempi i^erofc<&èi^ 
fo dfi ^àese : vi Viticonifa grjià quantità di St** 
Vr'atii i e&'o^iVidèòl districo* V. il >ao rir&^ 
ticslare. ♦ ( " -\ à & rmv> 



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228 Società,. 

Il governa repubblieano non si formata 
quasi in nino luogo, se non dopo il monar- 
chico , e non ha avuto orìgine che da qual- 
che rivoluzione • Tale negli antichi tempi 
fa lo stabilimento delle repubbliche d' Atene 
e di Roma; tale nei tempi posteriori quello 
delle repubbliche di Venezia , degli S 
dell'Olanda ; e recentemente quella delle Pro- 
vincie-Unite della America settentrionale. 

Stabiliti i governi, si venne allo stabilimen- 
to delle leggi. Per lungo spazio però alle leg- 
gi espresse , che aneor mancavano, suppliro- 
no le leggi tacite, dirò cosi, ossia le wn- 
snetudini . I popoli della Licia non avevano 
verun corpo di leggi , e si governavano sempli- 
cemente sagli usi. Nelle Indie da tempo im- 
memorabile tutto è appoggiato alle consuetu- 
dini , che si tramandano di padre in figlio . 
lo stesso era nella maggior parte deli 1 Ame- 
rica , e lo è tuttavia in molti luoghi dell' 
America stessa , deli' Africa e dell'Asia . 

Queste consuetudini in molti luoghi , fon- 
date sopra grossolani pregiudizi e sopra ese- 
crabili superstizioni , erano pur barbare ed 
inumane . Gli Sciti credevano cosa pia 1' uc- 
cidere i padri loro dopo i sessantanni ; i Sar- 
di T ucciderli dopo d'averli battuti con ver- 
ghe ; i Galli l'uccidere i servi ed i clienti più 
tari ai defanti padroni ; le mogli Indiane il 
gettarsi nei roghi dei loro mariti; i Galli, e 
3 Gei mani il placare gli Dei col sacrificare i 
prigionieri; i Persiani il seppellirli vivi; i Tau- 
ri il sacrificare gli ospiti ; i Fenicj il sacrifica?» 
re i fanciulli nobili; ì Mfngreliaai il seppellir 
▼ivi i proprj figli, ì Caraibi l'ingrassarli e 
mangiarseli ( V. Stallini De orla et progr. 

morum Gap. I. saia. il.) . 



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Loro origine e progressi* 229 
Oltreciò la legislazione appoggiata alle sem- 
plici consuetudini rimaneva sommamente in- 
determinata. Gli abusi 9 che ne venivano, fe- 
cero adunque , che si pensasse a stabilirla più 
fermamente , ed a formare un codice di leg- 
gi . Ma privi negli antichi tempi dell' arte di 
scrivere, come poteano i legislatori far note 
al pubblico le lor sanzioni , ed ai posteri tra- 
mandarle ? La poesia ed il canto supplirono 
allora alla mancanza della scrittura . Noi tro- 
viamo presso di tutti i popoli più antichi Ta- 
so di mettere in versi le loro leggi , e quei 
fatti , di cui amavano conservare la memoria . 
Apollo , secondo una tradizione antichissima, 
passava per uno dei primi legislatori , e di- 
cevasi , eh* egli avesse pubblicate le sue, leggi 
al suon della lira; le prime leggi della Gre- 
cia non erano pure che una specie di canzo- 
ni ; le leggi degli antichi abitatori delle Spa- 
gne erano similmente in versi ; e i Germani, 
che riguardavano Tuistone come il loro pri- 
mo legislatore , dicevano anch'essi d'averle da 
lui ricevute in versi • 

Queste leggi contenevano le pene fissate 
ai principali delitti , e i regolamenti intorno 
«gli affari della vita più importanti , vale a 
dire, comprendevano i principj più generali 
del diritto criminale e del diritto civile . 

La prima lesge penale è stata quella del 
tallone , cioè che al reo fosse fatto quello eh* 
egli aveva fatto ad altrui (1) . Ma non in tntt* 
i delitti questa legge è praticabile, ne m 



(1) Noi troviamo questa legge presso gl 
Ebrei , gli Indiani , 1 Locresi , e parecchi altri 
<STEULNI Ethica T. III. ) 

r « 
* • 



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s3o \ Società i » 

tutte le circostanze. Chi aresse uòciso tra al- 
tro , ben si potea obbligare a dover per«ler la 
propria vita ; ma chi avesse ad altrui rubato 
CQ$a che più non avesse , ed; a cui nulla aves- 
se d'equivalente ; non si <pdteva già obbliga- 
re a restituirla ; e molto ra«no ad aggiunger- 
» vi punto del pròprio . Aitile pene in questi 
oasi furono dunque sostituite ; é queste a prin- 
cipio comunemente furono rigorosissimi . Bra- 
cone , uno dei primi legislatori d'Atene , pa- 
ssiva di morte qualunque piccol delitto ; sic- 
ché si disse , eh' egli aveva sentite le leggi 
sue col sàngue • Le leggidi Minosse ini Cre- 
ta , da cui Bracone aveva tratto in gran pàr- 
. te le proprie, erano quasi altrettanto severe . 



ww 


p 




Li 



ni erano piene similmente di rigidissime pe- 
lile. E presso gli antichi Galli il supplizio, 
comune de' rei èra bruciarli ? ivi in oncire dei 

loro Pf-Utnii. • • \ :: o'i «.i J t ai v? , ; 

>\ • Lenteggi civili riguardavano il diritta <lr prò* 
prietà , i contratto" , i ;matrimonj^ e<le (eredi- 
tà . Ma presso ai primi (popoli cacciatori e 
pastori pochissima di «siffatte ! leggi erano ne- 
cessarie. Poco o nbifa posfeededdo , errando 
sempre da un luogo all' altro ; non avendo 
; vitina società fissa , appena di qualche conven^ 
5&ÌQne avevan essi n) ostieri , conv>enzionè pWt- 
i tosto privata*cbe pubblica , e^foriclataìpiattosto 
\ sulla -conistte'tuditté f che: su- lè^gi espresse . 
i All' agricoltura ,qaa*i gfcneraloietìte è dòvu- 
: ta l'origine della civile giumpradenziì . Gli 
- £gizj infatti da Osiride riconoscevano ad nn 
j tempo e V agricoltura e Te leggi V Lo stesso 
dicevano r Greci idi Cerere», u>' frinii popoli 
deinitalia -di Saturno , gli •< antichi abitatori 
delle G^llte di Alita, i jWufatti di Mancoca- 
l>ac, ed i Cinesi di 



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• t 



Loro orìgine e progressi . 201 
Trovata l'arte di coltivare la terra, una 
legge era necessaria per assicurare a ciascuno 
la proprietà dei campi , eh 1 egli prenderà a la- 
vorare , e dei frutti , che ne raccoglierà . Mo- 
rendo esso e lasciando dei figli 0 dei con-, 
giunti, una legge chiedevasi per la divisio- 
ne della sua eredità . Somministrando l'agri- 
coltura più di quello ch'è necessario pel man» 
tenimento del solo coltivatore * e facendo luo- 
go perciò a molti di occuparsi Bell'inveititi*^ 
ne di altre arti , una legge era di mestieri 
per lo stabilimento ed incoraggiamento di ; 
queste arti , e pel cambio vicendevole dei Jor 
prodotti con quelli dell 1 agricoltura ♦ Altre 
leggi vennero necessarie a misura che crescen- 
do le abitazioni in un medesimo luogo for- 
maronsi le città , che eoli* invenzione delle 
monete si venne aumentandosi il commercio , - 
che dilatandosi il commercio e l'industria , 
s n introdusse e a* accrebbe la disuguaglianza 
delle condizioni , che venne sorgendo il lus- 
so , ec : per le quali ragioni a poco a poco 
venne formandosi ed aumentandosi per ogni 
dove il codice delle leggi civili- 

Ma una società non può esser felice, se 
tranquilla interpamente non è apche sicura 
dagli esterni assalti. I mali prodotti dalle 
continue guerre fecero conoscere la ^cessiti 
di stabilire eziandio fra le diverse^ prpvincie 
e i diversi regni degli scambievoli patti , on- 
de assicurare la tranquillità di ciascupp ^ E 
quindi vennero i diversi trattati di pace , . * 
cT alleanze , di commercio , sui quali e sui 
generali principi del diritto comune è fondato 
il diritto pubblico o delle genti • , e 

Le leggi senza alcun dubbio moltissimo 
Jbanno contribuito cosi alla privata,,/ cerne 



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1 



^ ^ ^ Società . 
alla pubblica fèliciti.Male però da se soie potea* 
no a tatto esser bastanti , Imperocché mille 
colpe vi sono , a cui le leggi non san ripara- 
re (1) ; oltreché esse vietar non ponno il de- 
litto , se non col minacciarne la pena , qua- 
lora sia scoperto e dimostrato. Ma quanti 
delitti non si rimangono occulti ? E quante 
volte sebben conosciuti par non si possono - 
dimostrare bastantemente ? La pubblica sicu- 
rezza e felicità richiedeva pertanto , che 
mezzo alcuno si ritrovasse , onde impedire i 
delitti col prevenirli ; e ciò coli* estirpare i 
vizj fin dalle prime radici , coli 1 imprimere 
negli animi profondamente le massime della 
vera onestà , eoi persuaderli intimamente del- 
la importanza di praticarle ; e a tal uopt fa 
istituita la morale , e la scienza dei co- 
stumi • 

Ad un altro difetto delle leggi , difetto ri- 
levantissimo , ma a cui esse non han com- 
penso o riparo , si è pur supplito colla mo- 
dale • Le leggi si occupano per la più parte , 
e quasi interamente nei soli doveri negati- 
vi , cioè nel vietare che ad altrui facciasi 
ingiuria. 1 doveri positivi , cioè quelli che 
prescrivono di giovare altrui , dalle leggi so- 
no appena toccati. Ni* molto in questa par- 
te avrebbono pare le leggi potuta estender- 
si . Come costringere gli uomini a giovare ad 
altri? Come fissare tutti i casi , in cui uno a 
ciò debba esser tenuto ? Come verificare quan- 




• * 

<t) Non vi ha lngge , dice DUCLOS , ( Cort- 
sid. sur les Moeurs ) contro T ingratitudine 
e la perfidia , e in molti casi nemmeno con- 
tro la calunnia , l' impostura , e V ingiustizia. 



I 



Loro orìgine e progressi . 
do vi manchi? Come punirlo? Oltre all'offi- 
cio pertanto d'ispirare la giustizia, quello 
ancora cT ispirare V umanità e la beneficenza 
alla morale fu affidato . ' ■ « 

Le sentenze e i proverbj furono i pri mi 
mezzi , che gli antichi adoperarono P e r. Q i- 
stillare i precetti della morale . A questi s t- 
tentrarono le allegorie , le similitudini , le 
parabole, e ^ gli apologhi, in cui^ tra 
i Greci si rese celebre singolarmente Uso- 
po, il quale perciò, da Apollonio veniva 
anteposto a tutti gli altri poeti (Filostrato 
Vito di Apollonio lib. 5); e Lisippo mostrò 
<T anteporlo anche a tutti gli antichi filosofi , 
perciocché la statua di lui egli pose alla te- 
sta di quelle dei sette sapienti . ; 

Il primo però , che fra i Greci abbia ridot- 
ta la mo.rale a scienza , è stato Socrate . 
Quanta fosse innanzi a lui V oscurità , V in- 
certezza , e F inviluppo di questa sì util par- 
te della filosofia , dai libri di Platone dice il 
P. Stellini (De ortu et progr. morum cap. 3.) , 
si può abbastanza raccogliere. Non era sta- 
bilito peranche qual fosse la natura della vir- 
tù , da quai segni distinguasi esattamente it 
giusto e 1* ingiusta , quali sieno i primi ed 
immutabili principj dell 1 onesto : tutto era con* 
fuso , arbitrario , capriccioso . Socrate, fingen- 
do di voler apprendere da coloro f che tutta- ^ 
via di queste cose con fasto andavano ragio- 
nando , facevasi ad interrogarli , opponeva 
quindi delle difficoltà , finché a poco a poco 
li conduceva a dover confessare la loro vani- 
tà e leggerezza . Levati cosi i pregiudizi , 
mostrato debole ed incerto tutto ciò che cer- 
tissimo e fermissimo malamente si riputava, 
gettò i primi semi della vera morale , che 



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" 234 Società . 

coltivati poi furono da Senofonte e Platone 
suoi discepoli , e ridotti a miglior forma da 
Aristotele discepolo di Platone . 

Bbvendo ora noi, premesse queste nozio- 
ni , venire alla trattazione particolare di ciò 
che r uomo probo costitaisce , in due altre 
Sezioni questa parte divideremo , di cui la 
prima s* aggirerà intorno ai doveri , la secon- 
da intorno alle virtù . 



SEZIONE IL 

DEI DO VIRI . 

I o chiamo dovere tutto ciò che un corno , 
secondo i varj casi , è tenuto a fare o non 
fare . Affino* di meglio conoscere e dichiarare 
F origine di tali doveri, e i loro gradi diver- 
si, incomincieremo a considerare più uomi- 
ni f che in un dato luogo convivano , sena 1 
avere niuna dipenderla- V upo dall' altro ; e 
ci faremo ad esaminare ciò che V uno all' al- 
tro generalmente dovrebbe in tale stato . Ria 
se due di questi si unissero in amicizia scam- 
bievole è chiara, che nuovi doveri da ciò 
verrebbero ; altri s'accrescerebbero , se Y uno 
facesse alF altro alcun beneficio ; ne sorge- 
rebbon di nuovi , se due persone di sesso di- 
vergo in nodo conjogale *' accoppiassero ; ©- 
ve nascessero de 1 figli, isopraggingnerebbero 
altri doveri e de 1 parenti verso di questi, e di 
questi verso sparenti, e fra loro ; se più 
famigli s'accordassero a formare una sola 
società sottoponendosi concordemente a certi 



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Doveri 

patti , altri nuovi doveri ne nascerebbono ; 
finalmente ne sopravverrebbero di nuovi , se 
più società particolari similmente s* unissero 
con certi patti a formare una società genera- 
le . L' esame di tutti questi doveri sarà il 
soggetto della presente Sezione. 

* 

* CAPO t 

Doveri generali di uoYno a uomo . 

Troppo son celebri e troppo noti ad ognù- 
no i due precetti , i quali peTcbè derivati dal- 
la natura medesima , chiamatisi naturali , e 
che generalmente comprendono ciò che ogni 
uomo indispensabilmente deve ad ogn* altro, 
cioè : non fare ad altri quello che ragione- 
volmente egli può pretendere che a lui non 
si faccia; e fare ad altri quello che ragione- 
volmente può esigere che a lui sia fatto . Il 
primo di questi precetti contiene i doveri che 
ekiamansi negativi; il secondo quelli che so- 
no detti positivi . Incominciamo dai primi , 

Articolo?. 

Doveri negativi . 

Osni !cnlei „ .» s „ S so a diri.,0 di 

godere tranquillamente di ciò eh' è suo . 
Questo diritto na>cc immediatamente dalla 
nozione stessa delta proprietà ; poiché mio 
proprio non posso dire se non ciò chea me 
solo esclusivamente appartiene ; e di ciò che 
a me solo appartiene , ogni ragion vuole , 
eh 1 io solo debba avere il diritto , ossia la 
padronanza e la facoltà di godere-. 



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2 3(5 ^ Doveri 

Da questo principio con una conseguenza 
chiarissima e facilissima egli è condotto a 
conchludere , eh 1 egli deve adunque anche agli 
altri lasciare il godimento sicuro e tranquil- 
lo di ciò che è loro ♦ Imperciocehè se a lui 
fosse lecito l'usurpare V altrui , agli altri an- 
cora sarebbe lecito egualmente 1' usnrpare ciò 
che ad esso appartiene y e ninno più avreb- 
be il diritto di godere esclusivamente di ciò 
eh 1 è suo . 

Questo primo dovere , eh* è quello che chia- 
masi dovere di giustizia (i>, è cosi sempli- 
ce, e cosi facile a comprendere, ch'io non 
so come trovati si sieno dei filosofi , i quali 
abbian creduto necessario il supporlo inna- 
to , supporlo impresso dalla natura , quasi 
che gli nomini non dovessero per se mede- 
simi arrivare ad intenderlo . Innanzi che Lo- 
cke mostrasse cosi evidentemente, com'egli 
ha fatto , l'assurdità delle idee innate , i fi- 
losofi potevano anche esser più compatibili» 
La meraviglia maggiore si è , che anche do- 
po di lui il sentimento morale innato , il 
quale preso col miglior senso (2) altro non 



(1) Gli Etimologisti traggono il nome 
stitia da ]uhere comandare, perchè essa ap- 
punto è comandata dalla ragione , e dalle leg- 
gi , che da questa dipendono . 

(a) Dico preso nel miglior senso , poiché 
qualora s'intende per "sentimento morale, 
come pur vogliono alcuni , lo stesso effetto 
meccanico della piacevole o molesta impres- 
sione , che la vista delle azioni buone o mal- 
vagie in noi produce, e questo effetto mec- 
canico si costituisca giudice immediato della 



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Negativi • ( 23; 
significa , fuorché i principj pratici, che innati 
supponevansi dai Cartesiani , sia stato da al- 
cuni timor sostenuto • 

L'origine dell'inganno è l'universalità, che 
nel sentimento del giusto o dell'ingiusto soor- 
gesi fra gli uomini . Ma oltreché questa me- 
desima universalità ammette delle forti ecce- 
zioni , ove gli uomini sieno corrotti o dalle 
passioni , o dai prfcgiudizj , o dalle prave con- 
suetudini (i), basta una leggiera attenzione 
per cotnprpndere , che in taoto egli è univer- 
sale in tutti gli uomini che abbiano il sen- 
so comune non guasto dalle passioni o. da* 
pregiudizj , in quanto dipendendo da una 
semplicissima conseguenza , non v' ha niuno 
si stupido , che non sappia ded'urla : massi- 
mamente che l'esperienza l'obbligherebbe jnir 
finalmente a dedurla anche suo malgrado , 
giacché troppo spesso vedrebbe i tristi effetti, • 



loro bontà o malvagità, egli è ancora più 
apertamente falso ed assurdo . Imperocché il 
veder uno ammazzare un altro lo stesso ef- 
fetto meccanico certamente in me produce o 
il faccia egli per offesa o per difesa , o per 
privata o per pubblica autorità ; e se il con- v 
danno nel primo caso , e nel secondo V as- 
solvo , non è già per diversità d'impressione 
meccanica , ma per ragione. Il sentimento* 
inorale del buono è come il gusto del bello , 
i che non s'acquista se non a forza di osser- 
I vare gli oggetti , di paragonarli, di studiarli, 
insomma a forza di riflessione e di esercizio , * 
nel «he certamente non vi ha nulla d f innato . 

(t) Veggasi qui pag. 228., e nella Meta- 
fisica a pag. 42. 

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238 m * Doveri 
che gli nascerebbero , ove si volesse far lecito ' 
l'usurpare liberamente l'altrui . - 

Il diritto di proprietà , che ha ciaseun uo- 
mo , a tre cose generalmente riduceài : la per- 
sona , le sostanze , e V onore . Dovere di cia- 
scun aorno è pertanto di non offendere al- 
trui in niuna di queste tre parti . Incomin- 
ciamo da ciò che riguarda la persona . 

§. L Non offender altri nella persona . 

Quattro sono principalmente i motivi , che 
sogliono recare gli uomini a far ingiuria ad 
altri nella persona : la povertà , l'ubbriachez- 
za , Tira , e la prepotenza . 

La povertà forma i pubblici assassini, i 
pirati, i sicarj . IVfa oltreché qualunque po- 
vertà anche estrema non può mai dare il di- 
ritto d'inveire contro l'altrui persona , egli 
è pure assai rado , che la povertà , la quale 
conduce a siffatti delitti , sia per sè medesi- 
ma incolpabile. L'ozio, V infingardaggine , 
l'abborrimento alla fatica , il giuoco , la cre- 
pola, il libertinaggio sono i vizj, che in una 
povertà o voluta , o meritata mantengono 
siffatta gente. E poiché troppo è difficile, 
che da questi vizj si corregga chi con laJun- * 
ga consuetudine v'abbia formato l'abito, 
quindi appare manifestamente la somma im- 
portanza d'allontanarne la gioventù fino da- 
gli anni primi ,ed avvezzarla alla temperanza, 
all'occupazione, all'amore delia fatica. 

IV ubriachezza è la seconda , e forse an- 
cora più frequente cagione delle risse, delle 
ferite, e delle stragi » Quand'essa sia del tut- 
to involontaria ♦ come avviene pur qualche 
vwlt;i , c sia tale , che tolga affatto l'uso del- 



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Negativi . ttZg 
la ra gioite , le azioni che in tale stato com- 
mettonsi, non sono imputabili a colpa , come 
noi sono quelle d' an frenetico o d'an forsen- 
nato. Ma è ben raro , che> Tubbriachezza sia 
accidentale affatto ed involontaria ; e tosto - 
che ano avvertitamente si espone al pericolo 
di perdere la ragione , egli si fa reo di qua- ' 
lunquè delitto, che in tale stato commétta . 
Quindi è che Pittaco, affine di meglio distor- 
re gli uomini dall' esporsi a cosi fatto peri- 
colo , voleva che i delitti commessi nell ub- 
riachezza fossero doppiamente panili . Al- 
trove gH nbbriachi erano gastigati colla pub- 
blica ignominia : né certamente fra tutt 1 i 
vizj alcuno ve n' ha , che retida V uomo più 
disprezzabile, e più degno d'obbrobrio , ag- 
guagliandolo esso alle bestie irragionevoli , e 
sotto di lor medesime degradandolo . 

La collera o è di primo impeto , o rifles- 
sa • In un impeto primo l'uomo non è pa- 
drone di sè medesimo , e ciò eh' egli fa non 
è a Ifcu imputabile , perocché fatto senza de- 
liberazione, e con solo movimento mecca- 
nico • Rare volte però avviene , che tfuesto 
impeto primo trasporti V uomo sì rapidamen- 
te ad operare, che non gli Lisci alcun tem- 
po ai riflettere . Comunemente tanto di spa- 
zio gli lascia almeno da conoscere ciò eh 1 
egli fa ; e tosto che là riflessione è la co- 
scienza di ciò ch'egli -operai, inuomincia ad 
aver luogo ; incomincia pure la colpa . 

La collera riflessa talrófta nasce An invidia 
o da m*ljgifftfr, e {talvolta da ingiurie rice- 
vate . L'invidia e la malignità vengono , co- 
me è già detto , amendue in prima origine 
da!P orgoglio . Noi ci sdegniamo di veder al- 
tri superiori a noi, il che è invidia , ci sde- 



sfa Doveri 
gimmo pari talvolta di veder altri a noi e- 

guali , e cerchiamo di'. far loro del male per 
abbassarli sotto di noi» per sentirne la no- 
stra superiorità al confronto , il che è ma/i- 
gnità . Ma di amendue siffatte passioni l'ini- 
quità e U turpitudine è sì manifesta , che non 
accade pur favellarne . 

la collera , che proviene da ingiurie rice- 
vute f sembra a primo aspetto più compati- 
bile , e lo è realmente , trattandosi del pri- 
mo moto . M*, allora quando è continuata e 
riflessa , quando diventa *x>cìio e rancore, e 
molto più quando portasi alla vendetta , es- 
sa non è meno condannabile di qualunque 
altra . 

Imperciocché ben fu parere d' alcuni anti- 
chi filosofi , che fosse lecito il render male 

f>er male; e Cicerone pùr disse (de Ojficiis 
ib. i. c. 6) , che il primo dover di giusti- 
zia è di non nuocere a nessuno , ove non 
siamo da lui offesi ; quasiché il nuocere in 
questo caso fosse permesso . Ma ni una cosa 
propriamente può mai dare all' uomo il dirit- 
to della vendetta . Egli ha innato il diritt o 
delJa difesa , come aniesso a quello della 
propria conservazione: può avere anche il 
diritto della punizione ( con quelle restriziò- 
_ ni che fra poco accenneremo ) , onde im- 
pedire che T offensore ardisca d 1 oltrag- 
giarlo altre volte ; ma la vendetta é sempre 
barbara e brutale, né dall'ingiuria differisce, 
secondo il savio detto di Seneca (De ira 
lib. ì. ) , se non nel tempo e neir ordine • 
Anzi essa può dirsi ancora più che brutale ; 
poiché se la vipera morde chi la calpesta , se 
morde il cane chi lo minaccia o il percuo- 
te , egli è sempre per modo di difesa : un 



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Negativi. *it 
odio perseverante e riflesso appena dalle be- 
stie è conosciuto . 

Lo stesso diritto deltapunizione , in quan- 
to tende ad assicurarci dagli oltraggi avve- 
nire^ ben può appartenere a ciascuno per- 
sonalmente, quando egli viva in luogo, che 
privo sia d 1 ogni legge e d* ogni governo; ma 
tosto eh 1 egli si unisce in società , egli cede 
all' autorità pubblica questo suo diritto : e 
per ottenere la riparazione dell' ingiuria ri- 
cevuta, eia sicurezza dalle ingiurie avvenire , 
alla pubblica autorità egli deve ricorrere ; 
imperocché niuua società potrebbe sussistere f 
se il diritto della privata vendetta a ciascun 
individuo rimanesse 

Un mal inteso orgoglio è il particolare 
motivo | che negli uomini nutre questo spi- 
rito di vendetta . La taccia di viltà o di de- 
bolezza essi temono, ove lascino di vendi- 
carsi . Ma qua! lode in primo luogo può fi- 
gli mai sperare un vendicativo ? 0 viene ad 
ottenere la vendetta per mezzo delle prote- 
zioni , dell 1 autorità , del denaro 9 e la loda 
sarà del suo denaro , o del suo grado , o del- 
le sue protezioni , non di lui stesso ; b l'ot- 
tiene di propria mano, e la lode d'aver i 
muscoli un po' più forti f o le membra uu 
po' più agili f o le armi un pò 1 meglio tem- 
prate , è tutta quella eh* egli p 0 ò aspettar- 
si . Ma questa lode è essa paragonabile alla su- 
blime grandezza d f un nomo magnaoimo , 
che sappia vincer sè stesso , e concedere un 
generoso perdono ? Adriano salito appena? 
all' impero , avvenutosi in un antico nemi- 
co ; tu T hai scippata , gli disse , accennando 
che cosa indegna di un imperatore egli ri- 
putava il vendicarsi ; E con qua! senso cti 



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242 > Doveri ^ 9 - 

venerazione non sono da noi riguardati quel* 
• li che hanno dato di questa magnanima ge- 
nerosità i più illustri esempj ? Fooionc f che 
condannato dagli Ateniesi ad ingiusta mor- 
te, non altro comanda al figlio, se non di 
perdonare agli Ateniesi; Cinna , che oltrag- 
giato da ano dell A plebe, e dell'oltraggiosi 
dimentica e dell 1 offensore ; Augusto , che in- 
sidiato da Cinna , cui egli colmato arerà di 
beneficj f non altra rendetta ne prende , che 
farlo arrossir della sua ingratitudine , e di 
nuovi .. beneficj ricolmarlo , da chi non sono 
preferiti a' detestati nomi di Medea , d' Atreo , 
e d' altri tali famosi per le più atroci ren- 
dette ? 

Che fosse di lode il rendicarsi ne'tempt del- 
la primiera barbarie, in cai, siccome abbia- 
mo dianzi redato , di n all'altro si facea con- 
to che delle forze £el corpo , non è difficile 
a comprendere. Ma qaanto non è vergogno- 
$0 , che lo stesso onore alla rendetta s'attri- 
buisca anche a 1 dì nostri da quelli , che ad 
ogni momento hanno l'onor sulle labbra ^sen- 
za conoscere in che veramente egli consista ? 
E ben forse n' arrossirebbono essi medesimi, 
Sa riflettessero , che il pregiudizio , il quale 
fa ad ogni minima offesa por mano alle armi , 
che fa credere che non si possa lavare un ol- 
traggio se non col sàngue, è un avanzo ap- 
punto delle massime atroci a noi portate dai 
bàrbari del settentrione , propagatesi poi ne' 
barbari tempi della cavalleria , e dall'orgoglio 
do' giovani più sventati e prosontuosi d' età 
in età tramandate. Il qual pregiudizio , ben-jj 
chè più forse per effetto del lusso e della 
mollezza, ehe per ragione , si sia a* nostri 
- te*» pi scemato in parte , non è tuttavia a 

V 

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Negatiti. 

sperarsi che mai si vinca del tutto , finché 
1 T opinione , che presso a molti tuttora il so» 
stiene , non sia superata col legare pubblica- 
mente a siffatte vendette tanto d 1 infamia e 
di disonore , quanto d'onore e di lode ingiu- 
stamente vi s' attribuisce . 

Il quarto motivo , ohe guida gli uomini ad 
offendere altri nella persona , è la prepoten- 
za . Egli è raro difatti , che la forza superio- 
re non inviti ad abusarne, per quel maligno 
piacere che ha V uomo , piacere pdcanzi ac- 
cennato 9 di sentire al paragone la propria su- 
periorità; e ciò col gravare altri d* ingiurie , 

0 col farseli schiavi . 

Un tale abuso di forze è quello che forma 

1 grandi tiranni ne' grandi imperj; che forma 
gli oppressori del debole , del povero nello 
piccole società ; e che sì presto sviluppasi pur 
ne' fanciulli , i quali sovente , come io ho 
altrove accennato (1) , un tristo piacere si 
formano di fare ad altri del male solo per 
far mostra della superiore lor robustezza . 

Siffatto abuso è stato pure riguardato da 
Hobbes come un istinto della natura , corno 
lo stato naturale dell' nomo : ingiustamente 
però e stoltamente: perocché anzi la natura 
ci grida di continuo colle voci della sensibi- 
lità e della ragione , che indegno pure del 
nome d'uomo è colui, che brutalmente si 
vale della sua superiorità per opprimere i suoi 
simili . 

La sicurezza di non averne a soffrir danno 
è quella che a ciò suole animare pi* for- 



(0 Nella Lettera al Conte Carlo Fettoni 
premessa al Voi. I. delle Novelle morali • 

l z 



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244 Doveri 
temente. Ma mille esempi funesti dtfvrebbo- 
no togliere questa vana presunzione di sicu- 
rezza . Il far male è cosa si facile f che non 
Vha persona, per quanto debolo e vile e 
povera ella sia, che quando ciò si proponga, 
o tosto o tardi , non sappia pure riuscirvi . 
Dove non giungono le forze, arriva l'astuzia 
e la frode; dove non valgono le mani, sup- 
plisce la lingua. Ninno , che faccia ingiuria 
altrui | può mai essere pienamente sicuro di 
non averne a soffrir la vendetta. V aquila 
d'Esopo, affidata al valor delle sue penne, 
beitavasi delle minacce e delle querele della 
volpe , a cui rapito aveva uno dei figli; ma 
questa, presa una fiaccola , col dar fuoco al- 
la pianta , ove l'aquila aveva il nido , i figli 
di lei col nido stesso ben presto v'avrebbe 
abbruciato, se fatta accorta l'aquila del pe- 
ricolo, non avesse immantinente alla volpe 
il figlino! suo restituito . 

• 

§. II. Non offender altri nelle sostanze . 

• 

La violenza e la frode sono i due mézzi , 
onde gli uomini mal onesti si valgono per 
usurpar l'altrui . Ma dei ladri manifesti io non 
farò qui parola , i quali , come dice Cicero- 
ne ( de Olficlis ìib* 3. cap. 8. ) , non colle pa- 
role, o colle dispute dei filosofi , ma colle 
catene e colle carceri sono da raffrenarsi . Io 
prenderò invece ad esporre brevemente ciò che 
. le regole della giustizia e del dovere da ogni 
uomo onesto geperalmente richieggono . 

Primieramente adunque non solo non de- 
ve egli mai appropriarsi ciò che sa aperta- 
mente «ssere d'altrui > ma nemmeno farsi pa- 

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Negativi . 2*45 
tfrone di ciò eh 1 è dubbio , infinchè questo non 
è disciolto (i) . 

2. Ove trattasi di co*a dubbia , bab^n cia- 
scuno il diritto di far valere le sue ragioni , 
ma per modi onesti e sinceri . Qualunque 
soperchierìa , o inganno « o artificio deve es- 
ser tolto ; niuno deve mai abusare dell'altrui 
debolezza , o sciocchezza , od inavvertenza : 
Altrimenti ogni acquisto fatto per tali mezzi 
sani sempre iniquo e vergognoso. 

3: Nelle compere , nelle vendite , e ne* 
cambj Ia*bnona fede più esatta dee sempre 
regnare ! nè chi vende deve abusare dell 1 avi- 
dità o ignoranza dei compratori per preten- 
dere più del dovere ; nè chi compera può va- 
lersi della necessità, in cui talvolta è il ven^ 
ditoro, o della sua imporizia , per levargli 
punto del giusto prezzo (a) : molto più deb- 



(1) Dionigi Tiranno di Siracusa per toglie- 
re in Epidauro la barba d'oro alla statua d'K- 
sculapio , ed in Olimpia il manto d'oro a 
Giove , disse del primo eh' essendo Apollo 
imberbe, non conveniva che il fìgliuol suo 
fosse barbato ; l e del secondo , che qnsl man- 
to troppo pesava d' estate , e troppo era fred- 
do d' inverno . Quanti di quei pretesti , onde 
valgonsi per usurpare l'altrui coloro , tha 
vergognandosi dell' aperta frode e violenza , 
cercano pure di ricoprirla per qualche modo, 
non sarebbero c|a somigliarsi a quelli di Dio- 
nigi P 

(2) Q. SCEVOLÀ. nel contrattar il prezzo 
di un fondo sentendosi chiedere dal vendilo - 
e a*sai m?ao % di qusllo eh* egli lo stimava 9 
spontaneamente v'aggiunse cento mila s$$- 
terzj ( GIG. de Offic. Lib. 3. Cap. S. ) 



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Doveri 



• no essere affatto lontane tutte le fallacie 
«elle misure ne* pesi 9 nelle qualità delle 
mere io del denaro , e somiglianti (1) • 



(i) Rispetto alla qualità dAìe merci , qaand' 
abbiano dei difetti noti soltanto al venditore 
e che <lal compratore non possano conoscer- 
si , è cosa abbastanza chiara per sk medesi- 
ma , che il Tenditore è tenuto a manifestarli 
* in molti casi ciò è par dalle leggi espres- 
camente prescritto * R' qnistione soltanto , 
f egli sia tenuto a palesare ancor quelli 9 che 
il compratore con ona mezzana attenzione 
po£> discoprire per sì medesimo , nel che teb - 
ben CICERONE ( loc. cit» ) il voglia assoluta- 
mente obbligato , non sembra però eh 1 egli 
fio abbia un espresso dovere f purché non usi 
alcun artificio a nasconderli , e ti contenti 
sol di taotrli ; nè abasi dell 1 ignoranza o inav- 
. vertenza del compratore per esigerne poi uh 
prezzo maggiore del convenevole. 



RONE(Ib. cap. 7. ) f che mi piace di riporr 
tar per esteso . Pone egli il caso d' un mer^ 
catante , il quale partito da Alessandria per 
Bodi con nna nave carica di frumento , vi 
giunga in tempo che ivi sia estrema scarsez- 
za; e domanda ; se sapendo egli esser parti- 
to da Alessandria altre navi egualmente cari- 
che alla stessa volta , debba ai Rod) manife- 
starlo , o tacendolo vendere il suo frumento 
a miglior prezzo. A disputare intorno 3 ciò 
egli introduce DIOGENE in Babilonia , a 
eoi pareva che il venditore fosse ben tenuto 
a scoprire i difètti secondo il prescritto della 
legge civile ; ma che nel resto egli senza fro-* 




>■ 



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Negativi . 2Ì7 
4- Nello promesse e nei contram la parola 
data debb' essere inviolabile . E in questo 
non solo la massima sincerità deve usarsi V 
onde sia tolta ogni frode ; ma eziandio la 
massima chiarezza e precisione , onde sia 



de potesse giustamente cercar di render* il 
fatto sno al iunior prezzo t ed ANTIPATRO 
dtscrpolo di lui , il qual voleva alP incontro 
che tatto si palesasse , dimodoché il cómpra- 
tore nulla ignorasse di ciò che al venditpr 
fosse noto : „ Io ho qoa condotto il* frumen- 
to f/ fa egli dire a DIOGENE , l'ho esposto 
in sai mercato , noi vendo più degli altri , 
c fors' anche meno : se n'ho maggior copia , 
a chi Fo io ingiuria con questo? Cotpe ? ris- 
ponde ANTIPATRO , tu che agli nomini dei 
provvedere, e servire air umana società , che 
sei nato colla legge di dover sempre ubbidire 
a quei principi di Natura f 1 quali vogliono 
che il tuo vantaggio sia il vantaggio comune, 
terrai celato agli nomini ciò che di comodo 
e di abbondanza vien loro apprestandosi ? - 
Altro è il celare, ed altro il tacere, ripiglia 
DIOGENE : s'io non ti dico ora qual sia la 
natura degli Sei , qual la fine dei buoni ; 
pose , la cognizione di cui assai più ti giove- 
rebbe , che V utilità del frumento , io non tei 
celo per questo : non tutto ciò che ad altri 
è utile F ascoltare , è a me necessario il di- 
re • - Necessarissimo , replica ANTIPATRO , 
se pur ti sovviene , che tra gli uomini la so- 
ciety è statuita e formata dalla stessa Natu- 
ra , -Me ne sovviene , ripiglia PIOGENE j 
ma questa società è forse telo , che ninno 
«hbia nulla di propri*?? Se ciò fosse , niente 



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r ^ . Doveri 
rimossa ogni ambiguità o controversia o in- 

certezza (i • ' 

.5. Nei censi , nei mutui , e nei prestiti di 
ejgni specie quel fratto sojo si deve esigere , 



pare s 1 avrebbe a vendere , ma tatto avrebbe 
a donarsi 44 . * 

CICERONH qui 'sembra dar maggior paso 
alle ra&ioni di DIOGENE ; ma pare in segui- 
to (Ibid. cap. 8.) abbraccia il parere d' ÀNTI- 
FA I RÒ . Imperocché egli è un celare , di- 
ce , il volere per tao profitto , che altri ignori 
ciò che tu sai , e che ad essi pare importe- 
rebbe il sapere. E questo celare, segue egli 9 
ehi noli vede di quale specie di uomini sia 
proprio ? Certamente non di un uomo aper- 
to , e semplice , o ingenuo , e giusto , e dab- 
bene ; ma piuttosto di uno scaltro, e capo , 
e astato, e fallace, e furbo , e malizioso 4 *. 

Checché sembrasse però a CICERONE , 
me certo non pare, elle a quel mercatante 
di Rodi siffatti titoli si convenissero, qualo- 
ra dell 1 altrui ignoranza egli non si servisse 
per mettere il suo frumento ad un prezzo 
indiscreto . Io concederò volentieri , che ope- 
ra assai più lodevole egli avrebbe fatto, ma- 
nifestando il frumento che altri recavano ; ma 
3QOn tutto ciò eh 1 é lodevole è pur di esprcs^ 
so e indispcnsabil dovere ; né quel che a far-* 
ti è virtù , è sempre vizio o delitto jl tralas- 
ciarlo , Qorne vedreipo nella seguente Sczio-s 

(ì) Le ambiguità da alcuni si asano es- 
pressamente per abusarne, Come già fece 
secondo PLUTARCO ( Apopht. Lac.) lo spar- 
tano Cieomejpe , il quale patteggiati coi n?- 



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I 

Negativi. 24.3 
che le leggi permettono , allontanata ogni 
sarà . 

6. Chi per nitri affatica ha diritto di ricer- 
care air opera sua la ricompensa; ma nè egli 
deve porla a maggior prezzo , che per si stes- 
sa non merita , nè chi il servigio ha ricevuto 
deve la mercede o negargli , 0 ritardargli ol- 
tre il dovere . 

7. Chi riceve o deposito , o amministrazio- 
ne di cose altrui, esserne deve fedele costo- 
de ed amministratore , non trascurarne la 
guardia e' la tutela , sicché ne vengano a pa- 
tire , non valersene a proprio vantaggio con 
pregiudizio del possessore • 

Qualora recato siasi altrui del dapno o 
per imprudenza o per colpa , dee. ripararsi " 
scrupolosamente, ove il danneggiato sponta- 
neamente non lo rimetta , . ' ' 

9. Ogni regalo o promessa * che servir pos- 
sa d 1 insidia , onde farci mancare al dover 
nostro , deve riggettarsi come un' ingiuria • 
Celebre in quésto si è resa presso ai Roma- 
ni r integrità di Curio, e di Fabrizio ; e 
presso agli Ateniesi quella di Senocrate, e 
di Focione (1). Cleomene Spartano , tentata 

mici cento trenta giorni di tregua 9 saccheg- 
giava le lor campagne di notte , dicendo 
ch'egli avea promessa la tregua di giorno, 
ina non di notte ; e come altrove abbiamo 
già accennato ( Logica Part. fi. pag. 99,) 
che fecero pure i Romani f i quali convenu- 
. ti con Antioco eh' égli dovesse lor cedere la 
metà delle scie navi , pretesero che non la 
metà del numero, ma la metà di ciascuna lo- 
ro cedesse , col qual pretesto niuna interai 
gliene lasciarono . 

<i) CjURIO ai Sanniti , ehe tentavapQ di 

I 

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a5o ^ Doveri 
anche egli con doni da Meandro Samio ? non 
solo li ricusò , ma lo fece pur esiliare , per- 
chè altri non corrompesse . 

io. Le stesse eredità acquistate per testa* 
mento non sono oneste , dice Cicerone (de 
Officiu lib. 3. cap. 8. ) , qualora siano pro- 
cacciate con maliziosi arti fi cj ; e peggio anco*» 
ra ove s' ottengano con pregiudizio di quelli , 
a cni toccare dovrebbono legittimamente . ^ 

Insomma per tutto chiudere in breve , il 
rigor massimo usare da noi si Jeve in que- 
sta parte: guardarci dal recare mai ad altri il 
minimo nocumento , guardarci dall' usurpa- 
re , o dal ritenere giammai cosa alcuna , so- 
pra di cui non ci consti d' avere un sicuro ed 
indubitato diritto. > 

A ciò non pur dal dovere , ma ancor dal 
nostro proprio interesse noi dobbiamo essere 
determinati; giacché non vi ha cosa che ren- 
da T uomo più abbonito e vituperevole , che 
r usurpazione , la trufferia , e la mala fedo . 
Un solo tratto malonesto , che in alcuni si 

' 4 

» 

m mm m mmm . 

corromperlo con danaro, fece veder la sua 
cena , eh' era di sole rape , dicendo loro : Non 
abbisogna di oro chi appagasi di cotal cena . 
lo stesso disse SENOCR ATE ai Messi di Ales- 
sandro . FABRICIO non solo rifiutò i doni di 
Finto , ma legato in appresso gli foce con* 
durre il Medico , che offerto si era di avve- 
lenarlo . FOCIONE ricusando cento talenti 
mandatigli da Alessandro : lascia , disse , 
che io m' abbia la riputazione di corno onè- 
sto . e lo sia • E certamente il dùjmteresse 
è impunto la maggior pruova dell' onestà , 
o^de CUIIONE meritamente dicea , che Toro 
è all' uomo ufee air oro è pietra di paragone. 

\ 

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Negativi . s5i 
scopra , ,ba$U per rènderlo perpetuamele 
sospetto; per quanto egli cerchi d'asconder- 
si , è ben difficile ^ che aluna volta Y nomo 
jnalonesto non si discopra . Al contrario non 
v' ha cosa, che ad nn nomo renda più ono- 
re che un'illibata integrità (j). Aristide , 
che dopo avere por molti anni in Atene avu- 
ta l'amministrazione del pubblico erario, 
morì poverissimo , per questo titolo sarà eter- 
eamente glorioso (2) 

Ma un forte bisogno noal può egli far le- 
cito qualche volta V appropriarsi l'altrui?* 

Alla conservazione di sè stesso ognuno ha 
certamente un imprescrivibii diritto ; e se 
uno che langue di fame non ha altro mezzo 
di provvedersi f s* è necessitato assolutamente 
a toccare l'altrui , questo pure sarà a lui per- 
messo P Ma tante condizioni a ciò si richieg- 
gono , che è ben difficile che mai il caso ne 
avvenga . Conviene, eh' egli abbia indarno 
cercato di procacciarsi onestamente il neces- 
sario colla sua industria e fatica , o che 9 
ciò per costituzione di corpó sia affatto iip*. 
potente , e elj.e indarno abbia procurato d'ot- 

* ' f ù 
'. mm-m ■■■ ■ ■ ■■ . i ■ 

(i) Fundamentum perpetuale e ammenda* 
thm et f*mae, diee CICERONE ( De Of T 
fic. lib. 2. cap. i4) est j 11$ tùia, dine qua 
nihil potest esse laudabile . 
. (2) Lo stesso ARISTIDE , allorché TEMI- 
STOCLE propose di abbruciare tutte le* navi 
.dei Greci , affinchè itene sola avésie fi Àq- 
minio del mare, si contentò di dirè s 'cìie il 
progetto di Temistocle era utile , ma non 
onesto ; e ciò bastò, perchè il progetto da 1 

popolo si rigonasse , ti / \ 



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*5fc Doveri 
tenerlo spontaneamente dal soccorse altra! f 
e che il bisogno frattanto sia estremo e non 
ammetta dilazione ; e in questo caso puran- 
che quel solo a lai sari lecito A x appropriar- 
si , ohe si rich legga al presente bisogno , * 
txon più : ai bisogni avvenire egli dee cerca- 
re in seguito di provvedere o colle proprie 
fatiche qualora il possa , o «Sol chiedere Fai- 
trai pietoso sovvenimento . 

Io dico primieramente cotte proprie fatiche 
qualora il possa ; imperciocché non è già 
esente da colpa chi potendo procacciarsi il 
fitto eòi supi lavori f sceglie piuttosto di pro- 
curarselo mendicando . Se Y altrui non usur- 
pa egli colla forza , V Wpi allor colla fro- 
de quella impotenza mostrando e quel bi- 
sogno 9 ohe non ha veramente , e frodando 
intanto i veri impotenti di quei soccorsi > 
ehe soli essi hanno, diritto di esigere dalFal- 
troi umanità . 

Ma ciò «he spinge pia comunemente ad 
usurpare T altrui o colla forza o ooU» frode f 
Vi h l'avarizia, la quale nasce in alcuni dal 
solo amor del denaro , e dal turpe e vile de- 
siderio di ammassarlo ; ed in. altri dall'op- 
posto y\z\o , io voglio dire dalla prodigalità 
e dal lusso . Chiunque spende sopra alle 
forze , chiunque vuol comparire più che non 
è , air eccésso delle sue spese supplir non po- 
tendo «oh nudi onesti , conviene che agFino- 
pesti, ricorra • ttùo dei quali» o il più fre- 
qnente % sebbea meno scrupolo se ne faecsa- 
mo la maggior parte f si è il caricarsi di de- 
biti pltre misura , e frodar poscia o con fai- 
si raggiri > o con un turpe fallimento i pro- 
nrj creditori 

y % ha dei politici , i quali lodano il Usto 



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/ 



Sfegativi . ^ *5$ 

come atile alla società, perchè anima , dico-* 
no essi , V industria , promuove le arti e it 
commercio , e fa che il denaro non. ristagni 
in poche mani , ma corra, e circoli , e si 
diffonda . Or che ciò possa riuscir di vero* 
vantaggio , infin che il lusso è ristretto nei 
soli ricchi e nei grandi , e che da essi pur» 
s'esercita in modo proporzionato alle lo r fa- 
colia ( nel qual caso è magnificenza f non 
lusso), io il concederò volentieri . Ma che 
sia utile alla stessa società , quando egli si va 
diffondendo nelle classi minori, ed ognuna 
vuol grandeggiare sopra alla propria condi- 
zione ; quando per supplire alle spese , che a 
ciò richieggonsi , la più parte sono costretti 
a ricorrere a mezzi turpi e inonesti ; quando 
nasce perciò un conflitto continuo fra i cit- 
tadini di violenze e di frodi , e quello si tie- 
ne più valoroso e più accorto , che meglio 
sa opprimere» ed ingannare altri; quando è 
spenta in conseguenza la buona fede , cor- 
rotti sono i costumi, e regnar si vede da uji 
canto l'astuzia e la malizia, anziché un'in- 
dustria lodevole, e d ali* altro l'ozio., il II- 
bertiffaggio , il dissipamento, io certamente 
non so concepirlo . Checché a* politici possa 
parere deh ! asso in questo caso , la morale 
certamente per niup modo, non potrà mai ap- 
provarlo , ed io lascerò poi ad essi il decide- 
re se alcun oggetto politico possa mai real- 
mente esser utile, quando sia opposto alla, 
morate (i)-. 

* • 



(1) Guai a chi pone , diceva . ÀRRTÀNO ^ 
in un luogo V utilità , e in no altro ì* 
dovere ; e U Libro III. degli UfSc) di CIGR.^ 

i 



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254 Doveri 

• * 

§• IH. Non offender altri nell'onore*^ 

^ La riputazione è fra i beni dell* uomo il 
più importante e più prezioso ; ed il togliere 
altrui la riputazione è talvolta peggi or de- 
litto , che V offenderlo nelle sostanze , o nel- 
la persona ; conciossiachè le conseguenze, a 
/cui può condurre una calunnia o una maldi- 
cenza , sieno infinite , e il detrattore o calun- 
niatore si faccia reo di tutti que 1 inali , che 
possono derivarne . 

Questa specie di delitto ciò non ostante è 
forse la meno considerata, e di essa gli uo- 
mini minor ribrezzo comunemente si fanno * 
L* orgoglio , che apertamente o segretamente 
domina in ciascun uomo , fa che ognuno go- 
da di vedere £li altri abbassati, e che quin- 
di volentieri ascolti chi parla male d'altrui, 
e facilmente si lasci trarr? a parlarne mal* 
cgh stesso . 

Allora principalmente egli è difficile il con- 
tenersi , quando gli altrui difetti caricar si 
possono di ridicolo . La ricompensa di lode, 
che il maldicente promettesi dalla brigata 
eoi saperla far ridere a spese altrui , è qna 
fortissima tentazione (2) , alla qrjale tanto più 



RONE è quasi tutto occupato a dimostrare 
«he niuna cosa deve ntile riputarsi qualora 
non sia onesta : il che se è vero rispetto a 
ciascun uomo , molto più esser deve rispet- 
to all' intera so si età . 

(a) Perciò dice LA ROCHEFOUCÀULT 
che alcuni sono maldicenti più per rapiti «he 
j?er malizia . 



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facilmente sì cede f quanto meno di pregiu- 
dizio si suppone che hi pittata- di tali difet- 
ti debba recare alle persone f a cai s'oppro- 
pria . Ma un solo motto , un tratto sol di ri- 
dicolo è stato qualche volta la rovina di 
quelli contro di cui fa lasciato. E siccome 
tanta maggiore impressione egli fa, e tanta 
più lungamente suol ritenersi , quanto è più 
arguto e più rivo ; cosi in* questi casi via 
maggiormente dee V nomo onesta saper vin- 
cere Y amor proprio e raffrenarsi . 

Tanto più che la sperare colla maldicenza» 
▼era lode, o stima, o affezione da quelli 
ehe ascoltano , è una vana illusione ; poiché 
se in sul momento piacciono i motti vibrati 
contro d y altrui , o le detrazioni dell' altrui 
fama , non pub piacere però , ne amarsi una 

nona v da cai ciascuno gli stessi motti 9 o 
tesse detrazioni possa, temere in altro 
tempo per sè medesimo . 

Aggiungasi che lo spirito di maldicenza, 
è una forte presunzione contro di ohi l'eser- 
cita ; Se noi non avessimo dei difetti , die* 
JLa-Roehefo ucaalt , non proveremmo tanto 
piacere a notar quelli degli altri ; e non so ehi 
dissa pure una folta assestatamente ad un ma* 
ledieo : tu sparli incessantemente di tutti 9 
perchè altri non. abbia tempo a sparlare del 
falli tuoi. 

V uomo onesto pertanto dee in primo luo- 
go guardarsi dal caricare mai alcuno d' in- 
giuriose parole in sua presenza , il che ol- 
tre ad essere malonesio , è' pur costarne trop- 
po scortese e villano r 

2. Dal volger mai altri in ridicolo , ove non. 
facciasi tra amici con ano scherzo urbano e 
gentile, e materie unwcenti. 



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I 

1 



256 



Doveri 



3. Dal! 1 osar mai d 1 intaccar V onore d* al- 
enna persona assente, giacché Y accasare chi 
non può adire le accuse e giustificarsi, oltre 
ad essfere azione rea r è par azione bassa e 
vigliacca . 

4. Dal riferir mai ciò che ode vociferarsi da 
altri contro d' alcuno , specialmente quando 
le imputazioni vengano da persone non ab- 
bastanza degne di fede. In questo pochis- 
simi si fanno quel carico, e quella dilica- 
tezza dimostrano , che ognun dovrebbe . P$r 
loro , che il non essere i primi autori della 
maldicenza , e il ridire soltanto ciò che han- 
no udito da altrui , gli assolva da ogni col- 



ciò che hanno udito di noi , da chi procede 
origina Un ente , se non da noi stessi? 

L' inventare poi a bello stadio espresse 
calunnie per lacerar l'altrui fama , o ad un 
piccolo fondo di vero aggiungere mille falsi- 
tà per esagerarlo 4 o metter in pubblico ciò 
che a noi soli è palese , sono azioni si ne- 
re , che basta soltanto accennarle per eccita- 
re in ogni animo , che abbia pare qualche 
senso di onestà , il pia sdegnoso e più fiero 



overe positivi d 1 ogni uomo abbiamo det- 
to ( pag. 235.) esser quello di fare od altri 
-ciò che ragionevolmente egli può esigere , che 
in agnal caso a lui sia fatto,. Or a due tose 




.abbonimento , 



A k t 1 c 0 fi o IL 



Doveri positivi , 




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Positivi* *Bj 
principalmente questo dovere s' estende : pri- 
mo a giovare ad altri , ovunque senza pro- 
prio danno o incomodo si possa fare fecon- 
do a soccorrerli eziandio con qualche danno 
o incomodo ne'casi almeno più gravi . 

Che anche questo dovere ci sia imposto 
dalla natura , non è difficile a comprendere, 
ove si voglia attentamente esaminare il na- 
turale effetto, eh* in noi la vista degli altrui 
mali spontaneamente produce . Risvegliando 
essa rapidamente la memoria più o men di- 
stinta de'mali che abbi a m sofferti noi stessi, 
in noi eccita naturalmente un certo fremitò*. 
e un certo affanno , singolarmente alla regio- 
ne del petto , simile a quello che proviamo 
nei nostri proprj mari; e questo fa sì che ci 
mettiamo i senza pur quasi avvederci, nello, 
stato della persona che "soffre ; che c'identifi- 
chiamo in certo modo con lei , che entriamo 
a parte de'suoi stessi dolori , che spinti in fi. 
ne ci sentiamo a soccorrerla , come se aves- 
simo a sovvenir noi medesimi . (1) . Or questo 

t-t mmm » i H m i ii ■ ■ ■■■ ■ ■■ i i m a 

(i) Intorno alla compassione merita di es- 
ser letto il filosofico Saggio dell' Ab. CASSI- 
NÀ . V Autore delle idee sull'indole del pia- 
cere f ( come abbiamo accennato a pag. 17.) 
sembra portare opinione , che il sentimento 
della compassione non consista che nel fre- 
nato d 1 alcune parti unisone della nostra sen- 
sibilità ; a cai si mi he è pare 1' opinione che 
mostrano generalmente i sostenitori del sen- 
so morale, e della moral simpatia . Quando 
però con ciò vogliasi intendere un effetto pu- 
ramente meccanico , certamente in quella gui- 
sa che io aoa so ammetterlo riguardo alla 



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$58 _ # Do peri 

che altro è mai , se non una chiara è Tira 
voce della natura 3 la quale ai impone di 
porgere agli altrui mali quel pronto soccor- 
so f the brameremmo nei nostri proprj ? Un 



simpatia e al senso morale (V. pag. x83 e 
237. ) , cosi nemmeno riguardo alla compas- 
sione . Io osservo difatti , cko questo tremito 
macchinale punto *on si discopre in chi non 
abbia sofferto mai vera» male ; e il detto di 
Bidone pressa VIRGILIO {Aeneid. Lib- 4.) : 
Non ignara mali miseria succurrere disco , è 
non men vero e filosofico , che poetico » I bam- 
bini , che ai segni esterni ancor non abbiano 
legata l'idea de'mali interni f dì cui sono indi- 
aio , alla vista dei mali altrui ben. ricevono 
le medesime impressioni , come gli adulti ; 
ina non dimostrano perciò verun sentimento 
di compassiono , il qual pur dovrebbono di- 
mostrare , se la compassione altro non fosse 
che un fremito di parti unisone , 0 qual che 
si voglia altro effetto meccanico . Osservo di 
più che questo sentimento suol essere gene- 
ralmente proporzionato alla maggiore o mi- 
nore esperienza, che ciascun abbia dei pro- 
pri mali , e alla maggiore 0 minor pena che 
gli cagionano . Perciò veggiamo i fanciulli 
compassionare quei mali che hanno provato 
in *è stessi, e pochissimo senso mostrar per 
quelli , di sui non hanno cognizione ; per- 
ciò le donne leggiamo comunemente alla 
compassione più inchinevoli 9 che non sono 
gli uomini , o perchè a maggiori mali vanno 
soggette , o perchè essendo di qna tessitura 
più bilicata li sentono più vivamente : fra gli 
nomini stessi veggiamo pure universalmente 



1 



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Positivi . *Sg 
taore barbaro e snaturato è il solo che giù- 
gner possa a soffocare in sè ed estinguere il 
general sentimento della compassione 9 ed a 
mirare gli altrui mali, spezialmente più gra- 
vi , con occhio placido e tranquillo . Indi è*, 
che inumano meritamente vien detto chi quel 
sentimento sopprime , o ad esso non ubbidi- 
re, perchè appunto alla natura dell'uomo 
con ciò si oppone; e dovere ef umanità è 
chiamato "quel che prescrive di porgere altrui 
soccorso nei loro mali , perchè la natura dell* 
nomo coi sentimenti della compassione apct» 
ta mente il comanda (1). 

E chi è difatti , che mostro anzi che uomo 
non chiami colui , il quale vedendo taluna 
languir di fame , e potendo soccorrerlo , bar- 
baramente il rifiuti: o vedendolo in grave 
pericolo , e potendolo sottrarre f osi inuma- 
li amento negargli a j cito ; o mirandolo ingiu- 
stamente assalito ed oppressa , e potendo di- 



più compassionevoli i deboli ed inferrale ci f 
che non i sani e robusti , e più quei ohe so- 
no più dilieati e sensibili, ohe non i duri ed 
alpestri : finalmente anche verso degli altri 
animali la compassione è in noi più forte , 
quanto più chiaramente , • vivamente dai lo- 
ro segni argomentiamo il dolore che soffrono ; 
e ognun certamente sentirà saggiai pena al 
veder ammazzare un cavallo , od an cane , 
che una mosca , o una pulce . 

(i) CICERONE il chiama pure un dover di 
giustizia : Fundamenta justitiac f primum ut 
ne cui noceatur ; deinde ut communi utilitat 

.sermtur ( De Qffic. lib. {. Gap. *i< ) 



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af?o Doveri 
fenderlo o liberarlo , spieiatamente il rica- 
si ? (2) • 

Nè vale , cb« aleun dì sagio siffatti soccor- 
si cagionar debbano a chi li presta . Ad un 
cuore compassionevole ed amano ben più di- 
sagio e molestia cagiona il sentimento deli 9 
attrai male , finche non è tolto . 

Che se ancora con qualche disagio vuole 
la umanità, che porgiamo ad altri soccorso; 
molto più il vaole quando ninna pena e ci un 
incomodo abbia a portarci . Indi è , secondo 
Cicerone ( de Ojficiis lib. 3. cap. 7. ) f che 
presso gli Ateniesi per legge erano caricati di 
pubbliche esecrazioni coloro, che ad nn no* 
mo errante o smarrito negassero d 1 addittare 
la retta via ; e lo stesso farebbesi giustamen- 
te a ihi negasse ad un viandante sorpreso dal- 
la pioggia an momentaneo ricovero , o nna 
favilla di fuoco a chi ne abbisognasse per 
accendere il proprio; o ricusasse dar mano 
ad ano che fosse caduto per rilevarlo di ter- 
ra , o di porger consiglio a chi ne'saoi dab- 
bj ne lo chiedesse , o di prestar alcun altro 
di quei servigj , che il medesimo Cicerone 
X ) chiama utili a chi li riceve , e non mo T 
lenti a chi li porge. Siffatti ufficj certamente 
rifiatar non si possono senza inumanità. Al- 
tri maggiori ne sono, a cui un espresso ob- 
bligo non ci costringe ugualmente; ma In 
appunto ove cessa il dovere d'umanità inco- 
mincia poi il merito della beneficenza , sic*- 
€ome appresso vedremo v 

(1) CICERONE dà anzi a questo il titolo 
d' ingiustizia ; Injustitiae duo genera sunf ; 
unum eorum qui, inferunt 9 alterum eorum , 
qui ah iis qtiihus infertur 9 si possint , non 
propulsanl injuriam < de Offic. Xib. I.Cap. 8.) 



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CAPO fi. 

Doveri scambievoli tra gli amici . 

X otti generalmente abbiamo mestieri d'ai- 
tcano , che ci consoli nelle afflizioni , che ci 
consigli Dei dubbj , che ci corregga nei vizjj 
o negli errori, che ci soccorra nelle indigen- 
ze , ed in seno a cai poter deporre con sicu- 
rezza i nostri segreti . Un amico pertanto alla 
nostra felicità è importantissimo: onde ben dis- 
se l'Ecclesiaste ( Cap. VI, ?. 1.4? ) » che chi sa ri. 
trovarJo det e far conto d'aver trovato nn tesoro 
Ma come assai raro è cosi fatto tesoro , co-' 
ipe pochissimi sono i veri amici ; cosi nella 
scelta di questi ò da procedere con grandis- 
sima cautela. Per tal motivo, innanzi d'es- 
porre i doveri, che verso gli amici usare si 
idebbono, io credo troppo necessario il prò- 
-mettere le condizioni, che si debbono in es- 
si richiedere avanti di sceglierli . 

•* ■ 
Articolo I, 

... . . ■ - . • • •; 

Scelia degli amici. 

Gì I 
li uomini , dice il sig. d\ Alembert , co- 
munemente incominciano dal fidarsi di tutti , 
e terminano col non fidarsi pia di nessu- 
no. Ora per non cadere in questa universa- 
le diffidenza , che forma poi il maggior sup- 
plizio della vita , è necessario, Y incomincia- 
re da una savia diffidenza a principio . G! : 
atti comuni d* urbanità e di convenienza usar 
•i rogliono generalmente con tutti ; ma agli 



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a6ir Vwtri 
atti di famigliarità e di confidenza non si 
dee passare con nessuno , se non dopo averne 
diligentemente esaminato » e pienamente co- 
nosciuto il carattere . 

Un fondo di massima onestà è la priiùa 
eosa f ehe in un amico si dee richiedere , e 
chiunque scoprasi aver commessa o tramata j 
una rea azione 9 dalla nostr* amicizia deve 
incontanente sbandirsi. 

Ma non tutte le azioni degli uomini sem- 
pre veder si possono , e dall'altro canto il 
mondo troppo più abbonda d'jipocriti e d'im- 
postori , che non sarebbe a desiderare : onde 
potrebbe avvenire agevolmente, ohe uno fos- 
se del peggior cuore , e che tuttavia muna 
rea azione in lui giugnessimo a discoprire. 
Altri indizj però abbastanza supplir potranno 
in questo caso. * 

Dall'ira, e dalla fiso no mi a la maggior par- 
te s f affrettano a giudicar del carattere delle 
persone . Ma benché il volto f il gesto , il 
portamento , e V occhio più di tutt* altro gio- 
vi assai volte a far eonoscere V interno stato 
dell' aai mo , e specialmente le passioni ohe 
allor vi regnano , si fatti indizj sono però 
troppo incerti , ed insufficienti a dinotare il 
carattere fondamentale ; e per quanto si 
sieno sforzati Giambattista Porta nei tempi 
addietro , e più recentemente il sig. Lavati er , 
é De-la-Sale a indovinare il carattere abitua- 
le a* un uomo dalla fronte, dagli occhi, dal 
naso , dalla bocca , dal mento , dalle rughei 
o rette o curve, o orizzontali o verticali, 
quei loro segni tròppo sovente alla pruova si 
trovan vani e fallaci . Oltreché i più scaltri 
sanno troppo ben mascherarsi , troppo ben san- 
no comporre il viso j gli occhi, gli atteggiameli- 



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■s 



Scelta degli amici . S6S 
ti , e troppo corre pericolo d' ingannarsi chi 
si affretta con soverchia celerità a giudicare 
alia esteriori apparenze . 

I discorsi ne sono indizj meno ingannevo- 
li . Chi sopra il giusto e l'ingiusto, il leci- 
to e T illecito mostra d' aver massime false o 
stravaganti; ehi da a conoscere cT operare 
senza principi , o variar di principi al variar 
dello circostanze, e aggirarsi secondo il ven- 
to , è da fuggirsi interamente . 

Lo stesso par è da fare con quelli , che 
colle dolci parole e colle adulazioni artifi- 
ciose si studiano di lusingare e carezzare 
il nostro amor proprio (1) Ognuno ama na- 
turalmente la loie , • inchina a prendere af- 
fetto a coloro, che gli dimostrano maggiore 
itima e rispetto . Ma la lode è V esoa appun- 
to , di cui maggiormente si valgono i tristi 
per coglierci ai Toro amo , o trarci nelle lor 
reti (2>. 

V adulazione h facile assai volte a distin- 
guersi da una lode sincera, qualora dall'amor 
proprio non siamo soverchiamente accieca- 
ti . Ovunque *i vede dell' esagerazione , del- 
lo studio , dello sforzo , dell'artifizio , l'adu- 
lazione è manifesta , molto più quando le 
lodi ci sien profuse per bagattelle di ninno 
o pòchissimo ponto; e peggio ancora quando 

V » * 

■ t 

(i) Cavendum est ne assentatoribus paté* 
faciamus qures * neque adularì nos sinamus , 
in quo fall facile est. (CICERONE de Oftic . 
•Lib. 1. Cap. 29.) 

(«) Coloro , cht prender si lasciane dagli 
adulatori, BIONR gli assomigliava alle anfo- 
re , che attorno si portano p er te orecchie * 



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*S4 Doveri 
lodate ci sieno o scusate con soverchia coti* 
discendenza le cose pur biasimevoli . La stes- 
sa felicità di far eco alle nostre parole f 
d' approvare qael che è da noi approvato f 
e condanare quel che da noi si condanna , è 
aperto indizio d'adulazione. ISegat q'tis ? 
nego . Ait i ajo. Postremo imperavi agame t 
mihi omnia assentavi, diceva quel 4 furbo ap- 
presso Terenzio . * 

I più scaltri però sanno sovente adoperare 
un'adulazione sì fina, che da una lode sin- 
cera mal si distingue ; e da questa appunto f 
diceva Cicerone f più accuratamente convien 
guardarsi. Giungono essi talvolta a valersi fin 
della stessa contraddizione , e ci adulano pur 
liticando con noi ; perciocché alla fine si 
danno vinti, onde quegli ch'essi vogliono 
gabbare si lusinghi in cuor suo di veder me- 
glio degli altri (i) . 

E perchè da questa adulazione più astuta 
è più facile che noi ci lasciamo abbagliare , 
ove trattisi di noi medesimi ; perciò dobbia- 
mo attentamente osservare quando essa è usa* 
fa verso d'altri. Giudici imparziali noi, pos- 
siamo allora giudicare più rettamente; e to- 



(i) Ànimadvertant ne callida assentatone 
0 apiantar \ aperte enim adulantem nemo non 
videi , nisi qui admodum est excors . Calli* 
das ille , et occulta* ne se instinuel studiose 
cavendum est; nec enim facile a*noscitur , 
quippe qui etiam adversando saepe assente- 
tur, et litigare se simulans blandiatur , af- 
que ad e&remum det manus , vincique se 
pattatile 9 ut is qui illusus sit plus vidisse 
videatur. De Àinieitia» 



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> 



i Scelta degli amici . 265 

sto che scopriamo taluno essere adulatore con 

. altri , a dispetto di tutto il nostro amor pro- 
prio dobbiam conchiudere ch'egli è adulatore 
con coi paranchi , e prontamente da esso al- 
lontanarci <i) ♦ 

ì E veramente qual v'ha carattere più abbo- 

i rmncvole, o che più sia da paventarsi ? Qua- 
le indegnità non possiamo noi aspettarci da 
un uomo , che parla contro ai sentimenti del 

i proprio animo , e che si vale della nostra 
medesima debolezza per ingannarci? Meno è 
eerto a temersi chi apertamente ci carica d'in- 
giurie e d'improperj , come meno terribile è 
un aperto nemico , eho un traditore coperto • 
Perciò a ragione Alessandro , orgoglioso e 
vano com'era , fece tuttavia con isdegno geU- 
tar nelPldaspe il libro adulatorio d'Aristobo- 
lo , dicendogli , che gran mercè era pure, che 
lai medesimo non vi gettasse . 

Ma quanto ama ognuno d'esser lodato , al- 
trettanto pur gode di vedere gli altri o posti 

i in ridicolo , o censurati , e quindi è che an- 
che i maledici, specialmente ove sappian dir 
male con acutezza e con ingegno , comune- 

i mente sono ben accolti , e festeggiati ed ac- 
carezzati . Ma un maledico certamente non 

• sarà mai T amico, che un uomo saggio ed 



j (0 Giocondo, diceva AGESILAO , è Tes- 
ser lodato , ma da quelli soli , che non te- 
] merebbono pure di biasimarci se in noi 
I alcuna cosa lor dispiacesse: e perciò dal- 
le lodi, e dai biasimi, che uno dava ad 
? altrui , soleva egli prendere occasione di 
, esaminare il carattere di amejidue ~ * 

r 

« « i» 

» 



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±66 Doveri. 
onesto per sfc trascelga . Imperocché qual con- 
to si può mai fare di uno che tutta pone la 
sua gloria e il piacer scio del lacerare la fa- 
ma altrui ? E quanto par atiche non è a te- 
mersi, che qaello stesso ad altri dica di noi, 
che tx nói dióe degli altri? 

Non basta però che una persona sia one- 
sta , e di rette massime e costanti, e sin- 
cera , é non maledica , per meritare la no- 
stra scelta. Ella vuol essere in secondo Ino- 
go ancor prudente . Imperocché siccome Ta- 
mico esser deve il depositaria dei nostri se- 
greti , così troppo importa j che sieno questi 
affidati con pienissima sicurezza . 

Esclusé per questo titolo debbou essere dal- 
la nostra confidenza primièramente le perso- 
ne leggiere o sciocche , che anche senza mal 
animo potrebbero facilmente tradirci . Escluse 
similmente le persone soverchiamente loqua- 







J2 


i 



sire . Esclùsi pur finalmente coloro , che su- 
surrando ci vengono segretamente all'orecchio 
i fatti altrui , e che in egual modo a mille 
altri andrebbero segretamente air orecchio 
susurrande i fatti nostri . 

Onestà e prudenza sono i due caratteri fon- 
damentali da chièdersi in on amico ; e dove 
questi si trovino , possiamo ivi riporre con 
sicurezza la nostra confidenza . 

Ma oltre a queste condizioni , altre pure 
in un amicò cercare si debbono , le quali 
sebbene meno essenziali , perchè non riguar- 
dano la sicurezza e la fedeltà , sono però im- 
portantissime , perchè il diletto riguardano 
■ ti» • • — 
dell amicizia . 

Esaminar* si deve pertanto in terzo luogo 



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Scelta degli amici. ,267 
il temperamento . Un aomo collerico ed ira* 
petuoso difficilmente formar potrebbe un' a- 
micizia lunga e costante : un aomo pigro ed 
insensibile difficilmente potrebbe esserci d'al- 
cun soccorso : ua temperamento attivo e vi- 
vace , ma regolato dalla ragione , è desidera- 
bile sopra d'ogn'altro . 

4- L' umore puranché è da riguardarsi . Chi 
troppo tende alla melanconia , non farebbe 
che attristarci continuamente in luogo di sol- 
levarci : un' allegrezza smodata , oltreché è 
difficile che sia durevole , pure ci sarebbe so- 
venti volte di noja : una moderata , ma sta- 
bile giovialità è quella che più merita d'es- 
sere preferita . 

5. La cultura dell'animo è ancora da ricer- 
carsi quanto è possibile. Un nomo fornita 
d'ingegno e di cognizioni , oltre ai vantaggi 
che ci può recare colle sue istruzioni e co f 
suoi consigli , può anche offrirci co" suoi di- 
scorsi oggetto continuo di piacevole interte*- - 
nimento ; laddove un uomo sciocco ed igno- 
rante, oltre al pericolo dell' imprudenza cha 
abbiamo pocanzi accennato f non può presen- 
tarci che dna compagnia nojosa e stucche- 
vole . 

6. La conformità nella maniera di pensa- 
re è similmente a desiderarsi . Due persona 
troppo discordi nelle opinioni è diffìcile cho 
ncll 1 animo sieno lungamente concordi . 

7. Dove si possa, cercar si deve pur la 
concordia e conformità nelle occupazioni • 
Imperocché quelli che attendono ai medesi* 
mi studj , o che si occupano nello stesso ge- 
nere di vita , oltreché pià agevolmente aver 
possono dei soggetti interessanti , sopra di 

m 2 

* 

• * 



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L 

ft68 9 Doveri 

cui trattenersi, grandissimo ajuto si possono ali- 
ghe prestare scambievolmente . 
. S. Finalmente l'eguaglianza di età e di con* 
.dizione è par da cercarsi quanto le circo- 
stanze il permettono ; giacche le inclinazio- 
ni , gli umori , i temperamenti della gioven- 
tù e della vecchiezza sono troppo dissimili 
per formare una unione contante ; e la gran- 
dezza colla piccolezza è raro che stabilmen- 
te possa associarsi . 

Tutte q.ueste qnalttà è certamente jdiffici- 
Je che in una sola persona si trovino raduna- 
le : nel cjual caso quelle persone debbonsi 
preferire , che ne posseggano un maggior 
numero , incominciando dalle due prime , one- 
stà e prudenza , .che sono assolutamente in- 
jd impensabili.. 

IVLa in questa scelta è da procedere soprat- 
tutto con molta maturità (i) . Dalla scelta 
de' suoi amici , dice Seneca , si conosce l'ac- 
cortezza di un uomo ; ed una scelta sover- 
chiamente affrettata è difficile ehe sia pru- 
dente (2)„. 



(1) Se si ha a comprare un vaso , si 
guarda prima e si esamina da ogni parte , 
riicea ÀRISTIPPO^ e perchè non si esamina 
pur da ogni parte la vita di quelli, che ab- 
biamo apprendere in amicizia? 

4jt) Una scelta sollecita di raro 

Divisa andò da un pentimento amaro 
Dicea pur la Duchessa del VASTOGIRARDI 
negli Awert. a sao, f iglio : e, ciò suole avve- 
nire massimamente quando non l'onestà , la 
irintù, ed il merito , ma il piacere, o Tititeres- 
ce 9 o il caso , o una prima impressione for- 
uxìslq il vincolo d*H' amicizia . 



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Scelta degli amici* 269 
Non è pare necessario affannarsi a cercar- 
ne molti . Meglio è un solo buono , diceva 
Anacarsi , che molti men buoni ; e la pru- 
denza vuol pure , che il minor numero pos- 
sibile sia messo a parte della nostra confi- 
denza e dei segreti del nostro animo . Un so- 
lo comunemente è bastante : agli altri , seco***» 
do che più o meno essi abbiano delle quali- 
tri saccennate , maggiore a minor parte po- 
tarci concedere delia nostra famigliarità ; ma 
r intima confidenza a quel solo si dee riser- 
bare , che tutte quante le possegga , o tutte 
al tan no le principali. 

Esposte le cautele * che usar si vogliono 
nella scelta degli amici , ora sono da esami- 
nare i doveri , che l'amicizia impone . 

Articolo IL 

1 

Doveri delV amicizia • 

v^i orae T onesta, e la prudenza formano la 
prima base dell 1 amicizia , così ancora ne co- 
stituiscono il primo e principale dovere . Il 
tradire un amico avvertitamente è P azione 
più orrenda ; il tradirlo per imprudenza, do- 
po la prima è la più condannabile. 

Il a. dovere è L'amore , e il soccorso reci- 
proco . 1/ arnico è un altro me stesso , dice 
Zenone ; é Pitagora : fra gli amici tutto debfr 
esser comune (i) . Una vera amistà dee fare 
che agli amici quell'amore portiamo, che 
portiamo a noi stessi ; e che perciò dovunque 



(i) Sentenza però , la qual vuol essere in- 
tesa colle debite restrizioni» 



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2*]0 Doveri 
è mestieri ,. quella stessa prontezza usiamo * 
quella premara io soccorrerli , che useremmo 
per noi medesimi . Damone e Pitia, sublimi 
modelli delia più perfetta amicizia , andaro- 
no ancor più oltre , e la nobil gara* con cui 
cercarono innanzi a Dionigi tiranno di Sira- 
cusa di morir l'uno per l'altro, gara che giun- 
se ad empir di stupore e di tenerezza infia 
queir animo barbaro e crudele , sarà ammira- 
ta e celebrata in tutti i secoli. 

Non dee però l'amore verso gli amici ac^ 
ciccarne in guisa , che per secondare le lor 
passioni , o servire ai loro interessi , manchia- 
mo ai primi e fondamenti li doveri della one- 
stà • Un amico pregava Pericle a giurare una 
falsità in suo favore. Amico io ti sono , ri- 
spose Pericle , ma fino all'aliare ; ed avrebbe 
meglio ancora risposto : aepico più non ti so- 
no , dacché osi chiedermi un delitto. Jo noli 
so pure come fra gli esempj dell'amicizia, 
gli antichi ci abbiano annoverato Teseo e 
Piritoo . Due persone f che s'accompagnano p«r 
trarre a fine una rea azione, indegne sono 
certamente di questo nome . Troppo hanno e$~ 
si pur esaltato gli effetti dell'amicizia d'A- 
chille per Patroclo • Se egli l'avesse difeso, 
avrebbe fatto ciò che riebiedevasi dall'amici- 
zia ; ma il vendicarlo non fu che lo sfogo d'un' 
ira intempestiva . Imperoccchè in quella gui. 
sa che ninno ha il diritto di vendicare sè stes- 
so , cosi averlo^ non può nemmeno di far 
vendetta per -altri . 

La sincerità è il terzo dovere dell'amicizia; 
c di questa l'amico usar deve * negli avver- 
timenti e nei consigli. Un uomo onesto ovun- 
que sia richiesto del parer suo , dee sempre 
dire veracemente quello che sente pel suo 
animo j ma cogli amici egli dey© fare ancQ- 

* « 

* 

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I 

Degli amici . m 271, 
ra di più: anche non richiesto egli deve av- 
vertirli di tutto ciò ch'egli crede poter loro 
essere vantaggioso ; e qiialor? in essi disco- 
pra alcun difetto o ajcpn ejrrorè , deve aver 
pure il coraggio di ayyisarli . f 

Di molta dilicatezza però in qnesto si ynole 
osare . L'amor proprio di ciascheduno fe trop- , 
po sensibile ai rimproveri ? egli è come 1 9 
papilla dell' occhio , che non si può toccar 
senza .offesa . Convien pertanto fare che l 1 ^ 
idìco conosca ij suo difetto 0 p errar sjuo 9 
ma come da sè stesso, ora proponendoglielo per 
via di dubbio 9 ora mettendolo in circostante 
che da sè medesimo egli se n'avvegga . Con- 
viene soprattutto cogliere il tempo opportuno , 
in cui più disposto egli sembri a bep acco- 
gliere la verità ; guardarsi dal rimproverarlo 
in presenza d 1 altrui , il che suol rincrescere 
maggiormente; mostrar persuasipne , che il 
sqo difetto od errore venga .da seqiplipe cpsó, 
o vista 9 o inavvertenza ; fare insomma , clje 
innanzi n npi egli abbia il men che è pos- 
sibile ad arrossirne , e torgli ogni sospetto t 
che usurpare da noi si voglia sopra di Jui Yùùr 
tonta di pedante o di precettore • XJn rimpro- 
verò fatto o fuor tjj tempo 9 o con maj gra?- 
do, è stato so yen te cagione di rompere le più 
ferme e più lunghe amicizie,. 

4- Quanto però esser dobbiamo premurosi di 
emendar quei difetti dei nostri amici , che 
toglier si possono , ond ? essi diyengano sem^ 
pre migliori , altrettanto dobbiamo esser pa- 
zienti di quelli che non si possono correg- 
gere . Ninno è senza magagne f diceva Ora- 
zio , e r ottimo è chi ne ha meno (1). Air. 
» ".i. ». ■ . ■ ' ■ ' 

(1) Vitiis nemo sine nascitur 9 optimus illeest 
Qui minimis ufqetur . Art. Poet. 

* 

f 

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«7 2 . Doveri*. 

«uni difetti vi uno pare f ohe procedendo o 
da temperamento , o da lunga abitudine , dif- 
ficilmente possono emendarsi . Ove questi 
adunque non tocchino il sostanziale carattere 
d 1 onestà e di prudenza , che in an amico 
indispensabilmente devé richiedersi , eoa re- 
ciproca indulgenza si vogliono tollerare . 

5- Siccome poi ciò che lega principalmen- 
te e mantiene , e rinforza ogoor più ii vinco- 
lo della amicizia , è il piacere e l'interesse 
scambievole , che un amico prende dell 1 al- 
tro ; cosi tutto quello si dee fare , che nelP 
animo mantenere possa giustamente questa 
piacere e questo interesse , ed evitar tutto 
quello che a ciò si opponga . Quindi non 
dargli mai avvertitamente cagion di noja o 
di dispiacere, non contraddirgli seBZra biso- 
gno, non attristarlo importunamente col rac- 
conto dei nostri mali , non contrastar le sue 
voglie allorché sieno innocenti, non esiger 
da lai più di quel che conviene ; ma ralle- 
grarlo dove si possa, e metterlo a parte dei 
nostri piaceri dov' è permesso , e secondarlo 
ov $ è lecito , e il nostro volere al volere di 
lui sacrificare puranche dove sia d'uopo . 

6. Dei piccoli dissapori, e delle lievi discor- 
die nondimeno è impossibile , che ancor fra 
gli amici più intimi non insorgano di quan- 
do in quando. Ora queste primieramente si 
debbono con cautela tener ad altri nasceste , 
onde non porger motivo ad importuni crca- 
lamenti : indi il più presto eh' è possibile 
trovar si deve maniera di togliere -la cagio- 
*e del dissapore, e riconciliarsi. E poiché il 
puntiglio è il principale ostacolo che a ciò 
si oppone, a qualunque puntiglio con un a- 

ipico debbesi rinunziare; e* chiunque dei dop 

* < ... • j 



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DelV amicizia • ■ • . 
abbiasi la ragiono od il torto , ciascuno de- 
ve affrettarsi di essere il primo a rìcbi amare 
la pace. Non v'ha certamente più delizioso 
e più caro momento di quello, in cui fra 

. due amici , dileguata le nebbie dei disgusti 
o delle male intelligenze , la serenità o la 

. calma si ricompone * e. questa momento quan- 

. to non debb 1 esser più dolce a chi il merito 
princip ilo di questa riunione possa, ascrivere 
a sè medesimo Arrstippo entrato in discor- 

. dia con fischine , ed interrogato da uno ; or 
dov'è quella vostra amicizia? Essa dorme , 
rispose , io. ben presto saprò destarla e 
corse immantinente a rincorici li arsi con lui. 

7. Che se un giusto motivo ci spinga pu- 
re , siccome avviene talvolta,, a d^ver ritirarci 
da un 1 intrapresa amicizia , ogni riguardo aver 
si^ debbe e all' amico ed a noi stessi, e fug- 
gire ogn' indecente clamore, e toglier luo- 
go ad ogoi diceria indiscreta , ed allontanar- 
si a poco a poco ed insensibilmente , e tro- 
vare di ciò ragioni , che tortp non. facciano 
nè air una nè ali' altra parte , e disciogliere 
ingommi e scucire le amicizie , per usar la 
frase <\\ Cicerone, anziché romperle o tron- 
carle (1). 

ni, 3, 



(1) Amicitias , qaae minus delectent , et 
minti s probentur , magis decere ccnsent 
pientes sensim dissuere , quam repente prae* 
rìdere (De Ojjic . Jib. i. cap. 4.0. ) Dello 
stesso Autore tutto il libro de Amicitia me- 
rita di e**er lett > •ìc^uratameute , stcoo«ne qael 
di \ PLUTARCO de Amicorum t multitudine . 



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4 



. ?74 ' Doveri 

d A P o in, 

Doveri verso i benefattori . 

lN" r dr atto che alcuno ci fa &lcun bene , « 
#he questo siccome tuli è da poi conosci u-* 
fo , non si può certamente non sentir nasce- 
re dell'amore verso chi è la cagione; e 
questo amore per $è solo ai mette la tina di* 
sposinone e in un desiderio sì viro e since- 
ro di ricambiare chi ne benefica, che non v* 
ha alcuno di animo si brutale , il quale se 
offerta allora gli venisse Y occasione diricom*- 
pensare il *uo benefattore , con tutto il pia-? 
cere non T abbracciasse , 

11 dovere adunque verso i benefattori a 
questo riducesi principalmente , a tener sem- 
pre riva la memoria del beneficio ricevuto ; 
e quando l'occasione presentasi di ricambiar- 
lo , metterci ip quella disposizione medesi- 
ma in cui eravamo , allorché si fu conferi- 
to . Senza altro precetto , il sentimento al- 
lora per sò medesimo opererebbe bastante-* 
mente ? 

Ma appunto il contrario suole avvenire il - 
più delle volte, e ben a ragione Aristotele 
interrogato t qual cosa invecchi più presto ? 
La memoria 9 disse, dei beneficj / 

Nè però sempre la sola dimenticanza è 
quella che forma un uomo ingrato, e spes- 
se fiate è invece una passione , ohe supera il 
sentimento della riconoscenza ; e questa tal- 
volta è T ira f allorché dai benefattori 
appresso ricevuto alcun torto j e più frequen - 
temente è T orgoglio • 



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Vers® i benefattori, *t5 
f %a memoria dei beneficj è à UH teiup* 
stesso la memoria di un bisogno avutol o 
questa memoria è aborrita dalle anime su- 
perbe , perchè loro rinfaccia la loro passata 
inferiorità ed indigenza . Una tal memoria a 
coloro principalmente è grave, i quali si so- 
no trovati altre volte in abbietta condizione , 
e sollevati si veggono in appresso v a stato e- 
minente . Si vergognano 9 e^si .allora dei be- 
nefici ricevuti , ossia vergognansi dello stajtQ 
in cui furono ., e talvolta V ingratitudine por- 
tano pur ai segno di abbonire infino la vi- 
sta dei loro antichi benefattori . 

Ma sebbene contro gì- ingrati «ori vi abbia 
presso di noi veruna legge positiva, come 
già eravi appresso .ai Persici , secondo Seno- 
fonte ( Cyrop. Jifcu 1.) , «on vanno però 
nemmen essi impuniti . V orrore stesso e il 
rimorso che accompagna V ingratitudine , l'or- 
rore eh 1 essa ispira in altrui , il disprezzo pub- 
blico , la pubblica abbominazione , ne sono 
pene inevitabili % . 

Nè già ad assolvere dal dovere di gratitu- 
dine vate la ragione d' un torto qual che 
si voglia , che dal benefattore siasi ricevuto : 
pretesto solito dell' ingrato , onde sgravarsi 
del peso della obbligazione , Se verso nin- 
no è mai lecito il .tener rancore , se per 
donare si debbono le ingiurie a chicchessia ; 
quanto più a ehi abbiaci bonificato ? La più 
crude! situazione v dice il signor .Dnclos 
( Consid. sur les moeur$ > , è quella d 1 aver- 
ci a 1 agri are di chi ci ha fatto del bene : 
ina ella è crudele soltanto a chi il male 
piuttosto avna di riguardare , che il bene f a 
chi di qu*l sdlo sa tener conto. Un uomp 
riconoscente al contrario al solo bene si fi*r 



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'z?6' Doveri 
sa, e gode che questa considerazione -vieppiù 
gli agevoli i mezzi • , onde spogliarsi del tri- 
sto affetto dell' ira . 

Ma v'ha chi s'irrita, dice Seneca ( De 
ira ) , fin degli stessi beneficj , ove non giun- 
gano a quel segno , a cui la sua cupidità , o 
il suo orgoglio avrebbe volato che arrivasse- 
ro . Il tale m' ha fatto il tal dono , ma io 
H 1 aspettava, un più grande ; m' ha conferito 
il tal grado , ma io ne meritava, un maggio- 
re ; m'ha usata la tale distinzione , nva una 
più laminosa mi si doveva . Tali sono le la- 
gnanze , che odonsi di quando in quando. 
Che se altri ci paja essere stato meglio trat- 
tato , lo sdegno cresce vieppiù , attizzato an- 
cor dall'invidia . Ma come- mai deggìo io 
irritarmi d' an bene, che ano m'abbia fat- 
to, perchè non me n'abbia fatto an maggio- 
re? O d* an dono, che gli sia piaciuto di 
compartirmi , perchè ad altri n'abbia conferito 
udo più grande? Non è egli ciò nna ma- 
nifesta ingiustizia ? Io sarò. grato per lo con- 
trario a quello stesso, che alcun bene 
m'abbia fatto per inavvertenza, o per ca- 
so, e senza volerlo ; a quello ancora , che 
mi sia stato-camion di bene nelP atto che 
alcun male ha voluto farmi ; t non potendo 
in questi esser grato all' intenzione , io lo 
sarò all' effetto;. 

In ogni caso poi , dice Seneca, la ricono- 
scenza non dee già essere forzata , che poco 
dista dall'ingratitudine, ma volontaria e 
spontanea; né sol di parole,: ma anche di 
animo e di, fatti . La. vera riconoscenza , se- 
gue egli , rende per certo modo l 1 uomo in- 
quieto , finché restituito noif abbia o ricam- 
biato, ciò che ha ricevuto . Essa è però , que- 
sta una dolce «quietudine , aìlor che nasce 



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Perso i- benefattori. 277- 
<$a tm sentimento sincero e virtuoso-. L 1 nonio* 
grato sente allora- in sè stesso un merito-, 
che lo- agguaglia al scio medesimo òen emit- 
tore - : egli è generoso in- quel momento al 
par di lui : la differenza consiste solo nella 
mancala de'mezxi , mancanza eh 1 egli sa 
troppo bene di non dover imputare a sè 
stesso-. 4 

Di qui èf che non solo il dovere , ma ai>- 
cor T interesse medesimo alla gratitudine ci 
esorta . Oltreché essa dispone ad ottener be- 
neficj sempre maggiori, oltre la stima ch'es- 
sa procara all' uomo riconoscente , un piacere 
interno par eccita , piacere vivissimo a chi 
ha T animo, abbastanza* ben fatto , onde sa- 
pere sentirlo « 



C À< E 0 



Doveri scambievoli fra. i congiunti ► « 

* 

. ^ À R t 1 c a lt 0 I* 

« . I » i » 

- 4 , « : Doveri fra i conjiigati > <i . 



; 

> 



iocome le le^ttime parentele tutte dal 
vincolo eonjugale dipendono, cosi avendo 
noi, a trattare dei doveri scambievoli fra i 
congiunti , da quelli incomincieremo * che 
"seco porta siffatto Vincolo* . 

Nell'atto che- du.e persona in. nodo coniu- 
gale s'uniscono , esse vengono conciò stes- 
so a fumare il .patto della ..più intima e pia 
! perfetta amicizia;, e perciò tutti i doveri con- 
traggono , che circa gli amici abbiamo po- 
canzi: accennato , con questa differenza , eh© - 
tanta maggiormente vi sono* tenute , e tanta*, 
debbono più perfettamente eseguirli , quanto* 



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/ 
» 

* 

278 Doveri 
<è superiore ad aoa Jibera amicizia un'amici- 
zia arata con patti espressi e solenni. 

Ma oltre a questi doveri un altro loro s'ag* 
£Ìugne , ch'è quello della fedeltà eonj.agale : 
^dovere , che costituisce la principal essenza 
del matrimonio . Dei mali , che nascoso rìal- 
Jia mancanza a questo dovere , non parlere- 
mo, perocché troppo son noti per sè medesi- 
mi . Alcuna cosa diremo prafcLosto delle ca- 
gioni , che a ciò soglion cjondarre . 

La libertà soverchia e la ^depravazione de' 
.costami ne sono certamente i motivi più ge- 
nerali ; perocché in mezzo alle contiene ten- 
tazioni ed ai contagiosi esempj , di molta vir- 
tù è mestieri a saper je&istere , e la virtù non 
è certamente il dono più comune. Alla de- 
pravazione dei costami il lasso e la mollez- 
za principalmente a poco a poco jie han cop- 
dotti ; ed a ciò pure io vorrei , che i politici 
lodatori del lusso sfacessero un poco più di 
riflessione . Massi ina mente che oltre ad esse- 
re generale cagione d'incontinenza e liberti- 
naggio P e r 'a corruzion generale che nei co- 
stumi produce, a motte persone il lusso ne 
diyien pure cagione particolare , spingendole 
a procacciarsi a speserei proprio dovere quei 
mezzi che loro mancano , onde soddisfare al- 
le pompe , alle vanità, alla moda , alla in- 
temperante smania di comparire . 

Altre cagioni in ciò derivano dalla condot- 
ta reciproca degli sposi . Le discordie dome- 
stiche alienando gli animi , allontanano par 
facilmente ?dair esatta osservanza dei proprj 
doveri (1; . La stessa gelosia , masstmamen^ e 

1 1 ■ ■ ■ ■ ' 1 ■ I I N . 

(1) Spesse volte le cose ancor più leggiere, 
to ve sieno frequenti , producono le maggiori 



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Ve' genitori, 
pye sia eccessiva o irragionevole , produc* 
spesso un contrario etfetto a quello che $1 
proprone, ^infero adempimento adunque dei ' 
doveri scambievoli dell 1 amicizia , accompa- 
gnato per parte del marito da un esercizio , 
dolce e amorevole di quella superiorità, che 
la natura e le Jeggi gli hati dato (1) ; e per 
parte della moglie da una dolce ed araorevo. 
le subordinazione , par mi che sieno i soli 
mezzi , onde ottenere puranche costantemeA^ 
$e là fedeltà conjugale , 

r 9 € 

ÀRTICO IO H. 

Doveri de' genitori verso de" figli 

T 

J j $ educazione e fisica e morale , siccome 
Vuoto, è quella che i genitori debbono ai 
figli ; e ad essa , anche anteriormente e in-* 
dipendentemente dalle leggi , e la voce stes- 
sa della natura gli obbliga , e gì* invita il 
proprio interesse . 

4 Quanto alla prima ? cioè all'educazion fi-- 



alienazioni d'animo , PÀOLO EMILIO dop 
*ver vivuto lungo tempo colla Jpogli* Papiria, 
e averne avuto il celebre Scipione Emiliano , 
alla fine la ripudiò ; di che biasimandolo gli 
amici , che ninna ragione di ciò vedevano : 
Voi non sapete , Jor disse , ove la scarpa mi 

duole . * ^ ' # 

v (t) Jmperium viri in uxorem non Iterile* 
non praefectorhirn , sed civile esse debet , dU 
cea CALLICRAT1D1A ( STELLINI Ethic* 
Tom. IV. pag. «7. ) 



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28o Doveri * 

frica , tutti gl'i animali noi vegliamo occa- 
parsi colla massima cara all' allevamento dei 
loro parti ; nè è già l'istinto, termine la- 
go e insignificante , come abbiamo detto prà 
volte , quello che a ciò li determina.; ma 
queir amore che ogni ente sensibile pruova 
necessariamente per ciò che riguarda come 
cosa sua propria , e come porzione di sè 
medesimo .. 

Della cura però che aver debbisi nella fi- 
sica educazione dei figli , noi lasceremo che 
trattino i medici , a cui ciò più propriamen- 
te appartiene . E già molto veramente essi 
hanno detto e dell 1 abuso di nutrire i bam- 
bini coli 1 altrui latte , e dello stringerli col- 
le fasce nelT infanzia , e coi busti nella pue- 
rizia , e -dell' allevarli con soverchia delica- 
tezza , e d'altre sanili cose , che presso lo- 
ro potranno vedersi , e sopra di cai anche 
Locke , si eco: uè medico insieme e filosofo , 
nel suo trattato delT educazioni?, si è lunga- 
mente esteso . 

Ma negli nomini la principal cara de?e 
rivolgersi ali* educazione morale . Dono infe- 
lice farebbono essi ai loro figli, se dando 
laro la vita , e conservandola , gli allevasse- 
ro poi nella scioperatezza, nell" ignoranza, 
e nei vizj (1) . Invece d'uomini formerebbon 



(0 ELVSZLO la differenza degli nomini 
cosi ne 1 costumi , come nelle cognizioni tut- 
ta attribuisce alla sola educazione ; e seb- 
bene forse a questa egli abb a dato pia che 
non dovevasi , non è però da dubitare eh es- 
sa non v'abbia la massima, influenza . LI- 
CURGO il dimostrò coli 1 esempio, dei due 



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De* genitori. , # 28* 
essi dei mostri perpetaamente infelici in sè- 
stessi , ed a tutto V uman genere perpetua-. 

mente abbomi ne voli . ;i 

I primi a portarne la pena sarebbono pu-* 
re essi medesimi ; imperocché qual coinpen^ 
so aspettare da figli male allevati , quid con- 
forto nella vita , qual soccorso nella vec- 
chiezza ? Un figlio discolo è anzi il tormen- 
to perpetuo de genitori . u 
E di qui appare la sciocchezza non mei* 
ridicola , che detestabile di coloro , i quali 
a varissimi sono in ciò che riguarda l'educa- 
zione dei loro figliuoli . Sembra , che niuna 
porzione, delle loro ricchezze essi credano 
cosi male impiegata , come quella che im- 
piegasi a qnest' oggetto . Ma le sostanze , 
ch'essi risparmiano, in chi debbono termi- 
nar finalmente , se non figli medesimi? 
Or quale è miglior retaggio : il lasciarli ri<w 
chissimi , ed al tempo stesso o zotici o*vi T 
ziosi , o il lasciarli nn poco men ricchi, 
ma colti e virtuosi (1)? Nian figlio ben a^ 
levato saprà cèrto, dolersi mai di ciò che i 

4 »«■ • * 

HH — 1» 11 1 1 I » | 1 1 inai 11 . ■ 1 ! 1 ■ m 

p « • 

cani nati ad ua medesimo, parto t ma V uno 
allevato alla cacciar, V altro all'ozio ed. alla 
delicatezza domestica „ a? quali presentato da 
una parte il cibo , e dall' altra una tapre ; 
il primo , abbandonando il cibo , alla lepre 
subito tenne dietro;, il secondo, a quel si av- 
ventò, ingordamente f e ad esso rimase . 
; (i») Per allevare .il figlio di non so chi 
ARIST1FPO chiese cinquecento dramme. 1^ 
posso a meno , disse quegli , comperarci 
uno schifo . Tu dunque ne avrai dop », 
rispose ÀJRISTIPPO N , 



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s8fc Doveri 
genitori per la sua miglior educazione ab- 
biano consumato . 

La cura della morale edacazione secondo 
la natura dovrebbe im mediatamente assumer- 
si dai genitori medesimi . Siccome però a 
molti o manca il comodo e, il tempo , per- 
chè distratti da altre care , o manca l'abili- 
ta necessaria « o manca pare la necessaria 
pazienza ; cosi è permesso il sostituire altre 
persone in loro vece . Ma la scelta di que- 
ste persone , a cui affidare ao dovere cosi 
importante , debb'.esser fatta con massima 
maturità ; e la paterna soJJecitudine non dee 
cessar mai di vegliare , quanto è possibile f 
sulla loro stessa condotta « 

I piani , ed i sistemi di edacazione rpora^ 
Je si sono , specialmente a questi ultimi 
tempi , air infinito moltiplicati : ma pare , 
che quanto più crescono i progetti , più Ver 
datazione vadasi peggiorando . ] . 

Molto soprattutto si è conteso, se Tedu?- 
cazione privata alla pubblica sia da prefe- 
rirsi ; e parecchi poi sopo , che l'atta all'al- 
tra accoppiano nel peggior modo . Imperoc^ 
m che invogliati a principio dell'educazione dor- 
mestica , sono solleciti a provvjedere i lorju 
figlinoli* nei primi anni di ajo e di precetto- 
re ; indi in età più adulta di questa educa- 
zione o annojati , o mal soddisfatti , li ri- 
mettono all'educazione de 1 Collegi . Ma qaal 
profitto allora ne 1 Collegi può mai sperarsi 
da un giovane già fatto indocile per età 9 
avvezzo gii> alla liberta , al lusso ♦ ed alla 
mollezza domestica - 9 e pieno fors'anche di 
faille domestici pregiudizi? 

Una prudente combinazione della pubbli- 
ca colla privata educazione io pur giudico 



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D* genitori . $83 
da prefesirsi a ciascuna di queste presa se- 
paratamente , ma in modo affatto contra- 
rio (i) . 

Allorché de'fanoiqili incomincia a svilup-? 
parsi la ragione, e ij corpo a prender rigo- 
re, il che a-viene fra i sei e gli otto anni j 
egli è quando io credo per molti titoli do- 
versi alla educazione domestica anteporre 
l'educazione dei Gollegj . 

Imperocché troppo difficilmente nn uomo 
abile e di vero merito si troverà , che vo- 
glia a quel tempo sacrificarsi con un fanciul- 
lo , e quando pure si trovi, finiranno ben 
presto colTannojarsi scambievolmente amen- 
due . Non ss potrà intanto , per quanto pu- 
re si voglia, impedire del tutto, che il 
fanciullo non pratichi frequentemente coi 
servidori, coi famigli , colle fantesche , del- 
le cui adulazioni , e lusinghe , e «ciocche o 
prave insinuazioni approfitterà assai più , 
che non delle austere massime del precetto- 
re . Nei presenti costumi «gli è pure impossibi. 
le che molte xsose egli non vesga e non oda , 
che u^ire e veder non dovrebbe , e che s^rvan 
ben presto a -guastargli i) cuore e la mente <2) . 

Da tutti questi pericoli certamente in 
quei primi anni assai meglio nei Gollegj e« 



|i) Questo sentimento appoggiato noq 
meno alla ragione , che air osservazione e 
.all'esperienza , io ho già espresso altra vol- 
ta nelle Novelle morali Tom. IL Nov. 3. 1 

(») Assai più necessario, dicea SENO CR A- 
TE, è il ben riparare l'orecchio de'fanciulli, 
che non quel degli atleti : . e come ottenerlo 
con sicurezza in nna domestica educazione? 



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2&ì Doveri 
gli pub eseere preservato Lontano dalls fan- 
tesche e dai servidori, lontano dalla licenza 
delle conversazioni e degli spettacoli , custo- 
dito sempre e ad ©gui passo da persona 
probe , che vegliano sopra di Ini, meno di 
pregia lizj e di false massime certamente 
egli può apprendere , e più invece di retti , 
e onesti, e virtuosi principj . Egli ha il cam- 
po frattanto nelle ore a ciò destinate di sfo- 
garsi liberamente coi suoi eguali in qoei 
giuochi e trastulli innocenti , che si eonvech 
gemo all'età soa, ebe tanto giovano nlla sa- 
lute, all'agilità., alla robustezza, e che sop- 
pressi forzatamente in una educazione pri- 
vata , scoppiano poi sovente più tardi eoa 
sommo scandalo e pregiudizio . Egli ha pare 
il vantaggio dell'emulazione , clie tanta e si 
uti! forza ha nei fanciulli, e che nell'edu- 
cazione domestica non può destarsi che tra 
i fratelli , cosa sommamente pericolosa , dice 
Bacone (Serra; 7) , perocché spesso dà ori- ■ 
gine a fraterne invidie , e discordie , e rnale-^ 
volenze , che si perpetuano, poi nelle età an- 
cora più tarde . , 
, 11 sola pericola è quello che può venire 
dai cattivi esempj di qualche tristo compa- 
gno . Ma questo pericolo assai leggiero è in 
quei primi anni, in cui essendo in pieno 
vigore le regole e la disciplina , i cattivi so- 
no dal gastigo costretti a correggersi o a 
raffrenarsi . Il pericolo si fa maggiore allor- 
ché cresciuti in età incominciano a scuoterli 
giogo , e che il rigor delle regole più non 
è rispettato; e allora appunto egli è il tempo 
di richiamarli . •* 

Più facile a queir età è il. ritrovare persona 
dotta., e proba, e prudente, che prenda a 



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De'geìiilori . ^ o85 

perfezionare P incominciata educazione, e 
istruire il sao allievo non solo nelle lettere 
e neile scienze , ma ancor nel vivere onesto 
é civile , e che seco usando da amico c da com- 
pagno più che da pedante , sappia dai detti 
n dai tatti altrui coglier pure opportune oc- 
casioni , onde informarlo di ciò che fare o 
dir si conviene , e dei modi con cai in cias- 
cuna cosa è più onesto e lodevole il con- 
tenersi . 

Qualunque però sia ti sistema d' educazio- 
ne , che si abbracci, e qualunque F educa- 
tore , alcune massime generali vi sono , che 
mai non si debbono perder di mira , e che 
lasciar non vogliamo di ricordare. 

Prima cosa si è, die l'educatore ottenga 
dal suo allievo sommessione e rispetto . Im- 
paziente delle briglie e del freno , questi pro- 
caccia subito per ogni modo di sciogliersi, 
o di prender la mano a chi il regge; e se 
una volta egli vi riesce , egli è qualcayollo 
indomito e sboccato , che più non si può 
contenere * Coraggio e fermezza accompngna- 
ta dalla ragione e da au giusto e moderato 
rigore, è di mestieri singolarmente nei primi 
tempi, e nei primi contrasti, che sogliono 
decidere di tutto il resto, 

2. Oltre al rispetto , egli dee procurarsi an- 
ehe T amore , (^ìde quel eh' egli impone ven- 
ga eseguito non per timore soltanto e per 
forza , ma spontaneamente e con piacere ; e 
ciò "egli otterrà; quando non l'impeto e la 
passione il governi , ma la ragione (1) ; quar„ 

^^ m ^ mmm ^^,^1 ^.^^^^^ ^^^^^^ ^ ^ ^^^^^^^^^^^^^^^^^^ 

" (i) Ita quod es Pater ut ere , ut memìneris 
te et hominem esse , et hominis patron , di- 
ceva PLINIO (Epist. 12. Lib. 9) 



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*8(S Doveri 
do fermo ad esigere ciò che richiede il do- 
vere , ed a negare ciò che a questo $' oppone f 
sia però al medesimo tempo facile e condi- 
scendente in tatto quello che può con sica* 
rezza concedersi ; quando sappia non meno 
allettare colle lodi e coi premj, che repri- 
mere coi rimproveri e coi castighi. 

3. II caore principalmente e il costume 
deve cercarsi di ben formare: nel che assai 
mancano la più parte , che più si curano 
render dotti i loro allievi f che di renderli 
buoni , e il più delle volte riescono poi a 
non averli nè dotti , nè buoni . 

4. A tal fine i primi semi reprimer si deb- 
bono delle passioni disordinate , punire se- 
veramente tatto ciò che discopre malvagità e 
malizia , perdonando poi facilmente ciò che 
viene solo da leggerezza, onde sappiano i 
fanciulli accuratamente distinguere V una 
co«a dall'altra ; togliere tutto quello che 
possa condurre ad abitudini viziose (1) } 
ispirar sentimenti d'abbominazrone e d' or- 
rore alla crudeltà , alla malvagità , alla men- 
zogna , alla frode , e sentimenti d" 1 amore e 
di tenerezza air umanità, alla giustizia , 
alla verità , alla virtù: sopra tutto preceder© 
Jn ogni CO39 coi buoni esempj (2) . 

CO PLATONE veggendo o$ fanciullo giun- 
care ai dadi acremente lo rampognò, e di- 
cendo questi : Tu mi sgridi per poca cosa ; 
Piccola cosa , rispose , non è la mala assue* 
fazione ( DIOG LAERZIO nella vita di PLA- 
TONE , 

(2) Siocoroe l'esempio, dice SENECA * me- 
glio istruisce che la ragione ; cosi mostra* 
conviene coi fatti quello che insegnasi coi 

precetti . 

« 

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De' genitori. 287 
Ma la più saggia educazione andrà spesse 
tolte fallita, ove attento riguardo non abbia*- 
si al momento, in cui sciolto dal vincolo 
della educazione, medesima , il giovane esce 
in libertà. Il più teribil momento egli è quel- 
lo , e s'egli allora si abbatte in cattivi com- 
pagni, o in male pratiche, che sono pur fa- 
cili e sì frequenti, egli è perduto. - 

A distoglierlo da siffatto pericolo assai 
gioverà V avvezzarlo innanzi a compagnie 
saggie , oneste , irreprensibili ; ma gioverà 
soprattutto il sapere acconciamente ed util. 
mente occuparlo. Abbandonato eh' egl» sia 
ali 1 ozio ed alla scioperatezza , come impe- 
dire , che avvenendosi con altri a lu? egua- 
li , dalle insinuazioni loro e dai loro esem- 
pi i loro vizj non apprenda , e tutto quel 
guasto 1100 ne derivi, che suole dall'ozio pro- 
venire . 

Chi dalla propria condizione è determinato 
a doversi colla sua industria procacciare il 
sostentamento od i comodi della vita , ai 
pericoli e ai mali dell'ozio è meno esposto. 
11 peggio è per quelli , a cui la fortuna è 
stata più liberale , e che da ninna cosa ob- 
bligati si veggono ad occuparsi r L' amor 
degli studj , o delle belle artr , o degl 1 im- 
pieghi militari o politici , o delle magistra- 
ture , è desiderabile, che a questi forniscano 
quella occupazione che loro manca ; e quan- 
do ninna di queste cose abbia luogo , a 
quel mezzo almeno dovrebbono i genitori 
ricorrere , eh* più facile si presenta , ma da 
cui una sconsigliata gelosia d'impero più 
comunemente li tien lontani , e si è disso- 
ciarli ai domestici affari , e iv i regolamenti 
di questi impegnandoli , toglierli ai mali 



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» 

ad un pieno 

ozio e dissipamento . 

A ETICO LO' IH. 

Doom oV/fgK verso de' genitori . 

-Hl tre riduconsi principalmente i doveri dei 
figli, verso dei genitori; e sono ubbidiènza, 
rispetto , e gratitudine . 

lj dovere d' ubbidienza nasce da quel me- 
.77 ' « Padri impone d'attendere 

aita loro educazione ; imperocché ogni cura 
sarebbe vana, ove non fossero ubbiditi. E 
siccome i genitori trasmettendo in altri il 
carico cT alevarli, in loro trasmettono par- 
anche quella porzione d' autorità , che al 
loro uffizio si compete ; cosi anche verso di 
T?iHJ ann0 i fi « K « dovere medesimo 

ti ubbidienza . 

Bue sono però i casi, che da un tal do- 
vere gli i esimono : 1' uno è qoando i genito- 
ri o gli educatori comandano cose ree ed 
inoneste , essendo il dovere della onestà e 
(Iella giustizia anteriore a qualunque altro; 
il qua! caso però deve supporsi che mai non 
avvenga, o b^n di rado . L'altro, che può 
essere p.u frequente , è quando si trattinleHa 
elezione di uno stato fisso t perpetuo . In 
questo siccome i genitori non hanno il di- * 
ritto di rendere i loro figli infelici, così i 
ligii non sono tenuti ad ubbidire, «uàndo 
volessero obbligarli ad un vincolo , da cui 
prevedessero dover loro venire una perpetua 
infelicità. Esenti però in tal caso dall'asso- 
luto dovere d'ubbidienza , noi sono da quel- 
li d'una deferenza rispettosa. In un affare, 



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Ve' figli. . 289 

che influir debbe sa tutta la loro vita 9 non 

1 hanno essi a precipitare la scelta senza il 
consenso di quelli , che hanno vegliato fino 
a quel punto sovra di loro , e seguiranno 
tuttavia a vegliarvi 

Il dovere di rispetto e di riverenza viene 
da quella sommessìone , che ognuuo dee prò. 

j fessare a chi ha autorità sopra di lai , e che 
ai parenti si deve più che ad ogn' altro , 
siccome a quelli , a cui l'autorità è data 
dalla natura medesima . Prossimamente dopo 
gli Dei vuole la legge che si rispettino i 
genitori , dice Menandro (1) ; e secondo Seno- 
fonte , chi a ciò mancasse presso gli Ate- 
niesi era punito , ed escluso dalle magistra- 
ture • 

Nè un tal rispetto ai parenti soltanto si 
dee ristringere , ma estendere eziandio a 
f quelli , che superiori per P età loro , una 
certa autorità sopra di noi acquistano , for- 
nita loro dalla età stessa, e dalla esperi enza 
acquistata cogli anni (2) . 

I vecchi erano singolarmente onorati presso 
degli Spartani; e narrasi , ch'essendosi ne'giuo- 
chi olimpici presentato un vecchio a vedere 
gli spettacoli , mentre egli aggiravasi per ri- 

n 

.ti ■ 

(1) Infatti noi vegliamo pur nel Decalogo* 
che dopo i precetti che Dio riguardano , il 
primo è quello di onorare il padre .e la 
Madre . 

(2) Est imitar adolescentis irìajores nata 
v eferi , diceva CICERONE , ex hisque dilige* 
re optimos et probatissimos , quorum Consilio 9 
atque auctoritate nitatur (De OfJiQ. Lib. I. 
Cap. 4i ) 



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•9* Doveri 
ttovar laogo , molti degli altri. Greci di lai 

beffaronsi; ma allorché giunse o v'erano gli 
Spartani , tutti rizzaronsi immantinente; di 
eoe essendosi fatto gran plauso : oh Dei ! es- 
clamò il vechio , come tatti i Greci cono* 
. scono ciò chVè lodevole , ed i soli Spartani 
lo eseguiscono 2 

Il dovere di gratitudine è proporzionato ai 
beneficj ricevati. Ora siccome la vita , 1^ 
conservazione di essa negli anni pjù teneri 
e pericolosi , i travagli , le pene , le solleci- 
tudini per I 1 educazione e tìsica e morale, 
sono benefìcj ad ogni altro superiori ; così la 
gratitudine *erso dei genitori debb' essere la 
più grande , più viva, « più costante : e male 
a coiai il quale o nelle loro indigenze ver- 
gognosamente gli abbandoni , o con un te- 
nore di vita scorretto , licenzioso , vitupere- 
vole indegnamente gli affligga e li contristi . 

ÀRT1COXO IV. 

' * 
Doveri scambievoli tra i fratelli . 

JLj amore e la concordia sono i doveri scam- 
bievoli tra i fratelli e felice quella famiglia f 
dove i vincoli della natura sieno confermati 
e rinforzati da quelli di ona costante e vera- 
ce amicizia ! ^ _ 

Quindi Teipistio {Qrat. de ùmic.) ordi- 
nava, che per conoscere V animo d' alcuno 
si riguardasse principalmente qual fosse il 
suo contpgnp ai fratelli * Nè già delle 

sostanze solamente e dei beni della fortuna» 
ma ancora della gloria volea Plutarco, che fos- 
sero i fratelli chiamati a parte • £ Je racle : 



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pél figli. *g\ 
se tao fratello , diceva f è teco sfeortesje , ta 
mostrati miglior di lui , * vinci, colla tua a- 
morevolezza i selvaggi di lai costami . Im- 
perocché , aggiagaeva Epitteto , la natura ti 
ha unito* al fratello , non al fratel buono , 
laonde non hai a considerare come egli ti 
tratti, ma come tu abbi a trattar lui per 
vivere convenientemente alla natura .... 
- Questo amore poi e questa • premura , e 
non di sole parole, ma di fotti , dee propa- 
garsi di mano in mano anche, agli altri con* 
giusti secondo che a noi sono più o meno 
stretti di sangue^ finché essa termini in quel 
sentimento di benevolenza , che a tutti gli 
nomini generalmente è dovuto (i) . 



i % ♦ • * . * * 



■ 

- \Doveri vena la patria , è là società . 



1 dover primo ^ ogni cittadino verso la pa- 
tria è l'esatta osservanza delle sue leggi Ina- 





1 




1 



c4 vile società , noi 
no eglino sottomessi spontaneamente a certe 
condizioni , le quali sono poi state ridotte a 

(ì) Noi siamo posti , diceva JEROCLE , co- 
me nel mezzo di varj circoli concentrici , i 
quali esprimono i nostri maggiori , o minori 
doveri Versò degli altri , secondo 4 che tonò 
questi nel circolo più o meno vicino *hl cen- 
tro dove noi siamo ( STEJLLINI Etìlica Tom. 
IV. pag. ai6. ) n 



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/ 



Doveri • 

leggi , perchè acquistassero una solennità e 
fermezza maggiore . Or siccorfie (iairo«$ervao- 
za di queste dipende la pubblica tranquillità 
e sicurezza; cosi chi ricusa di ubbidirvi o 
dee coudannarsi da sè medesime» ktTT antica 
solitudine delle selve , o come infrattore dei 
pubblici patti dalla pubblica autorità deve es- 
ser punito . 

• li deposito delle leggi, V autorità di sce- 
marle , accrescerle , variarle secondo le cir- 
costanze , e T autorità di farle eseguire , sic- 
come abbiamo similmente accennato , in al- 
cuni luoghi fu confidato ad un solo , in altri 
ai capi del popolo , ed in altri da tutto il 
popolo fu ritenuto * Qualunque sia però la 
specie di governo f sotto del quale uno vi- 
ve , coru' egli è tenuto di ubbidire nlle pub- 
bliche leggi 9 cosi anche agli ordini parti- 
colari dì chi ha la. legittima autorità di pre- 
scriverli - 

Ma la conservazione della pubblica tran- 
quillità e sicurezza , e il provvedimento ai 
pubblici bissgni richieggono delle pubbliche 
spese . Or di queste , come ognuno gode il 
beneficio f cosi ognuno deve concorrere al pe- 
so ; e di qui nasce il dovere 9 che ha, ciascu- 
no , di soddisfare,, con esattezza e con fedel- 
tà a quella parte delle pubbliche contribu- 
zioni , che gli compete « 

La difesa pubblica richiede pure talvolta 
l'opera personale di .ciascheduno , \\ che av- 
viene nel .caso di, un nemico assalitore, A 
quale cerchv d; opp^rnére la libertà dcjjUa pa-, 
tria, o togliere i ^uoi diritti . Ogni cittadina, 
in questo caso è tenuto a difendere la causa 

pubblica W tutte ^-sue forze, e col peri~ 

• - 

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Versò la patria • ^ 290 
colo ancora della vita , ove il bisogno la 
chieda (1) * 

• Ma alla pubblica felicità Bon basta la sem- 
plice tranquillità e sicurezza . Essa risulta pu- 
re dal concorso delle fatiche comuni , e delle 
1 opere particolari di ciascheduno (2) . Siccome 
ognuno pertanto ha Ja sua parte al pubblico 
bene; cosi ognuno pur deve per la sua par- 
te o colle braccia , o coli 1 ingegno contribu- 
irvi . Un cittadino inoperoso indegno si ren- 
de di ciò che la patria per le fatiche degli 
altri viene a somministrare : egli è ir fuco , 
che oziosamente si divora le fatiche delle api . 

Ciò che uno deve alla patria , cioè a quel 
luogo dev 1 egli è nato , 0 donde trae V origi- 
ne , o dove tiene fissamente hi* sna dimora , 
il deve pure in gran parte a qualunque lue- 
go , dov' egli passi per molto o breve tempo 
a soggiornare . Il rispetto alle pubblice leggi, 
il] : rispettò a chi ha Ja pubblica amministra- 
zione r la proporzionata contribuzione ai bi- 

(1) Anzi egli deve pure in tal casa, dice 
CICERONE , posporre aM* amor della patria 
qualunque altro amore : Chari sunt parcnles, 
diari liberi , propinqui , farniliares : sed omnes 
omnium charitateis> patria una complexa est 
£De Offic. Lib. 1. Cap. 18. ); e memorabile 
esempio fra i< Romani» ne diede già M. BRU- 
TO , allorché alla morte condannò i proprj 
figli , perchè contro alla patria congiuravano 
a favor deTarquic}. 

te) La società , die? SENECA ( %pi$t. g5. ) , 
ìfc carne una volta , la qua! cadrebbe, se tut- 
te le pietre che la compongono » non concor- 
ressero a sostenerla . 



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2i)4 Bàveri 
sogni pubblici è indispensabile ovunque ano 
si trovi . Anzi an uomo probo come cittadi- 
no di tutto il mondo si «leve considerare; e 
adempiati esattamente i doveri , che alla pa- 
tria più da vicino lo legano , i doveri d'uomo 
giusto e d'uomo utile deve par eseguire , per 
quanto egli possa, rispetto a tutti gli uo- 
mini (i) . 

* 

C A P O VI- 

i * » i * * 

Del giudice interna della bontà r o malvagità 
delle nostre azioni % ossia della coscienza * 

m • 

a coscienza , net senso in cui dagli Etici 
si suol prendere, altro non è che la stessa 
ragione, la quale paragonando coi doveri le 
azioni fatte a da farsi % giudica se siano ad 
essi conformi o contrarie , e quindi se Steno 
buona b malvage (2) * l . . - 

(1) Non nobis solum nati sumtts , dice 
CICERONE < De Offic. Lib. 1 Gap. 6.)ortus~ 
que nostri partem patria vindicat , partem 
parente $ » partem amici f atquè ut placet Stoi- 
cis quae in tetris gignu: ititi* ad usum homi- 
num omnium credrì ? Ho&ines autem haminum 
causa esse génitos , ut ipii intèr sè aliis olii 
prodesse possent ; in hòc Nato ram debemus 
ducem sequi 9 et conimutiei; utilitatcs in me- 
dium afferre mutatione òjficiorum , dando , 
acci p tendo : tùm artìbus V tum opera , tum 
faculta tibus devincire homìhutn ihìer homines 
societatem ' \ )} M ' i 

<2) Questo, senso è un^ f diverso d* quel- 



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Delia coscienza . zgp 
Perciò la coscienza distili guesi in antece- 
dente , e susseguente : la prima delle quali 
giudica delle azioni da farsi o da tralasciarsi, 
la seconda di ciò che si è fatto od ommesso . 

La coscienza antecedente è quella, a coi 
s'appartiene generalmente il dirigere le nostre 
azioni ; e chiunque opera contro alla co- 
scienza , con ciò medesimo si fa reo , perchè 
opera contro alla ragione . Ma questa co- 
scienza può esser retta od erronea, e certa 
o probabile o dubbiosa . 

Essa è retta quando si ha una vera cogni- 
zione dei proprj doveri , e veramente si gra»- 
dica delle azioni che sono ad essi opposte , o 
conformi ; ed è erronea quando intorno ai 
proprj doveri , intorno al giusto ed all'ingiu- 
sto , al lecito ed ali 1 illecito si hanno falsi 
principj » oppure degli stessi principj veri si^ 
fa alle azioni particolari una falsa applica** 
zione . 

Àmnchè dunque la coscienza sia retta , due 
cose richieggonsi : primo , che delle léggi e 
dèi doveri oosì generali come particolari si 
acquisti una esatta cognizione ; secondo , euo 
avanti di decidersi ad alcuna azione , si esa- 
mini attentamente, se questa e in se stessa, 
e nelle circostanze che la precedono o seguo* 
no od accompagnano , ai doveri e alle leggi 
convenga, o disconvenga ; se giusta le me- 
desime essa sia o comandata espressamente 1 , 

* i " ■ ii i ■ ■ 

-, »• 

« 

lo, in cui la coscienza suol prendersi da'Me- 
tafisici , i quali per essa intendono sempli- 
cemente quell'atto, con cui l'anima é con^- 
sapevole a sè medesima di ciò che avviene 
dentro di lei ( V. Logica Part. I. pag. 07; ) 

# • 

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a espressamente vietata , o liberamente per- 
messa , e quindi se essa abbia a farsi ed a 
tralasciarsi . 

Ma non sempre delle leggi e dei dove* 
> ri si ha una cognizione certa e sicura , nè 
sempre si sa distinguere con esatta evidenza 
firn dove la legge o il dovere s'estenda , e se 
una tale o tal altra azione ne sia compresa 
od esclusa • In tal caso F uomo probo a quel 
partito deve appigliarsi , che più probabile 
gli sembra , cioè appoggiato a maggior nu* 
mero e valore così di Scagioni , come di auto- 
rità . • 

Che se questo numero o valore di autori- 
tà e di ragioni si contrappesano , e si di- 
struggono scambievolmente f egli deve allo-' 
ra sospendere e il giudizio suo e F azione , 
finché o per sè medesimo , 0 colF ajuto e con- 
siglio altrui non giunga a discoprire da qual 
lato sia realmente la preponderanza , e qual 
sia il partito da abbracciarsi • 

Nè auesto esame dev* egli soltanto premet- 
tere alle sue azioni avanti d'intraprenderla 
ma spesso ancora ripetere dopo che sono ése-r 
guite , affin di rendersi conto se esse sono 
bene 0 mal fatte . Ciò è specialmente neces- 
sario allora quando egli non abbia avuto in-» 
Danzi , siccome accade assai volte , il tempo 
e il comodo conveniente di ben ponderarle, 
o si avvegga che le passioni , o la preven-* 
«ione , o F esempio , od altro simil motivo lo 
^ abbia ad esse determinato più che la ragio- 
ne . E in questi casi qualor conosca , che 
alcuna cosa sia stata malamente fatta, egli 
deve tosto e con ogni premura esser sollecito 
di ripararla . 

Questi» è P we 1* strada f come gii 



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Velia Coscienza . 
altro** si h détto (V«rt. l. Sez. I. Cap< IV. 
§. I. ) , per evitare il rimorso , il quale* Hv 1 
ir; menti ostinato seguace ne accompagnerà 
in ogni- tempo e in ogni luogo , nè per quan- 
to da noi si faccia, mai si potrà interamente 
allontanare. Le furie, onde Oreste era ognor 
inseguito e straziato , altro non esprimeva- 
no , dice Cicerone (prò Sexto Moscio Ame*- 
rìno ) , che i suoi crudeli rimorsi ; Una rea 
azione ci è dalla coscienza vendicatrice ognor 
rinfacciata : anche senza volerlo , dice un fi- 
losofo , noi ci mettiamo allora nel luogo di 
tutti quelli che ci riguardano , quel» giudizio 
ch'essi fanno di noi , tutto ideila più aspra 
maniera il' sentiamo dentro di coi medesi- 
mi . Le adulazioni o del nostro amor pro- 
prio , o d'altrui ben possono di quando in 
quando e per qualche. intervallo sopire que- 
ste severo giudizio ; ma egli ritorna anche 
nostro mql^ràdo ognor più fiero a presene 
tarsi. ] i . \ ( 



'i 



SEZ I O N, E I IX % 



DELLE VIRTU%. 



• .- 



€ A P O t ■* 



Bell* virtù in generale ; 

* » 

■ r ♦ • 

I" ** ' • 
1 primo fra gli antichi-, il quale fornito ci 
abbia un trattato delle virtù, è stato Ari- 
stotele . Egli ha posto la loro sede im un* 
certa mediocrità, la quale sfugga da ambo 

n 3 



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29S Virtù 
le parti gli estremi , e le ha divise in mora- 
li e intellettuali*. 

Delle prime egli n'annovera undici, vale 
a dire 1. In fortezza , per cai l 1 uomo incon- 
tra i pericoli , e soffre i mali della vita con 
anima grande : e i suoi estremi quanto ai 
pericoli sona F audacia e il timore , e quan- 
to ai mali sona F insensibilità ( la quale pe- 
rò, ove esistesse, sarebbe piuttosto difetto 
di natura che vizia ) e F abbattimento . 

2. La temperanza f per -cai l'uomo s'astie- 
ne dai piaceri , a ne gusta sol quanta vuol 
la ragione; gli estremi sono Fin temperanza, 
e la suaccennata insensibilità o stupidezza * 

3. La liberalità , per cai F nomo dona ad 
altrui del suo agevolmente ed a proposito : 

' gli estremi sono V avarizia e la prodigalità . 
4- La magnificenza , per cui egli fa spese 
grandi , ma quando e come conviene : gli 
estremi sono la profusione e la spilorceria . 

5. La magnanimità , per cui egli si stadia 
di conseguire i primi onori , ma moderata- 
mente e seconda la ragione : gli estremi so* 
no la superbia , per cui pretendonsi i primi 
onori, quando non convengono , e la pusil- 
lanimità f per cui si trascurano quando pur 
converrebbero * - ; : j,v ^ 

6. La modestia , per cui Aristotele intende 
la premura d' ottenere anche i piccoli ono- 
ri f ossia le proprie convenienze secondo la 
retta ragione: gli estremi sono l'insolenza 
e F abbi ezìone * 

7. La mansuetudine , per cui P uomo. trat-> 
tiene Pira ili maniera che stia dentro ai 
termini del convenevole : gli estremi sono il 
trasporto e P indolenza . J . • 

$. Anche il lodare sè stesso accortamente 

* 

* 

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In generale . agc) 
e moderatamente da Aristotele meltesi a 
conto di virtù, e chiamasi da lai elettrica o 
verità : gli estremi sono la milanteria , e 
V umiltà affettata. 

9. Egli riguarda pare come virtù il lodare 
i detti e i fatti altrui t ove facciasi a buon 
fino e convenientemente : gii estfettii sonè 
l'adulazione, e il negare altrui ia debita 
lode % 

10. Una virtù parimente è presso lai il 
saper rallegrare le brigate con graziosi ra* 
giovamenti e leggiadri motti : gli estremi 
sono la buffoneria e Ivi rustichezza . 

L' Hi virtù finalmente è la giustizia , per 
cai l 1 Qomo dà a ciascuno quello che gli si 
deve : gli estremi sono Y usurpazione dell' 
altrui , e la dabbenaggine in lasciarsi toglie- 
re il propria, "i • " 

Le virtù intellettuali* ohe da lai si accen- 
nano , sono quattro: 1. V 'intelligenza , pe* 
«ni si conoscono prontamente ie cose nei 
lor principi * • ' 

2. La scienza, per cui si conoscono pron- 
t amante , e si dimostrano le conseguenze 
che ne discendono * * : 

3. La prudenza , per cui si conoscono le 
azioni , che in ogni circostanza convien fa- 
re , o non fare . ^ ; i 

4. V arte , per cui si conosce tutto ciò 
eh 1 è richiesto a rendere bella e perfetta 
F opera che si fa * # 

Sembra , ohe Aristotele abbia generalmen- 
te riguardate per virtuoso tutte le cose , *he 
possono meritar lode # e abbia inteso per 
virtù l 1 abito di far prontamente qualunque 
cosa lodevole. Quindi egli annovera tra le 
virtù il saper fare acconciamente le grandi 



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Soo Virtù 
spese , sapere acconciamente 'procurare i 
primi onori , acconciamente sostenere le 
proprie convenienze , lodar sè stesso , lodare 
altrui , rallegrar le persone , con cui si Usa. 
• Ma oltreché egli molte ne ha ommesse y 
che assai più meritavano di essere Domina- 
te , come la clemenza , la fedeltà , la grati* 
tartine , la cortesia , .troppo crescerebbe il 
numero delle virtù, qualora si volesse pren- 
dere questo termine nel senso, ch'egli v'ha 
applicato . Perocché se vi ha una virtù , che 
s 1 occupa intorno alle spese , un 1 altra , dice 
Francesco Maria Zanotti f dovrà pur notar- 
sene , che versi intorno alle fatiche , un' al- 
tra intorno agli studj , un'altra intorno alle 
▼isite , ai passeggi eo. 9 essendo queste cose 
tutte capaci egualmente d' eccesso e di difet- 
to , e tutte essendo lodevoli quando si usano 
moderatamente ; e se tra le virtù morali si 
pone X abito d'usar facezie, perché , die' e- 
gli, non dovrà porvisi quello di far sublimi 
ragionamenti, di far onesti racconti , di far 
esortazioni, e così discorrendo? 

Ma la parola virtù anche presso degli al- 
tri antichi usata si trova in un senso egual- 
mente vago e indeterminato . Nei primi tem- 
pi, siccome il pregio maggiore d'un uomo 
poneasi nella forza , cosi per virtù intende- 
vasi soprattutto il valore . Noi veggiamo in- 
fatti , che. apern ( arefe ) presso i Greci, e 
virtus presso i Latini adoperavansi principal- 
mente nel senso di forza o valor militare ; 
e la sua stessa origine appresso i Latini 
sembra anche venire da vis , forza (i) / 

* 1 . - . . * 

; <i) VÀRFONE, e CICERONE traggono il 
Home yirtù da vir uomo , qua lo stesso vir ' 



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In generale. t Zot 
Virtuose in appresso si sono chiamate taf— 
te quelle azioni morali , che richiedendo un» 
certa forza nel]' animo , perciò si credettero, 
meritar lode ; virtuose similmente tutte le 
operazioni intellettuali , e le abilità corpo- 
ree , che por si credettero commende voli : 
tanto che Virgilio sostituì fin anche il nome 
di lode a quel di virtù ♦ dicendo : sitnt hit 
etiam sua praemia laudi , invece di dire w>- 
tufi ( Aeneid. Lib. IV. K • 

Or affine di meglio determinare il lignifi- 
cato di questo termine , noi osserveremo pri- 
mieramente, ch'esso è ben riserbato soltan- 
to alle azioni lodevoli, ma non ogni azione 
lodevole virtuosa si chiama » Merita lode un 
geometra , che scioglie un difhcil problema ; 
nn comandante , che riporta una gloriosa 
vittoria ; un pittore . che forma un bel qua- 
dro ; un poeta , che fa nn poema eccellente;, 
ma noQ si dicona virtuosi per questo . . 

Alle sole azioni morali questo titolo pro- 
priamente suol darsi ; ma anche qui non a 
tutte si concede , e nemmeno a tutte quelle 
che pur si riguardano come buone azioni . 
Il pagar nn debito , il Soddisfare ad una 
promessa ;« il restituire un deposito sono cer- 
tamente buone azioni , ma non si celebrano 
contuttociò come azioni virtuose. All'incon- 
tro il beneficare un nemico o un ingrato , 
il sollevare un' onesta famiglia dalla sua 
mendicità , F opporsi alla prepotenza d' un 

poi sembrano dirivare da vis , forza . Pirtus. 
ut viri* vis a virilitate ; dice VARRONE 
( Lib. 4. de Lingua Lai. ) ; e CICERONE : 
Appellata est enim eoù viro virtus ; viri uutem 
propria maxime tst fortitudo ( Qutest. Tusc* 
Lib. 2. Gap. . 



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3oz Virtù. 
frìgi u*to usurpatore per la difesa d 1 ub debo- 
le -innocenti., V esporre generosamente per 
l 1 altrui salute la propria vita ad un immi- 
nente -pericolo , sono azioni ; che in tutti i 
tempi, e da tutti sono state sempre ricono- 
sciate e commendate come veracemente vir- 
tuose . 

Ma che è ciò che distingue queste azioni 
dalte accennate dianzi , e fa che queste, non 
quelle virtuose si chiamino ? La differenza 
si è , che le prime sono d* espresso e indis- 
pensabile dovere, non le seconde • Ora cbi 
adempie esattamente i suoi doveri f ma non 
più , chiamasi , come già altrove si è detto 
(Logica Par.L pag. 17&, e Metafisica pag.268.)* 
semplicemente uomo onesto : egli è nel caso 
espresso da Orazio ad altro proposito : PtW* 
vit deniqae culpam , non laudem mentit 
( de Arte Poet. ) . Quegli , che fa delle azio- 
ni lodevoli senza esservi dal dovere costrfet^ 
to , oA oltre a ciò che il dovere prescrive , 
è il solo , a cui diasi veracemente il titola 

di virtuoso . ' "'. 

Non basta però una sóla azione di questo 
genere , percnè uno costantemente s' onori 
con questo titolo . V abito Vi si richiede di 
farle ogni volta che Y occasione presentisi $ 
e tarlo prontamente e spòfctaoeamente . 

La virtù adunque potrà definirsi V abito di 
fare prontamente e spontaneamente delle buo-» 
ne azioni morali non comandate da espresso 

dovere , 0 superiori a questo dovere mede^ 

• »»# * * »» » . •• 
Simo . 

* Da quest' analisi (O periamo vedere quan- 

(1) Che io aveva fatta già altrove inciden- 
temente ( Appendice alla Guida delCintellet* 
nella ricerca della verità ) . 

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In generale. 3o5 
to inesatta sia stata la distinzione * che h* 
fatto Aristotele delle virtù in morali ed in- 
tellettaali ; quanto male a proposito i Greci 
e i Latini abbiano confusa la» virtù col vaiò* 
re , chiamando amendae collo stesso nome ; 
quanto peggio alcuni Italiani abusino di 
questo termine , applicando il tìtolo di vir- 
tuoso a chiunque ha abilità in alcuna cosa,, 
e quasi per privilegio ai musici ed ai balle- 
rini^ Colla medesima analisi noi ' pò tre in 
giudicare , se a ragione Montagne abbia as- 
serito , che la virtù è una nozione vaga e 
inde terminata , la quale varia secondo i se- 
coli o le nazioni ; se Locke a ragione l'abbia 
fatta dipendere dalla semplice opinione , as- 
serendo , che le azioni si chiamano virtuose 
e viziose non per sè stesse , ma secondo 
eh© sono credute pubblicamente degne di 
loda o di biasimo ; se Elvezia abbia avuto 
ragione di riporta nel suo desiderio del ben 
pubblico ; se Montesquieu con ragione abbia 
stabilito un diverso fondamento alle repub- 
bliche ed alle monarchie, cioè a quelle la 
virtù ed a queste Y onore ec* > i 

La virtù suppone sempre una certa forza 
e grandezza d 1 animo % nel che essa corris- 
ponde alla sua etimologia ; perchè ] e anime 
deboli appena sanno adempiere ai loro do- 
veri , non che oltrepassarli • Ma questa for- 
za ora si esercita nelle azioni che riguarda- 
no noi medesimi , e costituisce le virtù che 
appartengono all'uomo saggio* di cai le 
principali sono la fortezza nei mali , l'umil- 
tà e la modestia nelle lodi e negli- onori , e 
la temperanza nei piaceri , di cui già abbia- 
mo parlato : ora si esercita nelle azioni che 
riguardano Dio , e forma le virtù che spetta- 



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5To4 - Pfrtù . 

Ho air uomo pio, di cui parleremo Della IH. 
Parte ; ora si esercita nelle azioni che ri- 
guardano gli altri uomini , e costituisce 1* 
virtù sociali , o spettanti alT uomo probo , 
di cai prenderemo ora a trattare particoLar- 
mei, te .ti.' 

c a p * o rr. 

Delle virtù sociali in particolare ,. e primie- 
ramente della beneficenza . 

P ' •* ' * /.i 1 * ' 1 ! 

er virtù sociale, secondo quello che ne 
abbi'am detto pur ora, si deve intendere Va- 
gito di fare delle azioni lodevoli a favo? 
d' altrui, senza che il dovere adesse ci ob- 
blighi , od oltre a ciò che ih dovere assola* 
ta mente richiede. Ora ciò posto , sicoomfe il 
dare a ciascuno ciò che gli appartiene, nel 
che è riposta la giustizia; il mantener le 
promesse, nel che consiste la fedeltà; il 
parlare secondo i sentimenti io terni del cuo- 
re , il che costituisce la sincerità ; il serba- 
re memoria dei benefacj , e ricambiarli po- 
tendo, il che formar la gratitudine; T aste- 
nersi dalla vendetta , sa che è fondata la . 
mansuetudine; e tutte le altre azioni, di 
cui abbiamo parlato nella Sezione preceden- 
te , sono di preciso ed assoluto dovere ; co- 
sì benché degne di molta lode ( perocché la 
perversità de' costumi , dice un* filosofo , si 
rari esempj ci porge di chi adempia esatta- 
mente il dover suo , che pur questo solo è som- 
mamente da commendarsi ) 9 non arrivano 
contutto ciò a quel grado sublime , per cai 

meritino il titolo di virtuose *, 

» . 

» 



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Beneficenza . ' 365 

La prima tra le virtù sociali , a cui vera- 
mente debbasi questo titolo , è la beneficen- 
za : anzi tntte per certo modo in lei sola 
por si racchiudono (i) . Ma siccome essa ba 
molti gradi , così non tatti sono questi di 
egaal pregio , nè tatti par giungono a meri- 
tar il titolo di virtù . 

Il primo grado della beneficenza è l'umani- 
tà , la qaale consiste nel prestare altrui quei 
servigj, che n» un danno od incomodo a noi 
non costano , e soccorrere altrui eziandio con 
qualche danno ed incomodo nei mali almeno 
più gravi . Ma questo , siccome abbiam di- 
mostrato ( pag. a5g> ) , è preciso dovere , e l'a- 
dempierlo non può tra le virtù annoverarsi ; 



(i) Beneficenza è nome generico , e ab- 
braccia tutte le virtù , che tendon per qual- 
che modo a far bene ad altrui . Più partico- 
larmente però beneficenza si chiama il bene- 
ficare coir opera , e munificenza o liberalità 
il beneficare con doni o con denaro , sebbe- 
ne CICERONE ( de' Offic. Lib. 2. Cap. il. ) 
chiama liberalità anche la prima , Che se il 
beneficio consiste nel rimettere ad un reo la 
meritata pena , egli è clemenza ; se è accom- 
pagnato da un eerto sentimento di pietà e di 
tenerezza , è benignità ; se è fatto con una 
certa grandezza di animo , è generosità ; se 
è riposto nel grattar altri lautamente , è splen- 
didezza ; se neir uso di certi graziosi riguar- 
di, e certe spontanee attenzioni verso dVal~ 
trai , è cortesia; se nell'accogliere amichevol- 
mente, e cortesemente trattare i forestieri, 
ospitalità ; se nel soccorrere i poveri di quar 

luaque maniera % è carità * 



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3o6 Virtù . 

I mali minori , c che meno appariscono , o 
che graire incomodo richieggono , o grave dan- 
no e pericolo in chi debba prestarvi ajuto , 
fono quei soli , i quali non sembrano impor- 
re a ciascuno l'esprèsso e indispensabil do- 
vere di poTger loro soccorso ; meno ancora 
appare il dovere di dar ad altri spontanea- 
mente del proprio senza un preciso bisogno, 
o più del bisogno - Or là appunto ove cessa 
il dovere assoluto d* umanità , incomincia , 
siccome altrove abbia m detto ( pag. 260. ) i - 
il merito della beneficenza . 

Questo merito poi è proporzionato cosi al- 
la quantità e qualità dei benefioj , come irl- 
le circostanze di quelli che li fanno o li ri- 
cevono . 

Circa alla quantità la cosa è manifesta per 
Sè medesima. La qualità dipende dalla natu- 
ra stessa del benefizio . Imperocché certa- 
mente chi salva ad altri l a vita fa assai più f 
che soccorrendo in una minore indigenza ; e 
assai più vale un benefizio, il quale influi- 
sca su tutta la vita d* un uomo , che un be- 
nefizio passeggero . ; " . - 

Ma il maggior mento della benencenza 
suol derivare dalle circostanze di chi benefi- 
ca . Imperocché quanto maggior incomodo 
egli dee soffrire , o quanto maggior forza dee 
fare a sè medesimo 9 tanto pur certamente è 
meritevole di maggior lode ; Così chi ha un 
solo pane , e sentendosi egli stesso affamato f 
il divide con un altro famelico , fa assai più f 
che chi dona mille scudi del sua superfluo • 

* la qu<?<to però un vantaggio hanno gli 
uomini ricchi e possenti f che quanto meno 
loro costa il far del bene , e quanto menò 
perciò essi meritano per questa parte , tanto 



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Beneficenza ♦ 3<r>7 
pià accrescer posano il loro merito col mol- 
tiplicare i beoefizj , e col farli maggiori . 

Ma ano sforzo , che può praticarsi egual- 
mente e dai grandi e dai piccoli, e che a 
tatti egualmente è gì àrie so allorché sanno 
esercitarlo ', egli è il beneficare un nemico f 
od un ingrato. L'astenersi dalla vendetta f 
siccome abbiam dimostrato ( pag. 24t. ), è 
un dovere*, e sebbene questo solo richiegga 
sovente un grave sforzo , non è tuttavia da 
mettersi in conto di virtù, come non è virtù 

10 sforzo che altri far debba* per resistere ad 
una gagliarda tentazione , che il porti a qual- 
che azione inonesta » La virtù incomincia al- 
lora quando all' oltraggiatore si ha puranche 

11 coraggio di far del bene ; e questo sforzo» 
il qual suol essere gravissimo, è pure il trat- 
to più generoso , a cui un 9 anima veramente 
grande arrivar possa . 

11 medesimo , dice Seneca, si è puranche 
il beneficare un ingrato . La vista d'un uo- 
mo sconoscente irrita comunemente e ribut- 
ta ; e però chi ha il coraggio di superare que- 
sta tr oppo facile avversione ; chi occorrendo 
un nuovo incontro, sa beneficare con animo 
superiore quegli stessi , che ingrati gli sono 
stati altre volte , merita al pari e veracemen- 
te il titolo di uomo grande , e magnanimo, 
e generoso . 

~ Riguardo al 1* oggetto che si benefica, tan- 
to più degno di lode primieramente è il bene- 
fizio, quanto abbraccia un maggior numero 
di persone • Perciò Andrea Boria , che alla 
patria dona la libertà ; Milziade , Temisto- 
cle , Camillo , Fabio , Scipione , Marcelle*, 
che alla loro patria la libertà conservarono 
Tito; Trajano > Marc Aurelio % che formaro*. 



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So8 ^ Viriti . \ 

no la felicità del più Tasto impero del mondo , 
saranno soggetto d' ammirazione e d'amore 
in tutte le età. Non n*eno degni della pub- 
blica riconoscenza sono pur quelli , cbe V u- 
man genere istruiscono co' loro studj e colle 
loro scoperte , nè meno grata è pur verso di 
loro T umanità ; e certamente Galileo , Carte- 
sio , Bacone , Bewfon , Locke , ed altrettan- 
ti saranno celebrati in tutti i tempi . 
. Ore trattisi di una sola persona , tanto più 
le Jevole è il benefizio , quanto è meglio im- 
piegato ; imperocché la beneficenza vuol es- 
ser bensk generosa , ma non già cieca (1) . 

Nei concorso di molti , su quelli per pre- 
ferenza versar si debbono i benefizj 1. che 
più ci appartengono per parentela , o per be- 
nemerenza, o per amicizia, o per società, 
o per patria , 2. cbe ne hanno maggior biso- 
gno , 3. che se ne mostrati più degni . E qua- 
lor si prevegga, che alcuno abbia a rivolge- 
re il benefizio nostro in mal uso * conviene 
astenersene ; perocché allora sarebbe il dare 
ad un uomo malvagio le armi in mano , 
perchè possa nuocere ad un maggior nomerò 
di persone (2) . 

Ma oltre alta scelta, anche il modo ed il 
fine', eoa cui, ad altri si fa del bene , pos- 
sono rendere il benefizio più. o mena eoa*- 

^ ■ * ■ 1 ■ 1 ■ 1 " ' T"* 

. » - 

(1) Bene facto* male locata , maìefacto- ar- 
litror, diceva ENNIO. (Vedi CICERONE 
De Offic. Lib. 2. Gap. mu) 

(1) ridendum est , dice CICERONE)» De 
Offic. lib, 1. Gap. 14. ) , n* oh sit benignità s 
et iis ipsis , qiribus benigne videbitur feri., 
et caeteris ^ m .1 v« ' • 



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Beneficenza. TSog 
ttìfcncJe*ole . L 1 abate di Saint Pierte . caden- 
do' Cina porzione delle stìe sostanze al sig. 
Varignon , dod altro folle per patto , sen- 
xwnchè questi non avesse da lai a dipendere 
per conto alcuno : eroismo , dice il sig. d'A- 
letnbert, ben degno d'esser proposto a tut- 
ti i benefattori . Un eroismo ancora maggio- 
re fa aaello di Montesquieu i che^pantanea- 
xrifiite sborsando una somma . considerevole 
per restituire ad un' onesta famiglia il padre , 
che tra i barbareschi languiva in misera 
schiavitù , mai non volle neppur esserne cono- 
sciato (1) . - » 

Il dono, diceva Senèca ( Dè betiéf. ) dee chiu- 
der la bocca a chi il fa , ed aprirla a chi il 
ricevere Chilone diceva anche di più , che i 
benefizj fatti dimenticare si debbono , e ricor- 
dare soltanto i ricevuti . Chi vantasi dei be- 
nefizi , o ne fa pompa , non è più degno di 
gratitudine; perocché già ne usurpa da se 
medesimo la ricompensa . 

Che se biasimevole è chi benefica per va- 
nità , assai più lo è quegli che il fa per vi- 
le interesse . Chi dà per ricevere , dice il me- 
desimo Seneca , non dà nulla ; ed altrove; 
convien dare il benefizio , non prestarlo ; ed 
in seguito : un uomo virtuoso nel dare ad 
altri non dee cercare ch^, il solo piacere 
d'aver dato (2). v 

• « 

<i) Veggasi il fatto tra le Novell* Moratti 
VbL 2. No*. 12. 

• (a)Dubiurn non est , dice CICERONE < Ve 
Legibus Lib. 1.) , xjuin is, qui iiberalis beni- 
gnusque dicitar , officium non fractum* se- 
quatur. « " 1 .V . 

*- . ^*»-it.r; ,l> .9 bili, . !i> * 



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3\o Virtù . 

_ Nè già questa sola per sè medesima è pic- 
cola ricompensa; Imperocché ad un'anima 
.sensibile, quale può esser maggiore piacere f 
.che quello di farne altrui? Il poter dire, fra 
sè : il tale è vivo , è lieto , è felice per ca- 
gion mia , quanto non è soave e delizioso 
pensiero ? Chi ha questa disposizione , non 
avrà pure mai a pentirsi d' aver fatto altrui 
del bene : Imperocché comunque ingrato al- 
tri esser possa , non potrà mai levargli il 
piacere , chp ; avrà già gustato nel benefi- 
cario • r .;•.'».♦• » • i • 

Sebbene è par raro, che un o omo vera- 
mente benefico , e tale per sol principio di 
virtù, non per vanità o per sordidi fini ^tro- 
vi delle anime' inarate . La riconoscenza è un 
affetto che tutti sentono , e sentono pur eoo 
piacere; e se taluno diviene ingrato , la colpa 
è per lo più dei benefattori , stessi P Un uo- 
mo vano, il qual benefica con un atto di 
superiorità che ributta ,, o , fa , vergognare il 
beneficato col milantarsen^ , o giugne pu- 
ranche ali 1 insulto di rinfacciargli i suoi b«- 
nefizj , come pjuò egli essere amato ? Un uo- 
mo sordidamente interessato, che alla perso- 
na beneficata presenta sempre l'idea d 1 un 
creditore importuno come non deve esser 
fuggito? All' incontro un uomo Teracemenr 
te virtuoso eh 1 ispira l 1 amore e la confi- 
denza nel!' atto che benefica ; che non solo 
prontamente sovviene a chi ne lo chiede , ma 
previene anche spontaneamente le altrui do-* 
raande , onde toglierne il rossore ; ohe è poi 
%\ priifto ^jtJtìSCondere gelosamente i suoi be- 
ru&b]'^ che- altra ricompensa non cerca fuor-, 
che 1* -felicità di quelli, a cui, fa bene, egli 
v certamente guardato sempre da tutti eoa 
o ;oh o di gratitudine e di tenerezza : egli * 

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Beneficenza. .3n 
rispettato come un Dio tutelare ; quanto più 
egli tace , tanto più si fanno altri un dovere 
di celebrarlo ; quanto meno egli cerca , tanto 
maggior premura si fa ognuno dì palesargli 
la sua riconoscenza . 

Opposti alla vera beneficenza è liberalità 
sono egualmente i due estremi , prodigalità 
e avarizia . Intorno a questa la cosa è chia- 
ra per sè. Della prima soltanto potrebbesi 
dubitare ; ma cesserà ogpi dubbio ove riflet- 
tasi i. che la prodigalità profondendo i bc- 
ncfizj senza misura e senza scelta , il più 
delle volte gli sparge sopra ai malvagi , a 
cui il far bene e ad un tempo stesso far 
male ai buoni ; 2. che la profusione è ben 
difficile che vada lungamente scompagnata 
dall' opposto vizio dell 1 avarizia è della rapa* 
.cità . L'uomo prodigo , dilapidati' cEe abbia 
i suoi beni , non sapendo . tuttavia astenersi 
dalla profusione e dallo scialacqoarnenio a 
cui è accostumato , per alimentare il suo 
Vizio ricorre d'ordinario a* mezzi iniqui , 
togliendo air uno quello che dissipa in altri. 
.„ Alle largizioni , dice Cicerone , succedono 
le rapine ; imperocché quando a forza di 
profondere gli scialacquatori iocominciano a 
scarseggiare, sono costretti a metter mano 
negli altrui beni . . • Per la qual cosa , se- 
gue egli , le proprie sostanze nè debbonsi 
tener chiuse in modo , che la benignità ad 
altri non possa aprirle , nè spalancare in 
guisa , che sieno a tutti esposte • Modera- 
zione richiedesi, e questa proporzionata , al le 
facoltà. Convien rammentassi l'antico pro- 
verbio , che la prodigalità non ha fondo (1) " 

0) Stquuntur largii ionem r a pinae ? Cura 
emm dando egète coeperint \ uiienis bonis 



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3i2 ■ Virtù . 

capo in. 



Della cortesia . 

I^a cortesìa consiste in quegli atti uffizio- 
si i che prestatisi di buon animo e sponta- 
neamente ad altrui ; e che sebbene per la 
loro piccolezza non abbiado il nome di be- 
sefizj 9 recano però a chi li riceve piacer 
grandissimo , e molta lode procacciano e 
molto merito a chi sa usarli acconciamente. * 

I riguardi <T urbanità e convenienza a 
chiunque vive fra gli uomini , e speziai* 
mente nelle colte società, sono del tutto 
indispensabili ;*e chi ad essi manca , meri- 
tamente come rozzo e villano è da tutti 
biasimato ed abborrito . La civiltà adunque : 
e la buona creanza , la quale consiste nel 
dimostrare a ciascuno il dovuto riguardo , 
nel contenersi decentemente e pulitamente 
in faccia a chicchesia , nell 1 usare verso di 
tutti quei modi di convenienza , che il loro 
grado richiede, o che il buon costume pre- 
scriverei fuggir tutto quello negli atti e. *r 
nelle parole , "che ad altri possa riuscir di 
fastidio , o di nausea , o di dispiacere , è 

»• \ • • fc • m 



manus afferre coguntur Quamobrem nec 
ita blandendo est res familiaris , ut l eambe- 
nignitas aperirè non possit , nec ita rese- 
randa, ut pateat omnibus • Onnino memi- 
ntsse debemus id , qttod a nostris hominibus 
saepissime usurpatum , jamque in proverbu 
consitetudine-n venir : Largiùonem fundum 
non, habere . (De Offic Lib. a- C. li.) 



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. / 



Cortesia . Si 5 

debito non Yirtù ; e di cih potrannosi veder 
a lungo e minatamente i precetti nel Gala- 
teo di Moni, della Casa (1) . 

Ma in quella guisa, ehe dorè termina il 
dovere d' umanità incomincia il merito della 
: beneficenza ; cosi quello della cortesia par là 
incomincia , ove cessa il dovere assolato d'ur- 
banità . Mille piccole attenzioni vi sono a cai 
mancar si potrebbe senza mancare a questo 
assolato dovere, ma che usate formano il mag- 
gior condimento e diletto della cirilè società • 
Di questo genere è il prevenire gli altrui 
desiderj , loro prestando spontaneamente e 
senza esser richiesti quegli uffizj , che l'urba- 
nità vorrebbe che si prestassero quando fos- 
simo domandati ; il far puranche a taluno del- 
le dolci sorprese , quei servigj porgendogli , eh* 
egli pure non s* aspetta ; il risparmiare ad 
altri or questo , or queir incomodo , sponta- 
neamente assumendolo in noi -medesimi ' l'of- 
ferirsi volontariamente a quello che si pre- 
vegga poter loro essere di piacere ; il metterli 
volentieri anche a parte dei nostri piaceri me- 
desimi ; il distinguerli con bel modo e one- 
rarli alle occasioni , e fare che siano dagli f 
altri onorati e distinti. ; ^; 

Alla cortesia presentemente può riferirsi 
ancor l'ospitalità . Negli andati tempi era que- 
sta un dovere d* umanità , e lo è tuttavia in 
quei luoghi, ove mancano i pubblici alberghi 

IH- 

(O Chi amasse vedere questi precetti rac- 
colti pi4 in breve , potrebbe anche dare un* 
occhiata alle Regole della Civiltà aggiunte 
al picciolo trattato dei Doveri dell' uomo per 
oso de 1 Fanciulli . 



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3i4 m Virtù. 

Ma dorè questi sodo introdotti , a mano pia 
non corre il preciso obbligo d 1 accogliere in 
propria casa e dar ospizio ai forestieri , salvo 
il coso straordinario di dar ricetto ad alcuno 
per qualche momento , o quello ancor più 
raro, che altrove non possano trovar ricove- 
ro e ripararsi. Atto dunque di cortesia è l'of- 
ferire spontaneamente la propria casa agli a- 
xpjci o. ai conoscenti-, e Tolentieri accoglierli 
ed onorarli, ^ prestar loro tutti quei servigj, 
<ìhe all' ospitalità si convengono . 

fi tutti questi atti di cortesia benché al me- 
rito della beneficenza non giungano , poco 
però ne sono lontani; ed avviene pur qual- 
che volta, che gli animi restino più dolce- 
mente legati, e ^«appiano maggior grado, e 
tengano in maggior conto un atto di semplice 
urbanità e gentilezza , «che un benefizio (i)-. 

C APO IV- 

Della prudenza. 

S i è disputato da molti *e la prudenza si 
avesse o non si avesse a collocare nel nume- 
ro delle virtù . Dall'analisi che noi della vir- 
tà abbiamo fatto nel Capo I. par veramente, 
ctìe la prudenza appartenendo più all'intel- 
letto ohe al cuore, sia piuttosto da riguardar- 
si come direttri^ * regolatrice delle virtù , 

(i) Lg stesse virtù , dice GIANSON , non 
accompagnate dalla gentilezza perdono mol- 
tissimo : soa come le gemine gregge , di cui 
il valore non si conosce , se loro non si to- 
glie ruvida crosta che le ricopre . 



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Prudenza . 5i5 
che come virtù per sè stessa . Gontffttociò noi 
ci siamo qui riserbati a trattarne , perchè an- 
che escludendola dal numero tlelle virtù , non 
lascia d'essere air nota virtuoso il pregio più 
essenziale ed il miglior compimento. La pru- 
denza 9 diceva Bione , è alle virtù quel eh* è 
l'occhio ai piedi e, alle roani: e noi abbiamo 
già accennato ., che la beneficenza stessa f ora 
dalla prudenza non sia guidata , in luogo d'es- 
ser utile , pub riuscire perniciosissima < pag. 
309.)* Anzi pure sovente la stessa virtù di- A 
yien vizio , se la prudenza non V accompa-' 
gna : così un imprudente coraggio è temeri- 
tà * u^a liberalità imprudente è prodigalità , 
no 1 imprudente clemenza verso i malvagi divie- 
ne ingiustizia verso dei buoni . . 

Or cominciando dal nome, prudenza vale 
* un dipresso il medesimo , che previdenza; 
ed una saggia previdenza è quella appunto , 
che costituisce principalmente la sua natura . 
ÌTn domo , che potesse . preveder chiaramente 
tutto quello che dee avvenire , ; e secondo que- 
sta previdcBZa regolasse costantemente le sue 
azioni , sarebbe il più prudente di tutti. 

Ma la diversità degli accidenti dipende in 
parte dalle azioni diverse degli uomini , e in 
parte dalle azioni degli altri esseri della na- 
tura . Indi è , che per aver la perfetta pru- 
denza, converrebbe* poter prevedere esatta- 
mente così rispetto agli uomini, come agli 
altri esseri tutte le azioni , che sopra di noi 
possono influire . <3Yf a questa esatta previdèn- 
za non è certamente possibile, poiché- sareb- 
be necessario il saper tutte le leggi, da eui 
gli esseri fisici sono diretti, e tutte le circo- 
stanze, in cui trovar si debbano successiva- 
mente , perchè il talco tal altro ne risulti ; 

m 2 



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3i6 VM. 1 : 

necessario Sarebbé il poter préredere tutte le 
successive deliberazioni 'degli uomini , il che 
non è riserbato che all' Autor supremo della 
natura. ; • <[ : * [ ■ ^ ' 

Sebbene però: 'uni previdenza sicura ò pre- 
cisa nòtì sia possibile ,* molto, rióssiamò tùt- 
. tavia con ana* probabile congettura inoltrarci . 

E ■ primieramente molte leggi 'della natura 
già ci soh note , e tnólte colle osserrazioni e 
colle esperienze se ne vanno continuamente 
scoprendo. Or siccome gli esseri fisici ubbi- 
discono a queste leggi necessariamente , cosi 
ogniqualvolta sarà in nostro potere il collo- 
carli nelle circostanze opportune a produrre 
un tale o tal altro effetto f noi saremo sem- 
pre sicuri dell'esito; e aliando il metterli in 
tali circostanze non sarà in nostro arbitrio , 
noi potremo assai Tolte e dalla osservazione 
delle loro circostanze attuali dedurre ciò che 
debba attualmente succedere , e dalle osser- 
vazioni delle circostanze, in cui , posti al cu* 
ni dati , si sogliono mettere ordifcariamente da 
sè medesimi , argomentare eziandio probabile 
mente ciò che debba succedere in avvenire. 

ha volontà degli uomini è quella , di cui 
meno possiam disporre , e che essendo la più 
variabile, meno ancora si può da noi preve- 
dere . Tuttavolta hanno anch' essi alcune 
leggi , secondo cui sogliono regolarsi. 

Una legge- costante si è , che tutti cerca- 
no il loro ben easéré . Òr noi abbiamo ben 
dimostrato , che la base dell* umana felicità 
è la tranquillità dell* animo V che il compi- 
mento è la contentezza , e che queste senza 
T onestà e la virtù non si possono ottenere: 
ma una tal verità nè da tutti gli uomini è 
«crosciata abbastanza , nè tutti 0O"!K e 1 < 

a, ,d 



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Prudenza . 3 17 

U comprendono sono sempre costanti nel 
praticarla » V immaginazione , i pregiudizi e 
le passioni fanno , che alcuni riguardino 
come principale elemento della loro felicità 
le ricchezze , altri il comando , altri la glo- 
ria , altri la vastità delle cognizioni, altri 
la inerzia , altri il piacere . Ora ciascuno di- 
rige le sue azioni a queir oggetto principale 
niente , in cui spera di ritrovare la sua mas- 
sima felicità • Conosciuto pertanto V ogget- 
to ., a cur un uomo ha dirette principalmen- 
te le sue mire , non sarà difficile o il mét- 
terlo in circostanze, in cui della sua volon- 
tà più o meno possiam disporre , 0 sapute 
le circostanze , in cui egli si trova , preve- 
dere quali esser debbano le sue azioni. . 

Da questi principj le regole della pruden- 
za discendono per sè medesime « innanzi 
adnnque d' intraprendere verona cosa sarà 
necessario 1* esaminar diligentemente quali 
esseri fisici possano avervi influenza, quali 
siena le proprietà di questi esseri , in quali 
circostanze probabilmente trovar si debbano 
o si possano da noi porre , onde favoriscano 
r esito , o non lo contrastino ai. quali per- 
sone impiegare sii debbano I ali 1 esecuzione 
dell' opera , quali aver possano interesse a 
favorirla o combatterla , quale sia il caratte-* 
re , la passion dominante , e la forza fisica 
o morale di queste persone , onde impiegare 
ed avvalorare le persone favorevoli, ed im- 
pedire o rendere inutili gli sforzi delle con-* 
trarie • . • • t v * 

Prima di tutto però è necessario -esamina- 
re attentamente la natura dell'impresa me- 
desima . .Io oredo inutile l'avvertire , che *t 
T impresa non è onesta , non dee occupare 



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. 3i« PiVtò. 
per an momento i nostri pensieri , non ch& 
le nostre anioni . Ma oltre air onestà , Phti- 
1 i tà pur anche dee riguardarsi; poiché sareb- 
be la massima imprudenza V affaticarsi in 
opera o inutile , o perniciosa . V utilità mi- 
surare si deve da un esame matura delle 
conseguenze favorevoli * che sperare si pos-* 
sono , confrontate colle conseguenze sinisrre» 
che se ne posson temere , e colle spese , col 
tempo, colle difficoltà , co gl'incomodi i che in-* 
co ntrare si debbano nella esecuzione dell'opera. 
• Tutti questi esami , come ognuno vede % 
richieggono tempo , riflessioni , e mente po- 
sata . Quindi è in 1 . luogo , che qualunque 
risoluzione presa, nel bollore d'una passia- 
ne , sari sempre imprudente , 2. che impru- 
dente sarà, in generale qualunque risoluzione, 
presa troppo precipitatamente • 

Nè è già che debba si usare dall' altro can- 
to una soverchia lentezza: essa può nuocere 
molte vqH? egualmente che una soverchia 
precipitazione . Dee tenersi unicamente la 
regola di non operare , finché veduta non 
siasi chiaramente il prò e il contra di ci& 
che vuol farsi. ^ , - i 

Il tempo. , che a ciò richiedesi , può esse-- 
re maggior 0 minore, secondo V importanza 
c la natura, dell 1 impresa medesima % e se- 
condo la salacità e prontezza d* ingegno iti, 
chi la considera. Una felice abitudine di 
veder prontamente le cose su tutti gli aspet- 
ti, di scorrere prontamente tutta la catena, 
delle loro, relazioni , di prontamente rilevar- 
ne le conseguenze,, farà the a taluno basti 
un* ora o un momento quando, ad un nitro 
più giorni saranno appena bastanti* - L 

Ciò ohe può molto giovare a rendere que- 
sto esame più celere e più sicuro , si è il 



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Prudenza^ # # 019 
| notare di mano in mano i pensieri » che la 
[ riflessione ci vien* suggerendo . "Nei momen- 
I ti 9 in cai F animo è occupato a consultare 
su d* un affare importante , mille idee gli si 
affollano tutte ad un tratto : oppresso dal 
| loro numero f sulle prime egli rimane confu- 
so , e non sa dove volgersi : quando egli co- 
mincia a volerle considerare separatamente , 
il timore di perderle fa che egli salti disor- 
dinatamente dalF una alF altra , e dalF una 
all'altra disordinatamente ritorni : questo 
invece di rischiararlo non fa che- accrescer 
maggiormente la sua confusione : stanco per- 
ciò finalmente A y un tal assedio», e d' an tal 
contrasto, 0 abbandona ogni pensiero e ca- 
de nelF inazione , o si lascia trasportare sue-, 
cessivatnente dai pensieri , che confusamente 
succedonsi e combattonsi fra di lora , e oh** 
deggia bella perplessità , o abbraccia dispe- 
ratamente *H primo cha si presenta f . e preci- 
pita nelF imprudenza . ALF incontro scritte 
che siansi di mana in mano, le idee: che si 
sono offerte f F animo ne «resta per cosi dir* 
sgravato : egli può allora posatamente ordi- 
narle senza timore di perderle , e ordinate, 
che sieno , più presto, e con piti sicurezza, 
può determinarsi . 

Egli è però assai difficile r che uno solo, 
possa av*r s&aipre tutte le viste , che sempre 
ad un solo p esano suggerite tutte b idee 
necessarie e tatto* le- n'étaessarié relazioni . 
Quindi un uomo prudente non si fiderà mai 
di sè solo , massimamente negli affari di 
gran rilievo ; e eia tanto meno perchè la 
passione e % F immaginazione possono fa~ 
eilmente e spessa abbagliarlo o intórno ai 
mezzi dell' esecuzione , 0 intorno alla utili- 



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3ao Virtù . 

ta dell' impre$a ; Con salterà egli dunque con 
altri innanzi di determinarsi ; e s' egli avrà 
prima scritte le proprie riflessioni , questo 
farà , che più pronto f più savio , e più fon- 
dato possa sperare il loro consiglio . 

Debbon però i suoi consiglieri essere pri- 
mieramente persone illuminate , che possano 
dare un esatto giudizio , persone oneste e 
sincere che voglian darlo , persone spassio, 
nate e disinteressate, che non possano lasciar 
dubbio della maturità e sincerità dei loro 
consigli . 

Ma perchè V anima degli affari è il segre* 
to , perciò le persone eh 1 egli consulterà , 
oltre alle accennate condizioni , dovranno 
essere pure • fedeli e circospette f e saranno 
anche nel minor numero possibile . Un se- 
greto confidato a molti è ben difficile che 
sia segreto : e come pretendere , dice La-Ro- 
chefòucault, che custodiscano altri ciò che 
non abbi ani saputo custodir noi medesi- 
mi? (i) . 

Presa con tutte queste cautele l'opportuna 
deliberazione , non resta che eseguirla ; ed 
in ciò si dee procedere con ardore e con 
fermezza (2) . Io intendo però un ardore 
proporzionato alla qualità dell'impresa ; poi- 
ché alcune anzi non si pessono condurre a 



\ * * * 

<i) ISOCRATE anzi volea ebe il segreto 
non si affidasse faorchè a coloro , i quali 
«vesserò al tacerlo eguale interesse che noi 
medesimi : cosa per altro che ben si può al~ 
cane volte , ma non già sempre ottenere . 
i (2) Lento sii nell'intraprendere , dice BIAN* 
TE, ««ivo e ./ermo nei proseguire» 

> — 



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« 

Prudenzà . $21 
buon termine che colla pazienza e colla len- 
tezza: intendo una fermezza proporzionata 
alle circostanze ; poiché quando sopravvenis- 
sero difficoltà insuperabili , o quando le cir- 
costanze si variassero , il continuare nello 
stesso proposito sarebbe temerità o sciocca 
ostinazione (1) . y < 

Questo è per ciò che riguarda le operazio- 
ni più complicate e più rilevanti. Il lume 
della prudenza però, non dee esserci di gai ito 
in queste sole, ma accompagnarci in ogni 
azion della vita : essa dee pur presiedere al 
governo della nostra immaginazione e della 
nostre passioni ; presiedere alla scelta dei no«- 
stri amici 4 air esercizio delle tirtù , all' ese- 
cuzione dei doveri, al regolamentò degli af- 
fari f a tutta la condotta del viver nòstro . 
~ Per ottenere questa lume , di molto studio 
e molta attenzione fa di mestieri . Noi sia- 
mo soggetti ajl 1 azione d? un' infinità d- og- 
getti fisici che ne circondano , e conviene in- 
dagar, diligentemente le proprietà almeno di 
quelli che ne toccano più da vicino * per e?i- 
1 > ?%v ~. • i • ' m $ ' •< _ 

' (i> E' però da guardarsi da ciò che avvie- 
ne a molti , i quali desiderano degli ostacoli 
per aver un pretesto alla propria inerzia , o 
amano di credere gli ostacoli assai più for- 
ti , e più, grandi , che veramente non sono . 
Chi s' imbarca pel viaggio della vita , dipe 
GIANSON , brama piuttosto di' avanzar cain* 
mino per impulso di vento , che per fona 
di remi! ed altrove : Noi siamo sovente pri- 
*i dei beni che bramiamo , perchè invece di 
affaticarci per acquistarli perdiamo il tempo 
«1 lagnarci di non averli , 

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&g . Virtù . 

far le influenze lor perniciose, e procurare* 
lp utili . Noi viviamo in mezzo aj un'infinità 
di persone eh diverso carattere r di diverse in- 
clinazioni r di diversi principj : e tutto questo 
esaminare si deve attentamente per preveni- 
re i mali chfc ce ne possono venire , e pro- 
fittare dei b*nt eh* possiamo sperarne (i) . 

L/arcano più, difficile* a penetrarsi è il cuo- 
ia dell* uomo * perocché i maligni sanno, tra-, 
cestirsi e mascherarsi i a mille maniere ; ed èj 
più facile , dice* La-Roch.efoupa.alt , il cono- 
scere gli uomini in> generale s che un : uomo, 
golo in. particolare Tuttavolta attraverso a. 
questi loro, m$4esuni trave* timpnti l 1 uoru 
saggia e<\ attento; a, lungo, andare sa alfin di- 
scoprirli . ^pa. verità ed una onestà a pparen- 
te non può, es$$rp r per-; lungo. IrattO; costante; 
3 $è medesima?; Ja codtraddìzione; si mani- 
testa alla fine ; e talvolta una piccola azio-. 
ne ^ una parola t un gesto basta a rompere 
il velo,, e palesare l'interna malignità • 

Ma. infino. a. tanto che il carattere d' una 
persona, *pa v pi sia, noto, bastantemente , re*, 
gola generale*, debb! essere di andar molto, 
cauti nel fi larcene v Gli uomini: onesti, facil- 
mente parano gli altri da, sé medesimi , e 
provano, ùo<i spec e di dolce soddisfazione a. 
crederli tatti onesti. Ma una trjsta. esperien- 
za fa, vedere, col tempo * che Y onestà negli, 
nomini iloti, èfc posi, universale , come si ripu- 
tava a principio . Innanzi dunque , di dover 
%araré qi^sta, funesta, ferità, a proprie spe> 

B « * f »— — i ... - — 

ti* • . ' 

m i% MENADRÒ) volpa , che< in Juogo del; 
fi) /se e te insani, fosse. scritto, Nosce alias ; e 
pertaa. nte io, non saprei qual; delle due cor 
$uizioni sia p u. importaste ». u 

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Prudenza . . SsST 

sé, V uomo prudente sali' esperienza degli 
altri dee regolarsi , e andare 'p&rcib colla mas- 
sima cautela e circospezione . 1 ; ' 

Questo egli dee fot soprattutto dove trat- 
tasi d'interessa. II deftarò J>er gli uomini è 
cosa troppo seducente , e f&eilrtfente essi al 
denaro sacrificano il lor dovere . Le ingiusti* 
zie , le frodi ,.- i tradimenti per la massitaa 
parte non vengono che dall' amor del dena- 
ro . Ogni qualvolta pertanto veggiama che 
uno aver possa interesse ad ingannarci , rad- 
doppiar dobbiamo: le cautele. 

E siccome Y interessa è pure la principat 
sorgente delle discordie e delle liti ; cosi chi 
ama di prevenirle, e di vivere co stantemen- 
te tranquillo, in ogni convenzione , dove 
F interesse possa, aifer parte ,. dee procedere 
colla maggiore chiarezza e precisione , e non 
dee pure fidarsi alle sole parole troppo faci- 
li ad alterarsi o dimenticarsi 3 mh'cùfare che 
le convenzioni sieno poste in iscritto V 

Come neir operare M uomo, prudente dee 
sempre essere attento * circospetto', cosi 
ancora e motto più net parlare . TWtéglSo S ; 
sdrucciolar coi piedi , che colfa:. lingua , di-; 
ceva Zenone ;; e quante volte noni é- stata 
una. parola imprudente casyonev cler j>?tì fune- 
sti effetti ? Innanzi di parlare adunque si dfee: 
riflettere maturriniente a quel, che si dice , e : 
con chi , 
J Questa riflessione è difffbfle* che aver pos- 
sano, quelli che amano di parlar m >lto . La, 
smania; di parlare , dice Seneca , è ti li a specie 
d'ubbriache^za^^he ci fa diresovente'qa/llo che 
non conviene.. Quindi è , che un. fyomb pru- 
dente si guarderà sempre con mofta cnra d&I ' 
*izio, della garrulità . Mi sono pentito pA 



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3*4 Pirtà . 

Volte di aver parlato , diceva Senocrate , non 
inai cT aver taciuto . 

. Questa massima aver debbono ben presen- 
te ali 9 animo specialmente i giovani , a cai 
la soverchia loquacità può divenire tanto pia 
perniciosa , quanto meno usar sogliono di ri- 
flessione . Perciò Zenone ad un giovane , che 
amava più il parlare che V ascoltare : gli orec* 
• ehi 9 disse , ti sono scorsj| nella lingua . 
* Non è per questo che debbano soverchia- 
mente essere tacitami. La facilità d'espri- 
mersi con precisione , con ordine , e con una 
certa facondia adattata al soggetto , è un 
acquisto troppo importante , e non può farsi 
che a forxa d'esercizio. Ma nell'atto che 
si esercitano a parlare , debbono insieme av- 
vezzarsi a parlar con riflessione / a non 
dire spensieratamente tatto qaello che vien 
sulla lingaa , a non lasciare , come dice Chi- 
Ione , che la lingaa corra innanzi al pensie- 
ro , a saper anche tacere quando V occasione 
il richiede . 

^ Quelli , che sono nel parlare più disatten- 
ti e pia scorrevoli , credono di mascherare il 
loro difetto col chiamarlo sincerità . Ma è da 
distinguere accuratamente la sincerità dalla 
leggerezza. L'uomo onesto non deve mai 
dire una menzogna per qualunque cosa del 
mondo , nè mai parlare contro ai sentimenti 
del proprio cuore : questo è ciò che ri- 
chiede la sincerità . Ma essa non richiede 
già , che diciamo pazzamente in ogni occa- 
sione, e senza riguardo al luogo, al tempo, 
alle persone, tutto ciò che^s appi amo . Bugia 
non mai, e verità non sempre, è la regola 
dell' aom sincero e prudente • 



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32$ 

• - 

ISTITUZIONI 

ETICA' 

PARTE III. 
' V UOMO P 1 0 t 

- ' 

sfera??** zz^rrjzxzszmttrixttz^ 



INTRODUZIONE» 

■ 

I doveri, che all' uomo pio appartengono . 
troppo facilmente si scoprono per sè mede- 
simi. ì 
» Oltre però a que' doveri , clic riguardano 

■ 'qualunque uomo generalmente , noi prende- 

• remo qui e dimostrare eziandio quelli cho 
.riguardano più particolarmente V aom cti- 
strano , facendo vedere quanta ragione abbia 

. *gli sopra d'ogni altro non solamente ad 
esser pio * ma insieme ancora ad esser e pro- 
bo e saggio : [ifi^ 

E ciò faremo tanto più volentieri perchè 
servirà a richiamare in compendio e rapida- 
mente ciò che abbiamo detto fin qui ; e nel 
tempo stesso a- far conoscere quanto la Cri- 
stiana religione abbia aggiunto alla morale 

- filosofia non solamente di peso ^,di autorità ,, 
ma aneora di eccellenza e di perfezione ... 

• ' > M 



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S26 

CAPO 1. 

DelV uomo pio in generale » 

JL< a fabbrica portentosa dell' universo , il 
mirabil ordine che vi regna , la struttura di 
tutte le su* parti saggiamente disposte in 
guisa che dai mezzi più semplici i più gran- 
dì effetti costantemente risultano , tutto ci 
avvisa , che v'ha un ente supremo, autore 
e regolatore di questa macchina immensa ; 
tutto ci attesta , che vi ha un Dio . 

Per conoscere V esistenza di questo Ente 
supremo , noi non abbiamo, comesi è detto 
già altrove ( Metafisica pag. ) , nemmen 
bisogno d 1 uscire di noi medesimi • Anzi dal* 
P esistenza di queir essere che in noi pen- 
sa , esistenza che di certezza immediata e me- 
tafisica ci è manifesta , e dalla manifesta 
impossibilità, che quest'essere in noi esista 
da sè medesimo, noi abbiam appunto fatto 
vedere , come si tragga la più diretta e più 
certa dimostrazione della esistenza di Dio . 

Questo Ente supremo noi abbiam pur di- 
mostrato , come necessariamente debba es- 
sere eterno, onnipossente, libero, immen- 
so /onnisciente, infallibile , provvido , uno , 
semplice , immutabile ^^finitamente buono , 
infinitamente giusto , infinitamente perfetta 
( ivi pag. 363. e seg. ) • 

Or da questo deriva in 1. luogo, eh* es- 
sendo Iddio V autore supremo del nostro es- 
sere , e noi debitori a lui essendo di quanto 
abbiamo, la massima gratitudine e ncono^ 
scensa dobbiamo professargli continuamente . 
<*. Che come la yera gratitudine jjon pui 



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in generale . * S2J 
«ssere scompagnata dall'amore, Iddio oltre a' be- 
nefizj che ci ha compartito , anche per sè 
medesimo e per le sue infinite perfezioni me- 
rita sopra ogni cosa d' essere amato ; cosi 
pur deve sopra ogni cosa da noi amarsi . 

3. Che queste medesime perfezioni infinito 
eotne lo rendono il più grande , il più ma- 
gnifico , il più sublime, il più ammirabile 9 
e più rispettabile di tatti gli esseri ; cosi pur 
vogliono , che sopra tutti egli sia da noi ri- 
spettato e venerato • ■ * ' 
( 4* Che tal rispetto e venerazione non dt& 
ristringersi ai soli interni sentimenti del cuo- 
re f ma eziandio manifestarsi con quei segni 
esteriori, che sono una testimonianza degl* 
interni affetti dell' animo ; e ciò tanto pià 
perchè 1* amore e la gratitudine verso quest' 
Essere infinito dee farci desiderare , che come 
tale egli sia pure da tutti e conosciuto e a- 
dorato , e quindi stimolarci a lor precedere 
coir esempio . 

5* Che la dipendenza , in cui siamo da 
esso in ogni cosa , e il potere infinito ch'egli 
ha sopra di noi , deve ispirarci un* tubile som- 
: anessione > ed una _ ubbidienza dispettosa ed 
esatta si suoi voleri. 

6. Che avendoci egli questi voleri manife- 
stato colla ragione , la qnal ci scopre ciò che 
ad esso dobbiamo , ciò che agli altri , e cifr 
che a noi stessi ; a tutti questi doveri dob- 
biamo adempiere esattamente come a stie leg- 
gi ; e temere quei gastighi , che come infi- 
nitamente giusto la stessa ragione pur ci di- 
mostra dover egli avere fissato ai trasgres- 
sori (ì) . m 5 



(i) La considerazione , che i doveri a noi 
manifestati dalla ragione soi^o volontà espres- 



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3*$ V uomo pio % 

- 7. Che siccome la stessa ragione et fa co- 
noscere, che ogni cosa per .conservarsi ha \ 
mestieri continuamente dell' opera di lui , ^ 
che perciò tatto règola, a tatto è presente; 
cosi ciò deve ispirarci un" umile rassegnazio- 
ne a quanto ne accade quaggiù di bene e di 
male , colla persuasione , che tutto da lai 
dipende , e eli' egli come infinitamente è gin- 



sa di Dio , sono leggi di lui medesimo , h 
quella che mette il colmo , e per così dire la 
principal sanzione air obbligazione morale 
di adempirli ( Veggasi BURLAMAQUI Prm- 
cipes da Droit natur. Part. IL Gap. 7. 
10.) Alcuni anzi sono di parere, <;he la ve- 
vera obbligazione morale da questo solo pro- 
ceda ; imperocché essi dicono, T obbligazio- 
ne suppone ima dipendenza , e questa un 
Legislatore , che abbia V autorità Ai coman- 
dare , e la forza di punire . In questo mede- 
simo senso però 9 dicono altri , sembra che 
anche la sola ragione in qualche modo chia- 
mar si possa obbligatoria. Imperocché non 
può certamente dubitarsi , che la -ragione non 
abbia il potere di comandare alla volontà; 
poiché a lei si appartiene di reggerla , e nell* 
atto stesso che le dimostra ciò chela giusti- 
zia richiede , n'impone pure l'eseguimelo ; v 
e se non ha la forza di punirla con pene e- 
sterne , ha però quella di puuirla interna- 
mente , co' rimorsi , facendola vergognar di 
sè stessa , quando alle leggi della giustizia 
abbia contravvenuto . Checché ne sia però., 
certamente che V obbligazione morale abbia 
da Dio la principal sanzione non si piuò 
nettere in dubbio ... 



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V uomo cristianó . 3?g 
sto e baono non lasciera di ricompensarci o 
in questa o in altra vita di ciò che avremo 
e poaienteoiente sofferto , e bene operato . 

Ma tutti questi doveri, che la ragione 
stessa ci scppre , all' uom cristiano sono poi 
dalla sua religione vieppiù chiaramente e 
manifestati e prescritti , siccome ora ve* 
dremo . 

. . 

CAP 0 H. 

DtlV uomo cristiano in particolare » 

u na religione angusta e santissima, annun- 
ziata da Dio già tanti secoli innanzi colla 
voce de suoi Profeti , portata quindi da Dio 
medesimo in terra , e dalla sua propria voce 
manifestata , avvalorata dai suoi esémpj, con- 
fermata dai suoi miracoli , ninn dubbio pub, 
lasciar certamente sopra ai doveri ch'essa im- 
pone , e sulla importanza di ben adempirli . 
Or <jue$ti doveri non solamente sono consen- 
tanei a ciò che la ragione dimostra, ma so- 
no anzi la conferma più autorevole, e la più 
sablime perfezione di ciò ch'essa insegna ; va- 
le a dire , che ogni uomo debba esser saggio 
nel. goyerno di se medesimo , probo cogli al* 
tri , pio verso al supremo Autore . Egli è dun- 
que <a vedere quanto maggior motiyo chi co- 
nosce e professa questa augustissima religio- 
ne aver debba sopra d' ogni altro a bene ed 
esattamente adempirli. 



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I 



33o ' V uomo pio . 

* * -* Articolo I. 

f 1 
Ragioni , che Vuomo crhtiarto ha più d'ogni 

altro ad esser saggio . 

XJ omo saggio abbiam detto esser quello - 
che sa ben regolare e la sua immaginazione 
e le sue passioni , e sa rendersi per questo 
mezzo tranquillo e contento , e conseguente- 
mente felice . 

La cagione primaria dei nostri mali , e che 
più serve a fomentarli ed accrescerli, abbia- 
mo dimostrato essere la immaginazione. Al 
tempo stesso però abbiam pur fatto vedere , 
che questa , ove sia ben governata , serve an- 
zi ad offrirci le consolazioni più pronte. 

Ora uno de'più possenti conforti , che l'im- 
maginazione valga nei mali a somministrar- 
ci, è la fondata speranza o d f un rimedio o 
d'un compenso ; e noi ei siamo ingegnati col- 
la ragione ad accennare a suo luogo i ve:/ 
motivi , che in ognuno ed in ogni occasione 
eccitar possono questa speranza . 

Ma un motivo di più , e motivo grandissi- 
mo e fortissimo, ha sopra tutt'altri l'uom cri- 
stiano . Egli sa e per ragione e per rivela- 
zione , che una provvidenza benefica veglia al 
governo di tutte le cose; sa che questa prov- 
videnza vede i nostri mali , e li vede con oc-* 
chio pietoso; sa che ella può il nostro bene, 
e lo. vuole. Egli è adunque sicuro , che i 
mali suoi cesseranno , tostochè questa cessa- 
zione giovar possa al suo vero bene . Che se 
non cessano , egli è sicuro , che ciò è ordi- 
nato saggiamente da questa provvidenza be- 
nefica per preparargli un ben maggiore ; che 



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Vuomo cristiano . 0Z1 
se questo bene quaggiù ritarda , egli è sica- 
rissimo , che la medesima provvidenza glielo 
riserba dunque espressamente nell'altra vita , 
per accordarglielo vieppiù grande e più ma- 
gnifico • La speranza pertanto , anzi la eer- 
tezza o d'un rimedio o d'uà cornpehso ne'jna- 
li stessi più disperati ali 1 uom cristiano non 
può mancar mai ; ed è certo di più , che per 
ottenere questo compenso non ha appunto 
che a soffrire frattanto siffatti mali con ras- 
segnazione e con tranquillità, vale a dire, 
non ha che a consolarsene . 

Tra le passioni , quella che più univer- 
salmente contribuisce alla nostra infelicità , 
perchè in sè stessa più universale , è T ec- 
cesso de* desiderj . Questi abbracciano vari 
aggetti , tra i quali i primi sono le ricchez- 
ze , gli onori , e i piaceri ; Siffatti oggetti 
però non eccitano i nostri desiderj, se non 
in quanto alla nostra immaginazione presen- 
taci sotto air aspetto di beni veri e grandi. 
Or qual conto di essi abbiasi a fare real- 
mente , noi l'abbiamo già dimostrato a lun- 
go colla ragione . 

Ma alla ragione per V uom cristiano la 
rivelazione s'aggiunge a vie meglio persua- 
derlo . Il Vangelo è la più perfetta scuola 
di disinganno intorno al valore delle, cose 
x terrene. Esso mostra perpetuamente quanto 
poco sian da valutarsi le ricchezze, le di- 
gnità , i piaceri , dietro a cui gli uomini cor* 
fono sì pazzamente ; ed affine d' allontanar- 
celi vie meglio , egli mette loro sott' occhio 
il valore de 1 veri beni , a cai solo debbono, 
aspirare. 

Per abbassare frattanto il loro orgoglio , 
ed amiliare la lor vanità, egji mostra loro 



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5oz V uomo pio . 

apertamente la viltà della loro origine , la 
debolezza delle lor forze , la loro ignoran- 
za, i loro vizj , Jc loro imperfezioni. ' 

• A convincerli maggiormente del poco con- 
to , ohe far si deve de* beni di questa terra, 
c della vanita e sciocchezza dell' amano or- 
goglio, egli loro presenta V esempio lamino- 
sissimo dello stesso Uomo-Dio, che quei 
beni sì disprezzo, e che malgrado la sua 
grandezza , fu ir più perfetto modello della 
più verace umiltà . 

Per rimuoverli parimente dall' invidia , dal- 
l' ira , e dagli altri affetti aspri e turbolen- 
ti , in lui medesimo lor propone U più gr&a- 
efe e più vivo esempio della più costante 
dolcezza, e della più inalterabile mansuetu- 
dine . ' . > 

Pfcr toglier loro ogn' Importuno timore , 
* egli li anima con una dolce speranza in quei 
soccorsi, che Iddio promette , e che mai non 
ricusa a chi sa ben domandarli. 

Finalmente per obbligarli maggiormente a 
reprimere tutte queste passióni , e ad esser 
saggi, per così dire , anche loro malgrado-, 
espressamente lor vieta l'avarizia, la super- 
bia , l' intemperanza , V ira , la invidia , la 
< diffidenza ne' divini ajuti : minaccia loro se- 
verissime pene ove ad esse trascorrano , % 
gli alletta colle promesse di pretti} incompa- 
rabili , ove sappiano astenersene . 

Ma* una dottrina che la filosofia non 
aveva sapnto peranche stabilir pienamente , 
e che la Cristiana religione ha posto fuor 
d'ogni dubbio, si è il debito,, che ha ogni 
nomo di conservarsi, finché all'Autor suo 
giaccia in questa vita di trattenerlo. 

Che il suicidio sia effetto per lo più. di 



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Vittimo cristiano . .353? 
un pano furore ; che il darsi la morte nei:, 
gravi mali per impazienza di tollerarli sia 
pruova di debolezza piuttosto e di viltà, che 
di magnanimità, e di fortezza; chs nato 
essendo V noma non per sè solo , ma pei pa- 
renti , pei figli, per la patria , per gli ami- 
ci , debba a lor conservarsi , finché la natura 
il consente ; che debitore essendo, egli della 
sua esistenza ali 1 autor sapremo della natu- 
ra , di questa esistenza non passa arbitra- 
riamente disporre ^ e privarsene a suo t*-,, 
lento senza V assenso di chi gjiel' ha da- 
ta (1) , ben sono cose che la ragione stessa 
pur abbastanza dimostra . Ma a queste vo- 
ci della ragione è dove l'impazienza , e dove 
il pregiudizio o un falso fantasma di ma. 
gnanimffà e di fortezza si opponeva. Av- 
vezzi gli nomini un tempo a disprezzare 
la morte , e ad esporre continuamente la 
vita nelle battaglie , come un atto di gran- 
dezza d* animo riguar lavano il darsi morte 
da sè medesimi . Gli Stoici credeansi pure 
a ciò autorizzati dalla natura ; e noi sap- 
piamo quanti elogj furon profusi all' atroce, 
animo di Catone , il quale anziché sotto- 
mettersi a Cesare f si lacerò le viscere di 
propria mano. Or a togliere così fatto pre- 
giudizio , a convincerne , che dispotica pa- 
dronanza noi non abbiamo su noi medesi- 
mi v °he malgrado i più gravi mali noi 
» * 

<i> I Pitagorici secondo PLATONE ( nei 
Fedone) diceano , che Iddio ci ha messi 
questa vita , come in un posto , che hqu 
dobbiamo abbandonare senza sua permis- 
sione * 



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334 # Vuomo pio . 
dobbiamo, vivere e sostenerci , finché all'Au- 
tor nostro si piace , alle voci della ragiona 
l'espresso e positivo precetta della religione 
s'aggiunge. Ne ali' nomo , che impaziente 
dei mali si credesse" in diritto di liberarse- 
ne eoll f uscire di vita, o che venisse ad ac- 
cusar Dio di crudeltà , perchè l'obblighi ai 
vivere e a sopportarli r lascia essa par luogo 
di poter sa di ciò giustamente lagnarsi , 
conciossiachè tV infiniti beni lo assicuri in 
appresso , ove questi mali egli sappia pazien-* 
temente soffrire.. 



Articolo It.. 

Ragioni, che Vuomo cristiano ha piU 
d'ogni altro ad esser probo., 

JLtf a onestà , e la virtù sono quelle , che 
che costituiscono!, il carattere dell 1 uomo 
probo» \ 

•?$oi abbiamo già dimostrato,, come la ra- 
gione stessa c'impone d'esser onesti , cioè 
di non nuocere a persona , e di lasciare a 
ciascuno il tranquillo, e libero godimento 
di ciò eh* è suo v E peichè senza; di questo 
nrana *eciet& potrebbe sussistere , e dal be- 
ne generale della società, risalta il ben par- 
ticolare rfi ciascuno individuo , ciò basta 
pure a far vedere, come ciascuno individuo 
ad esser onesto dal suo medesimo interes- 
se debba sentirsi determinato (:) . , s 
♦ .. * 

■« i n i ■.■ ! ■ m 9 i « 

« ' , . • « , . 

~(i) Unum de.b?t esse omnibus propositum , 
dice CICERONE ( De Offe. Lib. III. Gap. 2.), 
H^eademsit utilitasuniascujusque et universo-- 



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li 1 ttomo cristiano 33£ 

Ma 'una forte tentazione per tnoltt «*tras~- 
gredire le leggi dell' onesti egli è quando* 
sperano, di poter farla impunemente . Sem*— 
bra loro, in tal caso r che 4 potendo con uo. 
delitto, acquistare un bene;* e non avendo- 
ne a temere nessuna pena , il loro interesse 
richìegga, di procurarsi Questo- bene , anzi- 
ché tralasciarlo. 

Se però ben riguardassero alle conseguen- 
ze , vedrebbero- certamente ^cbe^ anche ia, 
questo, casa medesima il loro stessa interes- 
se vuol che abbandonino qualunque bene 
più lusinghiero,, anziché mancare; alle leggi 
dell' onestà . • * ^ 

Perciocché in prima luogo egli è ben dif~. 
ficile* il potere aver mai una. piena e assola» 
ta sicurezza,,, che il delitto rimanga occulto ; 
ed ogni aual^olta. si scopra oi la penarpre- . 
scritta, dati* leggi , a;li* pubblica* detestatici 
ne ne sona effetti inevitabili . u 

In secondo* luogo , quand'anche il delitto 
restasse occulto , non sarebbe contnttooiò 
suo. autore meno pernicioso . Una prima 
sperienza ben ri uscita, conduce per ordinario, 
ad nna r seconda ; questa dà coraggiò per nfia^ 
terza ; dopo- una quarta o una quinta , ileo-' 
gaggio arriva alla te^pìtà: si òpera a Degras 
senza aver più i riguardi che avevansi pri- 
lla ; f si tentano spensieratamente le imprese 



ruftS: quanta si tad- se* quisque ^ rapiatr» d'isso}- 
v&ttKamni$. httrn#ria consociati® : In, quella, 
guisa appunto f dìce> egli, uo po! prima , «b*v 
tutto, il corpo verrebbe a perire, se ciascun^ 
membro volesse trarre a sè medesimo la* 
sanità , } e la forza del suo vicino. 



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336 \ V uomo pio. 

ancor più difficili : quando anche il pericolo 
si conosca , F abito già contratto nel tizio fa 
che alla tentazione più non si sappia resi- 
stere ; il delitto finalmente si manifesta , e 
ad un sol trailo si soddisfa per tutti . I più 
grandi scelleditr, e che più cara han pagata la 
na de 1 lor misfatti , tatti vi sono giunti per 
questa via . Niuno diventa grande scellerato 
in un momento (t) • Delitti forse a princi- 
pio piccolissimi , a principio rimasti occulti 
o impuniti, son quelli, che a poco a poco 
hanno preparata la strada a delitti maggiori t 
e finalmente agli estremi- 4 »V 

Il nostro medesimo interesse adunque ci 
obbliga ad esser onèsti costantemente , o 
private o pubbliche sieno le nostre azioni, 
o palesilo nascoste ::(*)♦ E ciò tanto più f-' 
perchè comunque nascosto rimaner possa uà* 
delitto agli occhi degli uomini , noi sarà mai 
certamente a quel supremo Esvere , che tut- 
to vede • Ora quest' Essere infinito , qaest' 
Essere giusto , benefico , perfettissimo non può 
mai certamente approvare up delitto : egli cosi ' 
facendo troppo contraddirebbe a sè medesimo V 
Per quanto adunque %i stia occulto, nìua. 
delitto può mal andare del tutto impunito ; 
e quand 1 anche sfugga il gastigo degli uoaii- 




(1) Così nel bene come nei male nerno re- 
pente fit summus ; dice l'antico proverbio . 
m (2) Quand'anche uno avesse l'anello di <5i- 
ge per rendersi invisibile , dice CICERONE 
( : jPj ofjic. Lib. IV. Cap. 3. ) f non avrebbe 
a credersi pià lecito il peccare , che non 
arandolo- * ■ 

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ti uomo cristiano . 
ni, quello del sapremo Giudice gli è asso- 
latamente inevitabile. * . 

Nè vale opporre l'esempio d'alcuni illustri 
scellerati , che dopo aver Rodato lungamente 
il fratto delle loro malvagità , han finito di 
vivere senza lasciare indizio d' esser mai stati 
.puniti . Questo anzi ci guida a conoscere , 
che dopo la vita presente un'altra di necessi- 
tà vi deve essere , ove i giusti e virtuosi sieno 
ricompensati , e paniti i malvagi . 

Fin qui ci scorge anche la soja ragione. 
Sia quanto la rivelazione non avvalora que- 
ste importantissime verità! Essa ci fa vedere 9 
che quelle leggi dell'onestà, che auche la 
. ragione ci manifesta , sono leggi espresse di 
Dio medesimo ; essa ce ne intima colle vo- 
ci di lui la più rigorosa osservanza ; essa ci 
y ; :,ta severamente il contravvenirvi non solo 
colf opera , ma anche par col pensiero ; ci as - 
sicura , che giudice rigorosissimo Iddio osser- 
va agni nostra azione , ogni nostro passo , 
ogni movimento del nostro cuore ; che di 
tutto avremo a rendergli uno strettissimo eoo-' 
to; che pene atrocissime ed eterne ci stanna 
già preparate , ore a siffatte leggi noi man- 
chiamo . E qual sarebbe, se a ciò ben ri* 
flettesse, l'uomo cristiano, che più ardisse 
commettere un delitto ? s 

V interesse , che ha ciascun uomo ad esse- 
re onesto, lo ha pur anche ad essere virtuo- 
so . Oltreché la pubblica estimazione ,il pub- 
blico amore , l'impegno pubblico mille como- 
di e piaceri prepara all'uomo virtuoso, e di 
mille vantaggj lo assicura (1) , il piacere stes- 

<i) Bemm omnium, dice CICERONE (Z>e 
Offic. Lib* 9. Gap, $.)t me aftius est quic* 



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t 



1 



r Zlìè Vuomo pio • 

so di aver fatta una buona azione è il più 
paro, più dolce , e più durevole, che l'uomo 
aver possa sopra la terra. 
' Questi allettamenti dovrebbono certamente 
per sè medesimi aver grandissima forza per 
invitare qualunque uomo alla virtù . Ma Tuom 
cristiano bea più forti e più possenti motivi 
ne ha ancora . La beneficenza verso di tutti, 
• è fin versa gli stessi nemici , gli è in ogni 
luogo espressamente raccomandata dalla sua 
legge . Tutti gli nomini si hanno da lui a 
riguardare come fratelli \ tutti deve egli amare 
come se stesso: la benevolenza scambievole, il 
vicendevol soccorso', la carità debb'essere in 
certo modo la sna divisa , il suo proprio e 
distintivo carattere ; e ciò adempiendo , non i 
è la sola estimazione pubblica o la pubblica 
riconoscenza il fròtta ch'egli deve aspettarsi 9 
al quale anzi non deve nemmeno por men-» 
te ; ma è una ricompensa ineffabile , incom- 
prensibile , eterna , ch'egli è sicura d v ot tenere» 
Questi motivi difatti hanno saputo far si , 
che nella Cristiana religione veduti si sieno 
quegli atti eroici e quei prodigiosi esempj di 
generosità, di virtù, di beneficenza, che ninii* 
altra o setta o religione , e ninna r.igion fi- 
losofica ha. mai saputo pradarre . ILI in vera, 
in quale a religione , o setta , o filosofìa tro- 
terem mai chi spogliata si sia interamente di 
tutte le su*? sostanze % e fattosi miserabile per 
sollevare i miserabili; chi tutto sè stesso ab- 
bia sacrificato a prò delle vedove , o de*papil« 
li , o degli orfani , a degl'infermi» o degli ap- 

" • • ^ i . 

* • 

qitam ad opes twendas ae tenendas , quarti 
diligi * nec alienai , quam timbri . 



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V uomo cristiano . ^ 2^9 
pestati ; chi per togliere altri di schiavitù si 
sia pasto egli medesimo nelle catene ; chi 
abbia data la sua vita po' suoi stessi nemici , 
siccome nella nostra religione infiniti escmp) 
di ciò. s'annoverano ? I quali esempì nelPat:* 
to che all'uomo cristiano vieppiù dimostrano 
l'eccellenza della sua religione , essere gli 
debbono ancora per sè medesimi un nuovo , 
e più forte, e più vivo stimolo ad imitarli * 

Articolo III. 

Ragioni , che Vuomo cristiano ha più (Fogni 

altro ad esser pio < 

L, 
a esi stenda del sapremo Essere non è air 
uomo cristiano solamente scoperta dalla ra- 
gione f ma dalla vivelazionè paranche espres- 
samente manifestata • Delle infinite perfezio- 
ni di questo Essere, che la ragione ci fa co-* 
noscera % Paomo cristiano ha par nei dommi,. 
e nella storia della sua religione le proove 
più luminose . La bontà soprattutto e la prov- 
videnza da un canto , la possanza e la giu- 
stizia dall'altro, e nel vecchiàV nuovo 
Testamento si scoprono, ad ógni tratto in una 
maniera la più evidente insieme ei più. ammi- 
rabile * Ora ciò ben dimostra quanta, ragione 
abbia V uomo, cristiano sopra tutt'altri di rin- 
graziare , ed amare , e venerare , e temere que- 
sto Essete infinito-. 

Il culto non meno interno che esterno f 
con cui Iddio vuol essere adurato. , è pure a 
lai dalla sua religione per le voci di Dio me- 
desimo espressamente prescritto ; ed egli non, 
ha che a seguirle , sicuro di non ingannarsi • 
Ben egli s! ingannerebbe però 9 quando noi* 



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3 4o L'uomo pio . 

ken intendendo le leggi e lo spiritò della sua 
religióne, s'abbandonasse al culto esterno 
unicamente ± senza acompagnarvi il eulte in- 
terno che più importa; e quando il culto e- 
sterno avyilisse con superstizioni puerili, o 
tutti riponesse i doveri dell', uom cristiano nel 
solo esercizio di questo culto esteriore , tra- 
scurando frattanto i doveri più sacri e più 
inviolabili di uomo onesto , e di uomo utile 
a'saoi simili . Misericordiam volo 9 non sacri- 
ficium , gli grida Iddio medesimo ( Osea cap. 
6. v. 6,, Matth . cap. 9. i3. ), per fargli 
conoscere , non che gli atti del culto este- 
riore si debbano ammettere, ma che gli atti 
d' illibatissima onestà e di carità vicende- 
vole sono i primi a cui de Ve attendère , so- 
no quelli che a -'tatti gli altri dee preferire, 
sono quelli in fine , da coi per ninna ragio* 
»e non deve «ai dispensarsi . '.ir* 



\ ' . 



del Tanto Quarto 



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Hi 

: 1NDIC E. 

* 

PARTE I, Emtno saggio . • *»S« ' 9 
• SEZIONE I. ■ 

- : DelV immaginazione • io 
CAP. I. Natura e forza dell immagina- 

ztone . . ;* iti 

CAP. II. Irruenza dell' immaginazione 

su* mali dell' animo . j 1 : t£ 
CAP. IH* Influenza delV immaginazione 

sui mali del corpo. 28 
CAP. IV. Rimedj ai mali che dairimma- 
ginaziortè dipendono * . ^ g L 
Art. 1. Rimedio generale : Richiamar 
V animo daW immaginazione alla sen- 
sazione » iri 
Art. II. Che a ciò il maggior ostacolo 
è il piacer segreto che pruovasi 
1 neW afflizione , 3^ 
Art. IH. Mezzi meccanici per distoglie* 
re V immaginazione daW idea afflit- 
t iva > C?JJ 

7 T ' X' Mezzi filosofai per prevenire 
Ì* "lfli?i°nj9 0 dissiparle . Jjj 
CAP. V. Jtiimedj deli' immaginazione a i 

f*»'J nali * Che da lei non Spendono. 6q 
CAP. VI. Piaceri delV immaginazione . nk 

• , SfeZIQlMi n b ^ 

Z'eife Passioni. - Q 

r^n ?;°7 g " IC C ngf " ra rfg//g Passioni, m 
CAI*. II ^morc , e oa,o <fo no £ ste S « . oi 

4, Aut. I. Jmbr di nwt stessi . 53 

Aìit. II. Orfto di noi stessi. ^ 

r a p /v S r S°.$° * " mi7fà ' *W • ' * ioi 

ìaAt . IV. f'omfa , modestia , cura o dis- 

dell'estimazione. • 107 
CAP. V. Desiderio, contentezza. n5 



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34* *\ 

CAP* VI* Amore delle ricchezze y del sa- 
pere, della gloria , delle dignità, del 
potere , e del piacere . 1Z1 
r , Art I. Amore delle ricchezze . in 
Art. IL AmQr del sapere * iSy 
+ Art. III. ^mor della gloria ; ; i4* 

Art. IV- Amor degli onori f e del po- 
tere . * i44 
Art. V* Amor del piacere. .1 i4§ 
$AP* VII. Speranza , timore ^coraggio , 

ardimento* « i53 

Art. I. Speranza . . . * * - ivi 

A\t. IL TiiffORr ■,. ... ^ 1.57 

Art. III. Coraggio 9 ardimento ^ 161 
£ÀP. Vili, /ra , oaia f antipatia , fodte- 

^nazione 162 

Art. L /ra . ivi 
Art. IL-Orfift , antipatia. , 182 

Art. III. lndegna%ione. % . t i« 186 
CAP. IX. Invidia , emulazione, ecogni- 

zione di noi stessi . 187 
Art. I., Invidia v , : ';. ..• ; TT^ ? ivi 
Art. IL jÈmuJaztone • ' # . » 191 
Art. IH. Cognizione di n$i stessi . i§3 
CAP. X. Malinconia 9 ilarità, , felicità . gpo 

Art^ I. JfaffyuHinia » ^ ^ jg 

Art. H» Ilarità . , » "\? - iatoò 

Art. HL Felicità . ... :\ t # 2o4 

PARTE IL Uuamp'^roho f r^ go 7 

— ; " seziotnk 1,, . y r. ■ 

' ''Origine delle, società de\cos tu mh , • . ' » 
dei precetti intorno al Imo regola- T 

mento-. , \ v a > 

CAP, L Stabilimento delle società*. . ivi 

CAP. IL Origine^ e p r ogressi de' costumi : 

corris pèndente ali origine e progres*- w 

f si delle società . , *• — .gi4 



i . * t LJ « — s ^ 



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\ 343 
CAP. TU. Origine delle leggi , e de'pre- 

celti intorno accostumi • . m ~ 22 3 
; .'SEZIONIMI. > 

Dei doveri . 234 
CAP. I» Doveri generali di uomo a uomo . 255 
Art. L Doveri negativi . \\ j v j; 

Art. IL Doveri positivi . • ' 256 

CAP. IL Doveri scambievoli tra gli 
amici . 261 

Art. L Scelta degli amici . ivi 

Art. II, Doveri delV amicizia . 269 

CAP, III. Doveri verso i benefattori . 274 
CAP. IV. Doveri scambievoli fra 1 con- 

giunti. 277 

Art. L Doveri fra 9 conjngati . ~~~~~ ivi 
Art. IL Doveri de^genitori verso de'Jìgli. 279 
Art. IIL Doveri d^Jigl{ verso de 

nitori « ' 288 

Art. IV- Doveri scambievoli tra' fra- 

telli . . ! 290 

CAP. V. Doveri verso la patri* e la so ■ 
cteta 

CAP. VL Z?e/ giudice interno della bon - 
tà , 0 malvagità delle nostre azioni f 
ossia della coscienza . ~ ^ 294 

SEZIONE - III. ^ 

CAP. 1, > Delle Virtù in generale . • * m 
CAP- II, JPg//e Virtù sociali iq, partico - 
/gre f e primieramente della bene/i- 
cenza » 3o4 
CAP. IIL Cortesia . 3i2 
CAP. ly. Prudenza . 3i4 

P ARTE IIL Vuomo pio . 5 2 5 

CAP. 1 De W uomo pio in generale . 3z6 
CAP il. DeWuomo cristiano in panico - 



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344 

Art. I. Ragioni , che V uomo cristiano 
ha più tfogn* altro ad esser saggio . 330 

AaT. li- Barioni , che V uomo cristiano 
ha pià «f* ogn* altro ad esser probo . 334 

Art. III. Razioni che l*uomo cristiano 
ha pià d y ogrì altro ad esser pio . 38 



RE1MPRIMATU R, 

■ 

Si videbitar Reverendi Patri Magistro 
Sacri Palatii Apo stolici . 

Can&dus M* Fruttini Archiep. Philipp* 
Picesg* 

RE IMPRIMATUR, 

Fr. Philippns Anfiossi O.P. Magist. Rmi. 
P. M. S. P. Apost. , 



fi 



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